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Bill Burdon si trovava esattamente dove Joe gli aveva indicato, acquattato vicino a un contorto ginepro poche decine di metri sotto casa Tyrrel. In quella posizione accuratamente scelta, i rami del grosso arbusto nascondevano quasi completamente le fioche luci provenienti dalla strada mentre la luna, che talvolta riusciva a forare la coltre di nebbia, illuminava un breve tratto del sentiero davanti a lui consentendogli di tener d’occhio ogni cosa. Dubitava molto che chiunque si avvicinasse alla casa da quella parte potesse vederlo o superarlo senza essere visto.

Bill, da sempre considerato ottimo per gli appostamenti, non aveva problemi a restare a lungo silenzioso e immobile. Certo anche lui doveva cambiare posizione di quando in quando, ma le poche volte in cui osò sedersi con grande cautela sul terreno si congratulò con se stesso per essere riuscito a farlo senza il minimo rumore.

Tuttavia si sentiva certo di dover trascorrere all’addiaccio una lunga e fredda notte priva della minima azione. Joe gli aveva promesso il cambio nel giro di poche ore, ma lui stava già cominciando a chiedersi se sarebbe riuscito a restare sveglio tanto a lungo.

Per combattere la sonnolenza, Bill prese a riesaminare mentalmente le caratteristiche salienti di quel nuovo caso. Cominciò ripassando le attitudini e i comportamenti dei due protagonisti: un’anziana donna che nuotava nell’oro e suo nipote, certamente inetto ma anche molto nervoso. Obiettivo dell’incarico: trovare la bisnipote della vecchia, misteriosamente scomparsa da un mese. Be’, se la ricca Sarah Tyrrel non voleva arrendersi e voleva spendere i suoi soldi assumendo un certo numero di investigatori privati erano affari suoi, e lui non l’avrebbe certamente scoraggiata.

Ma la caratteristica davvero saliente di quel caso era la convinzione della loro cliente di intrattenere una sorta di legame psichico con l’amata bisnipote, minacciata da qualche occulto pericolo e rintracciabile solo da persone veramente capaci. E questo lo spinse a chiedersi perché riteneva una persona dall’aspetto perfettamente ordinario come Joe Keogh un esperto nel campo dei misteri extrasensoriali. C’era qualcosa sotto, qualcosa che non capiva. Joe Keogh, ex poliziotto di Chicago. Non sembrava affatto il tipo per quelle cose, ma non si poteva mai dire.

Un secco rumore interruppe le sue meditazioni. A circa trenta metri da dove sedeva, una vaga forma si mosse nell’oscurità. Subito Bill alzò la torcia stretta nella mano destra, il pollice fermo sulla piccola leva che l’avrebbe accesa. Ma in quel momento la luna uscì dalle nubi e Bill poté vedere un animale, un mulo sperduto, avvicinarsi a lui con le orecchie tese nella sua direzione. Un attimo più tardi l’animale riprese a scendere nuovamente il precipizio, scomparendo alla vista ancora più silenziosamente di come si era avvicinato.

Bill abbassò la torcia, ancora inutilizzata. Nulla di grave, si disse, torniamo al caso. Un’altra particolarità di questa storia, perlomeno nella sua opinione forzatamente limitata, era la presenza di un tipo sicuramente fuori dal comune come Strangeway. Definire il motivo delle strane sensazioni che quell’uomo suscitava in lui non era facile, ma Bill non le associava certamente al soprannaturale. Be’, Keogh aveva detto molto chiaramente ai suoi temporanei aiutanti che non intendeva affatto passar loro tutte le informazioni in suo possesso. E nel business delle investigazioni e della sicurezza giravano molti personaggi insoliti, come del resto aveva già constatato di persona in altri casi.


Vi fu un altro debole rumore, stavolta in direzione della casa. Un attimo più tardi Bill vide Joe riemergere dalla sua lunga chiacchierata con Sarah Tyrrel e scendere la scala a pioli. Dopo aver agitato silenziosamente la mano in direzione di Bill, la cui forma scura e nascosta gli risultava probabilmente invisibile, Joe tornò ad appostarsi nella sua posizione sul lato opposto dello stretto e ripido sentiero.

Un attimo più tardi un nuovo rumore ruppe il silenzio della notte. Questo aveva tutta l’aria di essere il richiamo di una civetta. Cercando di penetrare l’oscurità con lo sguardo, Bill notò che la nebbia tendeva a scendere nel canyon. Una pallida luna, neanche a metà, brillava ora nel cielo rivelando i contorni di un brullo e inquietante panorama. Solo i contorni: la luce infatti era troppo fioca per illuminare i dettagli delle scoscese pareti, lasciati più che altro all’immaginazione dell’osservatore. Bill aveva intravisto il mulo a circa trenta metri, ma oltre quella distanza sarebbe stato letteralmente impossibile distinguere un animale da un uomo.

L’unica era sperare che la nebbia si dissolvesse del tutto mettendolo in grado di osservare con più precisione l’ambiente circostante. Ma fino a quel momento la visibilità risultava ancora troppo scarsa per dare adito a qualche ottimismo su quella linea.

Il tempo passò.

Bill portava un orologio, ma non riusciva a vederne il quadrante al buio e non intendeva affatto usare la torcia elettrica per farlo. Il moto della luna nel cielo gli consentiva di stimare con sufficiente precisione lo scorrere del tempo.

Passò un’altra ora o forse più. La calma mortale di quella notte lo aveva ormai definitivamente convinto che la cosa peggiore che rischiava fosse una bronchite. Ma l’azione non doveva tardare ad arrivare: pochi attimi ancora e un sordo fracasso ruppe il silenzio. Bill capì subito che i guai erano iniziati.


Al forte rumore di un vetro infranto proveniente dalla casa seguirono le grida di molte voci diverse. Poi una serie di profondi tonfi, come un martello che battesse con forza sulle travi del soffitto, seguita da nuove grida e nuovi tonfi. E poi, all’improvviso, echeggiò il secco frastuono di un colpo di pistola.

Guardando verso la casa, interamente in penombra tranne che per due finestre fiocamente illuminate da qualche lampada da tavolo, Bill non riuscì neppure a intravedere l’origine di quel tumulto.

Nonostante l’agitazione, non tardò a rendersi conto di non poter fare nulla così sui due piedi. Per cui restò dov’era, attendendo il momento buono per intervenire.


Mentre vegliava diligentemente l’anziana cliente, Maria notò una luce in movimento fuori dalla finestra, oltre la tendina. Un semplice riflesso, si disse, ma di che cosa? Batté le palpebre, guardò di nuovo… e l’orrore l’assalì in un’unica, gelida e travolgente ondata. Ora la luce era lì, nella stanza, e si muoveva verso di lei. La vecchia Sarah Tyrrel, prima profondamente addormentata, sedeva ora rigidamente sul suo letto. Un altro battito di palpebre e Maria vide, per poi scordarsela completamente, la figura di un uomo in piedi davanti a lei. E poi, per il momento almeno, non vide e non sentì più nulla.


Quando il tumulto ruppe la quiete di quella notte invernale, Joe Keogh scattò d’istinto verso la scala a pioli per rientrare in casa e dare una mano, ma poi ricordò che la botola poteva venir aperta solo dall’interno. E quindi anche lui non poté far altro che riguadagnare la sua posizione, aspettare e sperare.


Per un lungo attimo, Bill restò indeciso, metà in ombra e metà illuminato dalla luce della luna. Sentiva di dover fare qualcosa, di dover entrare in azione per aiutare come poteva Maria e gli altri presenti nella casa. Ma poi si ricordò della botola chiusa, come Keogh poco prima, e rimase dov’era. Esisteva anche la possibilità che tutto quel rumore fosse fatto di proposito per allontanarlo dalla sua posizione.

Ma quell’indecisione non doveva durare a lungo: meno di cinque secondi dopo, la sua attenzione venne attratta dalle nere sagome di due strane figure, una dietro l’altra, che si gettarono correndo a rotta di collo giù per la ripida scarpata. Entrambe venivano senza dubbio da casa Tyrrel, anche se non riuscì a capire da dove, e fuggirono tanto velocemente da passargli davanti prima che lui avesse il tempo di abbozzare la minima reazione.

Subito Bill si gettò al loro inseguimento. Impugnò la torcia elettrica e l’accese, urlando istintivamente ai due di fermarsi. Ma quell’ordine non sortì alcun effetto.

Nonostante l’eccitazione del momento, lo colpì l’inquietante particolare che le sue prede, le due figure vagamente umane a pochi metri da lui, non sembravano davvero correre, ma piuttosto fluttuare, scivolare giù per la ripida scarpata molto più velocemente di quanto sembrava possibile. E un secondo più tardi sparirono intoccate nelle invisibili profondità del canyon.

Stavano fuggendo liberi come l’aria dopo aver beffato tutti gli sforzi di Bill e dei suoi colleghi per proteggere efficacemente la loro cliente.

Peggio della sconfitta era l’insulto. C’era qualcosa di indefinibilmente scoraggiante nelle figure che Bill aveva intravisto, in particolar modo nella prima, ma lui era un giovane forte e coraggioso e non esitò, almeno sul momento, a inseguirli nella notte.

Presto la torcia elettrica non riuscì più a illuminare la prima figura, ormai tanto lontana da sembrare svanita nel nulla, ma il raggio di luce gli consentì di osservare bene la seconda che si era fermata per un attimo. Gli occhi di Bill contemplarono solo per un istante la forma di un uomo, un uomo totalmente sconosciuto per quanto ne sapeva, con i capelli grigi e con indosso una tuta da lavoro pure grigia. Spiccando un balzo avanti, Bill intimò a quell’uomo di fermarsi.

Ma lo sconosciuto non prestò la minima attenzione al suo ordine e continuò a fuggire, riprendendo senza alcuno sforzo la sua corsa olimpionica giù per la scarpata.

Facendo appello a tutte le sue restanti energie, Bill riprese a sua volta a tallonarlo nell’oscurità quasi totale.


Joe Keogh intanto fece in tempo a osservare per un attimo quelle stesse due figure. Ai suoi occhi parvero subito sinistre e minacciose, ma poco dopo qualcosa doveva spaventarlo ancor di più: la vista di Bill che si gettava al loro inseguimento nelle ore più profonde della notte.

Subito Joe gridò a Bill di fermarsi.

Ma Bill prestò a quell’ordine la stessa attenzione che le due strane figure in fuga avevano prestato al suo.

Tirando il fiato per urlare di nuovo, Joe si gettò a sua volta all’inseguimento.

Ma dopo pochi metri di corsa a piena velocità, prima che potesse chiamare nuovamente Bill, Joe incespicò sul ripido sentiero barcollando per qualche passo come un ubriaco. Un lancinante dolore gli trapassò la caviglia, avvisandolo della rovina ormai prossima. Joe cadde con tutto il suo peso, ignorando inizialmente il doloroso impatto delle mani sul terreno sassoso, i graffi e le contusioni provocati dai cespugli spinosi e rinsecchiti e dalle friabili rocce appuntite.

Sprecando il poco fiato che gli restava in inutili imprecazioni, Joe si rialzò d’istinto lanciandosi nuovamente in avanti. Ma bastò un solo passo a dissuaderlo, fu sufficiente poggiare a terra la gamba destra per convincersi che quella sera la sua maratona era finita. E con un gemito di rabbia e di dolore, Joe cadde nuovamente a terra.


Intanto John Southerland, doverosamente immobile al suo posto da cui teneva d’occhio l’accesso principale della casa, udì un improvviso subbuglio provenire da dentro o, più precisamente, dal retro. Seguirono il frastuono di un vetro infranto e altri forti rumori, accompagnati da diverse voci che urlavano.

John si acquattò ancor di più dividendo la sua attenzione tra la casa e il viale pedonale, da cui l’ultimo turista era scomparso circa un’ora prima. In ogni caso decise di non abbandonare per nessun motivo la sua posizione: più che possibile che tutto quel baccano fosse, in realtà, un’esca per distrarli.


Gradualmente Maria si rese conto che Gerald Brainard, tremante e borbottante, si trovava accanto alla sua sedia con un grosso e fumante revolver in mano. Nella stanza accanto, la signora Tyrrel sedeva ancora rigidamente sul suo letto.

— Se ne sono andati, per fortuna. È finita — disse Brainard con voce roca. Maria pensò di vederlo curiosamente sollevato.

La sua radio prese a ronzare sul tavolino accanto alla sedia, e lei allungò faticosamente una mano per rispondere.

Da fuori, Joe, seduto dolorante sul terreno, stava chiamando aiuto.

Ricevendo quella chiamata, John Southerland decise finalmente di lasciare il suo posto. Impugnando la torcia elettrica fece di corsa il giro della casa per poi scendere rapidamente la scarpata verso il punto in cui si trovava Joe.

John si rilassò solo quando inquadrò con la torcia suo cognato seduto su una roccia, intento a imprecare troppo forte per un uomo mortalmente ferito.

— Aiutami, dannazione!

— Cosa ti fa male?

— La caviglia!

John afferrò il cognato per le braccia e lo rialzò, fornendogli un sostegno. — Dov’è Bill? — chiese poi, guardandosi attorno.

— Si è gettato al loro inseguimento come un dannato idiota! — replicò Joe saltellando su un piede e sorreggendosi alla spalla di John. — È proprio per rincorrere lui che sono caduto. No, resta qui! Lascia perdere, John!

— Ma è da solo contro… contro… — John non completò la frase, poiché lesse in anticipo la risposta negli occhi spaventati di Joe.

Per i successivi due minuti tentarono, senza successo, di mettersi in contatto radio con Bill.

— Aiutami a tornare dentro — ringhiò Joe alla fine. — Ma che diavolo sarà successo?

— Non ne ho idea. Maria sembrava avere tutto sotto controllo. Ehi, Maria, sei ancora là?

— Sì, sono ancora qui — rispose lei dopo un momento. — Se volete rientrare vi aprirò la botola.

Far salire la scala a pioli a Joe, rabbioso e dolorante, si dimostrò difficile, ma con John che spingeva da sotto e Maria che tirava da sopra, l’impresa alla fine riuscì. Il tasso di adrenalina di Joe, probabilmente al massimo, lo spinse a esercitare tutta la forza possibile sulle braccia e a ignorare il dolore.

Brainard e Sarah vennero incontro agli investigatori al piano più basso della casa.

Di tutti i presenti, l’unico ferito era Joe.

— Erano spari quelli che ho sentito? — chiese lui.

Sul momento nessuno rispose apertamente.

— Uno sparo c’è stato — disse infine Maria. — E l’avvocato Brainard impugnava una pistola quando l’ho visto. La pallottola ha forato uno dei vetri delle finestre ed è uscita senza fare danni.

— Va bene, ne parleremo dopo — tagliò corto Joe guardando Brainard, che gli ritornò una spenta occhiata. — Maria, provi ancora a chiamare Bill per radio. John, puoi aiutarmi a salire le scale fino al piano centrale?

Mentre John aiutava il suo capo a salire di sopra, Maria provò a chiamare Bill per radio. — Qui casa Tyrrel. Sono Maria. Bill, mi sente? Sono Maria.

La giovane donna ripeté questo messaggio per diverse volte, ma ottenne in risposta solo scariche statiche.

Su al secondo piano della casa, uno zoppicante Joe borbottò che quelle radio erano solo delle trappole molto costose.

— Eppure hanno sempre funzionato bene! — fu la replica.

E poi all’improvviso, quando ormai nessuno se lo aspettava più, la voce di Bill echeggiò chiaramente al walkie-talkie di Maria. Molte parole risultarono incomprensibili, sommerse com’erano dalle scariche statiche, ma parve chiaro a tutti che Bill riteneva di essersi perso nonostante non avesse inseguito a lungo i due intrusi. Ora intendeva sedersi in quel punto fino al sorgere del sole.

In cima alla scala Joe guardò Maria, seduta proprio sotto di lui, emettendo un lungo sospiro di sollievo. Poi annuì con una qualche enfasi.

— Resta dove sei, allora — disse Maria a Bill. — Hai bisogno di qualcosa?

Bill non rispose. Joe scosse la testa e borbottò qualcosa.


Maria venne lasciata con la strana sensazione di essere svenuta proprio al momento cruciale; ma no, non poteva crederci. Si era addormentata appena un attimo prima, ecco cos’era successo. I rumori l’avevano svegliata, poi aveva visto le luci alla finestra e poi Brainard, in piedi accanto a lei con la pistola in pugno.

Tuttavia aveva la lancinante sensazione che vi fosse dell’altro. Ma riuscire a capire cosa sembrava davvero impossibile.

Viste le circostanze, pensò Maria, né Brainard né la signora Tyrrel sembravano oltraggiati come ci si poteva aspettare. Inizialmente la vecchia Sarah aveva mostrato un vago shock per l’intrusione, com’era naturale del resto, ma adesso sembrava essersi calmata. Nessuno dei due comunque volle chiamare i ranger del parco, che svolgevano le funzioni della polizia in quel lembo di territorio federale. Questo le risultò profondamente incomprensibile: lei, Maria Torres, avrebbe fatto fuoco e fiamme se avesse assunto una mezza dozzina di investigatori privati pagandoli un occhio della testa per poi subire un’aggressione in casa propria la prima sera di servizio.

Joe intanto trovò una momentanea sistemazione in una comoda poltrona al piano più alto della casa. Con le cautele dovute a un capo tanto furibondo, Maria gli chiese se non era il caso che lei e John uscissero alla ricerca di Bill. In alternativa, potevano puntare le torce giù per il pendio in modo da offrire a Bill la possibilità di tornare seguendo le luci.

Con insolita foga, Joe proibì assolutamente qualsiasi tentativo di ricerca e proclamò che accendere delle luci sperando che Bill le vedesse era una pura e semplice perdita di tempo.

— Ma cosa farà là fuori, seduto su una roccia tutta la notte? Se solo riuscissimo a farlo tornare…

— Per favore, Maria, non insista. Stia calma e tranquilla. Perché non si siede? — replicò Joe Keogh lanciandole una fredda occhiata. — So quello che faccio. Per stanotte nessuno si muoverà di qui. Dobbiamo proteggere la nostra cliente.

— Va bene — si arrese Maria, chiedendosi come mai Keogh prendesse le cose con tanto nervosismo. Be’, molta gente diventava così dopo una sconfitta.

Tutti loro si resero gradualmente conto che Brainard sembrava molto più a suo agio dopo la misteriosa visita notturna. Arrivò addirittura al punto di mostrarsi amichevole, offrendo ai corrucciati investigatori caffè e cioccolata bollente appena fatti.

Dopo alcuni minuti di pacifica contemplazione, invece, Sarah Tyrrel riprese a preoccuparsi. Presto si ritirò nuovamente nella sua camera, sedendo molto tesa sul letto con lo sguardo perso nel vuoto e il corpo che oscillava leggermente. Parlò pochissimo, ma sembrò accettare con piacere la confortante presenza di Maria.


Anche Joe e John rimasero qualche ora dentro la casa. I due uomini si davano il cambio, uno che sonnecchiava in poltrona mentre l’altro restava sveglio per captare un eventuale messaggio da Bill. In una delle stanze che guardavano a nord venne lasciata una luce accesa tutta la notte.

Ma la radio di Bill restò stranamente muta, nonostante i loro sforzi per contattarlo.

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