CAPITOLO X

Il dottorino dai capelli rossi compilo il certificato di morte e aggancio la stilografica al taschino del camice bianco. Poi chiuse il blocchetto dei moduli ridacchiando.

– Midollo spinale lacerato immediatamente sotto all'occipite, – dichiaro, con aria distratta. – Un punto molto vulnerabile. Per chi lo sa trovare, beninteso. E io son certo che voi lo trovereste.

Il tenente Christy French, della squadra omicidi mugolo:

– Credete che sia la prima volta che vedo qualcosa del genere?

– No, forse no – concesse il dottorino. Diede un'ultima, rapida occhiata al cadavere giro sui tacchi e lascio la stanza. – Faro venire il magistrato – disse senza voltarsi.

La porta si chiuse alle sue spalle.

– Per i medici, un morto ha l'importanza che ha per me un piatto di cavoli riscaldati – commento Christy French in tono acido, rivolto all'uscio chiuso. Il suo socio, un altro tenente che si chiamava Fred Beifus, se ne stava con un ginocchio al suolo, vicino alla scatola del telefono. L'aveva spruzzata di polvere per le impronte digitali, aveva soffiato via la polvere di troppo e ora stava osservando una macchia con una piccola lente di ingrandimento. Scosse il capo, poi sfilo qualcosa dalla molla di chiusura.

– Guanti di cotone grigio, da becchino – annunzio in tono disgustato.

Quattro centesimi al paio, all'ingrosso. Figurarsi che belle impronte han lasciato. Hanno cercato qualcosa nella scatola del telefono, eh?

– Evidentemente qualcosa che poteva starci dentro – rispose French.

– Non mi aspettavo impronte. Questi lavoretti di scalpello son roba da specialisti. Chiameremo i tecnici, tra un po'. La nostra e appena un'occhiatina d'insieme.

Il tenente stava vuotando le tasche del morto e ne deponeva il contenuto sul letto, accanto al cadavere cereo e tranquillo. Flack era seduto su una poltrona, accanto alla finestra, e guardava fuori con aria tetra. Il vicedirettore dell'albergo era venuto su, non aveva detto niente, con aria preoccupatissima, e se ne era andato per i fatti suoi. Io me ne stavo appoggiato al muro del bagno, a contarmi le dita.

A un tratto Flack sbotto.

– Per me, in un delitto come questo c'e sotto una donna. Se ne trovano dappertutto, di scalpelli da ghiaccio. A dieci cents. Volendo averne uno sottomano, sempre pronto, basta infilarselo in una giarrettiera e lasciarlo la…

Christy French gli lancio un breve sguardo, vagamente meravigliato.

Beifus domando:

– Ma che genere di ragazze frequenti, tesoro? Col prezzo che hanno oggi le calze, una donna preferirebbe nascondersi un'ascia nella scollatura.

– Non ci avevo pensato – brontolo Flack.

– Lascia pensare noi, amore – l'invito Beifus. – Ci vuole un certo equipaggiamento, sai.

– Non e necessario che mi maltrattiate – protesto Flack.

Beifus si scappello, inchinandosi.

– Non dovete negarci i nostri piccoli piaceri, signor Flack.

– Inoltre – intervenne Christy French – una donna avrebbe continuato a colpire. Non avrebbe capito quando bastava. Una quantita di mezze cartucce non lo capiscono. L'individuo che ha fatto questo lavoro era un asso. Ha beccato il midollo spinale al primo colpo. E un'altra cosa… Bisogna che il soggetto sia tranquillo, per farcela. Questo significa che c'e voluto piu d'una persona, a meno che la vittima non fosse narcotizzata, o l'assassino non fosse amico suo.

– Non vedo come avrebbe potuto essere narcotizzato, se e stato lui a parlarmi al telefono – osservai.

French e Beifus mi guardarono, tutt'e due con la stessa espressione annoiata e paziente.

– Se… – disse French. – E dal momento che, a sentir voi, non lo conoscevate, c'e pur sempre la vaga possibilita che non conosceste la sua voce. O il mio ragionamento e troppo sottile?

– Non saprei – risposi. – Non ho letto le lettere dei vostri ammiratori.

French sorrise.

– Non sprecare la bella notizia con lui – consiglio Beifus. – Risparmiatela per la tua conferenza al Circolo del Venerdi. Molte vecchie signore della Lega dei Nasi Lustri vanno pazze per gli aspetti piu raffinati del delitto.

French si fabbrico una sigaretta e l'accese con un fiammifero da cucina che sfrego contro lo schienale d'una sedia. Poi trasse un sospiro.

– Questa tecnica e stata elaborata a Brooklyn – spiego. – Ci si erano specializzati i ragazzi di "Sole" Moe Stein, e avevano finito coll'esagerare.

Si era arrivati al punto che non si poteva attraversare un'area da costruzione deserta senza trovare qualcuno dei loro lavoretti. In seguito sono venuti da queste parti, quel che rimane della banda, per lo meno. Chissa perche, proprio qui.

– Forse abbiamo un numero maggiore di aree da costruzione deserte – insinuo Beifus.

– E strano, pero – prosegui French, con aria sognante. – Quando "Frigna" Moyer ha fatto saldare il conto a "Sole" Moe Stein in Franklin Avenue, nel febbraio scorso, l'assassino ha usato la pistola. A Moe non dev'essere piaciuto affatto.

– Scommetto che e per questo che aveva un'espressione tanto delusa, quando gli abbiamo lavato via il sangue dalla faccia – osservo Beifus.

– Chi e "Frigna" Moyer? – volle sapere Flack.

– Veniva subito dopo Moe, nella banda – gli spiego French. – E molto probabile che questo macello sia opera sua. Non che l'abbia eseguito personalmente.

– E perche no? – chiese Flack, in tono acido.

– Non li leggete mai, i giornali? Moyer e un gentiluomo, ora. Frequenta la migliore societa. Ha persino un altro nome. E per quanto riguarda "Sole"

Moe Stein si da il caso che il giorno della sua morte Moyer fosse al fresco, accusato di gioco d'azzardo. Non siamo riusciti a provare niente, a questo proposito. In compenso gli abbiamo fornito uno splendido alibi. In ogni caso adesso e un gentiluomo, come vi ho detto. E i gentiluomini non vanno in giro piantando scalpelli da ghiaccio nel collo alla gente. Pagano un altro perche lo faccia.

– Avete mai avuto prove solide contro Moyer? – domandai.

French mi lancio un'occhiata penetrante.

– Perche?

– Mi era venuta un'idea – affermai. – Ma debolina debolina.

French mi studio, lentamente.

– Proprio fra noi ragazzi, nel segreto della nostra cameretta vi confidero che non siamo neppure riusciti a provare che il tizio che avevamo arrestato era effettivamente Moyer. Ma non andate a urlarlo ai quattro venti.

Nessuno lo sa, all'infuori di lui, del suo legale, del Procuratore Distrettuale, della polizia in servizio effettivo, della giunta comunale e di altre due o trecento persone.

Si batte il portafogli vuoto di Hambleton contro una coscia, e si sedette sul letto. Si appoggio distrattamente a una gamba del cadavere, accese una sigaretta e la punto contro il suo collega.

– Basta commedie, ora. Ecco i dati che abbiamo, Fred. Innanzitutto questo brav'uomo non era troppo sveglio. Girava il mondo facendosi chiamare dottor G. W. Hambleton e sui biglietti da visita aveva un indirizzo e un numero telefonico di El Centro. Ci sono voluti due minuti esatti, per scoprire che sia l'indirizzo che il numero del telefono erano falsi. Un vero dritto non gioca cosi allo scoperto. Punto secondo. Il nostro uomo era decisamente in bolletta. Qui, nel portafogli ci sono quattordici verdoni esatti, e per le tasche altri due dollari in spiccioli. Nel portachiavi non c'e ne la chiavetta d'accensione d'un'automobile, ne quella d'una cassetta di sicurezza ne una chiave di casa. Ci son solo la chiave d'una valigia e sette passe-partout Yale, limati. E limati di recente, anche. Secondo me il nostro uomo aveva intenzione di ripulire l'albergo. Credete che questi aggeggi servirebbero, nella vostra locanda, Flack?

Flack si fece avanti e fisso le chiavi.

– Due sono delle dimensioni giuste – affermo. – Ma cosi, a occhio non posso dire se funzionerebbero. Se ho bisogno di un passepartout devo chiederlo in direzione. Io ho appena una chiave universale. Posso servirmene solo se il cliente e fuori. – Trasse una chiave di tasca, una chiave appesa a una lunga catena, e la confronto con quelle di Hambleton. Poi scosse il capo. – Cosi come sono non servono a niente. Bisognerebbe limar via ancora parecchio metallo.

French scosse la cenere della sigaretta sul palmo d'una mano, poi la soffio via, in una nuvoletta grigia. Flack torno alla sua poltrona accanto alla finestra.

– Punto tre – annunzio Christy French. – Il morto non aveva ne la patente di guida ne un documento d'identita. Nessuno dei suoi vestiti era stato comprato a El Centro. Certo svolgeva un'attivita poco pulita, ma non aveva ne l'aspetto ne la personalita necessari per spacciare assegni a vuoto.

– Non l'hai visto nei suoi momenti migliori – protesto Beifus.

– E in ogni caso questo albergo non e adatto, per un lavoro del genere – continuo French. – Ha una fama molto dubbia.

– Ma dico, un momento! – scatto Flack.

French l'interruppe con un gesto.

– Conosco tutti gli alberghi della citta, Flack. E il mio mestiere conoscerli. Per cinquanta verdoni potrei organizzare un doppio spettacolo di spogliarello, con piacevolezze varie, di tipo francese in qualsiasi stanza di quest'albergo, nel giro di un'ora. Non cercate di farmi fesso. Voi vi guadagnate il vostro pane, e io mi guadagno il mio. Solo non cercate di farmi fesso. Siamo intesi. Il nostro uomo era in possesso di qualcosa che aveva paura a tenersi addosso. Questo significa che qualcuno gli stava dietro, e cominciava ad avvicinarsi un po' troppo, e lui lo sapeva. Cosi ha offerto un centone a Marlowe perche mettesse al sicuro l'oggetto che gli stava a cuore. Ma Hambleton non aveva la somma necessaria in tasca. Percio deve aver pensato di indurre Marlowe a dividere il rischio con lui. Ragion per cui non poteva trattarsi di gioielli rubati. Dev'esser stato qualcosa di semilegittimo. Dico bene, Marlowe?

– Potete tralasciare il "semi".

French fece un mezzo sorriso.

– Cosi l'oggetto in questione doveva esser qualcosa che si poteva nascondere di piatto o arrotolato, in una scatola del telefono, nel nastro d'un cappello, in una Bibbia o in un barattolo di talco. Noi non sappiamo se sia stato trovato o no. Pero sappiamo che c'e stato ben poco tempo, per cercarlo. Non piu di mezz'ora.

– Sempre che sia stato il dottor Hambleton a telefonarmi – intervenni.

– L'avete sollevata voi, questa questione.

– La cosa non avrebbe molto senso, altrimenti. Certo gli assassini non avevano nessuna urgenza di farci trovare il morto. Perche avrebbero dovuto invitare qualcuno a venire in questa stanza? – Si rivolse a Flack: – C'e modo di controllare i visitatori?

Flack scosse il capo, con aria tetra.

– Non e nemmeno necessario passar davanti al banco del portiere, per arrivare agli ascensori.

– Forse e una delle ragioni per cui il nostro amico e venuto qui – commento Beifus. – Questo, e l'atmosfera di famiglia.

– E va bene – concluse French. La persona che l'ha fatto fuori ha potuto andare e venire senza che nessuno le domandasse niente. Tutto quel che le occorreva sapere era il numero della camera. E questo, piu o meno, e tutto quel che sappiamo. D'accordo, Fred?

Beifus annui. Io dissi:

– Non proprio tutto tutto. E un parrucchino molto ben fatto, ma e sempre un parrucchino.

French e Beifus si voltarono di scatto, contemporaneamente. French allungo una mano, con cautela, sfilo la parrucca dalla testa del morto e diede un fischio prolungato.

– Mi ero domandato che cos'aveva da ridere quell'accidente di dottore – brontolo. – E non ci ha detto niente, quella brutta carogna. Vedi anche tu quel che vedo io, Fred?

– Per me, vedo solo un tizio pelato – rispose Beifus.

– Forse non l'hai mai conosciuto. E "Fila-via" Marston. Faceva il galoppino per "Asso" Devore.

– Ma sicuro! – Beifus ridacchio, si chino in avanti per dare una pacca amichevole alla testa calva. – Dove sei stato, tutto questo tempo, "Filavia"? Son tanti anni che non ti vedo, che mi ero quasi dimenticato di te.

Ma tu mi conosci, amico bello. Fesso una volta, fesso per sempre.

L'uomo sul letto pareva vecchio, grinzoso e risecchito, senza il suo parrucchino. La maschera gialla della morte stava cominciando a comporre il suo viso in una serie di linee rigide.

– Be' questo mi leva un bel peso dallo stomaco – disse French con calma. Non dovremo lavorare ventiquattr'ore su ventiquattro per scoprire chi ha fatto fuori questo farabuttello. Che vada all'inferno. – Restitui il parrucchino al suo proprietario, calzandoglielo tutto inclinato su un occhio e si alzo dal letto. – Con voi due ho finito – annunzio a me e a Flack.

Flack si alzo.

– Grazie per il delitto, tesoro – gli disse Beifus. – Se ne scopri qualcun altro, nel tuo simpatico alberghetto, non far torto alla nostra organizzazione. Non sempre il servizio e buono, pero e molto rapido.

Flack percorse la piccola anticamera e spalanco la porta. Io lo seguii.

Lungo il corridoio non aprimmo bocca. E nemmeno durante la discesa in ascensore. L'accompagnai fino al suo minuscolo ufficio, lo seguii nell'interno e chiusi la porta. Lui parve sorpreso.

Si sedette alla scrivania e allungo una mano verso il telefono.

– Devo fare un rapporto al vicedirettore – annunzio. – Desiderate qualcosa?

Feci scorrere una sigaretta tra le dita, l'accesi e soffiai una boccata di fumo verso di lui.

– Centocinquanta dollari – dissi.

Gli occhi piccoli, intenti di Flack divennero due buchi rotondi in un viso che aveva perso improvvisamente ogni espressione.

– Non fate dello spirito fuori luogo. – Dopo aver ascoltato quei due commedianti, di sopra, non potreste biasimarmi, se lo facessi. Ma io non scherzo.

Cominciai a tamburellare, con le dita, sull'orlo dello scrittoio, e aspettai.

Una linea di perline di sudore apparve sul labbro superiore di Flack, sopra ai baffetti.

– Ho da lavorare – insiste lui, con voce piu ingoiata. – Filate, e non fatevi piu vedere.

– Che ometto coriaceo! – esclamai, e soggiunsi. – Il dottor Hambleton aveva centosessantaquattro dollari nel portafogli, quando l'ho perquisito. Me ne aveva promessi cento ricordate? Ora, nello stesso portafogli si sono trovati quattordici dollari. Io poi avevo veramente lasciato la porta aperta. E qualcun altro l'ha chiusa a chiave. Voi, l'avete chiusa, Flack.

Flack afferro i bracciali della poltroncina e li strinse forte. La sua voce pareva venire dal fondo di un pozzo e disse:

– Non potete provare un cavolo di niente.

– Devo provarmici?

Sfilo la rivoltella dalla cintura e la depose sulla scrivania di fronte a se.

Poi la fisso. Ma non aveva alcun messaggio per lui. Flack alzo gli occhi su di me e chiese con voce rotta:

– Facciamo a mezzo, eh?

Vi fu un istante di silenzio fra noi. Lui trasse di tasca un vecchio portafogli malandato e vi frugo dentro. Ne pesco una manciata di spiccioli e banconote e li sparse sulla scrivania. Poi li divise in due mucchietti e ne spinse uno verso di me. Io dissi: – Li voglio tutti.

Flack si affloscio, sulla sua poltroncina e fisso un angolo della scrivania.

Dopo una lunga pausa trasse un sospiro. Riuni i due mucchietti di danaro e li spinse avanti… verso di me.

– A lui non servivano a niente – disse. – Su, prendete il malloppo e filate. Mi ricordero di voi, bel giovane. I tipi della vostra risma mi fanno voglia di vomitare. Chi mi dice che non gli abbiate soffiato un foglio da mille?

– Avrei portato via tutto. E l'assassino avrebbe fatto lo stesso. Perche lasciare quattordici dollari?

– E perche avrei dovuto lasciarli io? – chiese Flack, con voce stanca, movendo le dita, in un gesto vago, lungo il bordo dello scrittoio. Io presi il denaro, lo contai e glielo gettai.

– Perche siete del mestiere, e avete valutato il vostro uomo. Sapevate che come minimo doveva avere in tasca abbastanza da pagare la camera, e qualche dollaro per le spese extra. Anche la polizia avrebbe fatto lo stesso ragionamento. Qua, non li voglio, questi soldi. Voglio qualcos'altro.

Lui mi fisso, con la bocca spalancata.

– Levatemi di torno questi quattrini.

Flack agguanto le banconote e le ficco disordinatamente nel portafogli.

– Che sarebbe questo "qualcos'altro"? – domando. Aveva gli occhi piccoli, pensosi. Con la lingua spingeva avanti il labbro inferiore. – Non mi sembrate in una posizione cosi brillante da dettar legge.

– Forse vi sbagliate. Se io tornassi di sopra e dicessi a Christy French e a Beifus che ero gia stato in camera di Hambleton e avevo perquisito il cadavere mi prenderei senz'altro una bella strigliata. Pero capirebbero che non ho tenuto il becco chiuso solo per fare lo spiritoso. Saprebbero che dietro le mie spalle, c'e un cliente che desidero proteggere. Mi tirerei addosso insulti e minacce a non finire. D'accordo. Ma a voi toccherebbe qualcosa di molto diverso.

Tacqui e osservai il debole luccichio del sudore che ora gli si stava formando sulla fronte. Flack degluti a fatica. Aveva gli occhi d'un malato.

– Piantatela di blaterare e mettete le carte in tavola – scatto. Poi d'un tratto sorrise, con un'aria vagamente oscena. – Siete arrivato un po' in ritardo per proteggerla eh? – La smorfia grassa, ironica, che abitava in permanenza sul suo viso stava tornando a casa, ora, lentamente, ma con gioia. Spensi la sigaretta, ne trassi di tasca un'altra e compii, uno per uno, tutti i gesti lenti, inutili, che dovrebbero salvare la faccia: accendere, gettar via il cerino, aspirare una boccata lunga, profonda, come se quell'ufficetto lurido fosse stato la vetta d'una collina che sovrastava l'oceano spumeggiante… tutti i cliche, logori e frusti del mio mestiere.

– E va bene – dissi infine. – Ammetto che si tratta d'una donna.

Ammetto persino che e entrata in quella camera quando Hambleton era gia morto, se vi puo far piacere. Dev'essere stata l'emozione, a farla scappar via cosi.

– Ma sicuro – convenne Flack, con aria odiosa. La sua smorfia grassa e ironica era tornata a casa del tutto, ora. – O forse era un mese che non scannava piu nessuno con uno scalpello da ghiaccio. Aveva un po' perso lo stile…

– Ma perche portare via la chiave della camera? – chiesi, come parlando a me stesso. – E perche lasciarla al portiere? Perche non se ne e andata, piu semplicemente, piantando tutto come stava? Come mai si e ritenuta in dovere di chiudere la porta? Perche non gettare la chiave in una sputacchiera e coprirla con la sabbia? Oppure portarsela dietro, e perderla, da qualche parte? Perche occuparsi comunque, di quella chiave, che avrebbe provato la sua presenza nella stanza del delitto? – Abbassai gli occhi e fissai Flack con uno sguardo intenso, duro, immobile. – A meno che, naturalmente, qualcuno l'abbia vista lasciare la stanza con le chiavi in mano, e l'abbia seguita fuori dall'albergo.

– E perche l'avrebbe fatto, quel "qualcuno"? – chiese Flack.

– Perche la persona che l'ha vista ha potuto entrare in quella stanza quasi subito dopo di lei. Aveva un passe-partout.

Gli occhi di Flack si alzarono su di me e tornarono ad abbassarsi, in un solo movimento.

– Cosi, quella persona deve aver seguito la ragazza – continuai. – Deve averla vista lasciare la chiave al banco del portiere e uscire dall'albergo, e deve averla seguita per un tratto di strada.

– Come fate ad essere cosi meravigliosamente astuto? – chiese Flack, in tono di scherno.

Mi sporsi in avanti e tirai il telefono verso di me.

– Mi conviene chiamare Christy e farla finita, una volta per tutte – dissi. – Piu ci penso e piu ho paura. Forse Hambleton l'ha accoppato davvero la ragazza. Non posso proteggere un'assassina.

Sollevai il ricevitore dalla forcella. La zampa sudaticcia di Fk ck mi piombo di violenza sul dorso della mano. Il ricevitore rimbalzo sulla scrivania.

– Lasciate stare – la sua voce era quasi un singhiozzo. – L'ho seguita fino a una macchina, ferma in fondo alla strada. Ho preso il numero. Per l'amor di Dio, lasciatemi una via d'uscita, amico… Una via qualsiasi. – Stava frugandosi in tasca freneticamente. – Sapete quanto prendo, con questo lavoro? Quel che mi basta per le sigarette e stop. Quasi nient'altro.

Su, aspettate un minuto. Credo… – Abbasso lo sguardo, gioco un solitario con alcune buste unte, e finalmente ne scelse una e me la getto. – Ecco la targa – disse in tono stanco. – E se puo farvi piacere vi diro che non mi ricordo piu nemmeno che numero e.

Diedi un'occhiata alla busta. C'era effettivamente scarabocchiato un numero d'automobile. Il tratto era malfermo, esile, sbilenco, proprio come quando si scrive frettolosamente, in strada, col solo foglio in mano. Diceva: 6N333. California 1947.

– Soddisfatto? – Era la voce di Flack. Per lo meno il suono era uscito dalla sua bocca.

Strappai via il lembo col numero, e gli gettai indietro la busta. – 4P 327 – dissi, studiando attentamente i suoi occhi. Nessuna luce improvvisa gli si accese nelle pupille. Non vidi tracce di ironia, di finzione. – Ma come faccio, io, a sapere che non si tratta d'un numero che avevate gia in tasca?

– Dovete contentarvi della mia parola.

– Descrivetemi la macchina.

– Cadillac trasformabile. Non nuova. Col soffietto chiuso. Modello del quarantadue o giu di li. Di un colore azzurro-polvere.

– Descrivetemi la donna.

– Prendete parecchio per i vostri quattrini, eh, bel giovane?

– Per i quattrini del dottor Hambleton.

Lui strabuzzo gli occhi.

– E va bene. Bionda. Soprabito bianco con le cuciture degli orli colorate. Cappello grande, di paglia azzurra. Occhiali neri. Alta circa uno e sessanta. Una figura che fa scintille.

– La riconoscereste, senza occhiali? – chiesi con una certa prudenza.

Lui fece finta di pensare. Poi scosse il capo: no.

– E allora, volete ripetermi quel numero di targa, Flack?

L'avevo preso alla sprovvista.

– Quale numero?

Mi chinai in avanti e lasciai cadere un po' di cenere sulla sua rivoltella.

Poi lo fissai di nuovo negli occhi, intensamente. Ma ormai sapevo di averlo battuto. Pareva che lo sapesse anche lui. Prese il revolver, soffio via la cenere e lo ripose in un cassetto.

– Avanti, correte – sibilo tra i denti. – Andate a dire ai poliziotti che ho perquisito il morto. E con questo? Forse perdo l'impiego. Forse anche mi sbattono dentro. E con questo? Quando esco sono a posto. Il caro piccolo Flack non dovra piu preoccuparsi, per il pane e il companatico. Non vi sognate che quei paraocchi neri l'abbiano ingannato per un momento, il caro piccolo Flack. Sono andato troppo al cinema per non riconoscere quella bella bambolina. E se volete il mio parere vi diro che la vedremo ancora per un pezzo. E destinata a far carriera… e chissa… – mi lancio un sorriso trionfante… – forse, uno di questi giorni, avra bisogno di una guardia del corpo. Di un brav'uomo sempre a sua disposizione, che tenga d'occhio le cose, e che le impedisca di mettersi nei guai. Qualcuno che abbia una certa influenza e non sia irragionevole, in fatto di danaro… Che c'e?

Avevo chinato il capo da un lato e m'ero curvato in avanti, in ascolto.

– Mi era parso di sentire la campana di una chiesa – spiegai.

– Non ci sono chiese, da queste parti – annunzio Flack, con disprezzo:

– Sara il vostro cervellone di platino, che si riempie di crepe.

– Una campana sola – continuai. – Molto lenta. A morto.

Flack ascolto, con me.

– Non sento nulla – disse aspramente.

– Oh, non e possibile che la sentiate – esclamai. – Voi siete l'unica persona al mondo che non la puo sentire.

Non mi rispose. Rimase seduto, a fissarmi, coi piccoli occhi malvagi semichiusi, coi piccoli baffi malvagi che luccicavano, aggressivamente.

Una mano gli si contrasse sullo scrittoio, in un gesto senza senso.

Lo lasciai ai suoi pensieri che, probabilmente, erano piccoli, brutti e spauriti come lui.

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