Cathy Hobson era sfinita. Quel giorno, in ufficio, aveva dovuto lavorare senza interruzione fino a tardi sui dettagli dell’accordo economico con la Tourism Ontario. Sulla via del ritorno s’era fermata alla Miracle Food Mart, dove l’idiota in fila davanti a lei aveva costretto la cassiera a perdere dieci minuti contando un’intera scatola di spiccioli. Certa gente, pensò Cathy, avrebbe dovuto essere obbligata a usare le carte di credito.
Quando finalmente arrivò a casa, lasciò l’auto in garage e premette il pollice destro sul file scanner, appoggiandosi sulla piastra come se fosse l’unica cosa che le impediva di collassare al suolo. Il LED verde sopra il file scanner ammiccò il suo assenso, la serratura si aprì e il massiccio battente scivolò di lato.
Lei passò nell’atrio. Alle sue spalle la porta si chiuse e il catenaccio della serratura scattò di nuovo a posto.
— Luce — ordinò.
Non successe niente. Cathy si schiarì la gola e riprovò: — Luce.
Ancora niente. Lei sospirò, mise giù i sacchetti della spesa e annaspò in cerca dell’interruttore manuale. Lo trovò, ma per quanto lo facesse scattare il lampadario dell’atrio non volle saperne di accendersi.
Cathy appese il soprabito alla cieca e andò in soggiorno. Poteva vedere il LED acceso sul videoregistratore, perciò non si trattava di un’interruzione di corrente. Probabilmente la lampadina dell’atrio s’era fulminata. Disse ancora: — Luce — più volte, ma le abat-jour di ceramica, abat-jour che aveva fatto lei stessa, rimasero spente.
Scosse il capo, irritata. Peter continuava ad apportare modifiche agli impianti della casa, e ogni volta a lei occorreva un po’ di tempo per riuscire a far funzionare bene le cose.
Si gettò a sedere sul divano con le gambe distese, senza neppure la forza di togliersi le scarpe. Era stata una giornata lunga. Chiuse gli occhi e per un poco si godette quei momenti di silenzio e di buio. Poi, ricordando i sacchetti della spesa sul pavimento, si tirò in piedi e tornò nell’ingresso. Cercò di nuovo gli interruttori e disse di nuovo: — Luce. — Nessun risultato. Stava per chinarsi a raccogliere i sacchetti quando notò il videotelefono sul tavolino dell’atrio. La larga spia rossa accanto ai tasti era accesa. Cathy si avvicinò. Sullo schermo c’era la scritta «utente in linea.»
Quale utente? Il telefono non aveva suonato.
E Peter non sarebbe rientrato ancora per un paio d’ore o più. Quella sera aveva una riunione al North York General Hospital.
A meno che… — Peter! — Il suo richiamo echeggiò nel corridoio buio e su per le scale. — Peter, sei in casa?
Nessuna risposta. Cathy alzò il ricevitore e mentre se lo portava all’orecchio sentì una nota acuta. Un modem.
Guardò di nuovo lo schermo: «chiamata in corso»… una telefonata dall’esterno, ma chiunque fosse a usare il modem aveva chiesto la soppressione del video.
Gesù Cristo pensò. Un simulacro.
Mise giù di colpo il ricevitore, poi lo rialzò di nuovo e con un dito abbassò rapidamente il contatto, cercando di fare abbastanza rumore sulla linea da interrompere il collegamento.
Quella manovra non servì a nulla. Peter, ovviamente, aveva i modem più perfezionati nel controllo/correzione byte, ed evidentemente il simulacro disponeva di un hardware altrettanto buono.
Colta da un dubbio Cathy andò alla porta d’ingresso e premette il pulsante APRE sulla serratura. Non ci fu alcuno scatto. Afferrò la maniglia e la mosse su e giù. La porta rifiutò di aprirsi. Lui abbassò l’interruttore «In caso di incendio», che avrebbe dovuto disattivare la serratura, e tentò ancora la maniglia. Il catenaccio rimase tetragono a ogni sforzo. Lei aprì il pannello accanto alla specchiera — qui almeno non c’erano serrature — e guardò la scatola contenente il fusibile della porta. Una spia luminosa rossa come il sangue palpitava sopra l’etichetta «tentativo di scasso in corso.» Di norma la porta avrebbe dovuto aprirsi subito da sola in caso d’incendio, ma evidentemente il rivelatore di fumo non confermava la presenza di fuoco, e un detector di qualche altro genere s’era convinto che qualcuno stesse cercando di forzare la serratura dall’esterno. Cathy si chinò e guardò fuori, in strada, attraverso il buco della serratura della porta d’ingresso. Davanti ad essa non c’era nessuno. Ovviamente.
Stava cercando di restare calma. C’erano altre porte, ma il pannello principale diceva che tutte erano bloccate in posizione anti-scasso. Avrebbe potuto cercare di uscire da una finestra, però anch’esse erano chiuse, e i vetri erano naturalmente i più moderni vetri di sicurezza che fossero in vendita.
La parola che aveva tentato di non pensare si fece finalmente strada e le esplose nel cranio come una vampa gelida.
In trappola.
Intrappolata nella sua stessa casa.
Pensò alla possibilità di far scattare il rivelatore d’incendio, ma né lei né suo marito fumavano, perciò in casa non c’erano accendini. E a Peter non piaceva il puzzo degli zolfanelli e delle candele, così non c’erano neppure oggetti di quel genere. Però avrebbe potuto dar fuoco a un pezzo di giornale sui fornelli elettrici. Questo avrebbe fatto scattare l’allarme e sbloccato porte e finestre.
In fretta andò in cucina, attenta a non inciampare nel buio. Ma non appena entrò vide che ci sarebbe stato un problema. Gli orologi digitali sul forno a microonde e sul forno elettrico erano spenti. Ai fornelli non arrivava energia elettrica. Fissata a un supporto c’era una torcia a batterie ricaricabili. Cathy la staccò. Avrebbe dovuto accendersi da sola in caso di blackout, ma in quel momento era spenta e non voleva funzionare. Lei capì che l’elettricità in cucina mancava da molte ore, e che le batterie della torcia s’erano scaricate. Ma… qualcosa stava ronzando. Il frigorifero era ancora acceso. Andò ad aprirlo e nell’interno si accese la luce. Sul volto sentì una corrente d’aria fredda.
Il simulacro sapeva perfettamente cosa stava facendo: il frigorifero e il videoregistratore ricevevano ancora l’alimentazione, ma i fornelli e il generatore delle batterie della torcia elettrica no. E come in ogni casa dove tutto era regolato dal computer domestico, tutte le apparecchiature avevano circuiti separati collegati a fusibili indipendenti.
Cathy tornò in sala da pranzo e si appoggiò alla spalliera di una sedia. Doveva cercare di mantenere la calma… calma, dannazione! Pensò d’infilarsi un coltello in tasca, ma questo le sarebbe servito a poco: chi la minacciava non era un intruso in carne e ossa, bensì qualcosa che arrivava lì su una linea telefonica. Dunque lei doveva tagliarlo fuori staccando il filo. La scatola delle valvole della casa era nel seminterrato, e da lì entravano anche i cavetti del telefono. Nei quartieri più moderni tutti i cavi elettrici e delle telecomunicazioni venivano interrati da tempo, a causa del timore generalizzato che le linee elettriche non schermate provocassero il cancro. Cathy s’incamminò verso la scala che scendeva nel seminterrato. Aprì la porta. Per il loro quinto anniversario lei e Peter s’erano regalati un sistema di saracinesche automatiche completo, così le persiane antifurto del seminterrato erano state sostituite da pannelli di mylar comandati da un impianto elettrico. E quelle finestre erano sempre chiuse. Cathy conosceva a memoria la pianta del locale, e pensò che avrebbe potuto trovare i fili del telefono anche nell’oscurità. Cominciò a scendere la scala…
E l’impianto antincendio entrò in funzione sopra di lei. Nessun allarme sonoro, nessuna segnalazione per avvertire i vicini di casa o i vigili del fuoco. Ma i getti d’acqua fredda che piovevano dal soffitto erano così energici e fitti che Cathy ansimò, accecata, e fu costretta a tornare di corsa nel soggiorno. Subito l’impianto dietro di lei si spense… ed entrò in funzione quello della stanza in cui era appena arrivata. Allora tornò nell’atrio e prese le scale che portavano di sopra, alle camere da letto. I getti d’acqua si spensero nel soggiorno e cominciarono a inondare le scale.
Cathy capì che l’impianto antincendio seguiva lei: senza dubbio il simulacro la stava monitorando attraverso i sensori di movimento del sistema antifurto, quelli che segnalavano l’ingresso dei ladri. Girandosi riuscì a vedere, attraverso il pulviscolo d’acqua, che il LED del videoregistratore adesso era spento… presumibilmente per evitare un corto circuito che avrebbe messo i bastoni fra le ruote al simulacro.
Esausta e inzuppata, senza nessun modo di sfuggire a quella doccia, Cathy decise di andare nel bagno. Se l’impianto antincendio voleva seguirla, almeno sarebbe piovuto nella stanza dove ci sarebbe stato il danno minore. Entrò nella vasca da bagno e sganciò la tendina della doccia, usandola come ombrello per ripararsi dall’acqua fredda.
Tre ore dopo Peter arrivò a casa. La porta d’ingresso si aprì per lui senza problemi, e la luce si accese. Ma quando mise piede nel soggiorno si accorse che la moquette era inzuppata, e sentì lo sgocciolio dei getti d’acqua in funzione al piano di sopra. Corse su per le scale e spalancò la porta del bagno. In quel preciso momento l’impianto antincendio si spense.
La tendina di plastica che copriva la figura seduta nella vasca si scostò, e sotto di essa apparve Cathy, coi capelli appiccicati alla faccia e una luce furibonda nello sguardo. Peter si affrettò ad aiutarla ad alzarsi in piedi, sbalordito. Ma nel respingere le sue mani la voce di lei suonò rigida di rabbia a stento controllata. — Né io, né qualsiasi versione elettronica di me avremmo mai fatto a te una cosa del genere! — dichiarò. — Fra noi due tutto è finito!
Cathy, piuttosto comprensibilmente, rifiutò di trascorrere la notte in casa. Peter dovette accompagnarla in macchina da sua sorella, che aveva un appartamento in centro. Era ancora irritata, ma pian piano lui riuscì a calmarla e al momento di separarsi lei non rifiutò il suo abbraccio. Tornato a casa Peter andò subito nello studio e s’inserì su Internet. Poi spedì un messaggio per posta elettronica su tutte le Reti:
Data: 15 dicembre 2011, ore 23:11 costa orientale
Da: Peter G. Hobson
A: i miei fratelli
Oggetto: richiesta CTR
Ho bisogno di parlare con tutti voi. Conferenza in Tempo Reale su Internet. Vi prego di contattarmi subito.
Non erano passati due minuti che ebbe la risposta.
— Io sono qui — disse uno dei suoi fantasmi.
— Anch’io. Buona sera, Pete — lo salutò un altro.
— Eccomi. Cosa c’è? — domandò il terzo.
Tutti e tre gli fornivano l’output audio attraverso lo stesso chip vocale, e a schermo c’era soltanto il simbolo della CTR. Se non si fossero identificati non c’era alcun modo di sapere quale dei simulacri stesse parlando. Anche sapere i nodi che usavano non gli avrebbe dato alcun indizio. Poco importava, comunque.
— Voglio informarvi che so benissimo cos’è successo — disse Peter. So che uno di voi ha ucciso due persone, e che ha usato la mia identità in alcune operazioni sulle Reti. Ma questa sera costui ha aggredito Cathy. Questo non lo tollero. Cathy non dev’essere minacciata. Né ora, né mai. Sono stato chiaro?
Silenzio.
— Mi avete capito? Ancora nessuna risposta.
Peter sbuffò, esasperato. — Sentite, è ovvio che Sarkar ed io non possiamo far niente per rimuovervi dalle Reti; ma se questo accadrà di nuovo renderemo pubblica la vostra esistenza. La stampa mondiale impazzirà di voluttà nel sapere che tre intelligenze artificiali, una delle quali colpevole di due omicidi, risiedono nelle Reti. Non passerà un’ora prima che molti governi facciano i passi necessari per togliervi di mezzo.
Dall’altoparlante uscì una voce: — Sono certo che tu hai preso un abbaglio, Peter. Nessuno di noi può aver commesso un omicidio. Ma se lo dichiari pubblicamente la gente ti crederà… dopotutto tu sei il famoso Dr. Hobson, ormai. E questo significa che sarai tu ad essere incolpato o biasimato per questi delitti.
— Non m’importa se la stampa mi attaccherà — disse Peter. — Io farò tutto il necessario per proteggere Cathy, anche se fossi certo d’essere giudicato e condannato per omicidio.
— Ma Cathy ti ha fatto del male — disse la voce sintetica. — Più di chiunque altro al mondo, Cathy ti ha fatto soffrire.
— Far soffrire me non è un crimine da pena capitale — disse Peter. — Non sto scherzando: aggreditela un’altra sola volta, spaventatela in qualsiasi modo, e io farò il necessario perché siate annientati tutti e tre. Scoprirò come riuscirci, statene certi.
— Se ti comporterai così — disse lentamente la voce elettronica, — potremmo liberarci di te, per impedire che tu ci danneggi.
— Questo sarebbe un suicidio, in un certo senso — disse Peter. — O un fratricidio. In ogni caso, so che questa è una cosa che io non farei, e ciò significa che non la fareste neppure voi.
— Tu non avresti ucciso neppure quel bastardo di Hans — disse la voce, — eppure vieni ad accusare uno di noi di averlo fatto.
A Peter non piacque sentirlo parlare del morto come lui continuava a fare dentro di sé.
— Non l’avrei ucciso, ma… ma volevo farlo. Io me ne vergogno, tuttavia so benissimo che volevo vederlo morto. Però non ucciderei mai me stesso, non mi passerebbe neanche per la testa l’idea di provarci… e così so che nessuno di voi mi farebbe del male.
— Ma hai affermato che potresti uccidere noi — replicò la voce.
— Questa è un’altra cosa — disse Peter. — Io sono l’originale. Voi lo sapete. Voi sapete che in fondo al cuore io sono convinto che un simulacro generato dal computer non è vivo come una persona in carne ed ossa. E se ne sono convinto io, ne siete convinti anche voi.
— Forse — disse la voce.
— Ma ora uno di voi sta cercando di uccidere Cathy — disse Peter. — Questo deve finire. Cathy non dev’essere minacciata. Non dev’essere spaventata. Non deve succederle niente.
— Ma lei ti ha fatto del male — ripetè la voce artificiale.
— Sì — disse Peter, esasperato. — Mi ha fatto del male. Ma soffrirei molto di più se la perdessi per sempre. La sua morte mi distruggerebbe.
— Perché? — chiese la voce.
— Perché la amo, maledizione. La amo più della vita. La amo con tutte le cellule del mio corpo.
— Ne sei davvero convinto?
Lui si passò una mano sulla faccia. Cercò di riflettere. Era stata soltanto la sua rabbia a parlare così? Stava buttando fuori parole che non pensava realmente? O erano vere… forse più vere che in passato. — Sì — disse a bassa voce, comprendendo il senso di quella domanda. — Sì, la amo davvero fino a questo punto. La amo più di quanto possa dire a parole.
— Era tempo che tu avessi la forza di ammetterlo, Pete, ragazzo, anche se hai dovuto essere spinto a farlo. Vai a prendere Cathy… sicuramente l’hai portata da sua sorella Marissa; questo è ciò che io avrei fatto al tuo posto. Vai da lei e riportala a casa. Non le succederà più niente.