20

Sull’altopiano era circa la mezzanotte, minuto più, minuto meno, dell’ultimo giorno dell’anno o, in alternativa, del primo giorno del nuovo anno. Ma dopo una giornata come quella, Joe Keogh crollò non appena sedette da qualche parte nella suite dell’El Tovar, appoggiando la caviglia dolorante su qualcosa di morbido senza neppure domandarsi cosa fosse.

D’altro canto, dormiva ancora prima di poter controllare.

All’altro lato della stanza, John Southerland era al telefono con sua moglie Angie, assicurandole che tutta la faccenda era finita nel modo migliore che si potesse mai sperare e pregandola di ritrasmettere la notizia alla moglie di Joe.

Non molto lontano dalla loro porta e più precisamente nel secondo salone dell’hotel, quello in cui si ergeva il maestoso albero di Natale, si festeggiava e si brindava al nuovo anno con lo stonato coro di Auld Lang Syne che si levava più alto degli altri.

Quella notte Drakulya e gli altri celebrarono l’arrivo del nuovo anno tra le solide pareti di tronchi dell’El Tovar, ma di quando in quando il gruppo, o perlomeno un buon numero di quelli che lo componevano, usciva nella gelida notte camminando nella neve. Quelle passeggiate duravano al massimo fino a casa Tyrrel, dove Cathy si era ritirata con la madre, e comunque tutti restavano nelle vicinanze del vecchio hotel.

Coloro che abbandonavano momentaneamente la festa e raggiungevano qualche posto sull’altopiano dove potevano voltare le spalle alle luci e ai clamori della civiltà, si trovavano a contemplare un cielo rilucente di stelle invernali e quel nero, imperturbabile baratro che era il Grand Canyon.

Nel corso di una di queste passeggiate, Maria Torres disse al compagno più vicino: — Mi fa un po’ paura — per poi scoppiare a ridere. — Temo di suonare molto sciocca dopo quello che abbiamo passato oggi. Comunque, è proprio così.

Maria si stava rimettendo molto rapidamente. In effetti, dopo essere stata curata da Drakulya con riti e formule segrete, non ricordava più molto bene cosa era successo là sotto, e soprattutto non ricordava la natura dell’entità di luce e il fascino, o il possesso, che aveva esercitato su di lei.

Adesso si accigliò perplessa davanti all’oscurità del canyon. — Tuttavia — continuò — vi giuro che non è da me scordarmi così di quanto è successo appena un paio di ore fa.

— Può succedere a chiunque dopo una missione pericolosa. Io non me ne preoccuperei — disse John, appena uscito da una cabina telefonica, cercando di suonare il più possibile rassicurante senza davvero riuscirci.

— Già, ma non è la prima — ribatté Maria, dubbiosa.

— Ah, ma questa è stata davvero speciale, glielo garantisco io — tagliò corto John sorseggiando la sua birra. — Ma cosa intendeva dicendo che le fa un po’ paura?

— Be’, pensavo al Capodanno, quando l’ho detto, a tutto il rumore che fa la gente e al modo in cui il canyon lo prende, lo soffoca, lo assorbe, come il piccolo cono di luce di una torcia che cerca qualcosa al di là del limite del baratro. Qui tutto si perde nell’immensità. Non vi è traccia di un riflesso, dell’eco, di una risposta.


Non molto dopo qualcuno suggerì di andare a trovare Cathy e Sarah Tyrrel, se erano ancora sveglie.

Una lunga, commovente chiacchierata aveva impegnato in quelle ore madre e figlia. Scacciati i pericoli del Canyon Profondo e delle sue fatali attrattive, le due donne potevano finalmente spiegarsi.

Per molti anni Sarah aveva temuto di rivelare la sua identità. Finalmente lo aveva fatto, rendendo sua figlia molto felice.

— Adesso ho una vera madre.

— Una madre molto vecchia, temo.

— Oh, le mamme debbono essere vecchie. Esperte, ecco come le vuole una figlia quasi maggiorenne.

Cathy, che naturalmente ricordava gli eventi molto meglio di Maria, provava sentimenti contrastanti riguardo la perdita di suo padre, o meglio del suo primo padre adottivo, quella figura maschile di forza e pazienza che ricordava dalla sua infanzia.

— Dov’è il mio vero padre, allora?

— Oh, temo proprio che sia morto da tempo, mia cara.

— Insomma, dovrai darmi una spiegazione completa. Voglio sapere tutto ciò che è successo, tutto. Comunque, forse è meglio cominciare domani.


Con musica pop vecchia e nuova che si alternava sullo sfondo, i partecipanti di quella missione si riunirono ancora una volta nell’alloggio di Keogh con le sole eccezioni di Sarah e Cathy.

A Joe sembrò che Bill fosse affettivamente coinvolto dai guai di Maria. In un modo o nell’altro faceva di tutto per rendersi disponibile.

Drakulya, o meglio Strangeway, li aveva invitati a seguirlo nella suite per spiegare meglio gli eventi del pomeriggio. Dopo aver guardato i due colleghi di cui sapeva di potersi fidare e gli altri due coinvolti loro malgrado in cose incomprensibili, il vampiro detective cominciò a parlare.

— Circa sessant’anni fa, Edgar Tyrrel, dopo aver usato i suoi poteri di vampiro per trovare l’accesso a quello che chiamò il Canyon Profondo, incontrò la… come chiamarla? Diciamo un’anomalia nella vita del pianeta, una malformazione, forse un prodotto della roccia profonda. In ogni caso, una creatura il cui sviluppo risaliva a milioni di anni prima dell’arrivo di Tyrrel nel canyon.

“La sua curiosità riguardo all’entità lo spinse a nutrirla, a procurarle nuova vita. Senza dubbio si trattò inizialmente di animali e piante, ma poi la curiosità divenne devozione e questa idolatria… una definizione non inadeguata, temo. Tuttavia cominciò, ne sono convinto, per puro spirito di conoscenza, per umana curiosità. Per anni, forse per decenni Tyrrel fu convinto di essere solo un ricercatore. Un artista, con tutto ciò che significa questa parola, che tentava solo di catturare l’essenza della sua scoperta.

“All’inizio di questo caso non sapevo se Tyrrel era arrivato qui come essere umano per poi diventare vampiro a opera dell’entità che aveva scoperto. Tuttavia adesso ne so abbastanza per affermare che faceva già parte del mondo dei nosferatu quando si è stabilito qui.”

La maggior parte dei presenti sembrava troppo intimidita per porre domande. Ma non Joe. — Quindi lei non pensa che sia stata l’entità stessa ad attrarlo qui.

— Quasi certamente no. Furono invece le risonanze degli studi scientifici, poiché già da prima del 1860 il Grand Canyon venne studiato da numerosi geologi. Le potenzialità di una simile ferita nella struttura della Terra lo conquistarono affascinandolo fino alla morte. Come abbia poi incontrato quella creatura della roccia profonda rimane un mistero. Si tratta, lo ripeto, di un’intelligenza a noi completamente estranea, e tuttavia apparteneva alla Terra esattamente come tutte le creature che la popolano.

“Qualche giorno fa ho parlato, nel paese natio di Tyrrel, con un mio simile che mi ha dato un prezioso consiglio, per me e per altri. Distruggere o sottomettere una simile creatura poteva andare molto al di là dei miei poteri e persino aldilà di quelli a me concessi da speciali entità. Ma invocando il potere del tempo che scorre è stato possibile disgregarla, sciogliere il nodo temporale.”

Il telefonò trillò nell’affollata suite di Keogh e qualcuno prontamente rispose. Dopo fu necessario inviare qualcuno a casa Tyrrel, sprovvista di telefono, qualcuno che dovette restare con l’anziana Sarah mentre Cathy raggiungeva l’albergo. Dall’altro capo del filo un commosso Brainard porse i suoi auguri di buon anno a tutti, aggiungendo alquanto alla leggera che si trovava da qualche parte in Nevada e che la fortuna stava cominciando a girare anche per lui. Da quanto lasciò capire, considerava decisamente in crescita le sue possibilità di superare gli attuali problemi.


Una volta conclusa la telefonata, Cathy tornò a casa e Drakulya riprese la sua esposizione dei fatti.

— Il nostro amico, o se preferite il mio simile Edgar Tyrrel, era riuscito consciamente o inconsciamente a trovare, a creare, a vedere il suo dio: il dio della roccia, della natura pietrificata che lui glorificava con le sue statue.

“Tuttavia non era nella natura di quel dio comportarsi benevolmente verso colui che lo adorava: tutti noi abbiamo visto com’è finito Tyrrel.”

— E adesso che succederà a Cathy?

— Nulla, immagino. Adesso Cathy non è altro che una ragazza fortunata, una superstite… come noi del resto. Il tempo ci aiuterà ad accettare questi bizzarri eventi, o a lasciarceli completamente indietro.

— Noi comunque abbiamo una bella storia da raccontare — affermò Bill, incontrando di sfuggita lo sguardo penetrante di Strangeway. — Un giorno o l’altro — precisò — quando potremo aspettarci di essere creduti.


FINE
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