31 Maestro di scherma

Il giorno dopo fu più facile per entrambi. Eragon si sentiva meglio e fu in grado di rispondere in maniera corretta a molte più domande. Dopo un esercizio particolarmente difficile, Eragon disse a Brom della visione che aveva avuto. Il vecchio si accarezzò la barba. «Dici che la donna era prigioniera?»

«Sì.»

«Hai visto il suo volto?» domandò Brom con crescente interesse.

«Non bene. La luce era poca, eppure posso dire che era bellissima. E strano; non ho fatto fatica a scorgere i suoi occhi. E lei mi ha guardato.»

Brom scrollò la testa. «Per quanto ne so, è impossibile che qualcuno sappia di essere divinato.»

«Hai idea di chi possa essere?» chiese Eragon, sorpreso dal tono di desiderio nella sua stessa voce.

«Non proprio» ammise Brom. «Fossi costretto, immagino che potrei anche azzardare qualche ipotesi, ma nessuna mi sembra probabile. Il sogno che mi hai raccontato è davvero singolare. A quanto pare sei riuscito a divinare nel sonno qualcosa che non hai mai visto dal vero... e senza nemmeno pronunciare le parole di potere. I sogni a volte toccano il regno degli spiriti, ma in questo caso è diverso.»

«Allora per comprendere non ci resta che cercare la donna in ogni prigione o segreta» scherzò Eragon, benché in cuor suo non pensasse che l’idea fosse così assurda. Brom rise e continuarono a cavalcare.

Il severo addestramento che Brom impartiva a Eragon riempì quasi ogni ora, e i giorni lentamente si fondevano in settimane. Per via della stecca al braccio, Eragon fu costretto a usare la sinistra quando si esercitavano nei duelli, e ben presto divenne abile quanto lo era con la mano destra. Nel tempo che impiegarono per riattraversare la Grande Dorsale e arrivare nelle pianure, in Alagasëia era giunta la primavera con il suo carico di fiori. Gli alberi ancora privi di foglie erano rossi di bacche e nuovi fili d’erba cominciavano a spuntare fra gli steli secchi dell’anno prima. Gli uccelli tornarono dalla migrazione invernale per accoppiarsi e fare i nidi.

I viaggiatori seguirono il fiume Toark in direzione sudest, costeggiando la Grande Dorsale. Numerosi affluenti da entrambe le parti andavano a ingrossare il suo corso.

Quando il fiume superò la lega di ampiezza. Brom indicò gli isolotti di sabbia che affioravano dalle acque. «Ormai siamo vicini al Lago di Leona» disse. «Mancano appena due leghe.»

«Credi che arriveremo prima di notte?» domandò Eragon. «Possiamo provarci.»

Il crepuscolo rese difficile seguire la pista, ma il mormorio del fiume al loro fianco li guidava. Quando sorse la luna, il pallido disco rischiarò il panorama che avevano davanti.

Il Lago di Leona sembrava una lamina d’argento posata sul terreno. Era così calmo e liscio da non sembrare nemmeno liquido. A parte una striscia brillante di riflesso lunare sulla superficie, era impossibile distinguerlo dal suolo. Saphira era sulla riva rocciosa e agitava le ali per asciugarle. Eragon la salutò, e lei rispose: L’acqua è deliziosa... fresca, trasparente, profonda.

Magari farò un tuffo domani, disse lui. Si accamparono vicino a un boschetto e andarono a dormire presto.

All’alba, Eragon si alzò in fretta, desideroso di vedere il lago di giorno: una distesa d’acqua, punteggiata di creste bianche dove soffiava il vento. Urlò eccitato e corse verso la riva. Saphira, dove sei? Divertiamoci un po’!

Nel momento in cui Eragon le salì in groppa, la dragonessa si alzò in volo sull’acqua. Puntarono verso il cielo tracciando un ampio cerchio sul lago, ma anche da quell’altezza la riva opposta non era visibile. Ti andrebbe di fare un bagno? le chiese Eragon senza pensarci troppo.

Saphira sogghignò, scoprendo le zanne lucenti. Tieniti forte! Immobilizzo le ali e si tuffò in picchiata, sfiorando le creste di schiuma con gli artigli. L’acqua brillava al sole mentre la sorvolavano. Eragon strillò, ancora più eccitato. Poi Saphira chiuse le ali e s’immerse nel lago, la testa e il collo diritti come una lancia.

L’acqua colpì Eragon come un muro di ghiaccio, mozzandogli il respiro; e per poco non fu disarcionato. Si tenne stretto mentre la dragonessa nuotava in superficie. Fendeva l’acqua con rapidi colpi di zampa che scagliavano spruzzi scintillanti verso il cielo. Eragon annaspò e scrollò la testa mentre Saphira scivolava sul lago usando la coda come timone.

Pronto?

Eragon annuì e trasse un profondo respiro, avvinghiandosi al suo collo. Questa volta scivolarono dolcemente sott’acqua. Attraverso il liquido limpidissimo si poteva vedere a iarde di distanza. Saphira piroettò e serpeggiò in fantastiche evoluzioni, guizzando nell’acqua come un’anguilla. Eragon aveva la sensazione di cavalcare un leggendario serpente marino.

Proprio mentre i suoi polmoni cominciavano ad avere sete d’aria, Saphira inarcò il dorso e puntò la testa verso l’alto. Un’aureola di goccioline li circonfuse quando la dragonessa balzò fuori dall’acqua, dispiegando le ali. Con due potenti battiti, salì alta nel cielo.

È stato fantastico, esclamò Eragon.

Già, disse Saphira allegramente. Però è un peccato che tu non riesca a trattenere il fiato più a lungo.

Non posso farci niente, disse lui, strizzandosi i capelli. Aveva i vestiti fradici e il vento delle ali di Saphira lo faceva gelare. Strattonò la stecca; il polso gli prudeva.

Una volta che fu asciutto, Eragon e Brom sellarono i cavalli e cominciarono ad aggirare il Lago di Leona con rinnovato spirito, mentre Saphira entrava e usciva dall’acqua, giocosa.

Prima di cena, Eragon fece il solito incantesimo per ricoprire la lama di Zar’roc in preparazione al duello. Né lui né Brom attaccarono, ciascuno in attesa della prima mossa dell’altro. Eragon si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse dargli un vantaggio. Un rametto vicino al fuoco attirò la sua attenzione.

Il ragazzo si chinò rapido, prese il rametto e lo scagliò contro Brom. La steccatura gli impedì di compiere un gesto rapido e fluido, e Brom evitò facilmente il pezzo di legno. Il vecchio si avventò contro di lui, mulinando la spada. Eragon si piegò in avanti mentre la lama sibilava sopra la sua testa. Emise un ringhio e si avventò con ferocia su Brom.

I due caddero a terra avvinghiati, ciascuno deciso a sovrastare l’avversario. Eragon rotolò su un fianco e spazzò il terreno con Zar’roc, mirando agli stinchi di Brom. Brom parò il colpo con l’elsa della sua spada e balzò in piedi. Anche Eragon si alzò, e si voltò di scatto per attaccare di nuovo, tracciando in aria un complicato arabesco con la spada. Dall’urto delle lame sprizzarono scintille. Brom parava ogni colpo, il volto contratto per la concentrazione. Eragon intuì che si stava stancando. Continuarono a scambiarsi colpi incessanti, nel tentativo di aprire una breccia nelle difese dell’altro.

Poi Eragon sentì che qualcosa stava cambiando. A ogni colpo guadagnava vantaggio; le parate di Brom si facevano più lente e il vecchio perdeva terreno, Eragon respinse con disinvoltura un fendente e notò le vene che pulsavano sulla fronte del vecchio, i tendini del collo tesi nello sforzo. In un impeto di nuova fiducia, fece roteare Zar’roc più veloce che mai, tessendo una ragnatela d’acciaio intorno alla spada di Brom. Con un’esplosione di energia, premette la propria lama di piatto contro la guardia di Brom e gli fece volare via la spada. Prima che Brom potesse reagire, Eragon gli puntò Zar’roc alla gola.

Rimasero immobili, ansanti, la punta rossa della spada appoggiata sulla clavicola di Brom, Eragon abbassò lentamente il braccio e indietreggiò, Era la prima volta che sconfiggeva Brom senza ricorrere a qualche trucco. Brom raccolse la spada e la rinfoderò. Ancora col fiato corto, disse: «Per oggi abbiamo finito.»

«Ma abbiamo appena cominciato» disse Eragon, perplesso.

Brom scosse la il capo. «Non posso insegnarti altro sull’arte della scherma. Di tutti i combattenti che ho incontrato, soltanto tre avrebbero potuto sconfiggermi così, ma dubito che ci sarebbero riusciti con la sinistra.» Sorrise, afflitto. «Forse non sono più giovane come un tempo, ma so ancora riconoscere uno spadaccino di raro talento.»

«Questo significa che non ci alleneremo più ogni sera?» chiese Eragon.

«Oh, nemmeno per sogno» rispose Brom, ridendo. «Ma possiamo prendercela con un po’ più di calma, adesso. Non sarà più così importante se saltiamo una sera ogni tanto.» Si asciugò la fronte.

«Ricorda, però, una cosa. Se mai avrai La sventura di combattere contro un elfo, che sia maschio o femmina, addestrato o meno, aspettati di perdere. Gli elfi insieme ai draghi e ad altre creature magiche, sono molto più forti di quanto non intendesse la natura. Perfino l’elfo più debole potrebbe sconfiggerti con facilità. Lo stesso vale per i Ra’zac... Non sono umani e si stancano molto meno in fretta di noi.»

«Ma non c’è. un modo per essere loro pari?» chiese Eragon, sedendosi a gambe incrociate al fianco di Saphira.

Hai duellato bene, disse lei, Eragon sorrise.

Brom si sedette e scrollò le spalle. «Qualche modo c’è, ma in questo momento non è alla tua portata. La magia ti permetterà di sconfiggere molti avversari, ma non i più potenti. Per quelli ti servirà l’aiuto di Saphira, oltre a una discreta dose di fortuna. Ricorda: quando le creature magiche usano la magia, possono fare cose che potrebbero uccidere un umano, grazie alle loro capacità.»

«Come si fa a combattere con la magia?» chiese Eragon.

«Che vuoi dire?»

«Insomma» disse il ragazzo, appoggiandosi su un gomito. «e se venissi attaccato da uno Spettro? Come faccio a respingere la sua magia? La maggior parte degli incantesimi hanno effetto immediato, il che rende impossibile reagire in tempo. E se anche potessi, come farei ad annullare la magia di un nemico? A quanto pare, dovrei conoscere le intenzioni del mio avversario prima che agisca.» Fece una pausa. «Non riesco a capire come si fa. Chiunque attacchi per primo è destinato a vincere.»

Brom sospirò. «Ciò di cui stai parlando, un duello magico, per così dire, è estremamente pericoloso. Non ti sei mai chiesto come abbia fatto Galbatorix a sconfiggere tutti i Cavalieri con l’aiuto di appena una decina di traditori?» «Non ci ho mai pensato» ammise Eragon. «Ci sono molti modi. Alcuni li apprenderai in seguito, ma il punto fondamentale è che Galbatorix era ed è tuttora un maestro nell’insinuarsi nella mente altrui. Vedi, in un duello magico ci sono regole severe che i contendenti devono osservare: altrimenti moriranno entrambi. Tanto per cominciare, nessuno usa la magia finché uno dei duellanti non ottiene l’accesso alla mente dell’altro.»

Saphira circondò Eragon con la coda e chiese: Perché aspettare? Quando l’avversario capisce che lo stai attaccando, è già troppo tardi perché possa reagire, Eragon ripetè la domanda ad alta voce. Brom scosse il capo. «No, non funziona così. Se all’improvviso usassi il mio potere contro di te, Eragon, tu moriresti di sicuro, ma nel brevissimo lasso di tempo prima di soccombere avresti comunque modo di reagire. Perciò, a meno che uno dei duellanti non abbia desiderio di morire, nessuna delle due parti attacca finché uno non ha infranto le difese dell’altro.»

«E poi che cosa succede?» lo interrogò Eragon. Brom si strinse nelle spalle e disse: «Una volta entrato nella mente del tuo nemico, ti sarà facile anticipare quello che farà e prevenirlo. Ma anche con questo vantaggio è possibile perdere, se non sai come contrastare gli incantesimi.» Riempì la pipa e l’accese. «E questo richiede una capacità di pensiero straordinariamente veloce. Prima di poterti difendere, devi comprendere l’esatta natura delle forze dirette contro di te. Se vieni attaccato con il calore, devi capire se sarà sotto forma di aria, fuoco, luce o qualche altro mezzo. Soltanto quando lo avrai capito potrai combattere la magia, per esempio, raffreddando il materiale incandescente.»

«Sembra difficile.»

«Infatti lo è» confermò Brom. Un filo di fumo si levò dalla sua pipa. «Di rado qualcuno riesce a sopravvivere a un duello simile per più di qualche istante. L’enorme quantità di energia e di perizia necessarie condanna chiunque non abbia ricevuto il dovuto addestramento a una fine rapida. Quando avrai fatto progressi, comincerò a insegnarti i metodi necessari. Nel frattempo, se mai dovessi trovarti coinvolto in un duello di magia, ti consiglio di fuggire a gambe levate.»

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