III

Molto più tardi scoprii che lavorava part-time anche nel Servizio temporale. Fu un vero colpo, per me, perché avevo sempre creduto che quelli del Servizio temporale fossero tipi conservatori, noiosi, irrimediabilmente virtuosi, col mento quadrato, sempre belli in ordine… come boyscout troppo cresciuti. E il mio nero guru era ed è esattamente il contrario. Naturalmente avevo ancora molte cose da imparare sul Servizio temporale, e anche sul conto di Sam.

Dato che dovevo far passare qualche ora nel fiutatolo, lui mi lasciò prendere una maschera (gratis) e m’insufflò allegre allucinazioni. Quando ne venni fuori faticai a riconoscere le ragazze, con gli abiti addosso. Ricordai che Betsy era quella con il seno tondo: ma inguainate in quegli abiti da missionarie non si distinguevano.

Scendemmo tre livelli, andammo a casa di Sam ed entrammo. Quando le esalazioni si sollevarono e i vestiti ricaddero, ritrovai Betsy e facemmo quello che ci si poteva aspettare che facessimo; e scoprii che otto ore d’immersione totale ogni notte in una vasca di cognac avevano conferito alla sua pelle una radiosità brunita e non avevano esercitato la minima influenza negativa sulle sue reazioni sensoriali.


Poi sedemmo in cerchio, un po’ ciondolanti, e fumammo spinelli, e il guru mi fece parlare.

— Sono studente laureato di storia bizantina — dichiarai.

— Bene, bene. Ci sei stato?

— A Istanbul? Cinque volte.

— Non a Istanbul. Costantinopoli.

— Stesso posto — dissi io.

— Davvero?

— Oh — feci. – Costantinopoli! Troppo caro.

— Non sempre — disse il nero Sam. Accostò il pollice all’accensione di un altro spinello, si protese teneramente e me lo mise fra le labbra. — Sei venuto a New Orleans di sotto per studiare la storia bizantina?

— Ci sono venuto per scappare dal mio lavoro.

— Ti sei stufato così in fretta di Bisanzio?

— Mi sono stufato di essere il terzo assistente legale del giudice Mattachine della Supremissima Corte della contea di Manhattan.

— Ma hai detto di essere…

— Lo so. La storia bizantina è quello che studio. Assistente legale è quello che sono. Che ero.

— Perché?

— Mio zio è il giudice Elliott della Corte Suprema Superiore degli Stati Uniti. Lui era convinto che dovessi dedicarmi a una carriera dignitosa.

— Ma non bisogna studiare giurisprudenza, per diventare assistenti legali?

— Adesso non più — spiegai. — Del resto, sono le macchine a sbrigare tutto il lavoro di recupero dati. Gli assistenti sono soltanto cortigiani. Si congratulano con il giudice per la sua genialità, gli procurano le donne, gli si sottomettono, e via discorrendo. Ho resistito per otto giorni, poi sono scappato.

— Hai qualche guaio — disse Sam con aria saggia.

— Sì. Ho avuto un attacco simultaneo di irrequietezza, Weltschmerz, pignoramento fiscale e ambizioni imprecisate.

— Vuoi provare con la sifilide terziaria? — domandò Helen.

— Per il momento no.

— Se avessi la possibilità di realizzare il tuo desiderio più caro — disse Sam, — ne approfitteresti?

— Non so quale sia, il mio desiderio più caro.

— È questo che intendevi dire quando hai spiegato di soffrire di ambizioni imprecisate?

— Anche.

— Se sapessi qual è il tuo desiderio più caro, saresti pronto ad alzare un dito per realizzarlo?

— Sì — risposi.

— Mi auguro che tu dica sul serio — fece Sam, — perché altrimenti il tuo bluff verrà scoperto. Resta qui per un po’.

Lo disse con fare molto aggressivo. Aveva intenzione di impormi la felicità, mi piacesse o no.


Cambiammo le coppie e io feci l’amore con Helen, che aveva un didietro bianco e sodo ed era una virtuosa dei muscoli vaginali. Però non era lei, il mio desiderio più caro. Sam mi diede un sonnifero per tre ore e portò a casa le ragazze. La mattina, dopo una bella strigliata, esplorai l’appartamento e scoprii che era decorato con manufatti provenienti da molti tempi e luoghi diversi: una tavoletta d’argilla sumerica, una coppa del Perù, un calice romano di vetro, una collana di perle di ceramica egizia, una mazza e un usbergo di maglia di ferro del medioevo, parecchie copie del New York Times del 1852 e 1853, uno scaffale pieno di libri rilegati in pelle, due maschere irochesi, un’immensa quantità di oggetti africani, e parecchia altra roba, stipata in tutte le alcove, le nicchie e gli angolini disponibili. Pensai vagamente che Sam avesse la passione per l’antiquariato, e non arrivai a conclusioni più profonde. Una settimana dopo, notai che tutti i pezzi della sua collezione sembravano appena fabbricati. È un falsario di anticaglie, mi dissi. — Sono un dipendente part-time del Servizio temporale — insistette il nero Sam.

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