XLIX

Calma. Calma. Non perdere la calma. È andato al pissoir, ecco tutto. Tornerà subito.

Articolo 1: un Corriere dev’essere sempre al corrente dell’ubicazione di tutti i turisti affidati alle sue cure. La punizione…

Accesi una fiaccola accostandola al fuoco agonizzante e mi precipitai nel corridoio.

Sauerabend? Sauerabend?

Non era andato a pisciare. Non era da basso a rovistare in cucina. Non era a saccheggiare la cantina.

Sauerabend?

Dove diavolo sei, porco?

Avevo ancora sulle labbra il sapore delle labbra di Pulcheria. Il suo sudore era frammisto al mio. I suoi umori inumidivano ancora i miei peli. Tutte le deliziose gioie proibite dell’incesto transtemporale continuavano a solleticare la mia anima.

La Pattuglia temporale mi cancellerà dall’esistenza, per questo, pensai. Dirò: Ho perso un turista. — E quelli diranno: Com’è andata? — E io dirò: Sono uscito dalla stanza per tre minuti ed è sparito. — E loro diranno: Tre minuti, eh? Non avresti dovuto… E io dirò: — Ma sono stati solo tre minuti. Cristo, non potete pretendere che li sorvegli ventiquattro ore al giorno! — E loro saranno comprensivi, ma dovranno verificare la scena, e scopriranno che mi sono smistato in un altro punto su per la linea, e mi rintracceranno nel 1105 e mi troveranno con Pulcheria, e vedranno che non solo sono colpevole di negligenza come Corriere ma che ho commesso incesto con la mia bis-bis-multi-bisnonna…


Calma. Calma.

Adesso giù in strada. Alza la torcia. Sauerabend? Sauerabend? Niente Sauerabend.

Se io fossi Sauerabend, dove me la sarei filata?

In casa di qualche dodicenne bizantina? E come poteva sapere dove trovarla?

Come entrare? No. No. Non poteva aver fatto questo. Dov’è, comunque? A passeggio per la città? A prendere una boccata d’aria? Dovrebbe essere a dormire. A russare.

No. Mi ricordai che quando me n’ero andato lui non dormiva: era occupato a infastidire Palmyra Gostaman. Mi riprecipitai nella locanda. Era inutile cercarlo vagando a casaccio per Costantinopoli.

In preda a un panico crescente, svegliai Palmyra. Si stropicciò gli occhi, protestò un pochino, sbatté le palpebre. La luce della torcia scintillava sul suo seno nudo e piatto.

— Dov’è andato Sauerabend? — bisbigliai con voce aspra.

— Gli ho detto di lasciarmi in pace. Gli ho detto che se non l’avesse piantata gli avrei staccato a morsi il coso. Teneva la mano proprio qui e…

— Sì ma dov’è andato?

— Non lo so. Si è alzato e se n’è andato. Era buio, qui dentro. Mi sono addormentata due minuti fa. Perché mi ha svegliata?

— Bell’aiuto che sei — borbottai. — Torna a dormire.

Calma, Judson, calma. C’è una soluzione facile. Se non fossi così agitato, ci avresti pensato prima. Basta che riporti Sauerabend in questa stanza, come hai riportato in vita Marge Hefferin.

È illegale, naturalmente. I Corrieri non devono immischiarsi in correzioni cronologiche. È un compito che spetta alla Pattuglia. Ma sarà una correzione da poco.

Puoi sbrigarti in fretta, e nessuno ne saprà niente. Ti è andata bene con la revisione della Hefferin, no? Sì sì. È la tua sola possibilità, Jud.

Mi sedetti sul bordo del mio letto e cercai di fare un piano d’ azione. La notte con Pulcheria aveva smussato il filo del mio intelletto. Pensa, Jud. Pensa come non hai mai pensato in vita tua.

M’impegnai al massimo.

Che ora era quando ti sei smistato nel 1105?

Quattordici minuti alla mezzanotte.

Che ora era quando sei tornato giù per la linea al 1204?

Undici minuti alla mezzanotte.

Che ora è adesso?

Un minuto alla mezzanotte.

Dunque, Sauerabend quando se l’è filata dalla stanza?

Tra i quattordici e gli undici minuti alla mezzanotte.

Quindi, fin dove devi smistarti su per la linea per intercettarlo?

Circa tredici minuti.

Ti rendi conto che se balzi indietro di più di tredici minuti incontrerai il precedente te stesso che si prepara a partire per il 1105? È il paradosso della duplicazione.

È un rischio che devo correre. Sono già in un guaio ben peggiore.

E allora farai bene a smistarti e a sistemare tutto.

Vado.


Calcolai alla perfezione lo smistamento, salendo su per la linea di tredici minuti meno pochi secondi. Notai con soddisfazione che il mio io precedente se n’era già andato e che Sauerabend era ancora lì. Quel brutto e grasso bastardo era ancora nella stanza, seduto sul suo letto, e mi voltava la schiena.

Sarebbe stato semplicissimo fermarlo, adesso. Gli proibisco di uscire e lo tengo qui per i prossimi tre minuti, cancellando la sua partenza. Nell’istante in cui il precedente me stesso torna indietro, a mezzanotte meno undici minuti, io mi smisto dieci minuti giù per la linea riprendendo il mio posto nel flusso del tempo. Così Sauerabend verrà sorvegliato continuamente dal suo Corriere (in un’incarnazione o nell’altra) per l’intero periodo pericoloso, da mezzanotte meno quattordici in poi. Ci sarà un breve momento di duplicazione per me, quando mi sovrapporrò al me stesso di ritorno, ma lascerò così in fretta il suo livello temporale che probabilmente non se ne accorgerà.

E tutto sarà come deve essere.

Sì. Benissimo.

Mi avviai verso Sauerabend, con l’intenzione di bloccargli la strada quando avrebbe cercato di uscire. Lui girò su se stesso, restando seduto sul letto, e mi vide.

— È tornato? — fece.

— Ci può scommettere. E non…

Lui si portò la mano al timer e svanì.

— Aspetti! — urlai, svegliando tutti gli altri. — Non può! È impossibile! Il timer di un turista non…

La mia voce si spense in un gorgoglio ebete. Sauerabend era andato, smistato nel tempo sotto i miei occhi. Urlare contro il punto dov’era prima non sarebbe servito a riportarlo indietro. L’astuzia di quell’odioso mascalzone! Manomettere il timer, vantarsi che avrebbe potuto modificarlo e farlo funzionare a modo suo, cortocircuitare chissà come il sigillo e arrivare al comando…

Adesso ero veramente in un guaio terribile. Uno dei miei turisti in piena libertà con un timer attivato, intento a balzare chissà quando… Che tiro mostruoso! Ero disperato. Naturalmente la Pattuglia temporale l’avrebbe pescato prima che potesse commettere cronoreati troppo gravi, ma senza dubbio mi avrebbe condannato per averlo lasciato scappare.

A meno che potessi fermarlo prima che se ne andasse.

Erano passati cinquantasei secondi da quando ero balzato lì per impedire a Sauerabend di andarsene.

Senza esitare oltre, regolai il mio timer mettendolo indietro di sessanta secondi e mi smistai. Sauerabend era ancora lì, seduto sul letto. C’era l’altro me stesso, che si avviava verso di lui. C’erano gli altri turisti addormentati, non ancora destati dal mio urlo.

Bene, allora. Gli siamo superiori per numero. L’abbiamo preso.

Mi avventai verso Sauerabend, con l’intenzione di afferrargli le braccia e d’impedirgli di smistarsi.

Lui si girò appena mi mossi. Con sveltezza diabolica, allungò la mano sul suo timer.

Si smistò. Scomparve. Finii lungo disteso sul suo letto vuoto, stordito dal trauma.

L’altro Jud mi guardò male e disse: — Da dove diavolo salti fuori?


— Sono cinquantasei secondi più avanti di te. Mi sono lasciato scappare la prima occasione di abbrancarlo, e sono balzato indietro per tentare una seconda volta.

— E l’hai mancato ancora, vedo.

— Infatti.

— E per giunta ci ha duplicati.

— Questa parte, almeno, posso rimediarla — dissi. Guardai l’ora. — Fra trenta secondi, tu balza indietro di sessanta secondi e reinserisciti nel flusso del tempo.

— Col cavolo — disse Jud B.

— Come sarebbe a dire?

— A cosa serve? Sauerabend se ne andrà, o almeno starà per andarsene. Non riuscirò ad agguantarlo, vero?

— Ma devi andare — dissi.

— Perché?

— Perché è quello che ho fatto io in quel punto del flusso.

— Tu avevi una ragione per farlo — disse lui. — Ti eri appena fatto scappare Sauerabend, e volevi balzare indietro di un minuto per cercare di acchiapparlo. Ma io non ho avuto neanche la possibilità di farmelo sfuggire. E poi, perché preoccuparci del flusso del tempo? È già stato cambiato.

Aveva ragione. I cinquantasei secondi erano passati. Adesso eravamo al punto in cui avevo fatto il mio primo tentativo d’impedire l’uscita di Sauerabend; ma Jud B, che presumibilmente stava vivendo il minuto che avevo vissuto io immediatamente prima della prima sparizione di Sauerabend, l’aveva vissuto in un modo completamente diverso da me. Era tutto ingarbugliato. Avevo generato un duplicato che non voleva andarsene e non sapeva dove andare. Adesso mancavano tredici minuti a mezzanotte. Altri due minuti e avremmo avuto lì un terzo Jud… quello che si era smistato direttamente dalle braccia di Pulcheria e aveva scoperto la sparizione di Sauerabend. Lui aveva un suo destino: trascorrere dieci minuti a pensare in preda al panico per poi balzare indietro da mezzanotte meno un minuto a mezzanotte meno quattordici minuti scatenando l’intero processo di confusioni che culminava in noi due.

— Dobbiamo uscire da qui — disse Jud B.

— Prima che entri lui.

— Giusto. Perché, se ci vede, forse non deciderà mai di smistarsi a mezzanotte meno quattordici minuti, e questo…

— … potrebbe eliminare te e me dall’esistenza.

— Ma dove andiamo? — domandò.

— Potremmo balzare indietro di tre o quattro minuti e cercare di abbrancare insieme Sauerabend.

— Inutile. Ci sovrapporremmo a un altro noi stesso: quello che sta per andare da Pulcheria.

— E allora? Lo lasceremo andare appena avremo inchiodato Sauerabend.

— Inutile anche questo. Perché se Sauerabend ci scappa ancora, immetteremo un altro cambiamento nel flusso del tempo e magari introdurremo un terzo Jud. E creeremo una specie di galleria degli specchi, rimbalzando avanti e indietro fino a diventare milioni. Sauerabend è troppo svelto, per noi, con quel timer.


— Hai ragione dissi, rammaricandomi che Jud B non fosse tornato dove doveva andare prima che fosse troppo tardi.

Ormai mancavano dodici minuti a mezzanotte.

— Abbiamo sessanta secondi per squagliarcela. Dove andiamo? Non torniamo indietro per riprovare ad abbrancare Sauerabend. Questo è sicuro.

— Sì. Ma dobbiamo localizzarlo.

— Sì.

— E lui può essere in qualunque tempo.

— Sì.

— E allora in due siamo pochi. Abbiamo bisogno di aiuto.

— Metaxas.

— Sì. E magari anche Sam.

— Sì. E Capistrano?

— È disponibile?

— Chi lo sa? Proveremo. E Buonocore. E Jeff Monroe. Questa è una crisi!

— Sì — dissi io. — Senti, ormai abbiamo solo dieci secondi. Vieni con me!

Ci precipitammo fuori dalla stanza e uscimmo dalla porta posteriore, mancando per pochi secondi l’arrivo del Jud di mezzanotte meno undici minuti. Ci rannicchiammo in un sottoscala buio, pensando al Jud che era di sopra e scopriva l’assenza di Sauerabend. Io dissi: — È necessario un lavoro collettivo. Smistiamoci su per la linea fino al 1105, troviamo Metaxas, e spieghiamogli quanto è accaduto. Poi chiameremo i rinforzi e metteremo tutti all’opera per rintracciare la linea temporale di Sauerabend.

— E tu?

— Io resterò qui — dissi. — Fino a mezzanotte meno un minuto. A quel punto, il Jud che sta di sopra si smisterà indietro di un po’ meno di tredici minuti per cercare Sauerabend…

— … lasciando incustoditi i suoi turisti…

— … sì, e qualcuno deve restare con loro: perciò salirò di sopra appena lui se ne andrà, e riprenderò l’identità principale di Jud Elliott quale loro Corriere. Resterò là, procedendo su base normale, fino a quando avrò tue notizie. Okay?

— Okay.

— Allora va’.

Lui andò. Io mi raggomitolai, tremando per la paura. Fu un’unica reazione che mi piombò addosso tutta di colpo. Sauerabend se n’era andato, e io avevo generato un alter ego col paradosso della duplicazione, e nel volgere di una sola serata avevo commesso più cronoreati di quanti riuscissi a elencarne, e…

Avevo voglia di piangere.

Ancora non me ne rendevo conto, ma le complicazioni erano appena cominciate.

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