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Sorpresa per quelle parole, la ragazza seduta presso il fuoco volse la testa. Lentamente si alzò in piedi, guardando Bill con diffidenza. Appena oltre la modesta terrazza dove aveva piantato la tenda si apriva un profondo baratro: forse aveva paura di lui, ma non poteva fuggire da nessuna parte.

In ogni caso sembrava più sorpresa che spaventata. Dopo un attimo di stupore, replicò a Bill: — E lei chi è? Cosa fa qui?

Facendo del suo meglio per non sembrare minaccioso, Bill le parlò con gentilezza. — Mi hanno mandato tua zia Sarah e tuo padre. Entrambi mi hanno chiesto… ci hanno chiesto di ritrovarti.

— Vi hanno chiesto?

— Sì. Sono un investigatore privato. I miei colleghi sono a casa di tua zia.

— Mio padre… — disse Cathy. Pronunciò quelle due parole caricandole con un velo di tristezza che Bill non provò neppure a decifrare.

Di conseguenza disse, più confidenzialmente: — Be’, se non ci vai d’accordo ti capisco in pieno, ma ti posso garantire che sembrava davvero preoccupato per te.

Cathy tacque per qualche secondo, forse per rimuginare bene su quell’affermazione. Poi chiese:

— Come faccio a sapere che lei dice la verità?

Bill arretrò di un passo, continuando a fare di tutto per sembrare affidabile, ma restando pronto a scattare se il riluttante oggetto della sua ricerca, tanto fortunosamente ritrovato, avesse cercato di scappare girandogli attorno. — È vero, non mi conosci — replicò.

— Sono solo un detective privato, ma sto dalla tua parte. Il mio nome è Bill Burdon. Posso mostrarti il tesserino, se non mi credi.

Cathy ci pensò sopra, per poi rompere in una nervosa risatina.

— Non sono molto certa che quel pezzo di plastica possa dirmi granché.

— E va bene. Sai, è la prassi. Ma dimmi un po’, hai intenzione di cucinare qualcosa su quel fuoco?

Di nuovo lei ci pensò sopra per poi ridere ancora, stavolta divertita. — Non lo so. Perché, ha fame?

— Direi proprio di sì, accidenti. Sono rimasto in giro tutta la notte, e avevo solo qualche cioccolatino da mangiare.

— In giro tutta la notte a cercarmi?

— Lo so che sembra stupido, ma ti confesso che l’intenzione originale non era quella — replicò Bill contemplando nel frattempo lo spettacolare panorama.

Un attimo più tardi vide che Cathy stava quasi sorridendogli. Sempre più divertita, lei chiese: — Non mi dirà che si è perso?

— Perso io? Impossibile. Un detective non si perde mai. Tuttavia, che io sia dannato se ho mai visto l’intero altopiano sparire così con tutto quello che c’era sopra! — esclamò Bill indicando le lontane pareti del canyon.

Con sua sorpresa, Cathy non rise. E neppure rispose direttamente. — Okay, sta venendo fame anche a me — affermò invece. — Le va bene qualche intruglio liofilizzato per colazione? C’è una sorgente molto comoda a cinque minuti da qui.

Accompagnandola alla sorgente per prendere l’acqua con un pentolino di alluminio dai manici ricurvi, Bill esaminò rapidamente l’accampamento e le immediate vicinanze. Non sembrava affatto che si trovasse lì da un mese: forse si era spostata in quel periodo. In ogni caso, decise di non menzionare la cosa in quel momento. — Sei sistemata bene. Vedo che ci sai fare con queste cose.

— Grazie.

— E quanto hai intenzione di restare qui?

— Non ho ancora deciso fino a quando. Lo riferisca pure a chiunque sia interessato.

— Cathy, tuo padre è molto preoccupato per te. E ancora di più lo è tua zia Sarah.

— Davvero? — replicò lei con sarcasmo, per poi chiedere con insolita curiosità: — Ma come ha fatto ad arrivare qui e a trovarmi?

— Be’, tutto è cominciato con un po’ di movimento a casa di tua zia la scorsa notte. Due persone hanno cercato di entrare, e io mi sono lanciato al loro inseguimento giù per il canyon.

Questo attrasse immediatamente l’attenzione di Cathy. — Chi erano?

— Non sono riuscito a capirlo. Correvano come dei dannati e non li ho visti da vicino.

Lei si rilassò un poco. — Meglio per lei — commentò.

Tornati alla tenda con il pentolino pieno d’acqua, Cathy lo sistemò per bene sul fuoco e frugò nello zaino in cerca di una busta di cibo liofilizzato. — Le è andata bene, sa? — ribadì.

— Perché?

Lei rispose con un’alzata di spalle.

Per la mezz’ora successiva parlarono soprattutto di campeggio, spinti da necessità pratiche quali attizzare il fuoco e preparare la colazione. Alla fine ne uscì una sorta di minestra buona quanto ci si poteva aspettare.

Una volta finito di mangiare, Bill disse casualmente: — Ora sto davvero meglio. Allora, cosa facciamo? Smontiamo tutto e andiamo a casa?

Cathy gettò un altro legno nel fuoco e scosse la testa. — No, io resto. Non ho alcuna fretta di tornare a casa. Voglio stare ancora un po’ da sola e pensare bene a certe faccende.

— I tuoi sono davvero preoccupati, sai? Manchi da un intero mese, dopotutto.

:- Oh Dio mio! — fece lei, portandosi una mano alla bocca e guardandolo con grandi occhi. — Un mese? Ma certo… come ho fatto a non pensarci?

La sua sorpresa pareva tanto autentica che Bill la guardò a sua volta incuriosito. — Perché, quanto tempo credevi fosse passato?

Intenta a ripulire il pentolino con acqua e sabbia, Cathy si limitò a scuotere la testa.

Bill insistette. — Non sarebbe male se tornassi indietro con me, sai? Okay, mi pare di capire che non consideri più quella casa un posto piacevole dove stare, e mi dispiace. Tuttavia, perché non mi fai questo favore? Fatti vedere solo oggi giusto per dimostrare che il caso è chiuso e che io mi sono guadagnato la mia paga. Poi potrai tornare a campeggiare dove vuoi senza lasciare nessuno in pena.

— I miei… — disse lei. E improvvisamente andò in collera. Si guardò nervosamente attorno come se cercasse qualcosa da tirargli.

— Almeno dimmi perché non vuoi tornare. Ti ripeto che tuo padre è davvero preoccupato.

Lei lo guardò sbattendo le palpebre. — Davvero? — fece, suonando totalmente scettica e genuinamente arrabbiata. — Che ne sa lei di mio padre? Crede forse che quel… quel… — Ciò che la faceva arrabbiare la lasciava ora senza parole.

— Lo conosco appena — si giustificò Bill. — Posso solo dirti l’impressione che mi ha fatto. Ti garantisco però che tua zia Sarah è davvero preoccupata.

Sotto sotto credette di vedere Cathy addolcirsi un poco al pensiero di sua zia. Tuttavia non diede il minimo segno di voler cambiare idea.

— E va bene. Non ho certamente alcuna intenzione di portarti via di forza.

— Lo spero bene!

— È ora di andare, allora. Dirò loro che sei sana e salva e che sei qui per tua libera scelta.

— Sì. Dica loro che sto bene. Ma… Bill, è sicuro di trovare la via del ritorno? — chiese Cathy. L’ombra fugace di un maligno sorriso le accese per un istante lo sguardo. — Se vuole l’accompagno per un pezzo di strada. Con me riuscirà a uscire dal canyon.

— Ma certamente. Anzi, grazie infinite — fece Bill, pensando che così avrebbe avuto più tempo per cercare di convincerla a tornare a casa. — Oh, dimenticavo: posso farti qualche foto? Solo per provare agli altri che sei davvero qui e in buona salute.

Lei ci pensò sopra. — Va bene. Faccia pure.

Bill impugnò la macchina fotografica. — Un’ultima domanda…

— Sentiamo.

— Chi pensi potessero mai essere quei due che hanno cercato di penetrare ieri notte a casa di tua zia?

— Meglio non chiederselo.

Bill decise di lasciare perdere. Scattò un paio di polaroid e annunciò di voler partire.

Come promesso, Cathy lo accompagnò per mostrargli la strada. Evidentemente si sentiva sicura per lasciare la sua tenda così. D’altro canto il tipo di terreno e le condizioni atmosferiche consentivano di lasciare per un po’ il fuoco incustodito.

Marciarono per più di mezz’ora su e giù per le balze del canyon in una direzione del tutto ignota a Bill. Ma nonostante nutrisse qualche dubbio, doveva ammettere che era lui a essersi perso, non Cathy. A un certo punto la ragazza si fermò e gli indicò la strada da seguire.

Dopo essersi salutati, Cathy lo guardò allontanarsi immobile e con le braccia conserte.

Bill avanzò per una cinquantina di passi, poi si voltò per salutarla agitando una mano. Ma la ragazza che era andato a salvare stava già tornando indietro e quindi non vide, e tantomeno restituì, il suo gesto di saluto.

Pazienza. La direzione giusta ormai la conosceva e quindi doveva solo affrettarsi a tornare. La storia di Cathy lo lasciava alquanto perplesso. Anzitutto, come poteva portarsi un mese di provviste in quello zaino? Certamente quella roba liofilizzata era leggera e teneva poco spazio, ma…

Non fece neppure in tempo ad approfondire la cosa o a muovere dieci passi in più che il corso dei suoi pensieri venne distratto dalla netta impressione che qualcosa fosse cambiato nell’aria e nella luce, come se una nuvola avesse momentaneamente oscurato il sole. Eppure il cielo era completamente sereno.

Guardandosi attorno per qualche istante, giunse alla conclusione che nulla sembrava sbagliato nel sole o nel cielo. Tuttavia entrambi apparivano fastidiosamente diversi.


Ancora seguendo la direzione indicatagli da Cathy, distratto da quelle che sembravano strane alterazioni nel tempo e nell’ora di quell’assurda giornata, Bill giunse in vista dell’albergo El Tovar in meno di mezz’ora. Tanto repentina e inaspettata gli si parò davanti la sagoma dell’albergo che soffrì un attimo di serio disorientamento. Salendo quella che sembrava solo una cresta secondaria si era ritrovato senza alcun preavviso sull’altopiano e, nello stesso istante, l’inconfondibile punto di riferimento costituito dal grande albergo interamente in legno si delineò all’orizzonte a meno di un chilometro di distanza.

Con un senso di sollievo misto a frustrazione per essersi perso come un novellino, Bill si avviò a grandi passi verso Canyon Village.

Ma stranamente quel giorno l’edificio centrale dell’albergo pareva strano, diverso, più piccolo del giorno prima.

Pensieroso, si diede una grattatina al mento… solo per fermarsi totalmente perplesso. Ricordava bene di essersi rasato il giorno prima, la mattina stessa che era partito da Phoenix. E adesso si ritrovava, si ritrovava davvero, una barba di tre, quattro giorni.

Preoccupato e incredulo, Bill si affrettò verso l’hotel. Ma poco dopo si fermò di nuovo, sfregandosi gli occhi e guardando ancora. Aveva un’ottima vista, soprattutto alla distanza, ma quel giorno i suoi sensi sembravano intenzionati a tradirlo in tutti i modi perché davanti a lui, in un parcheggio incredibilmente ridotto, gli sembrava di vedere una mezza dozzina di auto stile anni Trenta tranquillamente parcheggiate. In giro nessun turista e nessun’altra macchina.

Il giovane detective si sfregò nuovamente gli occhi. Forse era quel caldo torrido a far sembrare tutto diverso. Ma… un momento: caldo torrido a Capodanno? Adesso che ci pensava, il sole picchiava come ad agosto!


Naturalmente non poteva fare altro che continuare a salire, fino a penetrare in un tratto alberato con pini e cedri che nascose alla vista l’assurda immagine di quell’hotel troppo ridotto. In quell’intervallo riuscì in qualche modo a convincersi, nonostante il sole e il gran caldo, di essere davvero tornato nel prosaico mondo lasciato la sera prima, nel tardo dicembre del 1991.

Ma qualche attimo più tardi il sentiero lo portò fuori dal bosco. E di nuovo, senza possibile errore, vide l’El Tovar, o meglio la desolata versione dell’affollato albergo che ricordava di aver lasciato il giorno prima.

Tutto ciò che riuscì a fare fu lasciarselo dietro alla svelta.

Dopodiché passò, riconoscendolo, lo spiazzo che segnava l’inizio del sentiero del Bright Angel. Lo steccato però era molto più rozzo di quello che ricordava, e ben poche case rispetto al giorno prima guardavano dal margine il canyon sotto di loro.

Qualche minuto dopo giunse in vista di casa Tyrrel.

Il sole picchiava forte, ed era un caldo pomeriggio d’estate. La luce non aveva nulla d’invernale… ma Bill cercò in ogni modo di non pensarci in quel momento. Tuttavia non poté evitare di togliersi finalmente il giaccone da sci e di portarlo sul braccio.

Alcuni turisti, ma in numero molto inferiore alle aspettative, muovevano verso di lui seguendo il sentiero che sostituiva in quell’incubo il comodo viale pedonale del giorno prima e che passava a una distanza ben maggiore dalla casa di quanto ricordasse. Quei villeggianti, ammise Bill, vestivano in modo assolutamente estivo. E se li guardava attentamente, consentendo a se stesso di pensare a ciò che vedeva, avrebbe dovuto ammettere qualcosa di molto più allarmante. Quella gente vestiva in modo davvero strano. Sembravano usciti dall’album di fotografie degli anni Trenta di suo nonno. Quando si incrociarono, quelli tra loro che lo guardarono sembrarono ugualmente impressionati.

Bill diede le spalle ai turisti in costume. I suoi piedi lo portarono faticosamente davanti alla porta di quella che doveva, sì, doveva essere casa Tyrrel. Nessun dubbio a riguardo. Stessa casa, stesso posto. Poteva riconoscere le linee familiari dell’edificio, rimaste inalterate rispetto al giorno prima.

Ma…

La porta di casa del celebre scultore era socchiusa. Da dentro venivano delle voci di bambini piccoli, due, tre anni. Dovevano essercene almeno un paio.

Inoltre l’area davanti alla casa non era più pavimentata con le lastre quadrate tipiche del parco. Ora uno stretto sentiero attraversava un campo incolto e conduceva direttamente alla porta della casa.

Stava giusto guardando la porta quando questa si aprì del tutto. Ne uscì una giovane donna con una bambina di quattro anni, vestita di una salopette di cotone. La donna invece portava indumenti degli anni Trenta e un largo cappello da giardino.

La bambina, notò Bill, aveva degli occhi molto insoliti. Il loro morbido colore grigio azzurro gli ricordò subito gli occhi della ragazza di nome Cathy che aveva appena lasciato. Entrambe si fermarono a guardare il giovane stranamente vestito fermo davanti alla porta di casa loro.

— Buongiorno, signora — disse Bill alla giovane donna, abbozzando un leggero inchino secondo la miglior tradizione campagnola.

— Buongiorno a lei — rispose piano la donna, pensando forse che il modo più sicuro di agire fosse ripetere il saluto dello straniero. Poi, dopo aver osservato Bill rispondere con un incerto sorriso, gli chiese: — Posso fare qualcosa per lei?

— Non sapevo — disse Bill dopo un istante — che qualcuno vivesse qui. È una casa molto bella, signora. — Questo, si disse, era certamente inadeguato. — Oh, il mio nome è Bill Burdon — si affrettò quindi ad aggiungere.

La giovane donna lo guardò per una decina di secondi, per poi presentarsi a sua volta. — Io sono Sarah Tyrrel. — Pausa. — Se cerca mio marito, non sarà di ritorno che stasera.

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