22

Chiamò Ann dalla stanza dell’albergo, telefonata a carico del destinatario, perché, dopo avere pranzato, gli erano rimasti soltanto novanta centesimi.

Dall’altro capo del filo, la voce di lei sembrava sconvolta.

«Jay, dove sei? In nome del cielo, dove sei andato a cacciarti?»

Lui le disse dov’era.

«Ma che cosa ci fai, là?» domandò Ann. «Che cosa ti è successo?»

«Non mi è successo niente,» spiegò Vickers. «Cioè, non ancora. Solo che sono in fuga. Sono scappato da Cliffwood.»

«Che cosa hai fatto?»

«Sono scappato.»

«Ma, in nome del cielo, perché…»

«Volevano impiccarmi,» spiegò Vickers. «Non so come, si sono messi in testa che io abbia ammazzato un uomo.»

«Adesso sono completamente sicura che sei ammattito. Tu non saresti capace di ammazzare una mosca.»

«Lo so anch’io. Ma non potevo spiegarlo, a quelli. Non ne ho avuto la possibilità.»

«Ma…» disse Ann. «Io ho parlato con Eb…»

«Con chi hai parlato?»

«Con l’uomo del garage, lo sai bene. Ti avevo sentito parlare di lui. Ti stavo dando la caccia dappertutto. Per due giorni interi non ho fatto che cercarti. Ho chiamato casa tua. e non rispondeva nessuno, e così mi sono ricordata che mi avevi parlato di Eb, quello del garage, e ho chiesto alla centralinista di mettermi in contatto con lui, e…»

«Cosa ti ha detto Eb?»

«Non ha detto niente,» rispose Ann. «Solo che non ti aveva più visto in giro, ma non sapeva dov’eri. Mi ha detto di non preoccuparmi.»

«È stato proprio Eb a mettermi sull’avviso,» disse Vickers. «Mi ha avvertito che avevano intenzione di linciarmi, e mi ha dato una macchina e un po’ di denaro e mi ha fatto lasciare il paese.»

«Ma qui siete diventati tutti pazzi. E chi è che pensano che tu abbia ucciso?»

«Horton Flanders. Il vecchio che è scomparso.»

«Ma tu non l’avresti mai ucciso. Dicevi sempre che era un vecchio così simpatico.»

«Senti, Ann,» disse Vickers, con fermezza. «Io non ho ucciso nessuno. Ma qualcuno ha montato la testa ai miei compaesani.»

«Nessuno ha detto niente. Se ci fosse qualcosa di ufficiale contro di te, ne parlerebbero i giornali. Sei abbastanza conosciuto per fare notizia.»

«Ann Carter,» disse Vickers, esasperato. «Nessuno di loro darebbe mai la notizia sui giornali. Sono teste calde, e vogliono farmi la pelle perché qualcuno ha messo loro in testa che io abbia ammazzato un uomo. Faranno attenzione a tenere la bocca chiusa.»

«Ma tu non puoi tornare a Cliffwood.»

«No,» disse Vickers. «Non posso tornare a Cliffwood.»

«E adesso che cosa hai intenzione di fare, Jay?»

«Non lo so. Resterò nascosto, credo.»

«Perché non mi hai chiamato subito?» si lamentò Ann. «Perché sei finito così lontano? Avresti dovuto venire subito a New York. New York è il posto migliore per nascondersi, se uno non vuole farsi trovare. E almeno avresti potuto chiamarmi. È tutta un’assurdità.»

«Aspetta un momento,» disse Vickers. «Ti ho chiamata, sì o no?»

«Sicuro. Mi hai chiamata perché ti sei accorto di essere al verde, e vuoi che ti spedisca un vaglia telegrafico, e…»

«Non ti ho ancora chiesto denaro.»

«Me lo chiederai.»

«Sì,» disse lui. «Temo proprio di sì.»

«Non t’interessa sapere perché stavo cercando di mettermi in contatto con te?»

«Vagamente,» disse Vickers. «Probabilmente perché non vuoi che ti scappi dalle mani. Nessun agente vuole mai che il suo migliore autore scappi dalle…»

«Jay Vickers,» disse Ann, «un giorno o l’altro ti crocifiggerò e ti metterò lungo la strada, per dare un esempio.»

«Sarei un Cristo molto patetico. Non potresti scegliere un soggetto migliore.»

«Ti stavo cercando,» disse Ann, «perché Crawford è diventato frenetico, letteralmente. Puoi chiedere quello che vuoi. Io ho sparato una cifra pazzesca, e lui non ha battuto ciglio.»

«Credevo che ci fossimo sbarazzati del signor Crawford,» disse Vickers.

«Non ci si sbarazza di Crawford,» disse Ann. Poi tacque, e il silenzio ronzò sul filo.

«Ann,» disse Vickers, «Ann, cos’è successo?»

La voce di lei era calma, ma tesa.

«Crawford è atrocemente spaventato. Non ho mai visto un uomo così spaventato. È venuto da me. Pensa! Non sono andata io da lui. Me lo sono visto capitare qui, nel mio ufficio, sbuffando e ansimando, e io temevo di non avere una poltrona abbastanza robusta per lui. Comunque, ti ricordi il vecchio seggiolone di quercia nell’angolo? È stato uno dei primi mobili che ho comprato per il mio ufficio, e l’ho conservato perché sono una sentimentale. Be’, è andato bene.»

«Andato bene per che cosa?»

«Ha retto il peso di Crawford,» disse Ann, trionfalmente. «Tutte le altre sedie le avrebbe sfasciate. Ti ricordi com’è grande e grosso?»

«Grossolano,» disse Vickers. «Questa è la parola più adatta.»

«Mi ha chiesto: ’Dov’è Vickers?’ E io, ’Perché lo domanda a me? Non lo tengo certo al guinzaglio.’ E lui ha detto: ’È la sua agente, no?’ E io ho risposto, ’Sì, l’ultima volta che l’ho visto lo ero, ma Vickers è un tipo molto volubile, non si può mai sapere.’ E lui, ’Devo avere Vickers.’ E io gli ho detto: ’Bene, vada a cercarselo, da qualche parte lo troverà.’ E lui: ’Qualunque cifra. Stabilisca lei il prezzo, fissi le condizioni che vuole.’»

«Quell’uomo è pazzo,» disse Vickers.

«Non c’è niente di pazzesco nel denaro che ci offre.»

«Come fai a sapere che il denaro ce l’abbia?»

«Be’, non lo so. Non lo so di sicuro, voglio dire. Ma stai dicendo delle grosse sciocchezze, e lo sai bene. Quello il denaro ce lo deve avere.»

«A proposito di denaro,» disse Vickers, «non hai mica un biglietto da cento dollari che ti cresce? Magari anche da cinquanta?»

«Posso procurarmelo.»

«Allora spediscimi subito un vaglia telegrafico. Urgente. Naturalmente, è un prestito.»

«Naturalmente. Provvederò subito,» disse lei. «Pensi che sia la prima volta che ti tiro fuori dai guai, forse? Non è la prima, e non sarà nemmeno l’ultima. Ma vuoi dirmi una cosa?»

«Che cosa?»

«Cos’hai intenzione di fare?»

«Un esperimento,» disse Vickers.

«Un esperimento?»

«Un esercizio di occultismo.»

«Ma cosa stai dicendo? Non ne sai niente, tu, dell’occulto. Sei mistico più o meno quanto un pezzo di legno.»

«Lo so,» disse Vickers.

«Ti prego,» insistette Ann, «che cosa hai intenzione di fare?»

«Appena avrò finito di parlare con te,» disse Vickers, «mi metterò a verniciare.»

«Una casa?»

«No, una trottola.»

«Una che

«Una trottola. Un giocattolo per bambini. La si mette sul pavimento e la si fa girare.»

«Stammi bene a sentire,» fece lei, «piantala con questi scherzetti e vieni a casa da Ann.»

«Dopo l’esperimento,» disse Vickers.

«Parlamene, Jay.»

«Voglio cercare di andare nella terra incantata.»

«Smettila di dire scemenze.»

«L’ho già fatto, una volta. Due volte, anzi.»

«Ascoltami, Jay, è una faccenda seria. Crawford ha paura, e ho paura anch’io. E poi c’è quella storia del linciaggio… non ne sapevo niente, ma non mi sembra una bella storia.»

«Mandami il vaglia telegrafico,» disse Vickers.

«Subito.»

«Ci vediamo tra un paio di giorni.»

«Chiamami,» disse lei. «Chiamami domani.»

«Ti chiamerò.»

«E… Jay, stai attento. Non so che cosa stai combinando, ma stai attento.»

«Starò attento,» disse Vickers.

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