Capitolo venticinquesimo

E così, alla fine, la storia di Peter Hobson e quella di Sandra Philo convergevano. La morte di Hans Larsen (e gli altri crimini che stavano per essere commessi) le attiravano sullo stesso percorso. Nel suo letto d’ospedale Sandra raccolse le forze per integrare i ricordi che Peter aveva di quel periodo con i suoi, mettendo insieme le tessere del rompicapo pezzo per pezzo, un bit dopo l’altro…

Il detective ispettore Alexandria Philo della Polizia Metropolitana di Toronto sedeva alla sua scrivania, con lo sguardo perso nel vuoto.

Il turno di notte sarebbe venuto a prendere servizio da lì a mezz’ora, ma lei non era particolarmente ansiosa di andarsene a casa. Quattro mesi prima lei e Walter s’erano separati, e il giudice aveva assegnato a entrambi la custodia congiunta della loro figlia. Quando Carley era con lui, come quella settimana, la casa le sembrava un luogo freddo e vuoto.

Forse prendersi un animale da compagnia l’avrebbe aiutata, si disse Sandra. Magari un gatto. Qualcosa di vivo, qualcosa che si muovesse, qualcosa che le venisse incontro per salutarla quando rientrava dal lavoro.

Scosse il capo. Era allergica al pelo dei gatti, e preferiva non andare in giro col naso gocciolante e gli occhi gonfi. A quel pensiero sorrise tristemente; aveva rotto con Walter proprio perché non ne poteva più di quegli stessi sintomi.

Negli anni in cui frequentava l’università Sandra aveva abitato coi suoi genitori, e s’era sposata con Walter subito dopo la laurea. Ora aveva trentasei anni, e con la figlia fuori casa si trovava a vivere da sola per la prima volta nella sua vita.

Forse le conveniva andare all’YWHA, quella sera. Lavorare un paio d’ore. Si esaminò le gambe con sguardo critico. Meglio che gettare via il suo tempo davanti alla TV, comunque.

— Sandra?

Rialzò lo sguardo. Davanti alla scrivania c’era Gary Kinoshita, con una cartella portafascicoli in mano. Era un ispettore-capo sui sessant’anni, con folti capelli grigi e un po’ di pancetta. — Sì?

— Ne ho uno per te… hanno appena chiamato. So che il tuo turno finisce fra mezz’ora, ma Rosenberg e Macavan sono ancora fuori per quella rapina sulla Shepard e anche là c’è scappato il morto. Vedi un po’ se puoi occupartene, ti spiace?

Sandra annuì e tese una mano. Kinoshita le consegnò il fascicolo. Anche meglio dell’YWHA, pensò. Qualcosa da fare. Le sue gambe potevano aspettare. — Grazie — disse.

— Sembra che sia, uh, un po’ orripilante — la informò Kinoshita.

Sandra aprì la cartella. I moduli erano ancora vuoti, ovviamente, a parte la trascrizione fatta dal computer del rapporto via radio dell’agente arrivato per primo sulla scena. La lesse in fretta. — Ah. Vedo.

— Due agenti sono ancora sul posto. Aspettano te, prima di far rimuovere il corpo.

Lei annuì e si alzò dalla scrivania. Aggiustò meglio la posizione della fondina in cintura, chiuse la lampo della blusa di lana verde scuro e prelevò dall’attaccapanni il soprabito verde chiaro. Il caso di omicidio n° 212 di quell’anno nella circoscrizione di Toronto era adesso di sua competenza.

Bastarono due minuti per arrivare sul posto, in auto. Sandra lavorava al 32° Distretto, su Ellerslie Street, appena un paio di chilometri a ovest dello Yonge, e il delitto era avvenuto al 137 di Tuck Friarway (Sandra detestava gli stupidi nomi che avevano dato alle strade in quel nuovo quartiere). Come d’abitudine rallentò per dare un’occhiata al vicinato, quando fu nella zona. Tipico sobborgo da classe media… moderna classe media, cioè. Piccole villette di mattoni rossi in fila sui due lati della strada, separate da spazi così esigui che uno doveva quasi girarsi di fianco per passare sul retro, dove c’erano presumibilmente dei giardinetti. Il terreno davanti alla facciata era occupato da fazzoletti di prato e dalle stradicciole d’accesso ai garage, questi ultimi tutti a due posti. Le cassette della posta erano montate su paletti, all’americana. Gli alberi, piantati meno di due anni prima, erano ancora poco più che arbusti allineati sul marciapiede erboso.

C’erano parecchi cartelli. Vendesi. Vendesi. Vendesi. Sandra annuì fra sé. Appena uno aveva i soldi, poteva trovare di meglio.

Sul vialetto del numero 137 c’era un’auto della Polizia Metropolitana, e il furgone di quelli della camera mortuaria era posteggiato in posizione irregolare sulla strada. Sandra scese e andò alla porta d’ingresso. Era spalancata. Si fermò sulla soglia e guardò dentro. Il cadavere si trovava proprio lì, disteso di traverso nell’atrio. Morto da una dozzina d’ore, all’apparenza. Sul pavimento di legno scuro c’era molto sangue, già secco. E lì accanto l’altra cosa, proprio come diceva il rapporto. Un caso di omicidio con mutilazione.

Dal soggiorno uscì un agente in uniforme, un uomo di pelle nera che torreggiava su Sandra con la sua altezza… non che lei fosse di piccola statura. A scuola aveva giocato nella squadra di basket.

Sandra gli mostrò la tessera. — Detective ispettore Philo — disse.

L’agente in uniforme annuì. — Passi qui a destra lungo il muro se vuole entrare, ispettore — disse, con un accento straniero che le parve giamaicano. — Quelli della scientifica non sono ancora arrivati.

Sandra fece come le era stato detto. — Tu sei?

— King, signora. Agente Darryl King.

— E il deceduto è?

— Hans Larsen. Lavorava nella pubblicità.

— Chi ha trovato il corpo, Darryl?

— La moglie, rientrando dal lavoro — rispose lui, accennando col capo verso il retro della casa. Lei si accorse che in soggiorno c’era qualcuno, una donna piuttosto attraente con una blusa rossa e una gonna di pelle nera. — È con la mia collega.

— Ha un alibi?

— Può darsi — annuì Darryl. — È segretaria di un dirigente alla Scotia Bank, alla sede sullo Yonge, ma uno degli sportellisti oggi era ammalato e lei lo ha sostituito al banco. Centinaia di persone l’hanno vista.

— Allora perché dice «può darsi»?

— Prudenza professionale. In questi casi non si può mai dire. — Darryl accennò verso la cosa che giaceva al suolo. — Lo scanner non rivela impronte. Ma qualcuno ha portato via il dischetto della telecamera di sicurezza esterna.

Sandra annuì. Guardò di nuovo la donna in blusa rossa e gonna nera. Tu stai pensando che una moglie gelosa potrebbe aver pagato qualcuno per fare questo? Io direi che è eccessivo, no?

— Forse. — Darryl gettò uno sguardo al cadavere e fece una smorfia. — Comunque io ci penserei due volte, prima di sposare una donna molto gelosa.

Control, il simulacro non modificato, sognava.

Notte fonda. Una coltre di nuvole sopra di lui, ma in qualche modo le stelle brillavano attraverso di essa. C’era un albero gigantesco, antico e contorto… forse una quercia, forse un acero, sembrava avere entrambi i tipi di foglie. Le sue radici erano esposte su un lato, dove il terreno aveva ceduto come se un’inondazione o un temporale l’avessero scavato via. Si vedeva una massa di tentacoli di legno ingrumati di terra. La stabilità dell’albero appariva precaria, quasi che fosse sul punto di crollare.

Peter si arrampicava sull’albero, aggrappandosi a quei grossi rami senza sforzo e salendo più in alto e ancora più in alto. Sotto di lui si arrampicava anche Cathy, col vento che le sollevava la gonna intorno ai fianchi.

E più in basso, molto più in basso, un… animale di qualche genere. Un leone, forse. Si alzava sulle zampe posteriori, rampante, e appoggiava quelle anteriori al tronco dell’albero. Benché fosse notte Peter poteva vedere il colore della sua criniera. Non era affatto ocra o marrone come lui si sarebbe aspettato. Sembrava molto chiara, invece, quasi biondo platino.

All’improvviso l’albero cominciò a vacillare. Il leone lo stava rovesciando.

I rami oscillarono selvaggiamente. Peter si arrampicò più in alto. Sotto di lui Cathy mandò un grido e cercò di aggrapparsi al tronco, ma era tardi. Troppo tardi. L’albero ondeggiò ancora e lei precipitò giù dal ramo…

NET NEWS DIGEST

Una svolta allucinante nel caso della scomparsa di numerose giovani donne avvenuta di recente nel Minnesota meridionale. Il Minneapolis Star rivela oggi di aver ricevuto per posta elettronica un messaggio dal sedicente killer, il quale dichiara che tutte le sue vittime sono state sepolte vive dentro bare speciali rivestite di piombo, completamente opache alle radiazioni elettromagnetiche, questo allo scopo di impedire che l’Onda dell’Anima esca all’esterno.


Alcuni studiosi universitari a l’Aia, Olanda, hanno annunciato oggi la perfetta riuscita del primo tentativo di registrare il passaggio attraverso lo spazio di una camera di un’Onda dell’Anima appena uscita dal corpo di una persona deceduta. «Il fenomeno, benché non ci sia ancora stato possibile seguirlo oltre, sembra mantenere la sua coesione e intensità fino alla distanza di tre metri dal corpo» afferma il professor Maarten Lely, docente di bioetica alla European Community University.


La Società Vaso di Pandora con sede a Spokane, Washington, ha oggi esortato la comunità scientifica mondiale a mettere fine a tutte le ricerche sull’Onda dell’Anima. «Una volta ancora» ha detto la portavoce della società Leona Wright, «la scienza sta rovistando con pericolosa foga in un terreno a cui sarebbe saggio non accostarsi affatto, o almeno con molta più prudenza.»


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L’avvocato Katarina Koenig di Flushing, New York, ha annunciato oggi che intenterà azione legale contro il Manhattan’s Bellevue Hospital, su incarico dei familiari di pazienti terminali deceduti in questi ultimi tempi. L’avvocato afferma che, data la scoperta dell’Onda dell’Anima, le procedure adottate dall’ospedale per determinare se fosse lecito spegnere le apparecchiature collegate ai pazienti non sono state adeguate. L’avvocato Koenig ha già vinto una causa per risarcimento intentata contro la Consolidated Edison da persone ammalate di cancro che avevano abitato in prossimità di linee dell’alta tensione.

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