32 Dras-Leona. La fangosa

Si fermarono per pranzare a Fasaloft, un grazioso, animato villaggio arroccato su un’altura in riva al lago. Mentre mangiavano nella sala comune dell’ostello, Eragon porse l’orecchio ai vari pettegolezzi e si rincuorò nel non sentire voci su di lui e Saphira.

La pista, ormai una vera e propria strada, era peggiorata negli ultimi due giorni. Le ruote dei carri e gli zoccoli di ferro dei cavalli avevano devastato il terreno, rendendo molti tratti impraticabili. Un aumento nel flusso dei viaggiatori aveva costretto Saphira a nascondersi di giorno per poi raggiungere Eragon e Brom di notte.

Per giorni e giorni viaggiarono verso sud costeggiando il Lago di Leona. Eragon cominciò a chiedersi se sarebbero mai riusciti ad aggirarlo, e fu lieto quando incontrarono finalmente degli uomini che dissero che Dras-Leona si trovava a solo a un giorno di cavallo.

La mattina dopo, Eragon si svegliò di buon’ora. Le sue dita formicolavano per l’ansia al pensiero di trovare finalmente i Ra’zac. Dovete stare attenti, voi due, disse Saphira. I Ra’zac potrebbero aver disposto delle spie in attesa di viaggiatori che corrispondano alla vostra descrizione.

Faremo del nostro meglio per non destare sospetti, la rassicurò Eragon.

La dragonessa abbassò il muso fino a incrociare il suo sguardo. Può darsi, ma ricorda che non potrò proteggerti come ho fatto con gli Urgali Sarò troppo lontana per venirti in aiuto, e non sopravviverei a lungo in quelle minuscole vie che la tua razza ama costruire. Segui i consigli di Bromi è un uomo saggio.

Lo so, rispose Eragon in tono grave.

Andrai con Brom dai Varden? Una volta eliminati i Ra’zac, vorrà portarti con sé da loro, E dato che Galbatorix sarà infuriato per la morte dei Ra’zac, forse quella sarà la cosa migliore che possiamo fare.

Eragon si massaggiò le braccia. Non voglio combattere l’Impero per sempre come i Varden. La vita non è soltanto una guerra costante. Ci sarà tempo per rifletterci quando i Ra’zac saranno morti.

Non esserne troppo sicuro, lo ammonì lei; poi andò a nascondersi fino alla notte.

La strada era affollata di contadini che portavano le loro merci al mercato di Dras-Leona. Brom ed Eragon furono costretti a rallentare l’andatura dei cavalli e ad aspettare dietro i carri che ostruivano la strada.

Scorsero del fumo in lontananza verso mezzogiorno, ma passò un’altra lega prima che la città fosse visibile. Al contrario di Teirm, una città progettata a tavolino. Dras-Leona era un confuso ammasso di edifici cresciuto sulla sponda del Lago di Leona. Le vie strette e tortuose erano soffocate da costruzioni cadenti, e il cuore della città era circondato da un muro giallastro e sporco, intonacato di fango.

Parecchie miglia a est sorgeva una montagna di roccia nuda, che squarciava il cielo con guglie e pilastri svettanti come alberi di una tenebrosa nave da incubo. Le pareti quasi verticali sorgevano dal terreno come un frammento frastagliato d’osso della terra.

Brom la indicò. «Quello è l’Helgrind. È la ragione per cui Dras-Leona fu fondata in origine. La gente ne è affascinata, anche se è un luogo malsano e maligno.» Poi fece un gesto verso le mura della città. «Per prima cosa dovremmo andare in centro.»

Mentre cavalcavano lungo la strada per Dras-Leona, Eragon si accorse che l’edificio più alto della città era una cattedrale che torreggiava oltre le mura. Era straordinariamente somigliante al Monte Helgrind, soprattutto quando i suoi archi e i pinnacoli sfaccettati catturavano la luce.

«Chi venerano?» chiese.

Brom fece una smorfia. «Le loro preghiere vanno all’Helgrind. É una religione crudele, la loro. Bevono sangue umano e fanno sacrifici di carne. I loro sacerdoti spesso sono mutilati perché credono che più ossa e carne si offrono, meno si è aggrappati alle cose del mondo mortale. Trascorrono gran parte del tempo a discutere su quale dei tre picchi dell’Helgrind sia il più alto e importante e se il quarto, il più basso, debba essere incluso nelle loro preghiere.»

«E’ orribile» esclamò Eragon con un brivido.

«Già» disse Brom in tono cupo. «ma non dirlo davanti a un credente. Perderesti subito una mano per espiare.»

Davanti agli enormi cancelli di Dras-Leona, condussero i cavalli attraverso la calca. Ai lati dei cancelli erano schierati dieci soldati che di tanto in tanto fermavano la gente per un controllo; ma Brom ed Eragon passarono senza intoppi.

Le case dentro la città erano alte e strette, per compensare la mancanza di spazio. Quelle vicino alle mura esterne condividevano con esse. una parete. La maggior parte degli edifici incombevano sulle viette tortuose coprendo il cielo, tanto da rendere difficile stabilire se fosse notte o giorno. Quasi tutti erano fatti di scuro legno grezzo, un colore che contribuiva a rabbuiare la città. Le strade erano sudicie e nell’aria aleggiava un odore di fogna.

Un gruppetto di bambini laceri correva fra le case, litigando per un pezzo di pane. Mendicanti deformi erano accovacciati davanti all’ingresso, a chiedere l’elemosina. I loro monotoni, acuti lamenti erano come un coro di dannati. Non trattiamo così nemmeno gli animali, pensò Eragon, lo sguardo traboccante di rabbia. «Non mi piace questo posto» disse, ribellandosi alla vista.

«Le cose migliorano più avanti» disse Brom. «Ora dobbiamo trovare una locanda ed elaborare una strategia. Dras-Leona ptiò rivelarsi un luogo pericoloso perfino per i più accorti. Non voglio restare per la strada più del necessario.»

Si addentrarono nella città, lasciandosi alle spalle lo squallido ingresso. Mentre attraversavano le zone più ricche di Dras-Leona, Eragon si chiese: Come fanno costoro a vivere nel lusso quando a pochi passi da loro regna la miseria più nera?

Trovarono alloggio al Globo d’Orò, una locanda a buon mercato ma decorosa. Nella stanza che fu loro assegnata c’erano un lettuccio addossato a una parete, un tavolino traballante e un catino sbeccato. Eragon gettò uno sguardo al materasso e disse: «Io dormo sul pavimento. Probabilmente in quel.coso ci sono abbastanza cimici da mangiarmi vivo.».

«D’accordo, io non ho intenzione di privarle di un lauto banchetto» disse Brom, lasciando cadere le borse sul letto, Eragon posò le proprie sul pavimento ed estrasse l’arco.

«E adesso?» chiese.

«Adesso troviamo qualcosa da mettere sotto i denti e poi ce ne andremo a dormire. Domani cominceremo a cercare i Ra’zac.» Prima di uscire dalla camera. Brom ammonì il ragazzo.

«Qualunque cosa succeda, tieni la bocca cucita. Se ci scoprono, dovremo filarcela alla svelta.»

Il cibo della locanda era appena commestibile, ma la birra era squisita. Quando tornarono barcollanti in camera, Eragon si sentiva la testa piacevolmente brilla. Srotolò le sue coperte sul pavimento e ci s’infilò sotto con piacere, mentre Brom piombava sul letto,

Poco prima di. addormentarsi, Eragon cercò Saphira. Resteremo qui per qualche giorno, ma non quanto siamo stati a Teirm. Quando avremo scoperto dove sono i Ra’zac, dovrai aiutarci a prenderli. Ne parliamo domattina. In questo momento non ho la mente lucida,

Sei ubriaco, fu il commento accusatorio. Eragon ci pensò un attimo e dovette convenire che Saphira aveva ragione. La disapprovazione della dragonessa era evidente, ma si limitò a dire: Non ti invidio per come ti sentirai domani.

Tu no, gemette Eragon, ma Brom sì. Ha bevuto almeno il doppio di me.

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