LXIII

Ormai sono qui da tre mesi e mezzo. Secondo il mio calendario, è il 15 marzo 3060 A.P. Vivo mille anni prima di Cristo, più o meno.

Non è una brutta vita. Qui sono tutti agricoltori, forse superstiti del vecchio impero ittita: i coloni greci non arriveranno qui ancora per tre secoli. Comincio a imparare la lingua: è indioeuropea, e l’assimilo rapidamente. Come aveva predetto Sam, sono un dio. Quando sono comparso volevano uccidermi: ma io ho combinato qualche trucco con il mio timer, smistandomi proprio sotto i loro occhi, e adesso non osano torcermi un capello. Comunque, cerco di essere un buon dio. In questo periodo sto aiutando l’arrivo della primavera. Sono andato sulla spiaggia di quello che un giorno verrà chiamato Bosforo e ho recitato una lunga preghiera in inglese, per invocare il bel tempo. I nativi ne sono stati entusiasti.

Mi danno tutte le donne che voglio. La prima notte mi hanno dato la figlia del capo, e da allora me la sono spassata a rotazione con tutte le nubili del villaggio.

Immagino che prima o poi vorranno che ne sposi qualcuna, ma prima voglio completare l’ispezione. Le donne non hanno un odore troppo gradevole, ma alcune sono considerevolmente appassionate.

Sono terribilmente solo.

Sam è stato qui tre volte, Metaxas due. Gli altri non vengono. Non gli do torto: i pericoli sono grandi. I miei due amici fedeli mi hanno portato aleggiatori, libri, un laser, una grossa scatola di musicassette, e una quantità di altri oggetti che a tempo debito lasceranno di stucco gli archeologi.

Ho detto a Sam: — Portami Pulcheria, solo per una visita.

— Non posso — ha replicato lui. E ha ragione. Sarebbe un ratto, e potrebbero esserci ripercussioni che porterebbero guai con la Pattuglia temporale per Sam e la cancellazione per me.

Sento disperatamente la mancanza di Pulcheria. Vedete, ho fatto l’amore con lei quell’unica notte, anche se mi sembra di averla conosciuta molto meglio. Adesso vorrei averla presa anche nella taverna, quando era Pulcheria Photis.

Mia amata. Mia perversa bis-bis-multi-bisnonna. Non rivederti mai più! Non toccare mai più la tua pelle liscia, la tua… no, non voglio tormentarmi. Cercherò di dimenticarti. Ahimè!

Quando non sono impegnato nei miei doveri di divinità, mi consolo dettando le mie memorie. Ora è tutto documentato, tutti i dettagli del modo in cui mi sono cacciato in questa situazione terribile. Storia con morale: da giovanotto promettente a non-persona assoluta in sessantadue brevi capitoli. Continuerò a scrivere di tanto in tanto, per dire cosa si prova a essere un dio ittita. Vediamo: domani terremo la festa della fertilità, e le dieci fanciulle più belle del villaggio verranno alla casa del dio e…

Pulcheria!

Perché sono qui, tanto lontano da te?

Qui ho fin troppo tempo di pensare a te.

E ho anche fin troppo tempo di ruminare pensieri molto spiacevoli sul mio destino.

Non credo che la Pattuglia temporale mi troverà mai, qui. Ma c’è un’altra possibilità.

La Pattuglia sa che mi nascondo da qualche parte su per la linea, protetto dal paradosso del transito.

La Pattuglia vuole stanarmi e abolirmi, perché sono l’immonda prole di un paradosso.

E la Pattuglia ha il potere di farlo. Supponiamo che espellano retroattivamente Jud Elliott dal Servizio temporale, prima che parta per quell’ultimo sciagurato giro turistico. Se Jud Elliott non è mai andato a Bisanzio, quella volta, la possibilità della mia esistenza raggiunge il punto zero e io non sono più protetto dal paradosso del transito. Prevale la legge del paradosso minore. E io sparisco… puff Io so perché non mi hanno fatto ancora questo scherzo. E perché l’altro Jud, Dio lo benedica, viene processato per vari cronoreati giù per la linea, e non possono estrometterlo retroattivamente se non quando l’avranno riconosciuto colpevole. Ma le procedure giudiziarie sono lente. Jud tirerà in lungo. Sam gli ha detto che io sono qui e che devo essere protetto. Può durare mesi, anni, chissà? Adesso lui è sulla sua base in tempo attuale e io sulla mia, e avanziamo nei nostri futuri, insieme, giorno per giorno, e finora io sono qui. Solo. Disperato.

Sogno la mia Pulcheria, perduta per sempre. Forse non agiranno mai contro di me.

O forse mi finiranno domani.

Chi lo sa? Ci sono momenti in cui non me ne importa nulla. C’è una cosa che mi consola, almeno. Sarà la più indolore delle morti. Neppure una fitta di sofferenza.

Andrò semplicemente dove va la fiamma di una candela quando si spegne. Potrebbe accadere in qualunque momento; e intanto Io vivo ora per ora, facendo il dio, ascoltando Bach, usando gli aleggiatori, dettando le mie memorie, e aspettando la fine. Oh, potrebbe venire addirittura a metà di una frase, e io me Fine

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