30 Una visione perfetta

Eragon si mosse sotto le coperte, riluttante ad aprire gli occhi. Continuò a sonnecchiare qualche altro istante, poi lo folgorò un pensiero... Come sono arrivato qui? Confuso, si avvolse nelle coltri e sentì qualcosa di duro sul braccio destro. Provò a muovere il polso. Una fitta lancinante gli si propagò lungo il braccio. Gli Urgali! Alzò la schiena di scatto. Era in una piccola radura deserta, tranne che per un falò da campo su cui bolliva una pentola di stufato. Uno scoiattolo squittì dall’alto di un ramo. L’arco e la faretra erano adagiati di fianco alle coperte. Strinse i denti e cercò di alzarsi, con tutti i muscoli doloranti e indeboliti. Il braccio dolorante era immobilizzato da una pesante stecca.

Dove sono tutti? si chiese avvilito. Provò a chiamare Saphira, ma con suo grande allarme si accorse di non sentirla. Affamato come non mai, mangiò lo stufato in quattro e quattr’otto; non ancora sazio, cercò le bisacce, sperando, di trovarvi un pezzo di pane. Ma nella radura non c’erano né le bisacce né i cavalli. Sono sicuro che c’è un buon motivo per questo, pensò, sopprimendo un senso di crescente inquietudine.

Girellò per la radura, poi tornò al suo giaciglio e arrotolò le coperte; non aveva niente da fare, così si sedette con la schiena contro un albero a contemplare le nuvole. Le ore passarono, ma Brom e Saphira non tornavano. Spero che non sia successo niente.

Mentre il pomeriggio avanzava, Eragon cominciò ad annoiarsi e decise di esplorare la foresta. Quando si sentì stanco, si riposò sotto un abete addossato a un grosso macigno con una cavità al centro, dove si era raccolta la rugiada della notte.

Eragon guardò l’acqua limpida e pensò alle istruzioni di Brom sulla cristallomanzia. Forse posso vedere dov’è Saphira. Brom ha detto che per usare la cristallomanzia ci vuole molta energia; ma io sono più forte di lui... Inspirò a fondo e chiuse gli occhi. Evocò un’immagine mentale di Saphira, la più realistica che poteva: uno sforzo che risultò più impegnativo del previsto. Poi disse: «Draumr kópa!» e guardò l’acqua.

La sua superficie divenne completamente piatta, come ghiacciata da una forza invisibile. I riflessi scomparvero e l’acqua si fece trasparente: su di essa brillava l’immagine di Saphira. Intorno a lei non c’era che un candore assoluto, ma Eragon capì che stava volando. Brom le montava sul dorso, la barba al vento, la spada sulle ginocchia.

Eragon lasciò che l’immagine sbiadisse, sfinito. Almeno sono al sicuro. Si concesse qualche minuto per recuperare le forze, poi si sporse ancora sull’acqua. Roran, come stai? Nella mente vedeva chiaramente il cugino. D’impulso, fece ricorso alla magia e pronunciò le parole magiche.

L’acqua tornò immobile, poi l’immagine si formò sulla sua superficie. Comparve Roran, seduto su una sedia invisibile; come nel caso di Saphira, anche intorno a lui non c’era che uno spazio bianco. C’erano rughe disegnate sul volto di Roran: assomigliava a Garrow più che mai. Eragon trattenne l’immagine più a lungo che poté. È a Therinsford? Comunque si trova in un luogo che non ho mai visto.

Lo sforzo di usare la magia gli aveva imperlato la fronte di sudore. Sospirò e per un lungo istante fu lieto di resta-re seduto. Poi lo attraversò un pensiero assurdo. E se cercassi di divinare qualcosa che ho creato con la mia immaginazione oppure ho visto in sogno? Sorrise. Forse mi verrebbe mostrata la mia stessa coscienza.

Era un’idea troppo allettante per abbandonarla. Si protese ancora una volta sull’acqua. Allora, che cosa posso divinare? Prese in considerazione qualche immagine, ma le scartò tutte quando rammentò il sogno della donna nella cella. Rievocò la scena nella mente, pronunciò le parole e guardò l’acqua attentamente. Attese, ma non accadde nulla. Deluso, stava quasi per abbandonare la magia, quando un nero turbinio coprì la superficie dell’acqua. L’immagine di una candela solitària tremolò nel buio; la sua luce rivelò le pareti di pietra di una cella. La donna del sogno era rannicchiata su un pagliericcio, in un angolo. Alzò la testa; i lunghi capelli neri ricaddero indietro e i suoi occhi si posarono su Eragon. Lui s’impietrì, come ipnotizzato dalla forza di quello sguardo. Si sentì scorrere un brivido lungo la schiena. Poi la donna tremò e crollò, inerte.

L’acqua tornò limpida, Eragon si rialzò, ansante. «Non è possibile.» Quella donna non può essere vera; io, l’ho soltanto sognata! Come faceva a sapere che la stavo guardando? E come posso aver divinato una cella che non conosco? Scosse il capo, chiedendosi se altri suoi sogni erano in realtà visioni.

Il battito ritmico delle ali di Saphira interruppe il corso dei suoi pensieri. Tornò in fretta alla radura e vi giunse proprio mentre Saphira atterrava. Brom cavalcava sul suo dorso, come Eragon aveva visto, ma la sua spada era insanguinata. Il volto del vecchio era teso; la barba era macchiata di sangue. «Cos’è successo?» lo interrogò Eragon, temendo che fosse ferito.

«Cos’è successo?» ruggì il vecchio. «Sono andato a rimediare il danno che hai fatto!» Agitò in alto la spada, che tracciò in aria un arco di goccioline rosse. «Ma lo sai che cos’hai combinato con quel tuo trucchetto? Lo sai, eh?»

«Ho impedito agli Urgali di catturarti» disse Eragon, con un vuoto allo stomaco.

«Già» ringhiò Brom. «ma quella tua bella esibizione di magia ti ha quasi ucciso! Hai dormito per due giorni. C’erano dodici Urgali. Dodici! Ma questo non ti ha impedito di provare a spedirli fino a Teirm, vero? Ma che cosa ti diceva quella testa? Scagliare un sasso contro ciascuna di quelle zucche sarebbe stata la cosa più intelligente da fare. Ma no, tu hai preferito stordirli perché poi potessero scappare. Ho passato questi due giorni a cercare di rintracciarli. Perfino con l’aiuto di Saphira, tre sono fuggiti!»

«Non volevo ucciderli» mormorò Eragon, facendosi piccolo piccolo.

«Non mi pare sia stato un problema, a Yazuac.»

«Ma lì non ho avuto scelta, e non sapevo controllare la magia. Questa volta mi è sembrato troppo... estremo.»

«Estremo!» gridò Brom. «Non c’è niente di estremo quando il tuo avversario non mostra la tua stessa pietà. E poi perché, perché ti sei fatto vedere?»

«Tu avevi detto che avevano trovato le impronte di Saphira. A quel punto che differenza faceva se mi vedevano?» ribattè Eragon, sulla difensiva.

Brom conficcò la spada nel terreno con un moto di stizza. «Ho detto che probabilmente le avevano trovate. Non lo sapevamo per certo. Forse credevano di essere sulle tracce di qualche viaggiatore disperso. Ma adesso che cosa penseranno? Insomma, sei atterrato davanti a loro! E dato che li hai lasciati vivi, adesso batteranno la campagna raccontando l’episodio a destra e a manca! L’Impero lo verrà a sapere di sicuro!» Alzò le mani al cielo. «Dopo questo, non meriti di essere chiamato Cavaliere, ragazzino.» Brom sfilò la spada dal terreno e si avvicinò al fuoco. Prese uno straccio da sotto il mantello e cominciò a pulire la lama con gesti bruschi.

Eragon era confuso. Provò a chiedere consiglio a Saphira, ma l’unica risposta che ottenne fu: Parla con lui.

Esitante, Eragon fece un passo verso il falò e disse: «Servirebbe se chiedessi scusa?»

Brom sospirò e rinfoderò la spada. «No. Le tue scuse non possono cambiare quello che è successo.»

Puntò l’indice contro il petto di Eragon. «Hai fatto una scelta terribile, che avrebbe potuto avere conseguenze gravissime. Non ultimo il fatto che sei quasi morto. Morto, capisci? Da adesso in poi devi pensare. C’è un buon motivo per cui siamo nati con in testa un cervello, e non un buco.»

Eragon annuì, imbarazzato. «Ma forse non è così male come pensi» disse. «Gli Urgali già sapevano di me. Avevano l’ordine di catturarmi.»

Brom sgranò gli occhi, sbalordito. «Già, non è male come pensavo. È peggio! Saphira mi ha detto che hai parlato con.gli Urgali, ma a questo non ha accennato.»

Eragon si affrettò a riferire il dialogo nei minimi dettagli. «E così adesso hanno una sorta di capo, eh?» disse Brom.

Eragon annuì. .

«E tu hai pensato bene di sfidare il suo volere, insultarlo e attaccare i suoi uomini» commentò Brom, scuotendo la testa. «Non immaginavo che potesse andar peggio. Se gli Urgali fossero stati uccisi, il tuo sgarbo sarebbe passato inosservato. Ma adesso sarà impossibile ignorarlo. Complimenti: ti sei appena fatto nemico uno degli esseri più potenti di Alagasëia.»

«D’accordo, ho commesso un errore» disse Eragon, avvilito.

«Proprio così» replicò Brom secco, gli occhi che lampeggiavano. «Non solo, ma così dovrò preoccuparmi anche di chi sia questo fantomatico capo degli Urgali.»

Eragon rabbrividì e chiese in tono sommesso: «E adesso?»

Ci fu una pausa inquietante. alt tuo braccio ci metterà almeno un paio di settimane a guarire. Approfitteremo di questo periodo per ficcarti un po’ di sale in zucca. Immagino che in parte sia colpa mia. Ti ho insegnato come fare le cose, ma non quando è opportuno farle. Ci vuole discrezione, una qualità di cui è chiaro che manchi. Tutta la magia di Alagaèsia non ti servirà se non sai quando usarla.»

«Ma andiamo lo stesso a Dras-Leona?» chiese Eragon. Brom roteò gli occhi. «Certo. Continueremo a seguire i Ra’zac, ma se anche li trovassimo, con quel braccio ferito non potresti far nulla.»

Cominciò a togliere la sella da Saphira. Ti senti in grado di cavalcare?»

«Si.»

«Bene, allora oggi faremo ancora qualche miglio.» «Dove sono Cadoc e Fiammabianca?.

Brom indicò in lontananza. «Li ho lasciati legati poco lontano, dove c’era erba.» Eragon si preparò a partire e seguì Brom fino ai cavalli.

Saphira si rivolse a lui. Se mi avessi spiegato che cosa intendevi fare, tutto questo non sarebbe successo. Ti avrei detto che non uccidere gli Urgali era una pessima idea. Ho acconsentito a fare ciò che mi chiedevi solo perché pensavo che fossi ragionevole!

Non voglio parlarne.

Come vuoi, tagliò corto lei.

Lungo la strada, ogni buca o asperità che incontravano gli zoccoli del cavallo echeggiava nel corpo di Eragon, che stringeva i denti dal dolore. Se fosse stato solo, si sarebbe fermato; ma con Brom accanto a lui, non osava lamentarsi. Per giunta, Brom cominciò a impegnarlo in complicate strategie teoriche che vedevano in scena gli Urgali, la magia e Saphira. Le battaglie immaginarie furono molte e varie. A volte erano compresi anche altri draghi o uno Spettro. Eragon scoprì che si potevano torturare il corpo e la mente al tempo stesso. Sbagliò la maggior parte delle risposte e cominciò a sentirsi sempre più incapace.

Quando sostarono per la notte. Brom borbottò, accigliato: «Bell’inizio.» Eragon sapeva di averlo deluso.

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