Capitolo ventisettesimo

Il detective ispettore Alexandria Philo aveva un rapporto di amore-odio con quella parte del suo lavoro. Da un lato, interrogare quelli che avevano conosciuto le persone assassinate spesso le forniva indizi interessanti. Ma dall’altro, dover fare pressione su dei parenti ancora sconvolti dal dolore era un’esperienza spiacevole per lei quanto per loro.

Ancor peggio era il cinismo di cui a volte sentiva la presenza: non tutti le dicevano la verità; alcuni le nascondevano qualcosa, altri piangevano lacrime di coccodrillo. Personalmente Sandra era incline a fornire comprensione a chi vedeva soffrire, ma il poliziotto in lei diceva che niente doveva esser preso per quel che sembrava.

No, pensò. Non era il poliziotto in lei a darle quel consiglio. Era la semplice persona umana. Quando il suo matrimonio con Peter s’era concluso con la separazione, tutti i conoscenti che dapprima s’erano congratulati con loro affermando che erano fatti uno per l’altra avevano detto: «Oh, io lo sapevo che non sarebbe durato», e «Gesù, come hai potuto credere che quello fosse l’uomo per te», e «L’ho sempre detto che era uno scimmione» o un animale, o un bastardo, o qualunque fosse la definizione che uno preferiva per un uomo che era meglio perdere che trovare. Sandra aveva imparato allora che le persone, anche quelle come si deve, anche gli amici, mentivano con estrema spontaneità. In molte situazioni dicevano solo quello che secondo loro uno voleva sentirsi dire.

La porta dell’ascensore si aprì al sedicesimo piano del grattacielo North American Life. Sandra uscì. La Doowap Advertising aveva il suo elegante atrio, tutto in cromo e plastica rosa, proprio di fronte agli ascensori. In quegli anni moltissime compagnie private avevano rinunciato a esibire ragazze d’aspetto sensuale al banco d’ingresso, sostituendole con receptionist più anziani di entrambi i sessi che proiettavano un’immagine più seria e professionale. Ma la pubblicità era sempre la pubblicità, e il sesso continuava a vendere. Sandra cercò di esprimersi con parole semplici per non confondere la mente della cinguettante creatura piazzata dietro il bancone al solo scopo di rimbecillire i clienti maschi col suo sorriso.

Dopo aver mostrato la sua tessera a un paio di dirigenti, Sandra ebbe il permesso di disturbare la giornata lavorativa e cominciò a interrogare gli impiegati. La Doowap usava ancora uffici open space, che cinquant’anni prima erano molto comuni negli USA, benché la mentalità canadese fosse più portata a preferire uffici alla francese, o alla tedesca, ovvero porte chiuse e pochi contatti fra dirigenti e personale. Ma, di nuovo, la pubblicità era un mondo diverso.

Quasi tutti gli impiegati avevano il loro cubicolo nella zona centrale del salone, fra séparé di vetro oppure di scaffali e scrivanie su cui campeggiavano grossi schermi. Sui due lati interni del salone c’erano degli uffici di tipo abbastanza tradizionale, ma non appartenevano a nessuno in particolare, e venivano usati per le consultazioni coi clienti, le riunioni private e altri scopi. Fu lì che una segretaria di mezz’età depositò Sandra, prima di andare a cercarle il primo impiegato della lista.

E adesso era solo questione di ascoltare. Sandra sapeva che Joe Friday era un dannato idiota. «Soltanto i fatti, signora» non l’avrebbe portata da nessuna parte. La gente non era capace di dare i fatti nudi e crudi (posto che sapesse cos’era un fatto) e comunque non alla polizia. Ma le opinioni… tutti avevano un’opinione, erano convinti che meritasse d’essere ascoltata e provavano simpatia per chi la chiedeva. Sandra aveva scoperto che sorridendo comprensiva otteneva più indizi che con l’atteggiamento per-favore-veniamo-al-punto. Inoltre, mostrarsi una buona ascoltatrice era il modo migliore per scovare il capo-pettegolo (o la capo-pettegola) della ditta: la persona che sapeva sempre tutto di tutti… e non aveva scrupoli nel parlarne in giro.

Alla Doowap Advertising questa persona risultò essere Toby Bailey.

— In questo genere di attività lei li vede salire in cima alla piramide e rotolare in fondo, come in nessun altro campo — disse Bailey, allargando le braccia come ad offrirle la vista di una realtà che oltrepassava tutte le altre. — I tipi creativi sono i peggiori, naturalmente. Nevrotici dal primo all’ultimo. Ma non sono importanti come si può credere, nella pubblicità. Prenda me, ad esempio: io acquisto gli spazi per la merce che vendiamo. Ed è qui che sta il vero potere.

Sandra annuì con fare incoraggiante. — Sembra un lavoro gradevole e pieno di promesse. Questa, almeno, è l’impressione che si ha entrando qui da voi.

— Oh, è come tutti gli altri — disse Bailey. Ora che aveva chiarito le meraviglie della pubblicità era disposto ad essere magnanimo. — Qui lavora gente di ogni genere. Prenda il povero Hans, ad esempio. Una cosa bisogna dirla: era un frugasottane. Uno di quelli che stanno dietro a tutte… non che sua moglie fosse sgradevole da guardare. Ma Hans, be’, era interessato alla quantità, non alla qualità. — L’uomo sorrise e annuì, invitando Sandra ad apprezzare la battuta.

Lei lo accontentò e ridacchiò educatamente. — Così voleva solo fare altre tacche sul calcio della sua pistola? Era questa l’unica cosa che gli importava?

Bailey alzò una mano, come se volesse prima di tutto chiarire che lui non intendeva parlar male di un morto. — Oh, no… diciamo che gli piacevano le belle femmine. Lei non l’avrebbe mai visto occuparsi di una dal sette in giù.

— Dal sette in giù?

— In una scala da uno a dieci. — Lo sguardo dell’uomo corse alle caviglie di Sandra. — Io personalmente mi accontento anche di un sei. Un sei e mezzo, magari.

Porco pensò lei. — Immagino che in una ditta di pubblicità avrete sempre molte belle ragazze, qui in giro.

— Oh, sicuro. Le vendiamo a lotti, se mi scusa l’espressione. — Bailey guardò fuori, nel salone, come se contemplasse l’elenco di tutte quelle che valeva la pena contemplare. — Oh, sicuro — annuì ancora.

— Ho notato che accogliete i clienti con una receptionist molto vistosa.

— Megan? — disse Bailey. — Troppo sciocca per fare spot o qualunque altra cosa, ma non per il lavoro che fa… ovvero niente. Ma Megan è il caso tipico: Hans le mise gli occhi addosso il giorno stesso che fu assunta. Devo dire che alle femmine piaceva quel suo modo di fare scanzonato e maschilista, perché da lì a poche settimane… be’, tirò il pallone in porta, se mi spiego.

Sandra guardò la lista del personale che le era stata data. Megan Mulvaney. — Comunque — disse, — Mr. Larsen aveva qualche preferenza particolare, in fatto di donne? Voglio dire, «belle femmine» è una categoria piuttosto generica.

Bailey aprì la bocca come per buttare lì qualche altra battuta sulle donne, poi notò la sua espressione e tacque. Sandra gli concesse un punto a favore per questo. Ma sembrava alquanto eccitato, quasi che parlare di belle donne con una donna conferisse anche a lui la patente di esperto rubacuori. — Be’, gli piacevano quelle ben fornite, se capisce cosa intendo, anche se suppongo che i suoi gusti fossero orientati verso l’abbondanza molto più dei miei. Però quasi tutte avevano qualcosa che lo attraeva. Voglio dire, uno non può certo affermare che Cathy o Toni siano «abbondanti», ma bisogna ammettere che hanno delle attrattive.

Sandra diede una rapida scorsa alla sua lista. Cathy Hobson. Toni d’Ambrosio. Altri punti di partenza. Gli sorrise. — Però non si può negare — disse, — che molti uomini sono tutto fumo e poco arrosto. Già altri mi hanno parlato delle inclinazioni di Mr. Larsen, ma mi dica una cosa, Toby, sinceramente: era davvero irresistibile come si vantava d’essere?

— Be’, perché no? — rispose Bailey, sentendo ora il bisogno di difendere l’amico morto. — Quando si metteva sulle orme della preda, prima o poi la accalappiava. Io non l’ho mai visto fallire.

— Capisco — annuì Sandra. — E il diretto superiore di Mr. Larsen, la signora o signorina Caulfield?

— Nancy? Ah, quella sì che occupa spazio in ascensore! Lasci che le racconti cosa escogitò quel furbone di Hans per sbattere il pallone anche nella sua porta…

Per Spirito, il simulacro della vita-dopo-la-morte, non c’era più nulla di simile al sonno biologico, nessuna distinzione fra lo stato di veglia e l’assopimento della coscienza.

A una persona di carne e sangue i sogni potevano fornire una diversa prospettiva, una seconda opinione sugli avvenimenti della giornata. Ma Spirito aveva un solo stato mentale, un unico modo di osservare l’universo. Tuttavia anche lui faceva collegamenti.

Cathy.

Sua moglie… una volta.

Ricordava bene che era una bella donna… o almeno, lo era stata secondo i suoi gusti di un tempo. Ma ora, libero dalle necessità biologiche, l’immagine del volto e del corpo di lei non gli forniva più alcuno stimolo estetico.

Cathy.

Invece di rilassarsi coi sogni, Spirito si lasciava andare a pigre ruminazioni. Cathy. Era un anagramma per qualcosa? No, gli sembrava di no. Oh, un momento: yacht. Divertente, questa. Non ci aveva mai pensato.

Uno yacht aveva linee gradevoli… una certa perfezione matematica dettata dalle leggi della dinamica dei fluidi. La sua bellezza era un insieme di vettori che lui riusciva ancora ad apprezzare.

Cathy aveva fatto qualcosa. Qualcosa di sbagliato. Qualcosa che lo aveva ferito.

Lui rammentava con precisione quella cosa, ovviamente. Rammentava anche la sofferenza che aveva provato, se si prendeva la briga di farlo, così come poteva richiamare il ricordo di altri dolori. Il giorno che s’era rotto una gamba. L’ustione al ginocchio, quand’era bambino. Tutte le volte che aveva battuto la testa in quegli stipiti così bassi, al cottage dei genitori di Cathy.

Memorie.

Ma finalmente, adesso, non più dolore.

Non più sensazioni sgradevoli.

Non sensazioni. Anagramma: se non sanzioni. Non più sanzioni.

I sogni erano ottimi per collegamenti di quel genere.

Spirito sentiva la mancanza dei sogni.

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