In piedi dentro la caverna illuminata a giorno da quelle lampade totalmente sconosciute, il giovane Jake Rezner riuscì a non perdere la calma. Nonostante la rabbia del momento e il fatto che l’uomo avesse i capelli scuri e fosse coperto di polvere, si ricordò di aver davanti solo un vecchio, probabilmente pazzo da legare.
Con voce quantomai tranquilla, una cosa incredibile visto il suo temperamento, Jake domandò al vecchio come diavolo facesse a sapere che tipo di vita aveva vissuto fino ad allora.
Tyrrel ridacchiò seccamente. — Su questo argomento ne so più di quanto tu possa immaginare, mio giovane amico. A proposito, come ti chiami? — La voce che veniva dalla figura coperta di polvere suonava roca e potente; l’accento, con grande sorpresa di Jake, era marcatamente britannico. Conosceva l’inglese britannico solo dai film, ma era certissimo di non sbagliarsi.
— Mi chiamo Jake Rezner, signore, e lavoro per il Corpo Civile di Conservazione.
L’altro lo guardò con vaga benevolenza. — Ah, capisco. Vieni dagli anni Trenta.
Jake sbatté le palpebre. — Da dove vengo, signore?
— Dagli anni Trenta. Ah, lascia perdere. Voi siete quelli che tracciano i sentieri e costruiscono i ponti — tagliò corto il vecchio con tono in qualche modo sprezzante.
— Finora di ponti ne abbiamo costruito solo uno — replicò Jake, incapace di pensare a una risposta migliore.
Il vecchio intanto lo guardava con quello che sembrava crescente disprezzo. — E quindi sei venuto qui per stare con noi?
Per poco Jake non scoppiò a ridergli in faccia. — Stare con voi? Veramente non avevo alcuna intenzione di traslocare.
L’altro rise di gusto a questa affermazione, e fu una risata molto cruda. — Se ancora non lo sai dopo essere stato portato fin quassù…
— Se ancora non so cosa?
Invece di rispondergli, il vecchio scosse pietosamente la testa e si rivolse a Camilla continuando a tenere sotto un braccio la scatola del pranzo per bambine.
— E quindi — la rimproverò — non hai ancora detto nulla a questo ragazzo. Immagino sia appena arrivato.
Sorprendendo in qualche modo Jake, Camilla si limitò a restare immobile con le braccia abbassate e i piccoli pugni stretti lungo i fianchi. Senza guardare direttamente nessuno dei due uomini, la ragazza annuì energicamente come se non riuscisse più a parlare.
Rivolgendosi nuovamente al vecchio Tyrrel, cercando di apparire conciliante in modo che non si rendesse necessario prenderlo a pugni, Jake disse: — Non vi preoccupate: io non resterò.
— Non sono affatto preoccupato — ribatté l’altro, più irritato che mai da quel tono tollerante. E poi, guardando il giovane da sotto le folte, polverose sopracciglia: — Purtroppo invece tu resterai — affermò. Era un dato di fatto, non un’offerta di ospitalità. — Su questo ormai non puoi più scegliere. Quello che dobbiamo vedere adesso è se sei un buon lavoratore oppure no.
— Le ho detto che non ho alcuna intenzione di… lavoratore? — Il tono di Jake mutò d’improvviso. Sembrava quasi che il vecchio stesse per offrirgli un lavoro.
Ancora una volta il vecchio emise la sua cruda risatina. — Ho detto lavoratore, proprio così. C’è un sacco di lavoro da fare qui, lavori importanti, alcuni troppo pesanti per una ragazza… o almeno per questa ragazza. Io non ho tempo per farli: sono troppo occupato — spiegò, squadrando Jake dalla testa ai piedi. — Un giovane forte che sa costruire i ponti mi tornerà molto utile. Ti insegnerò a trovare le rocce che mi servono, a lavorarle e a trasportarle con la dovuta attenzione.
La prospettiva di un vero lavoro cambiava tutto, naturalmente. Come chiunque altro nel Ccc, Jake avrebbe smesso immediatamente di fare qualunque cosa stesse facendo pur di lavorare. Se vi fossero stati dei posti di lavoro invece della depressione economica nessuno di loro avrebbe vissuto in tenda, spaccando pietre e tracciando piste per un progetto di lavoro governativo a mille miglia dalle loro case e a cento dalla prima città civile. E, grazie a Dio, il Ccc non era come l’esercito: se uno trovava di meglio, poteva togliersi la divisa, posare gli attrezzi e andarsene senza finire in galera.
— Sono un buon lavoratore — disse Jake dopo una pausa. La sua voce aveva ora toni diversi, seri e rispettosi. Tuttavia, visto che lo zio Sam garantiva comunque vitto e alloggio poteva permettersi di tirare un po’ sul prezzo. — Che lavoro dovrei fare, e quant’è la paga?
Il suo interlocutore guardò dapprima lui e poi Camilla, si soffermò su di lei e poi ripeté la sua cruda risatina. In qualche modo Jake non riuscì a conciliarla con la sua voce tanto britannica. — Vuoi anche una paga?
Jake sentì il suo volto avvampare. — Certo che voglio una paga! Crede forse che lavorerò gratis?
— Oh, non lavori gratis? E anche se ti pagassi, dove credi di poter spendere i soldi?
Convinto che il vecchio volesse solo scherzare, Jake scosse la testa e scoppiò a sua volta in una nervosa risata. — Be’, immagino che dopo esser stato qui per un po’ mi verrà voglia di tornare in città.
— Non è questione di “dopo”, mio giovane amico. Tu sei qui e qui resterai, a meno che io decida che non valga la pena tenerti.
— A meno che… ma che razza di discorso è questo?
Edgar Tyrrel cercò di calmarlo con puerili esortazioni, come con un bambino, e con sciocchi gesti della mano. — Vuoi una paga? E va bene. Ti darò cinque dollari al giorno, che ne dici?
Jake si calmò immediatamente. — Cinque dollari al giorno? Va benissimo!
— E un giorno, prima della tua morte, potrei anche decidere di lasciarti andare. Ma ti avviso che non sarà facile, perché saprai cosa succede qui — aggiunse il vecchio scultore, guardandolo con braccia conserte e occhio giudice.
— Le ho già detto che va bene. Cosa intende dire per lasciarmi andare? Crede forse di prendere uno schiavo?
Nessuna risposta.
Gli occhi di Jake cercarono quelli del vecchio, restandovi incatenati per qualche secondo. Era uno sguardo sicuro di sé quello che ottenne in risposta, e se non fosse stato dieci centimetri più alto e quarant’anni più giovane forse avrebbe avuto paura. Ma certo, il vecchio era pazzo. Inutile stare a sentire le sue chiacchiere. Peccato. Cinque dollari al giorno erano un’ottima paga, ma cercare di lavorare per uno completamente partito era una pura perdita di tempo. Nulla da fare lì. Nessuna meraviglia che Camilla volesse andarsene.
Jake sospirò e si raddrizzò un poco. Poi guardò Camilla provando pietà per lei. Ma lei sfuggì il suo sguardo. Era spaventata, certo, e neppure questo lo sorprese.
Lui disse: — Me ne vado. Perché non vieni con me, Camilla? Questa è la tua occasione.
Lei parve incredibilmente intimidita. Stava in piedi nell’ombra, immobile, e teneva il cappello avanti a sé girandolo e rigirandolo con entrambe le mani. Quanto finalmente parlò, lo fece con voce davvero sottile: — Jake, io… mi spiace, ma non è possibile andarsene. Devi credermi.
— E perché non è possibile?
Nessuna risposta. — Aspettate e lo vedremo! — esclamò quindi Jake in tono di sfida. — Vieni con me, Camilla. È meglio!
Solo dopo pensò alle complicazioni che poteva portargli quella ragazza. Intanto non potevano andare da nessuna parte se non al campo, e Jake non riusciva a immaginare cosa avrebbe potuto accadere al campo se si fosse fatto vivo l’indomani con una splendida rossa al seguito, dopo esser stato dichiarato disperso tutta la notte. Oh, certo poteva anche trattarsi di un’esperienza interessante, tuttavia le prospettive non erano rosee. Lei non poteva dormire al campo con lui, ma in ogni caso lo avrebbero probabilmente buttato fuori dal Corpo con disonore e lui non aveva lavoro. Ma in quel momento doveva salvare Camilla, portarla via da quel diabolico vecchio.
Camilla esitò solo per un attimo. — Andiamo — disse poi, sorprendendo Jake che ormai credeva di averla persa in cambio di un misero tetto e un pasto sicuro. Ma forse il vecchio Tyrrel era troppo andato anche per lei.
Jake guardò Tyrrel per studiare la sua reazione. Non sembrava affatto il caso di preoccuparsi. La figura coperta di polvere di roccia li osservava con le braccia sempre conserte, in volto un’aria più divertita che arrabbiata. E quindi non sembravano esservi difficoltà in vista. Jake si rilassò un po’. — Mi dica, signor Tyrrel — chiese, indicando le pareti della grotta con un gesto della mano. — Dove ha trovato queste lampade? — Era roba che sembrava uscita da un fumetto di Buck Rogers, e davvero non riusciva a immaginare da dove venisse. Tese l’orecchio in cerca del rumore del generatore, ma tutto ciò che riuscì a sentire fu un vago ronzio a malapena percettibile sopra il costante scrosciare della cascata.
— Da qualche parte negli anni Novanta — fu la risposta. — Adesso non ricordo bene.
— Dove?
Il vecchio Tyrrel non si prese la briga di spiegare. Voltò invece la schiena ai due giovani e si apprestò a dedicare nuovamente la sua attenzione a qualunque cosa stesse facendo prima del loro arrivo. In piedi tra le candide e surreali figure scolpite con pazienza nella nuda roccia, il vecchio scultore afferrò con decisione martello e scalpello e prese a scolpire un nuovo blocco. Rivolgendosi a Jake con voce più rassegnata che ansiosa, Camilla disse: — Sono pronta. Andiamo?
Tyrrel si voltò per guardarli entrambi da sopra la spalla. — Prendete la doppietta — suggerì. — Non si sa mai.
Affatto certo di aver capito bene, Jake lanciò al vecchio un’occhiata interrogativa.
Camilla invece annuì e si voltò, uscendo dalla grotta per dirigersi verso la casa, entrare e uscirne meno di un minuto dopo con una doppietta e nient’altro. La teneva appoggiata alla spalla in modo quantomai casuale, come se fosse abituata a portarsela in giro.
— Andiamo — disse a Jake. Ma lo disse come se non avesse la minima intenzione di abbandonare il vecchio, come se si aspettasse di tornare dopo dieci minuti.
Jake guardò lei, il fucile e Tyrrel. Il vecchio scultore pareva totalmente immerso nel suo lavoro e ignorava la giovane coppia.
Guardando colei che ormai poteva ben considerare la sua ragazza, Jake annuì e si mosse.
Qualche attimo più tardi Jake, con Camilla silenziosamente dietro, iniziò a scendere il piccolo sentiero che si snodava lungo le pareti del canyon costeggiando quel torrente non segnato sulle mappe. Alle loro spalle, sempre più lontano, il ritmico martellare degli strumenti di Tyrrel sulla roccia sembrò quasi dar loro l’addio. Stava completamente ignorando la loro partenza. Meglio così.
Cento metri più a valle, Jake, perplesso e insoddisfatto, si fermò voltandosi verso la sua compagna. — Perché ti ha consigliato di prendere il fucile?
Anche Camilla si fermò — Per difenderci.
— Contro che cosa? Nel Grand Canyon non ci sono animali pericolosi per l’uomo tranne i serpenti a sonagli, e per quelli il fucile non serve a molto. I puma invece girano al largo, almeno quasi sempre.
Lei non rispose.
— Non servirà a difenderti da me, spero…
— Oh Jake, no! Non lo userei mai contro di te, o contro chiunque altro.
Jake sospirò, si voltò e riprese la sua marcia. Avanzando a fatica tra le ombre ormai profonde del ripido sentiero, scendendo ogni tanto qualche scalino naturale tra le rocce, cercò di pensare a come lui e Camilla avrebbero passato la notte sotto le stelle, senza letto né coperta. La prospettiva lo fece sorridere: in due avrebbero trascorso quella notte molto meglio di quanto potevano mai sperare di trascorrerla da soli. Poi l’indomani avrebbero pensato a cosa fare.
Avevano disceso le ripide pareti del canyon per circa un miglio, con Camilla sempre in silenzio dietro di lui. Finalmente arrivarono al luogo dove si erano incontrati quella mattina. E subito dopo, Jake Rezner constatò con immensa sorpresa che né il sentiero né il canyon sembravano più gli stessi: una vera assurdità, visto e considerato che si era arrampicato su per quelle rocce poche ore prima. Si chiese brevemente se avessero sbagliato strada, ma quella spiegazione suonò ancora più assurda: esisteva un solo canyon secondario che saliva dal Colorado alla casa del vecchio Tyrrel, un solo sentiero a mezza costa da seguire e un solo torrente che lo affiancava scrosciando e borbottando di continuo.
E tuttavia c’era quella sensazione, anzi, quell’ineffabile e persistente certezza che il sentiero fosse diverso. E non solo il sentiero: tutto sembrava cambiato in qualche modo.
Lui comunque decise di continuare a scendere, cercando con l’orecchio la voce delle acque. Ma quel torrente non aveva nulla da dirgli, proprio nulla.
Cinque minuti dopo il primo palesarsi di quella sensazione, Jake si ritrovò fuori dal canyon laterale, direttamente sulla sponda di un grande fiume turbolento. Esisteva un solo fiume di quelle dimensioni nel raggio di cinquecento miglia, e quindi non ci si poteva sbagliare: quello era il Colorado. Ma allo stesso momento non poteva esserlo. In quel fiume, l’acqua ribolliva per una serie di terribili rapide che cominciavano almeno cento metri più sopra e proseguivano oltre lo sbocco del torrente.
Su entrambe le sponde del fiume, le possenti rupi e le grandi formazioni delle pareti del Grand Canyon torreggiavano su di loro, immote e silenti come sempre.
Immote e silenti, certo, ma non uguali a prima. Solo allora Jake si accorse che c’era qualcosa di sbagliato anche nel canyon. Le pareti, i promontori e persino la forma generale sembravano diversi. Non era… non era profondo a sufficienza, ecco. E sia le rocce che il terreno non erano del colore giusto. Il sole stava tramontando e la luce era cambiata, ma quanto vedeva andava ben oltre qualsiasi illusione ottica immaginabile.
Il giovane uomo si guardò attorno, colmo d’incertezza. — Aspetta un attimo per favore. Questo non può essere…
Camilla teneva ancora il fucile casualmente appoggiato alla spalla, come se possedesse una certa esperienza con le armi. Era ferma in piedi, e lo guardava fisso.
Le parole gli morirono in gola. Per forza. Non c’era modo di esprimere a parole la sua sorpresa per quanto vedevano i suoi occhi. La forma delle creste rocciose era tutta sbagliata, e nonostante fossero alte non lo erano abbastanza. E come aveva fatto a seguire il Colorado dal campo fino a quel punto? Era accaduto quella stessa mattina… e allora come mai la strada del ritorno appariva completamente impraticabile, bloccata da un’altissima rupe che precipitava direttamente nelle acque?
La notte calava rapidamente in fondo al Grand Canyon. Jake ebbe la sensazione che il sole fosse tramontato più velocemente di quanto doveva. Tuttavia, rimaneva ancora abbastanza luce per studiare nuovamente il paesaggio. Non era la luce del tramonto che faceva apparire tutto diverso: il panorama era veramente cambiato. Ma come, come? Stava impazzendo anche lui, per caso?
Di nuovo il suo sguardo cercò Camilla per qualche spiegazione. Ma lei non aveva nulla da dire. I due si guardarono a lungo e in silenzio, Jake incredulo e confuso, Camilla triste e rassegnata come se quel folle cambiamento nel mondo circostante fosse né più né meno ciò che si aspettava.
— Ascolta! E quello che diavolo era? — scattò Jake, guardandosi nervosamente attorno. Un lungo ululato ruppe all’improvviso il silenzio. Veniva da poco lontano. Jake non aveva mai sentito un suono del genere, nonostante i due mesi trascorsi al campo.
— Oh, è solo un animale — lo rassicurò Camilla con la voce apologetica acquisita di recente. Con aria decisa ma niente affatto allarmata imbracciò il fucile, tolse la sicura e prese a scrutare le rocce e i cespugli alla distanza.
Inutile aspettarsi altro da lei, si disse Jake. Un attimo più tardi il giovane prese lentamente a risalire il fiume cercando qualche sistema per superare l’imponente ostacolo costituito dalla rupe che gli sbarrava il passo. Ma in quello strano mondo non c’era traccia della pista seguita per arrivare fin lì. Avanzò per meno di venti metri e poi dovette arrendersi. Solo con un martello e chiodi da scalatore poteva sperare di farcela. Eppure doveva esistere un modo, per tutti i diavoli! Altrimenti lui come aveva fatto a discendere il fiume esattamente per quella via appena poche ore prima?
Possibile che questo sia semplicemente un altro dannatissimo fiume? dovette nuovamente chiedersi. Ma no, non era possibile: i grandi fiumi mica spuntavano dal nulla nei territori semidesertici del West!
Quell’intera faccenda, quella serie di cambiamenti incredibili, non aveva la minima logica e non sarebbe dovuta accadere. Eppure era accaduta. Pertanto…
Pertanto cosa?
A quel punto Jake si sorprese a voler tornare nello stretto canyon laterale. Mosse in quella direzione senza alcun motivo particolare, solo perché era il luogo più familiare di un mondo divenuto totalmente estraneo.
Il torrente, l’unico fattore apparentemente costante tra una moltitudine di particolari sbagliati, continuava a gorgogliare tra le rocce per gettarsi infine nel grande fiume ignoto. Nella mente di Jake le sue voci creavano solo parole sconosciute.
Ora che il sole era pienamente tramontato Camilla, dalla pelle candida come il latte e i fluenti capelli rossi, sembrava stare decisamente meglio, perlomeno al punto da togliersi gli occhiali scuri. Stringeva il fucile con la solita aria casuale e continuava a guardare pazientemente Jake, come se si sentisse dispiaciuta per lui e forse, pensò Jake, responsabile.
Finalmente lui rinunciò, almeno sul momento, a trovare una spiegazione per suo conto. — Che diavolo è successo? Com’è possibile tutto questo?
— Oh, Jake, mi spiace tanto — rispose lei con voce calma ma più alta di prima. — Non so spiegarlo neppure io. Vorrei, ma…
Vi fu un improvviso trambusto dietro Jake, una serie di secchi rumori tra le rocce e i cespugli rinsecchiti a pochi metri da loro. Jake si alzò di scatto e si voltò per osservare un enorme orso dal mantello tigrato muoversi tra la vegetazione. Era grande come una mucca, e aveva una bocca che sembrava capace di ingoiare un cane per intero. Strisce nere attraversavano dal muso alla coda un lungo corpo marrone; una passava proprio in mezzo agli occhi. Le zanne, lunghe e fameliche, sembravano decisamente troppo grandi per appartenere a qualsiasi animale Jake avesse mai visto dal vivo o in fotografia. Con la bocca rosso sangue spalancata e ruggente, la belva avanzò trotterellando verso di loro non veloce, ma assolutamente non intimorita.
Camilla borbottò qualcosa, alzando allo stesso momento il fucile e muovendo un passo sulla destra per togliere Jake dalla linea di tiro. Un attimo più tardi la doppietta fece fuoco due volte in rapida successione.
Jake vide, o pensò di vedere, candidi frammenti d’ossa, pezzi di carne e pelo e molle materia cerebrale schizzare da tutte le parti. Il mostruoso animale si accasciò al suolo rotolando scompostamente tra i cespugli rinsecchiti, contorcendosi e rialzandosi tra ruggiti di dolore per poi cadere nuovamente. Camilla aprì freneticamente la doppietta e vi inserì altre due grosse cartucce per un terzo e quarto colpo, ma non sparò. Jake, frettolosamente spostatosi vicino a lei per lasciarle tutto lo spazio necessario, attese qualche istante e poi si avvicinò con molta cautela alla belva ormai morente.
La guardò a lungo, incredulo come non mai. L’orso, poiché non sapeva come altro chiamarlo, era senza dubbio morto stecchito, la sua strana testa quasi staccata dal corpo e ridotta a una poltiglia sanguinolenta da cui sporgevano i frammenti della scatola cranica. Due colpi, due centri: ma che razza di pallottole erano mai quelle? Pallettoni, forse, o una scarica di chiodi e polvere da sparo. Intanto, le zampe della bestia continuavano a contrarsi.
Jake mosse ancora un paio di passi incerti verso il corpo della belva, poi si voltò verso Camilla. — Che diavolo…
— Io li chiamo orsi del canyon. Non so che animali siano, neppure io li avevo mai visti prima. Fuori non esistono, lo so, ma qui ce ne sono parecchi. Sono molto pericolosi: attaccano l’uomo senza pensarci due volte. Tuttavia hanno imparato a star lontano dalla casa: non so come, ma Edgar riesce a mandarli via. La maggior parte non sono così grandi, ma alcuni sono veramente giganteschi. Edgar dice che si possono uccidere senza conseguenze, se proprio si deve: ecco perché mi ha consigliato di prendere il fucile.
— Non ho mai visto nulla del genere! Che orso mostruoso! — esclamò Jake, voltandosi nuovamente verso quel nuovo e terribile prodigio per un’altra conferma a ciò che i suoi occhi avevano già visto. In silenzio, Camilla attese pazientemente che lui se ne riempisse lo sguardo.
Per un periodo che Jake non riuscì a calcolare i due giovani rimasero lì, immobili e silenziosi. Poi, sempre in silenzio come per una sorta di tacito accordo, Camilla si rimise il fucile in spalla e i due iniziarono a risalire il canyon. Stavolta fu lei a guidarlo.
La notte calò con sorprendente rapidità, nere tenebre che sembrarono traboccare dai profondi crepacci sempre in ombra e dalle gole che marcavano le pareti del Grand Canyon. Alzando la testa, Jake contemplò il cielo sopra di loro. Le stelle stavano comparendo più velocemente di quanto uno potesse contarle, ma quando l’oscurità fu totale e Jake cercò le stelle che da sempre conosceva non ne trovò neppure una. E la stella polare, che fin da ragazzo riusciva a localizzare con certezza sia in estate che in inverno, non brillava da nessuna parte.
Per un attimo le gambe sembrarono cedergli. Fermandosi, chiamò la sua compagna e disse: — Camilla, dove siamo? Cosa sta succedendo?
— Povero Jake — fece lei, passando il fucile nell’altra mano e voltandosi per accarezzargli i capelli. — Capisco la tua angoscia, ma non so spiegartelo. L’unica cosa che posso dirti è che di tempo ce n’è fin troppo, qui in fondo al canyon. Vedi, in questo che noi chiamiamo il Canyon Profondo i giorni e gli anni si mischiano tra loro in un unico amalgama. Edgar riesce in qualche modo a uscire dove vuole, ma la maggior parte della gente non può. Ecco, tu sei riuscito a trovare il modo di entrare, con un po’ di aiuto naturalmente, ma adesso non riesci più a uscire. Edgar aveva ragione. Neppure io sono mai riuscita a uscire.
Jake emise allora un suono inarticolato.
— A meno che… — aggiunse lei, tacendo.
A Jake sembrò che finalmente lei stesse facendo del suo meglio per raccontargli la cruda verità e volesse accertarsi di essere ben compresa. — Non ce la faremo mai a uscire di qui, a meno che Edgar muoia o decida di lasciarci andare. E ti dico fin da adesso che non ha nessuna intenzione di fare l’una o l’altra cosa.
Camilla volse lentamente lo sguardo dietro di lei, su per il Canyon Profondo in direzione della casa e della grotta. Poi aggiunse con un sussurro: — A meno che, adesso che siamo in due, non troviamo il modo di obbligarlo.