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C’era stato un momento in cui aveva visto la strada chiara e diritta davanti a sé… la certezza che Kathleen Preston non fosse stata altro che un personaggio condizionato, che per anni il ricordo artificiale della passeggiata nella valle fatata lo avesse reso cieco all’amore che nutriva per Ann Carter, all’amore che lei indubbiamente provava per lui, celato dagli sciocchi litigi e dalle rabbiose discussioni.

Poi era venuta la rivelazione che i suoi genitori dormivano da anni in uno stato d’animazione sospesa, in attesa dell’avvento di quel mondo di pace e di comprensione cui avevano dato un contributo tanto grande.

E lui non aveva potuto volger loro le spalle.

E forse, si disse, era un bene, perché adesso c’era quest’altro fattore: la scissione di un’unica vita in più di una vita.

Era un modo sensato di fare le cose, forse un metodo valido, perché i mutanti avevano bisogno di materiale umano, e in casi del genere bisognava fare del proprio meglio con ciò di cui si disponeva. Si affidava ai robot il lavoro che poteva venire lasciato ai robot, e si prendeva la vita di uomini e donne, e da ognuna di queste vite se ne ricavavano parecchie, incastonandole nei corpi degli androidi.

Lui non era una vera persona, ma una parte di una persona, un terzo del Jay Vickers il cui corpo attendeva il giorno della restituzione della sua vita.

E Ann Carter non era una vera persona, anche lei, ma una parte di un’altra persona. Forse — e per la prima volta permise che il suo sospetto diventasse un pensiero chiaro e terribile — forse una parte di Jay Vickers, e divideva con lui e con Flanders la vita che in origine era appartenuta ad uno soltanto.

Adesso tre androidi si dividevano quell’unica vita: lui e Flanders e qualcun altro. E la domanda lo assillava, bisbigliandogli nel cervello: chi poteva essere l’altro?

Loro tre erano legati da un comune cordone ombelicale che quasi ne facevano un solo essere, e con il tempo tutti e tre dovevano lasciar riaffluire le loro vite nel corpo del vero Jay Vickers. E quando ciò fosse avvenuto, quale dei tre avrebbe continuato a esistere come Jay Vickers? O forse nessuno? Forse sarebbe stato una specie di morte, per tutti e tre, e la continuazione della coscienza del Jay Vickers di un tempo? Oppure tutti e tre si sarebbero mescolati, in modo che il Jay Vickers risorto fosse una strana personalità triplice, la risultante di quello che adesso erano lui e Flanders e l’altro, lo sconosciuto?

E il suo amore per Ann Carter? Di fronte alla possibilità che fosse Ann la parte sconosciuta, che ne era della tenerezza che aveva sentito all’improvviso per lei, dopo gli anni delle rose e del chiaro di luna… che ne era di quell’amore?

Quell’amore non poteva esistere, lo sapeva. Se Ann era la terza, non poteva esserci amore tra loro. Non potevi amare te stesso come un’altra persona. Non potevi amare una sfaccettatura di te stesso, o lasciare che una sfaccettatura di te stesso ti amasse. Non potevi amare una persona che ti era più vicina d’una sorella o di una madre…

Per due volte aveva conosciuto l’amore di una donna, e per due volte gli era stato tolto, e adesso non aveva altra scelta che compiere la missione assegnatagli.

Aveva promesso a Crawford che, quando avesse saputo ciò che succedeva, sarebbe tornato a parlargli, e insieme avrebbero cercato di scoprire se esisteva la possibilità di un compromesso.

Ma ormai non c’erano compromessi, lo sapeva.

Non c’erano, se la sua intuizione era esatta.

E Flanders aveva detto che l’intuizione era migliore del ragionamento, un modo più maturo e più adulto di arrivare alla soluzione di un problema. Un metodo, gli aveva detto Flanders, che liquidava il sentiero tortuoso, usato dalla razza umana per tutti gli anni formativi.

Perché l’arma segreta era l’arma vecchissima della guerra, scatenata con cinismo matematico e con precisione calcolata.

E a quante guerre, si chiese, poteva sopravvivere la razza umana? E la risposta pareva essere: solo a un’altra vera guerra.

I mutanti erano il fattore di sopravvivenza del genere umano: e adesso non gli restava più nulla, né Kathleen né Ann, neppure, forse, la speranza di un’umanità personale… eppure doveva operare meglio che poteva per portare avanti la migliore speranza del genere umano.

Qualcuno bussò alla porta.

«Sì,» disse Vickers. «Avanti.»

«La colazione, signore,» disse Hezekiah, «sarà pronta appena lei avrà finito di vestirsi.»

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