38 Il sepolcro di diamante

Eragon si svegliò con gli occhi che gli bruciavano e il corpo indolenzito. La caverna era deserta, cavalli a parte. La barella era scomparsa; non restava alcuna traccia di Brom. Si alzò e si andò a sedere all’ingresso, sulla roccia porosa. E così Angela l’indovina aveva ragione... c’era una morte nel mio futuro, pensò, contemplando il paesaggio con sguardo vacuo. Il sole color topazio già diffondeva il suo calore intenso nel primo mattino. Una lacrima, una sola gli rotolò sul volto impassibile e svanì al sole, lasciandogli una riga di sale sulla pelle. Chiuse gli occhi e assaporò il calore, svuotando la mente. Con un dito grattò pigramente la pietra arenaria, e quando guardò si accorse di aver scritto: Perché io?

Murtagh lo trovò ancora lì seduto, quando ore dopo tornò alla caverna portando un paio di lepri. Senza dire una parola, si sedette vicino a lui.

«Come stai?» gli chiese dopo un po’.

«Malissimo.»

Murtagh lo guardò pensieroso. «Credi di riuscire a riprenderti?» Eragon si strinse nelle spalle. Dopo qualche minuto di silenzio, Murtagh gli disse: «Mi dispiace chiedertelo in un momento simile, ma devo sapere... Il tuo Brom è quel Brom? Quello che rubò un uovo di drago al re, lo cercò in tutto l’Impero e uccise Morzan in duello? Ti ho sentito fare il suo nome, e ho letto l’iscrizione che hai lasciato sulla sua tomba, ma devo saperlo per certo. Era lui?»

«Sì» rispose Eragon con un filo di voce. Murtagh era turbato. «Come sai queste cose? Parli di segreti ignoti ai più, insegui i Ra’zac e sei comparso proprio quando avevamo bisogno di te. Sei uno dei Varden?»

Gli occhi di Murtagh divennero due fosse imperscrutabili. «Sono in fuga, come te.» Un dolore compresso trapelava dalle sue parole. «Non appartengo né ai Varden né all’Impero. E non servo nessuno se non me stesso. Quanto a salvare voi, devo ammettere che avevo sentito parlare di un nuovo Cavaliere e ho pensato che seguendo i Ra’zac avrei potuto scoprire se le voci erano vere.»

«Credevo che volessi uccidere i Ra’zac» disse Eragon. Murtagh sorrise appena. «Infatti: ma se l’avessi fatto, non ti avrei mai conosciuto.»

Ma Brom sarebbe ancora vivo... Quanto vorrei che fosse qui. Lui saprebbe se mi posso fidare di Murtagh. Eragon rammentò come Brom aveva avvertito le intenzioni di Trevor a Daret, e si chiese se lui era in grado di fare lo stesso con Murtagh. Provò a sondare la coscienza dell’uomo, ma si trovò davanti a una massiccia parete di ferro. Cercò di aggirarla, ma tutta la mente di Murtagh era fortificata. Come ha imparato a farlo? Brom ha detto che pochissime persone riescono a impedire a qualcuno di entrare nella loro mente senza un adeguato addestramento. E allora, dove Murtagh ha appreso questa capacità? Con il cuore triste e vuoto, Eragon chiese: «Dov’è Saphira?»

«Non lo so» rispose Murtagh. «Mi ha seguito per un po’ mentre cacciavo, poi si è allontanata da sola, in volo. Non la vedo da prima di mezzogiorno.» Eragon si alzò e tornò nella grotta. Murtagh lo seguì. «Che cosa pensi di fare adesso?»

«Sono indeciso.» E non ci voglio nemmeno pensare. Arrotolò le coperte e le legò sulle bisacce di Cadoc. Le costole gli facevano male, Murtagh si dedicò a cucinare le lepri. Mentre Eragon metteva le sue cose nelle bisacce, scoprì Zar’roc. Il fodero rosso riluceva brillante. Estrasse la spada. La soppesò.

Non aveva mai portato Zar’roc al fianco né l’aveva mai usata in combattimento - tranne quando lui e Brom si addestravano - perché non voleva che la gente la vedesse. Adesso questo non era più un problema. I Ra’zac erano sembrati sorpresi e spaventati dalla spada: una ragione più che valida per mostrarla. Con un brivido, si tolse l’arco da tracolla e legò Zar’roc alla cintura. Da questo momento in poi, vivrò con la spada. Che il mondo veda chi sono. Non ho paura. Sono un Cavaliere in piena regola, adesso.

Frugò nelle borse di Brom, ma trovò soltanto indumenti, qualche oggetto personale e un sacchetto di monete.

Prese la mappa di Alagasëia, ripose le borse e si accovacciò davanti al fuoco. Murtagh alzò lo sguardo dalle lepri che stava scuoiando e strinse gli occhi. «Quella spada. Posso vederla?» domandò, pulendosi le mani.

Eragon esitò, restio a separarsi dalla spada anche per un solo istante; poi annuì, Murtagh esaminò il simbolo sulla lama con attenzione. Il suo volto si adombrò. «Dove l’hai presa?»

«Me l’ha data Brom. Perché?»

Murtagh gli restituì la spada con fare brusco e incrociò le braccia, accigliato. Aveva il respiro pesante. «Quella spada» disse con voce densa di emozione «un tempo era nota almeno quanto il suo proprietario. L’ultimo Cavaliere a possederla fu Morzan, un uomo spietato e brutale. Credevo che fossi un nemico dell’Impero, e invece eccoti qui a portare una delle spade di quei maledetti Rinnegati!»

Eragòn guardò Zar’roc, sconcertato. Capì che Brom doveva averla sottratta a Morzan dopo che avevano combattuto a Gil’ead. «Brom non mi ha mai detto da dove veniva» disse con onestà. «Non avevo idea che fosse di Morzan.»

«Non te l’ha mai detto?» fece Murtagh, con una sfumatura di scetticismo nella voce. «Strano. Non riesco a pensare a un motivo per cui te lo debba aver tenuto nascosto.»

«Nemmeno io. Ma a dire il vero aveva molti segreti.» Eragon si sentiva a disagio, ora che sapeva di possedere la spada dell’uomo che aveva tradito i Cavalieri per Galbatorix. Questa lama deve aver ucciso molti Cavalieri ai suoi tempi, pensò con orrore, E peggio, anche draghi! «Comunque sia, ho intenzione di tenerla. Non ho una spada tutta mia. Finché non ne avrò una, userò Zar’roc.»

Murtagh rabbrividì sentendo pronunciare quel nome. «Come vuoi» disse, e riprese a spellare le lepri, a occhi bassi.

Quando fu pronto, Eragon mangiò lentamente, anche se aveva fame. Il cibo caldo lo fece sentire meglio. Mentre grattavano il fondo delle scodelle, disse; «Devo vendere il mio cavallo.»

«Perché non quello di Brom?» fece Murtagh. Sembrava aver dimenticato il malumore di poco prima.

«Fiammabianca? Perché Brom ha promesso di prendersi cura di lui, e dato che... non c’è più, me ne occuperò io.»

Murtagh posò la scodella in grembo. «Se è questo che vuoi, credo che troveremo un compratore in qualche città o in villaggio.»

«Troveremo?»

Murtagh gli scoccò un’occhiata eloquente. «Non puoi restare ancora a lungo. Se i Ra’zac sono qui intorno, la tomba di Brom sarà come un faro per loro.» Eragon non ci aveva pensato. «E le tue costole ci metteranno del tempo a guarire. So che sei in grado di difenderti con la magia, ma hai bisogno di un compagno che sollevi gli oggetti pesanti e usi una spada. Ti sto chiedendo di viaggiare con te, almeno per un po’. Ma devo avvertirti, l’Impero mi sta cercando. Potrebbe scorrere del sangue.»

Eragon rise debolmente e si ritrovò a piangere, tanto faceva male. Ripreso fiato, disse: «Non m’importa se tutto l’esercito ti sta cercando. Hai ragione. Mi serve aiuto. Sarò felice di averti come compagno, ma devo prima parlarne con Saphira. Però anch’io devo avvertirti che Galbatorix potrebbe mandare l’intero esercito a cercare me. Non sarai più al sicuro con me e Saphira di quanto non lo saresti da solo.»

«Questo lo so» disse Murtagh con un ghigno. «Ma è lo stesso.»

«Bene.» Eragon gli sorrise, grato.

Mentre parlavano, Saphira entrò nella caverna e salutò Eragon. Era contenta di vederlo, ma nei suoi pensieri e nelle sue parole c’era una profonda tristezza. Appoggiò la grande testa azzurra sul pavimento e domandò: Stai bene?

Non tanto.

Mi manca il vecchio.

Anche a me... Non ho mai sospettato che fosse un Cavaliere.Brom!. Era davvero vecchio... vecchio quanto i Rinnegati. Tutto quello che mi ha insegnato sulla magìa deve averlo imparato dai Cavalieri.

Saphira si agitò appena. Io ho saputo chi era dal momento stesso in cui mi ha toccato, alla fattoria.

E non me l’hai detto? Perché?

Perché lui mi chiese di non farlo, rispose lei semplicemente.

Eragon decise di non farlo diventare un problema. Saphira non aveva avuto intenzione di ferirlo. Brom aveva molti segreti, le disse, e le spiegò di Zar’roc e della reazione : di Murtagh. Ora capisco perché Brom non mi raccontò delle orìgini di Zar’roc quando me la diede. Se l’avesse fatto, probabilmente sarei fuggito da lui alla prima occasione.

Non faresti male a sbarazzarti di quella spada, disse la dragonessa con orrore. So che è un’arma impareggiabile, ma per te sarebbe meglio una spada normale, piuttosto che lo scannatoio di Morzan.

Può darsi. Saphira, dove prosegue il nostro cammino? Murtagh sì è offerto dì accompagnarci. Non conosco il suo passato, ma mi sembra onesto. Secondo te è tempo di andare dai Varden? Però non so come trovarli Brom nonce l’ha mai detto.

A me sì, disse Saphira.

Eragon si adombrò. Perché ti ha confidato tutte queste cose e a me no?

Le squame di lei rasparono sull’arida roccia quando si alzò sopra di lui, gli occhi profondi. Dopo essere partiti da Teirm e aver subito l’attacco degli Urgali. Brom mi confidò parecchie cose. Ce ne sono.alcune che terrò ancora per me, finché non sarà necessario svelarle. Era preoccupato di morire e di quello che sarebbe potuto accaderti Mi fece il nome di un uomo. Dormand, che vive a Gil’ead. Luì può aiutarci a trovare i Varden. Brom voleva anche che sapessi che di tutta la popolazione di Alagasëia era convinto che infossi il più dotato per ricevere l’eredità dei Cavalieri.

Gli occhi di Eragon si riempirono di lacrime. Era l’elogio più bello che avesse mai ricevuto da Brom. Una responsabilità che porterò con onore.

Bene.

Allora andiamo a Gil’ead, dichiarò Eragon, sentendo tornare in sé il senso della propria missione. E

Murtagh? Credi che potremmo portarlo con noi?

Gli dobbiamo la vita, disse Saphira. Ma anche se non fosse così, comunque ci ha visti. È meglio tenerlo d’occhio perché non dia all’Impero la nostra posizione e la nostra descrizione, spontaneamente o costretto. Eragon fu d’accordo con lei; poi le raccontò il sogno. Ciò che ho visto mi ha turbato. Sento che il suo tempo sta per scadere; presto le accadrà qualcosa di terribile. È in pericolo mortale, ne sono convinto, ma non so come trovarla! Potrebbe essere ovunque.

Che cosa dice il tuo cuore? domandò Saphira.

Il mio cuore è morto da tempo, disse Eragon con una punta di nero sarcasmo. Ma credo che dovremmo andare verso nord, a Gil’ead. Se abbiamo fortuna, in una delle città o dei villaggi che incontreremo lungo la strada -potremmo trovare la donna. Temo che il prossimo sogno mi mostrerà la sua tomba. Non posso sopportarlo.

Perché?

Non lo so, disse lui, stringendosi nelle spalle. È solo che quando la vedo, sento che è preziosa e che non deve morire... È molto strano, Saphira aprì l’enorme bocca e rise sommessamente, le zanne scintillanti. Che cosa c’è? domandò Eragon risentito. Lei scosse il testone e si allontanò in silenzio. Eragon borbottò fra sé, poi andò da Murtagh a riferirgli la decisione presa, Murtagh disse; «Se trovate questo Dormand e poi andate dai Varden, allora vi lascio. Per me incontrare i Varden sarebbe pericoloso quando entrare a Urù’baen disarmato con una fanfara che annuncia il mio arrivo.»

«Non occorre separaci subito» disse Eragon. «È una lunga strada, fino a Gil’ead.» La sua voce s’incrinò appena, e il ragazzo guardò il sole, socchiudendo gli occhi, per distrarsi. «Dovremmo partire prima che il giorno invecchi troppo.»

«Ti senti in grado di viaggiare?» gli chiese Murtagh, aggrottando la fronte.

«Devo fare qualcosa, altrimenti impazzisco» rispose Eragon in tono brusco. «Lavorare di spada, esercitarmi con la magia o restare seduto a oziare non mi sembrano valide alternative in questo momento: quindi scelgo di viaggiare.»

Spensero il fuoco, fecero i bagagli e condussero i cavalli fuori dalla grotta. Eragon porse le redini di Cadoc e Fiammabianca a Murtagh, dicendo: «Va’ avanti. Io scendo subito.» Murtagh intraprese la lenta discesa lungo il pendio scivoloso.

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