Capitolo terzo

Peter aveva visto quella pubblicità su alcune riviste e su Internet. «Vivete per sempre! La scienza moderna può impedire al vostro corpo di invecchiare.» Aveva pensato che fosse soltanto uno slogan, finché non gli era accaduto di leggere un articolo su Biotechnology Today. Una società californiana, a quanto sembrava, poteva rendere più o meno immortale un individuo sano disposto a pagare un prezzo di venti milioni di dollari.

Peter non credeva davvero che una cosa simile fosse possibile, ma la tecnologia che entrava in gioco in quel progetto era senza dubbio affascinante. Inoltre, a quarantadue anni compiuti, il pensiero che a lui e a Cathy restavano appena poche decadi da passare insieme era l’unica cosa della sua vita che cominciava a deprimerlo.

Ad ogni modo quella società californiana — la Life Unlimited — stava già organizzando conferenze in tutto il Nord America per promuovere la sua attività a livello scientifico e cercare clienti. Toronto era una delle città comprese nel programma, e non molto tempo dopo una di quelle conferenze fu inserita nella lista di incontri culturali che il comune teneva al Royal York Hotel.

Guidare nel traffico del centro di Toronto era impossibile, anche programmando il percorso sul computer della macchina; Peter e Cathy scesero alla Union Station e presero la sotterranea, che passava praticamente sotto il Royal York Hotel. La conferenza era stata organizzata in una delle sale addobbate con reperti etnologici, la Ontario Room. Non c’erano molte persone ad attendere l’inizio, appena una cinquantina, e fra loro…

— Uh, oh — disse Cathy.

Peter si girò. Colin Godoyo stava facendo rotta verso di loro. Colin era il marito di un’amica di Cathy, Naomi, e vice presidente della Toronto Dominion Bank; un uomo ricco, a cui piaceva sfoggiare la sua ricchezza. Peter aveva simpatia per Naomi, ma era molto più contento quando gli capitava di incontrarla senza suo marito.

— Ehi, Petey! — lo salutò Colin, a voce abbastanza alta da far voltare tutte le teste verso di loro. Aveva fatto gli ultimi dieci passi tenendo sollevato il braccio destro davanti a sé, così Peter fu costretto a stringergli la mano. — E la splendida Catherine! — proclamò piegandosi verso di lei per avere un bacio, che pur riluttante Cathy non potè negargli. — È proprio una deliziosa sorpresa trovarvi qui!

— Salve, Colin — disse Peter. Indicò con un pollice l’altro lato della sala, dove il conferenziere parlava con un paio di membri del consiglio comunale. — Stai progettando di vivere per sempre?

— Sembra una cosa affascinante, no? — ridacchiò Colin. — E di voi due cosa mi dite? La coppia felice può sopportare il pensiero del «finché la morte non ci separi»?

— Quello che mi attira è la tecnologia biomedica del progetto — disse Peter, un po’ seccato dalle supposizioni dell’altro.

— Ovvio, ovvio — annuì Colin con un irritante tono di comprensione. È naturale. E tu, Cathy? Ti affascina l’ipotesi di mantenere per sempre la tua incantevole freschezza?

Peter sentì il bisogno di difendere sua moglie. — Lei è laureata in chimica, Colin. A interessarci entrambi sono soprattutto gli aspetti scientifici del procedimento.

Dal palco montato in fondo alla sala il presentatore disse, in un microfono:

— Signore e signori, siamo pronti per cominciare. Prego, accomodatevi ai vostri posti. Peter vide due poltroncine libere in una fila completamente occupata, e fu svelto a dirottare Cathy in quella direzione. Colin dovette a sedersi più indietro.

— La nanotecnologia, ecco la chiave del futuro, la chiave della nostra immortalità — esordì il conferenziere della Life Unlimited. Era un afro-americano sui quarantacinque anni, molto robusto, con capelli sale e pepe ed un ampio sorriso esperto. Il suo completo color fumo di londra doveva costare almeno duemila dollari. — Le nostre apparecchiature nanotecnologiche sono in grado di prevenire, signori, ogni aspetto dell’invecchiamento. — Indicò la foto comparsa su uno schermo a parete, l’ingrandimento di un robot microscopico. — Questo che vedete è uno dei nostri esemplari più collaudati. Noi li abbiamo chiamati «balie», perché quello che fanno è prendersi cura del vostro corpo. Proprio così: balie. — Sorrise, guardando a destra e a sinistra per invitare i presenti a sorridere con lui.

— Ora, vi domanderete, come fanno le nostre balie, una volta distribuite nell’interno del vostro corpo, a prevenirne il naturale invecchiamento? — Il conferenziere allargò le braccia. — È molto semplice. Per buona parte, ciò che chiamiamo invecchiamento è controllato da numerosi geni che fungono da timer. Ebbene, non si possono eliminare questi timer… essi sono necessari al controllo di molti processi organici, ma le nostre balie leggono i parametri del loro intervento e li ristrutturano. Le balie inoltre confrontano il DNA che voi producete nelle cellule nuove con il DNA originale del vostro corpo. Se vengono introdotti errori, la correzione del nuovo DNA è apportata a livello atomico. Questo metodo non è molto diverso dagli ormai sofisticatissimi procedimenti per la correzione degli errori nella comunicazione a grande distanza fra i computer. Il programma di raffronto dei dati consente un intervento correttivo rapido e preciso.

«I disastri causati dall’accumulo di rifiuti tossici nel corpo sono anch’essi all’origine dell’invecchiamento. Ma le nostre balie hanno la capacità di andarli a cercare dentro di voi e li espurgano, in modo che non producano altri danni.

«I problemi del sistema immunitario, come l’artrite reumatoide, rappresentano una componente non secondaria dell’invecchiamento. Be’, noi abbiamo imparato molto sul sistema immunitario durante gli studi per curare l’AIDS, e oggi possiamo intervenire su quasi tutte le deficienze che può presentare.

«Ma la sfaccettatura peggiore dell’invecchiamento è la perdita della memoria e delle funzioni cognitive. In molti casi ciò è dovuto a una semplice carenza di Vitamina B6, o B12. La causa sta inoltre nella diminuzione del livello di Acetilcolina e altri neurotrasmettitori. E anche qui le nostre balie rimettono in equilibrio la presenza di queste sostanze dentro di voi.

«E cosa possiamo dire nei casi di Alzheimer? Questa malattia è geneticamente programmata per colpire a una certa età, benché la sua comparsa possa essere causata da alti livelli di contaminazione da alluminio. Le balie vanno a controllare i vostri geni, e accendono e spengono i regolatori. Noi siamo in grado di trovare infatti le istruzioni genetiche per l’Alzheimer scritte nel vostro DNA… se ci sono, perché non tutti le hanno… e di impedire che si realizzino.

Il conferenziere sorrise. — So cosa state pensando adesso: niente di tutto questo potrebbe aiutarvi se qualcuno vi sparasse. Be’, usando la tecnologia che la Life Unlimited mette a vostra disposizione, si può sopravvivere anche a questo. Certo, una pallottola nel petto può fermare il vostro cuore… ma le nostre balie monitorizzeranno il livello di ossigeno nel sangue, e loro stesse potranno portare sangue al cervello, se necessario, agendo come trattori, spingendo i globuli rossi. Naturalmente dopo una cosa del genere potreste aver bisogno di un trapianto cardiaco, e altri lavori di riparazione… ma il vostro cervello sarà tenuto in vita fino al termine degli interventi medici.

«Okay… ora state pensando: ehi, e se invece quel bastardo mi sparasse nella testa, che succederebbe? — Il conferenziere srotolò quello che sembrava un sottile foglio di plastica argentea. — Questo è poliestere-D5. È simile al Mylar. — Tenne il foglio per un angolo e lo lasciò ondeggiare nell’aria. — Meno di mezzo millimetro di spessore — disse, — ma guardate qui. — L’uomo assicurò i quattro lati del foglio argenteo a una cornice metallica rettangolare posta su un cavalletto. Poi estrasse una pistola automatica fornita di silenziatore. — Non allarmatevi — disse. — Ho avuto il permesso di usare l’arma per una dimostrazione. — Ridacchiò. — So come la pensate voi canadesi sulla libera vendita di armi portatili. — Sollevò la pistola mirando al foglio con un’angolazione di 45 gradi e fece fuoco. Peter sentì lo sparo dell’arma e vide una vampa uscire dalla canna. Ci fu un rumore schioccante e la tenda di una finestra alla sinistra del palco si scosse.

Il conferenziere andò a staccare il Mylar dalla cornice e lo mostrò ai presenti. — Nessun foro — disse, ed era vero. Il foglio ondeggiava intatto nella corrente d’aria condizionata. — Il poliestere-D5 è stato realizzato per scopi militari, e attualmente viene usato nei giubbotti antiproiettile in dotazione alla polizia di tutto il mondo. Come potete vedere, è molto flessibile… a meno che non venga colpito da un oggetto ad alta velocità, nel qual caso s’irrigidisce e diventa più duro dell’acciaio. La pallottola che ho sparato un momento fa è rimbalzata via. — Si girò di lato. Un assistente stava tornando verso il palco con un paio di pinzette nelle quali teneva un piccolo frammento di metallo scuro. Lasciò cadere l’oggetto in un bicchiere, sul leggio. — Ecco qui. Calibro 38.

Il conferenziere si volse verso il pubblico. — Il cranio umano può essere ricoperto da uno strato di poliestere-D5 fornito di minuscoli forellini. Ovviamente non dobbiamo rasare a zero una persona per far questo; ci limitiamo a iniettare i microscopici robot nanotecnologici e a lasciare che essi costruiscano lo strato protettivo. Ma con la testa coperta da mezzo millimetro di questo materiale voi potrete incassare una pallottola nella nuca, o finire sotto le ruote di un camion, o cadere dal tetto di un edificio, senza che le ossa del vostro cranio subiscano danni. Anzi, vi dirò di più: il poliestere colpito con violenza diventa così rigido che neppure il trauma dovuto alla percussione si ripercuote dannosamente sul cervello.

L’uomo girò sui presenti un sorriso abbagliante. — E proprio come osiamo vantarci nella nostra pubblicità, signori. La Life Unlimited può proteggervi in più modi dalla morte… sia prevenendo i vari aspetti dell’invecchiamento che tutelandovi contro ogni incidente a cui possiate pensare. A tutti gli effetti pratici noi vi offriamo esattamente quello che promettiamo: l’immortalità, la pura e semplice sicurezza di non morire mai. E negli Stati Uniti abbiamo già avuto migliaia di adesioni. Ora, se fra i presenti c’è qualcuno a cui interessa, per me sarà un piacere illustrargli le condizioni del nostro contratto standard.

Era la prima domenica del mese. Per ormai lunga tradizione questo significava andare a cena coi genitori di Cathy.

I suoceri di Peter abitavano su Bayview Avenue, a North York. La casa dei Churchill, una tipica villetta monofamiliare del 1960 con a fianco il garage, un tempo sarebbe apparsa elegante, ma da qualche anno era stata deprezzata dalla costruzione di alcuni mostruosi edifici che la tenevano immersa nell’ombra tutto il giorno. Sulla facciata del garage c’era un rugginoso cestino da basket senza la rete.

L’impronta del pollice di Cathy fece scattare la serratura della porta, e Peter la seguì nell’interno. — Siamo qui! — chiamò la giovane donna; sua madre apparve in cima alle scale per salutarli. Bunny Churchill (che le piacesse o meno, questo era il suo nome) era una donna piccola e ben curata, di sessantadue anni, coi capelli grigi. A Peter piaceva immensamente. Cathy si tolse la pelliccia e andò nel soggiorno. Erano molti anni che Peter veniva in casa dei suoceri, ma ancora non s’era abituato a quella stanza. A parte le poltrone l’unico mobile era uno scaffale piuttosto piccolo, su cui c’era un impianto audio CD e alcuni dischi video, uno dei quali conteneva una collezione di tutti i Calendari con le Playmate di Playboy pubblicati dal 1998.

Il padre di Cathy era un professore di educazione fisica. Quando Peter andava al liceo gli insegnanti di ginnastica gli avevano tormentato l’esistenza, convincendolo che non tutti i professori di scuola erano necessariamente forniti di intelligenza umana. E Rod Churchill, che dirigeva la sua famiglia come fosse una squadra di football delle scuole superiori, non gli aveva fatto cambiare idea.

Tutto era regolato e scandito dall’orologio; anche quel pomeriggio Bunny stava correndo per la casa in modo da poter servire la cena alle sei in punto e non un minuto più tardi. Tutti conoscevano il loro posto a tavola, e sia prima che dopo il pasto tutti si spostavano seguendo le istruzioni dell’Allenatore Rod.

Appena tutto fu pronto Rod gettò un’occhiata all’orologio e sedette a capotavola, con Bunny all’estremità opposta e Peter e Cathy che si fronteggiavano sui due lati più lunghi. Questo consentiva loro di distrarsi facendo piedino, quando Rod s’imbarcava in una delle sue storie lunghe e noiose.

Le cene della prima-domenica-del-mese ruotavano su tre soli menu: tacchino, roast-beef, e pollo arrosto. Quel mese toccava al tacchino. Rod impugnò il coltello da carne e fece le porzioni. Per primo serviva sempre Peter. — L’ospite ha la precedenza — disse anche quella volta, senza rendersi conto che dopo tredici anni di matrimonio con sua figlia trattare Peter come un estraneo non era poi una gran cortesia. — So cosa ti piace di più, Peter… ecco qua, la coscia, ben rosolata.

— A dire la verità preferisco la carne bianca del petto.

— Credevo che ti piacesse la coscia.

— Mi piace la coscia del pollo — precisò Peter, come precisava ogni tre mesi. — Quando c’è tacchino, preferisco la carne bianca del petto.

— Ne sei sicuro? — domandò Rod.

No, faccio ogni volta questa fottuta scena perché sono stupido. — Sì.

Rod scrollò le spalle e cominciò a tagliare fette dal petto. Era un uomo abbastanza vanitoso. A un anno dalla pensione portava i capelli (ciò che ne restava) tinti di uno scintillante colore bruno rame. Li teneva lunghi sul lato destro in modo da poterli pettinare sopra la vasta calvizie centrale. Un Dick Van Patten in tuta da ginnastica.

— Cathy voleva sempre la coscia, quand’era bambina — disse Rod. — Strano come cambiano i gusti.

— Mi piace ancora — disse Cathy, ma Rod parve non sentirla.

— Le davo sempre la coscia più grossa, e poi stavo a Guam-dare mentre ne mangiava enormi bocconi.

— La incoraggiavi a ingozzarsi. Ma lei avrebbe potuto soffocarsi con una cartilagine e morire — disse Bunny.

Rod grugnì. — I bambini sanno badare a se stessi meglio di noi — sentenziò. — Ricordo ancora quella volta che cadde dalle scale.

Rise, come se la vita fosse una commedia e la loro casa nulla più di un palcoscenico. Indicò Bunny a Peter. — Mia moglie era più agitata della bambina. Cathy aspettò di avere un pubblico di estranei prima di cominciare a piangere. — Scosse il capo. — I bambini hanno le ossa di gomma. Ecco qua… — Consegnò a Peter un piatto con due malridotte fette di petto di tacchino. Lui prese il cucchiaio e si servì dal vassoio delle patate fritte. Le riunioni del venerdì sera al The Bent Bishop non gli sembravano molto insopportabili, in quei momenti.

— Restai ingessata per cinque settimane — si giustificò Cathy.

Rod ridacchiò. — Che botta facesti, sul pavimento.

Peter aveva una lunga cicatrice su un polpaccio, ricordo di un incidente avvenuto a scuola durante una lezione di ginnastica. Quel dannato insegnante non s’era accorto del bullone che sporgeva dal suo dannato cavallo con maniglie. Un tipo allegro ed energico, proprio come Rod. Attese che gli altri si fossero serviti, si versò un po’ di salsa e passò la tazza al padrone di casa.

— No, grazie — disse Rod. — Devo fare a meno della salsa, da qualche giorno.

Peter pensò di chiedergli il perché, poi decise di non farlo e passò la tazza a Cathy. Si girò verso la suocera e sorrise. — E lei ha qualche novità, Bunny?

— Oh, sicuro — annuì la donna. — Ho cominciato un corso, ogni mercoledì sera… lezioni di francese. Ho deciso che è dovere di ogni buon cittadino imparare questa lingua.

Peter ne fu impressionato. — Un’ottima idea — si complimentò. Guardò il suocero. — Questo significa che lei resta a casa da solo tutti i mercoledì sera? E per la cena?

Rod grugnì con aria infelice. — La ordino al Food Food.

Peter lo compatì annuendo, con un sorrisetto.

Cathy si volse a sua madre. — Questo tacchino è delizioso.

— Grazie, tesoro — disse Bunny. Sospirò. — Sai, ricordo ancora quando recitavi la parte del tacchino, nello spettacolo scolastico, per la festa del Ringraziamento.

Peter inarcò un sopracciglio. — Sul serio recitavi a scuola, Cathy? Non me l’hai mai detto. — Guardò il suocero. — Ed era una brava attrice?

— Ah, non lo so. Non sono mai andato a vederla. Stare lì mentre dei bambini travestiti starnazzano su un palcoscenico non è la mia idea di una serata divertente.

— Ma lei era sua figlia — osservò Peter, e subito si pentì di averlo detto.

Rod si servì un’altra porzione di carote bollite. Peter sospettava che se l’uomo avesse avuto un figlio maschio sarebbe andato a vederlo giocare nella Little League.

— A papà i bambini non sono mai interessati molto — disse Cathy, con voce accuratamente neutra.

Rod annuì, come se quella fosse l’unica e la più ragionevole linea di condotta per un padre. Peter accarezzò dolcemente una caviglia di Cathy con un piede.

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