Capitolo trentatreesimo

dicembre 2011

A volte non c’era niente di meglio di una buona tastiera all’antica. Per immettere o editare dati era ancora lo strumento più pratico che fosse stato inventato. Sandra Philo tirò fuori dalla scrivania il cassetto della tastiera e cominciò a battere tutti i nomi in cui s’era imbattuta da quando lavorava sull’omicidio di Hans Larsen, compreso quello della strada dove l’uomo abitava, quello della ditta per cui lavorava, quello della località in cui era andato in vacanza l’ultima estate, e poi i nomi dei vicini di casa, dei parenti, degli amici e dei colleghi d’ufficio. Vi accluse anche un certo numero di termini correlati al tipo di mutilazione a cui il corpo era stato sottoposto.

Quando decise che così poteva bastare, aveva un elenco di oltre duecento parole. Ordinò poi al computer di confrontare la lista con i file relativi a tutti gli omicidi avvenuti nella Greater Toronto Region negli ultimi dodici mesi, per vedere se qualcuno contenesse almeno uno di quei nomi-chiave collegati al caso Larsen. Mentre operava la ricerca, il programma le mandò a schermo una fila di punti per confermare che stava lavorando. Occorsero pochi secondi per vagliare tutti i fascicoli. Non ne uscì niente di significativo.

Sandra annuì fra sé; erano tutti casi che lei conosceva già, e sapeva che non avrebbe dimenticato un modus operandi di quello stesso genere. Del resto non capitava tutti i giorni di trovare un cadavere col pene amputato. Il computer le presentò un menu di suggerimenti per ricerche più estese: gli omicidi di tutto l’Ontario, gli omicidi di tutto il Canada, gli omicidi di tutto il Nord America. Suggeriva anche una serie di periodi di tempo, dall’ultimo mese agli ultimi dieci anni.

Se lei avesse scelto l’opzione più estesa, tutti i delitti del Nord America negli ultimi dieci anni, sarebbero occorse ore per terminare la ricerca. Era sul punto di selezionare col mouse «tutti gli omicidi dell’Ontario» quando cambiò idea e batté una sua richiesta modificata nel quadro di dialogo: all deaths GTR >20110601, il che significava tutti i casi di morte, e non solo di omicidio, nella Greater Toronto Region dopo il primo giugno di quell’anno.

Dalla sinistra dello schermo partì una fila di puntini, mentre il programma effettuava la ricerca. Dopo una manciata di secondi apparve un quadro contenente due reperti:

Nome: Larsen, Hans

Data del decesso: 14 novembre 2011

Causa del Decesso: omicidio

RICERCA DI PAROLE

Parola correlata: Hobson, Catherine R. (collega)

Nome: Churchill, Roderick B.

Data del decesso: 30 novembre 2011

Causa del Decesso: cause naturali RICERCA DI PAROLE Parola correlata: Hobson, Catherine R. (figlia)

Sandra inarcò le sopracciglia. Catherine Hobson… quell’elegante e attraente brunetta che secondo il capo-pettegolo Toby Bailey aveva avuto una relazione con Hans Larsen. Il padre di lei, dunque, era morto mercoledì, due giorni prima.

Probabilmente la cosa non significava proprio niente. Tuttavia… Sandra chiese accesso all’anagrafe della provincia. Nella GTR c’era soltanto una Catherine Hobson, e fra i suoi dati appariva infatti un «nata Churchill», ma… buon Dio! risultava anche sposata con il Dr. Peter G. Hobson, laureato in ingegneria biomedica. L’uomo che aveva scoperto l’Onda dell’Anima. Sandra l’aveva visto alla TV in Donahue e in diversi notiziari, e tre settimane prima c’era stata la sua foto sulla copertina di Maclean’s, a cui lei era abbonata. Dovevano essere pieni di soldi, quei due… abbastanza perché l’uno o l’altra potessero assoldare un killer professionista.

Sandra tornò al database dei casi di morte e chiese tutti i dettagli disponibili sul decesso di Roderick Churchill. L’uomo, insegnante di ginnastica alle scuole superiori, era morto mentre si trovava in casa da solo, subito dopo cena. La causa del decesso era stata diagnosticata dal medico legale, Warren Chen, che aveva compilato il certificato di morte scrivendo sul modulo: «Aneurisma(?)>> Quel punto interrogativo incuriosì Sandra. Accese il videofono, si fece dare un numero e lo compose.

— Salve, Warren — disse, quando il volto anzianotto e grassoccio del Dr. Chen apparve a schermo.

L’uomo le sorrise con calore. — Ehilà, Sandra. Sempre al lavoro, eh? Cosa posso fare per te?

— Scusa se ti disturbo. Ho chiamato per quell’uomo morto un paio di giorni fa, un certo Roderick Churchill.

— L’insegnante di ginnastica coi capelli laccati? Credevo che fossero di plastica quando li ho toccati. Sicuro. Cosa vuoi sapere?

— Ho visto che hai scritto «aneurisma» come causa della morte.

— Uh-hu.

— Ma ci hai messo anche un punto interrogativo. Aneurisma, punto interrogativo.

— Oh, sì. — Chen scrollò le spalle. — Be’, non si può mai essere sicuri al cento per cento. Quando Dio ti chiama, a volte gira un interruttore e quello che hai pronto per scattare, click, scatta. Aneurisma poteva essere ed aneurisma è stato. Questa mi è parsa la causa, infatti. L’uomo soffriva già di cuore e seguiva una cura.

— Hai notato qualcosa di insolito in questo caso?

Chen emise un suono schioccante che poteva essere una risatina.

— Temo di no, Sandra. Non c’è niente di strano se un cardiopatico di sessantacinque anni cade morto… specialmente un insegnante di educazione fisica. Quelli pensano d’essere in buona forma, ma per la maggior parte del tempo guardano gli altri che fanno esercizio. L’uomo aveva appena mangiato la cena, ordinata in un fast food, e può darsi che questo abbia innescato il malore.

— Tu hai fatto un’autopsia?

Il medico legale ridacchiò ancora. Una volta qualcuno aveva detto che chiocciava come una gallina.

— Le autopsie costano denaro ai contribuenti, Sandra. Lo sai. No. Ho dato una rapida occhiata alla scena, e poi ho riempito il modulo. La vedova… a proposito, mi viene in mente che si chiama Bunny, ci crederesti? Comunque, è stata lei a trovare il corpo, rientrando. Sua figlia e suo genero erano lì anche loro quando sono arrivato io, sul tardi… saranno state le una e mezzo, o le due meno un quarto, del mattino. — Fece una pausa. Perché tanto interesse?

— No, nessun motivo particolare, almeno credo — rispose Sandra. — È solo che quest’uomo, Roderick Churchill, è il padre di una collega dell’individuo assassinato una ventina di giorni fa. Quel caso di castrazione, sai.

— Oh, sì, ricordo — disse Chen, annuendo più volte. — Peccato che me lo sono perso. Ma quel giorno era di servizio la Carracci. Da un po’ di tempo tutti i casi interessanti capitano a lei. Però, Sandra, se mi consenti di dirlo, il nesso è alquanto tenue, no? Voglio dire, a me sembra solo che questa donna… com’è che si chiama?

— Cathy Hobson.

— Io direi soltanto che questo non è il mese fortunato di Mrs. Hobson, tutto qui. Lei e suo marito mi sono sembrati persone molto per bene.

Sandra annuì. — Sono sicura che hai ragione. Comunque, non ti dispiace se appena ho tempo passo da voi per dare un’occhiata alle tue note?

Chen ridacchiò ancora. — Certo che no, Sandra. Vederti è sempre un piacere.

Peter odiava i funerali. Non perché gli desse fastidio essere vicino a un morto; uno non poteva trascorrere negli ospedali tanto tempo quanto lui senza far l’abitudine a cose simili. No, erano i vivi a metterlo di cattivo umore.

Per cominciare, c’erano gli ipocriti: quelli che non vedevano da decenni il caro estinto, ma apparivano misteriosamente nella camera mortuaria, o al cimitero. Costoro giravano attorno scambiando composte strette di mano e mormorando parole formali sottovoce, e lasciavano tutti lì a chiedersi chi li avesse informati o perché si fossero presi la briga di vestirsi di scuro e fare atto di presenza.

Oltre a questi, gli improvvisatori del pianto: conoscenti spesso neppure molto intimi che d’un tratto facevano un grande sfoggio di emozioni luttuose, lacrime e gemiti e abbracci commossi, quasi che volessero essere loro il centro dell’attenzione invece della salma. Peter si sentiva stringere il cuore alla vista dei parenti stretti che cercavano — o non cercavano — di trattenere il dolore per la perdita della persona amata; ma non aveva pazienza coi cugini di quinto grado o con i vicini di casa che ai funerali andavano a pezzi e si aggrappavano alla bara, costringendo la gente che li circondava a confortare loro e probabilmente godendosi ogni minuto di quella sceneggiata.

Da parte sua, come in tutte le cose, Peter cercava di mantenere un certo stoicismo. La composta rigidità, forse a pensarci bene non meno ridicola, dei suoi antenati britannici.

Rod Churchill, da uomo vanitoso qual era stato, aveva scritto nelle sue ultime volontà che desiderava il rito funebre religioso con la bara aperta. Era un’usanza che Peter decisamente disapprovava. Da bambino, all’età di sette anni, aveva presenziato al servizio funebre per il nonno materno, un uomo noto per il suo naso monumentale. Lui ricordava d’essere entrato in chiesa e di esser andato verso la bara sistemata al centro, presso il pulpito, con la parte superiore aperta. E dall’altezza dei suoi occhi l’unica cosa visibile del nonno, sporgente sopra il bordo della cassa, era il naso. Per tutta la durata del servizio quella vista lo aveva quasi ipnotizzato. Ancora molti anni dopo, ogni volta che pensava al nonno materno tutto ciò che riusciva a ricordare di lui era quella candida montagnetta triangolare che sembrava rifiutare d’essere contenuta nella bara insieme al resto del corpo.

Peter si guardò attorno. La cappella in cui adesso si trovava era più piccola, rivestita da pannelli da legno scuro. La cassa aveva un aspetto costoso. Nonostante la richiesta della vedova — acclusa alle partecipazioni — di non inviare fiori ma fare piuttosto una piccola donazione alla Heart and Stroke Foundation of Ontario, c’erano alcune corone e un largo affare a forma di ferro di cavallo portato lì da alcuni insegnanti della scuola dove Rod aveva lavorato. Peter pensò che doveva esser stato ordinato dai colleghi del Dipartimento di Educazione Fisica; soltanto loro potevano essere così incolti da ignorare che un ferro di cavallo stava più a significare «buona fortuna» che un mesto addio a una persona defunta.

Bunny si faceva forza coraggiosamente, e anche la sorella di Cathy, Marissa, benché piangesse a intermittenza, sembrava capace di tenere sotto controllo il suo dolore. Ma Peter non sapeva cosa pensare del comportamento di Cathy. Il volto di lei era impassibile mentre rispondeva alle persone che si avvicinavano per porgere le loro condoglianze. Cathy, che piangeva quando guardava un film commovente e doveva asciugarsi gli occhi se le capitava di leggere cose tristi, non aveva neppure una lacrima per suo padre.

Non c’era molto su cui lavorare, rifletté Sandra Philo. Due decessi. Uno evidentemente un omicidio eseguito per vendetta; l’altro dovuto a cause naturali.

Ma entrambi avevano Cathy Hobson in comune.

Cathy Hobson, che aveva avuto una relazione con l’uomo assassinato, Hans Larsen.

Cathy Hobson, figlia di Roderick Churchill.

Vero, Larsen aveva avuto rapporti extraconiugali con molte donne. Vero, Churchill era un cardiopatico ultrasessantenne.

E tuttavia…

Quella sera, quando Sandra ebbe finito il suo lavoro d’ufficio, salì in macchina e guidò lungo la Steeles Bayview fino al quartiere dove abitavano i Churchill. Era a non più di cinque chilometri dalla sede distrettuale della polizia… non un gran spreco di carburante, se la cosa si fosse rivelata una perdita di tempo. Parcheggiò l’auto davanti al vialetto d’ingresso e andò alla porta. Casa Churchill aveva un file scanner, un FingerPrint Index della Lock Electronics. Abbastanza comune in quegli anni. Sopra la piastra dello scanner c’era il pulsante del campanello. Sandra lo premette. Dopo un minuto la porta fu aperta da una donna anziana di piccola statura. — Sì?

— Buonasera — disse Sandra. — Lei è Bunny Churchill? — Sì.

Lei mostrò la sua tessera. — Io sono il detective ispettore Alexandria Philo, della Polizia Metropolitana. Vorrei farle alcune domande, se non le spiace.

— Domande su cosa?

— Circa la, uh, morte di suo marito.

— Dio lo accolga — disse Bunny. Poi: — Sì, certamente. Entri.

— Grazie. Ma… prima che me ne dimentichi, posso chiederle quali impronte accetta questo file scanner? — Sandra le indicò la piastra azzurra sulla porta.

— Le mie e quelle di mio marito — disse Bunny.

— Anche altre?

— Quelle delle mie figlie. E di mio genero.

— Cathy Hobson e… — Sandra dovette pensarci un momento, — Peter Hobson, giusto?

— Sì, e l’altra mia figlia, Marissa.

Bunny Churchill la scortò verso il soggiorno.

— Mi spiace doverla disturbare — disse Sandra con un sorriso comprensivo. — Questo è certamente un periodo difficile per lei. Ma ci sono alcune piccole questioni che devo chiarire, così potremo chiudere la pratica di suo marito.

— Credevo che fosse chiusa — si stupì Bunny.

— Non del tutto — disse Sandra. — Il medico legale che ha compilato il certificato di morte non era sicuro al cento per cento della causa del decesso. Ha scritto che probabilmente si è trattato di un aneurisma.

— Così mi è stato detto. — Bunny scosse il capo. — Non è giusto, così giovane. Rod era un uomo robusto.

— Sa dirmi se avesse dei problemi di salute?

— Rod? Oh, niente di serio. Un po’ di artrite alle mani. A volte aveva dei dolori alla gamba sinistra. Oh… sì, naturalmente, aveva avuto un attacco cardiaco tre anni fa. Prendeva delle pillole.

Nulla che potesse riguardare lei, pensò Sandra. Eppure qualcosa la costrinse a domandare: — Ha ancora queste pillole per il cuore?

— Suppongo che siano nell’armadietto dei medicinali, di sopra.

— Non le dispiace mostrarmele? — insistè lei.

Bunny annuì. Salirono insieme al piano superiore e Bunny le aprì l’armadietto delle medicine, nel bagno. Dentro c’era del Tylenol, una confezione di filo interdentale, Listerina, cerotti e pomate alla penicillina, e due boccette con l’etichetta della Shoppers Drug Mart.

— Quali di queste sono le pillole per il cuore? — chiese Sandra, indicandole.

— Tutte e due — rispose Bunny. — Quelle rosse le prendeva dal tempo dell’attacco cardiaco; le altre gli sono state ordinate qualche mese fa.

Sandra prese le boccette. Entrambe avevano sul retro altre etichette stampate dal computer della farmacia. Una conteneva compresse di Cardizone-D, che dal nome sembrava infatti una sostanza per il cuore. L’altra era etichettata Nardil.

Ambedue risultavano prescritte dal Dr. H. Miller. Sulla boccetta di Nardil c’era una striscia arancione fluorescente con su scritto: Attenzione! Questo medicinale ha severe controindicazioni dietetiche.

— A quali cibarie si riferiscono queste controindicazioni? — volle sapere Sandra.

— Oh, Rod aveva una lunga lista di cose che non poteva mangiare. Dovevamo stare molto attenti alla sua dieta.

— Ma il medico legale mi ha detto che la sera in cui è morto aveva ordinato la cena fuori, a un fast food.

— Sì, è così — annuì Bunny. — Lo faceva sempre, ogni mercoledì, quando io rientravo tardi per via del mio corso di lingua francese. Ma ordinava ogni volta le stesse cose, e non aveva mai avuto nessun disturbo.

— Lei sa cosa ordinava?

— Roast-beef, mi sembra.

— Per caso non ha ancora la scatola del cibo che hanno portato?

— L’ho buttata via — disse Bunny. — Probabilmente è sempre nella nostra Blue Box. Il camion della spazzatura non è ancora passato a svuotarla.

— Le dispiace farmi dare un’occhiata? E vorrei portarmi via anche queste pillole, se a lei non servono.

— Uh, sì, certamente.

Sandra si mise le boccette in una tasca del soprabito e seguì la padrona di casa al piano di sotto. L’impianto domestico per il riciclaggio parziale era collegato a un cassonetto, sul retro.

Sandra sollevò il coperchio, cercò di non far caso all’odore e frugò nell’interno con un pezzo di cartone. La scatola non c’era, ma sul fondo trovò una striscia di carta; era una ricevuta della Food Food con l’ordinazione di Roderick Churchill stampata sopra.

— Posso tenere anche questa? — chiese. Bunny Churchill annuì.

Sandra richiuse il coperchio e si mise il foglietto in tasca.

— La ringrazio del suo aiuto, e scusi se l’ho disturbata — disse.

— Senta, ispettore, non posso fare a meno di domandarmi perché lei s’interessi di questo. C’è forse qualcosa che non va?

— No, niente, signora Churchill. Come le ho detto, si tratta solo di dettagli che andavano chiariti.

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