CAPITOLO XXIII

Nel centro della stanza c'era un lungo tavolo giallo di quercia. Ai bordi aveva una serie irregolare di bruciature di sigaretta. Dietro di esso, con una quantita di scartofEe disordinate sotto il naso, stava il tenente Fred Beifus della squadra investigativa. Alle spalle del tenente una finestra, coi vetri retinati. A una estremita del tavolo, appoggiato all'indietro su una sedia a braccioli, in bilico sulle gambe posteriori c'era un uomo grande e grosso. Il suo viso aveva, per me, la familiarita di un'immagine che si e gia vista in bianco e nero, nei cliche dei giornali. Aveva una mascella che pareva la panchina d'un parco. Stringeva fra i denti l'estremita di una grossa matita di legno e aveva l'aria d'essere vivo e di respirare ma, a parte questo, si limitava a starsene seduto.

All'altra estremita del tavolo c'erano una finestra e due scrivanie dalla chiusura a saracinesca. Una delle due scrivanie era appoggiata contro la finestra. Accanto ad essa una donna coi capelli color arancio stava trascrivendo un rapporto a macchina su un tavolino. Dietro l'altra scrivania, che era posta perpendicolarmente, rispetto alla finestra, era seduto Christy French, su una sedia girevole coi piedi su un angolo dello scrittoio. Stava guardando fuori dalla finestra, che era aperta e offriva la meravigliosa visione del parcheggio della polizia e del retro d'un cartellone pubblicitario.

– Sedetevi li – invito Beifus, facendo segno col dito.

Mi sedetti all'altro capo della stanza su una sedia rigida, di quercia, senza braccioli. Non era una sedia nuova e da nuova non era stata bella.

– Questo e il tenente Moses Maglashan della polizia di Bay City – continuo Beifus. – E non vi vuole bene… proprio come noi…

Il tenente Moses Maglashan si tolse di bocca la matita e fisso i segni dei denti nella grossa asticciola ottagonale. Poi fisso me. Il suo sguardo mi sfioro lentamente, esplorandomi, osservandomi, catalogandomi. Non disse nulla. Torno a mettersi la matita in bocca.

– Forse non sono normale – dichiaro Beifus – ma per me voi avete meno sex appeal di una tartaruga. – Si volto per meta, verso la donna che scriveva a macchina in un angolo: – Millie. – L'impiegata lascio la macchina da scrivere per un quaderno da stenografia. – Il nome e Philip Marlowe – l'informo il tenente. – Con una E in fondo, se proprio ci tieni alla precisione. Numero di licenza?

Si era voltato di nuovo a guardarmi. Gli dissi il numero. La dama arancione scrisse, senza alzare gli occhi. Dire che aveva una faccia che avrebbe fermato un orologio era insultarla. Avrebbe fermato un cavallo imbizzarrito.

– Ora, se siete nella disposizione adatta – riprese Beifus. – Potete ricominciare dal principio e raccontare tutto quel che avete lasciato fuori ieri. Non cercate di dividere i fatti per categorie. Lasciate che il discorso corra naturalmente. Abbiamo abbastanza materiale per controllare la vostra storia.

– Volete che faccia una deposizione?

– Una deposizione molto esauriente – preciso Beifus. – Che spasso, eh?

– E questa deposizione dev'essere spontanea, e senza coercizione?

– Appunto. Tutte le deposizioni sono spontanee – sorrise Beifus.

Maglashan mi guardo fisso per un momento. La dama arancione riprese a scrivere a macchina. Non c'era ancora nulla, per lei. Trent'anni di quel lavoro ne avevano fatto un'ottima "tempista".

Maglashan trasse di tasca un pesante guanto di cinghiale usato, l'infilo sulla mano destra e fece qualche flessione con le dita.

– A che serve? – gli chiese Beifus.

– Mi mangio le unghie, a volte – rispose Maglashan. – E strano. Mi mangio solo quelle della mano destra. – Alzo gli occhi, mi fisso con uno sguardo lento. – Alcuni individui sono piu spontanei di certi altri – osservo pigramente. – E una questione di reni, m'han detto. Ho conosciuto dei tipi non poco spontanei che eran costretti ad andare al cesso ogni quarto d'ora, per settimane, dopo esser diventati spontanei. Pareva che non riuscissero a tenere acqua.

– Ma pensa un po' – fece Beifus, con pensosa meraviglia.

– Poi ci sono quelli che non riescono piu ad alzare la voce e parlano rauchi, bisbigliando – continuo Maglashan. – Come i vecchi pugilatori rincretiniti, che hanno fermato troppe sventole col collo.

Maglashan mi guardo. A quanto pareva era il mio turno.

– Poi ci sono i tipi che non ci vanno del tutto, al cesso – dissi. – Quelli che esagerano. Se ne stanno seduti in una sedia per trenta ore. Poi crollano e si incrinano un rene o si fanno scoppiare la vescica. Collaborano con troppo entusiasmo. Poi, a volte, quando han fatto la loro brava deposizione davanti al magistrato, e il serbatoio dell'acqua e vuoto li si trovan morti in un angolo buio. Forse avrebbero dovuto farsi visitare; ma non si puo prevedere tutto, vero, tenente?

– Noi, di Bay City siamo molto bravi a prevedere le cose – replico Maglashan. – Quando c'e qualcosa da prevedere, naturalmente.

Aveva dei groppi duri di muscolo agli angoli delle mascelle. Nei suoi occhi splendeva una luce di odio rossastro.

– Potrei lavorarvi in maniera deliziosa – disse, senza levarmi gli occhi di dosso. – Assolutamente meravigliosa.

– Ne sono certo, tenente. Ho sempre passato delle ore bellissime a Bay City, finche riuscivo a non perdere i sensi.

– Io vi impedirei di perdere i sensi per un'infinita di tempo, cocco. Ne farei una questione d'onore. Me ne occuperei di persona.

Christy French si volto lentamente, e sbadiglio.

– Come va che alla polizia di Bay City siete tutti cosi feroci? – domando. – Vi marinate il cranio nell'acqua di mare?

Beifus mise fuori la punta della lingua e la fece correre fra le labbra.

– Siamo sempre stati feroci – dichiaro Maglashan, senza guardarlo. – Ci piace esser feroci. E gli spiritosoni, come questo bel tipo qui, ci tengono in esercizio. – Torno a occuparsi di me. – Cosi voi siete quel tesoro che ci ha telefonato per Clausen. Siete molto disinvolto coi telefoni pubblici, vero, tesoro?

Non apersi bocca.

– Parlo con te, tesoro – mi apostrofo Maglashan. – Ti ho fatto una domanda, tesoro. E quando faccio una domanda sono abituato a ricever risposta. Capito?

– Continuate a parlare e vi risponderete da solo – disse Christy French. – E forse la risposta non vi piacera e sarete cosi maledettamente feroce che finirete col prendervi a pugni da solo, con quel guanto li. Tanto per il principio.

Maglashan si irrigidi. Sulle guance gli si erano accese due macchie rosse delle dimensioni di un mezzo dollaro.

– Son venuto a chiedervi di collaborare – disse a French, lentamente.

– Per farmi spernacchiare posso rimanere a casa. Ci pensa mia moglie.

Ma qui non voglio far le spese delle vostre barzellette.

– E noi collaboreremo – affermo French. – Solo non cercate di fare il matador con quelle battute da film del novecentotrenta. – Fece un giro sulla sedia e mi guardo: – Voltiamo pagina e comportiamoci come se stessimo cominciando le indagini adesso. Le vostre ragioni le conosco tutte. Non sta a me giudicarle. Il punto e questo: siete disposto a parlare, o volete finire al fresco come testimone indispensabile?

– Interrogatemi – proposi. – E se le risposte non vi piaceranno potrete mettermi al fresco. E se mi mettete al fresco io ho il diritto di fare una telefonata.

– Esatto – dichiaro French. – Se vi mettiamo al fresco. Ma non e necessario. Possiamo tenervi qui e farvi l'interrogatorio completo. Ci vorranno dei giorni, magari.

– E da mangiare avrete solo guazzetto di carne affumicata – intervenne Beifus, allegramente.

– A rigor di termini non sarebbe legale – riprese French. – Ma noi lo facciamo continuamente. Come voi fate certe cose che non dovreste fare, forse. Secondo voi siete sempre stato ligio alla legge, in questa faccenda?

– No.

Maglashan si lascio sfuggire un "Aaaah" profondo, ingoiato.

Mi voltai a guardare la dama arancione che era tornata al suo taccuino, silenziosa e indifferente.

– Avete un cliente da proteggere? – insinuo French.

– Forse.

– O per meglio dire avevate una cliente. Vi ha piantato in asso.

Non feci commenti.

– Si chiama Orfamay Quest – soggiunse il tenente, osservandomi.

– Interrogatemi – dissi.

– Che cos'e successo in Idaho Street?

– Ci sono andato per cercare il fratello della ragazza. Lei era venuta qui, a trovarlo e lui aveva cambiato indirizzo. Era molto in pena. Clausen, il direttore, era troppo ubriaco per parlare in maniera sensata. Ho guardato il registro della pensione e ho visto che nella stanza di Quest ci abitava un altro. Sono andato a parlare con quest'altro. Ma non mi ha detto nulla che potesse aiutarmi.

French allungo una mano, cerco un po' in giro poi prese una matita dalla scrivania e comincio a battersela contro i denti.

– E l'avete piu rivisto, questo tale?

– Si. Gli ho anche detto chi ero. Quando sono sceso di nuovo Clausen era morto. E qualcuno aveva strappato una pagina dal registro. La pagina col nome di Quest. Allora ho chiamato la polizia.

– Pero non siete rimasto sul posto.

– Non sapevo nulla di utile, sulla morte di Clausen.

– Ma non siete rimasto sul posto – ripete French. Maglashan emise un suono selvaggio, dal fondo della gola, e getto la sua matita contro la parete all'altro capo della stanza. Guardai l'asticciola di legno rimbalzare contro la parete, poi sul pavimento, e infine fermarsi.

– Esatto – dissi.

– A Bay City potremmo accopparvi, per questo – sbotto Maglashan.

– A Bay City vi riterreste autorizzati a accopparmi perche porto la cravatta blu – replicai.

Maglashan fece l'atto di alzarsi. Beifus gli lancio un'occhiata di traverso e consiglio: – Lasciate fare a Christy. Si puo sempre ricominciare.

– Potremmo rovinarvi la carriera per questo – mi comunico French, con una voce senza inflessioni.

– Consideratemi rovinato – dissi. – E un mestiere che non mi e mai piaciuto, d'altronde.

– Cosi siete tornato in ufficio. E poi?

– Ho fatto il mio rapporto alla cliente. Poi mi ha telefonato un tizio e mi ha chiesto di raggiungerlo all'albergo Van Nuys. Era lo stesso individuo col quale avevo parlato in Idaho Street, ma aveva cambiato nome.

– Questo avreste potuto dircelo, no?

– Se vi avessi detto questo avrei dovuto dirvi tutto. Avrebbe significato violare le condizioni alle quali ero stato assunto.

French annui, e picchietto con la matita sui denti. Poi disse, adagio.

– Un delitto cancella un impegno di questo genere. Due delitti dovrebbero cancellarlo due volte. E due delitti commessi con la stessa tecnica tre volte. Non mi piace la vostra situazione Marlowe. Non mi piace assolutamente.

– Nemmeno alla cliente piaccio, dopo quel che e successo oggi!

– Che cosa e successo oggi?

– La cliente mi ha avvertito che suo fratello le aveva telefonato dalla casa di quel medico, il dottor Lagardie. Il fratello era in pericolo. Io dovevo precipitarmi da lui e levarlo dalle peste. Mi sono precipitato da lui. Il dottor Lagardie e la sua infermiera avevano chiuso l'ambulatorio. Si comportavano come conigli spaventati. La polizia era stata li a trovarli.

– Un'altra delle sue telefonate anonime – ringhio Maglashan.

– Non mia, questa volta – rettificai.

– D'accordo, continuate – disse French, dopo una pausa.

– Lagardie mi ha giurato di non sapere nulla di Orrin Quest. Ha mandato l'infermiera a casa. Poi e riuscito a rifilarmi una sigaretta drogata e io sono andato in un altro pianeta, per un po'. Quando sono rinvenuto ero solo in casa. Poi, a un tratto non sono stato piu solo. Orrin Quest, o quel che era rimasto di lui stava grattando la porta. Appena l'ho aperta e caduto sulla soglia ed e morto. Con l'ultimo guizzo di energia che gli era rimasta ha cercato di pugnalarmi con uno scalpello da ghiaccio.

Mossi le spalle. In mezzo ad esse c'era un punto un po' rigido e indolenzito; niente piu. French guardo intensamente Maglashan. Maglashan scosse il capo, ma French continuo a fissarlo. Beifus si mise a zufolare sommessamente. Non riuscii a distinguere il motivo, da principio, poi ci arrivai. Era: "E morto il vecchio Moses".

French volto il capo e disse, lentamente:

– Vicino al morto non e stato trovato nessuno scalpello da ghiaccio.

– L'ho lasciato dov'era caduto – affermai.

– Ho paura che dovro infilare di nuovo il mio guanto – disse Maglashan, e lo fece scorrere fra le dita. – Qui c'e un maledetto bugiardo… e non sono io.

– Va bene – brontolo French. – Va bene. Non facciamo i commedianti. Ammesso che il ragazzo avesse uno scalpello da ghiaccio in mano questo non prova che sia nato cosi.

– Uno scalpello accorciato – spiegai. – Molto accorciato. Sei centimetri, dall'impugnatura alla punta. Non e cosi che li vendono, nei negozi di ferramenta.

– Perche mai avrebbe dovuto pugnalarvi? – chiese Beifus, con un sorriso di scherno. – Voi eravate dalla sua. Eravate andato a tirarlo fuori dai guai per conto della sorellina.

– Io ero semplicemente un oggetto tra lui e la luce – spiegai. – Qualcosa che si moveva, e avrebbe potuto essere la persona che l'aveva ferito.

Stava morendo in piedi. Non l'avevo mai visto prima. E se lui aveva visto me io non lo sapevo.

– Avrebbe potuto essere una splendida amicizia – sospiro Beifus. – A parte gli scalpelli da ghiaccio, naturalmente.

– E il fatto che lui ne avesse uno in mano, e abbia cercato di pugnalarmi puo significare qualcosa.

– Ad esempio?…

– Un uomo nelle sue condizioni agisce per istinto. Non inventa tecniche nuove. Mi ha preso tra le scapole, un graffietto, l'ultimo debole sforzo di un morente. Forse avrebbe scelto un punto diverso e sarebbe andato molto piu a fondo, se fosse stato in buona salute.

– Per quanto tempo, ancora, dobbiamo stare a far l'amore con questa pezza da piedi? – domando Maglashan. Lo trattate come se fosse un essere umano. Lasciate che gli parli io, a modo mio.

– Il capitano non ci tiene – mormoro French, con aria distratta.

– All'inferno il capitano.

– Il capitano non ci tiene ad esser mandato all'inferno dagli sbirri di provincia.

Maglashan strinse i denti e la linea della mandibola gli si delineo bianca, sotto la pelle. Gli occhi gli si fecero stretti e lucenti. Tiro un lungo respiro, per il naso.

– Grazie per la collaborazione – disse, e si alzo. – E ora che me ne vada. – Giro intorno al tavolo, e venne a fermarsi accanto a me. Con la mano sinistra mi alzo il mento: – Arrivederci, tesoro. Arrivederci nella mia citta.

Mi sferzo sul viso, due volte, col polsino del guanto. I bottoni mi graffiarono penosamente. Alzai una mano e mi massaggiai il labbro inferiore.

– Per Cristo, Maglashan! Sedetevi e lasciate che quest'uomo ci racconti la sua storia – scatto French. – E tenete le mani a posto.

Maglashan si volto a guardarlo e domando:

– Credete di potermi comandare?

French si strinse nelle spalle. Dopo un istante Maglashan si passo una mano spessa sulla bocca, e torno alla sua sedia. French si rivolse a me:

– Sentiamo le vostre opinioni su tutta la faccenda, Marlowe.

– Fra l'altro Clausen probabilmente commerciava in "paglia" – ripresi.

– Ho sentito odore di marijuana, nel suo appartamento. Quando sono arrivato c'era un ometto molto deciso, in cucina, che stava contando del denaro. Aveva una rivoltella e una lima lunga e sottile, molto affilata, e ha cercato di usare entrambi i suoi gingilli contro di me. Io glieli ho sequestrati e lui se ne e andato. Quello doveva essere l'esattore. Ma Clausen ormai era alcoolizzato a tal punto che non si poteva piu fare affidamento, su di lui. Nelle organizzazioni di quel genere non sono molto teneri, verso certe cose. L'esattore mi ha preso per un poliziotto. E la cricca non voleva che Clausen venisse arrestato. Si sarebbe lasciato mungere troppo facilmente. Nel preciso momento in cui hanno sentito puzza di legge in casa, era fatale che Clausen sparisse dalla circolazione.

– Tutto questo significa qualcosa, per voi?

– Puo essere – replico Maglashan, immusonito.

– E ammesso che sia cosi, che cosa c'entra, in tutto quest'affare, Orrin Quest? – mi domando French.

– Tutti possono fumare "paglia" – dissi. – Se si e annoiati, soli, depressi e senza lavoro la "paglia" puo avere molte attrattive. Ma quando la si fuma i sentimenti cambiano, si distorcono. E la marijuana fa un effetto diverso, secondo le persone. Certi diventano dei menimpipo, certi diventano cattivi. Supponete che Quest abbia cercato di ricattare qualcuno e abbia minacciato di andare alla polizia. E piu che probabile che tutt'e tre i delitti abbiano un legame con la banda della marijuana.

– Questo non concorda con lo scalpello da ghiaccio di Quest – osservo Beifus.

– Secondo il tenente, qui, Quest non aveva nessuno scalpello – obiettai. Quindi devo essermelo immaginato. In ogni caso puo averlo preso su per caso. Certi arnesi dovevano far parte dell'armamentario chirurgico normale in casa Lagardie. Sapete qualcosa, di lui?

Beifus scosse il capo.

– Non fino a questo momento.

– Non mi ha ammazzato, quindi probabilmente non ha ammazzato nessuno – affermai. – Quest aveva detto a sua sorella… a sentir lei… che lavorava per il dottor Lagardie, ma che alcuni gangster gli stavano dando la caccia.

– E di Lagardie… – disse French, punzecchiando la sua cartella da tavolo con una penna. – Che ne pensate, di lui!

– Un tempo esercitava a Cleveland. In centro, in pompa magna. Deve aver avuto le sue ragioni, per andarsi a nascondere a Bay City.

– Cleveland, eh? – cantileno French, e si mise a studiare un angolo del soffitto. Beifus abbasso gli occhi sulle sue carte. Maglashan disse:

– Probabilmente uno che procurava aborti. Gli avevo messo gli occhi sopra, da tempo.

– Quale occhio? – domando Beifus, in tono mite.

– Probabilmente quello che non aveva messo su Idaho Street – disse French.

Maglashan balzo in piedi, violentemente.

– Voi ragazzi siete cosi convinti di essere in gamba… Forse puo interessarvi sapere che noi siamo solo un nucleo di polizia di provincia. Siamo costretti a mandarle giu amare, dai pezzi grossi, tante volte. Tuttavia la faccenda della marijuana mi interessa. Puo darsi che finisca col semplificare parecchio il mio lavoro. Ho intenzione di andar subito a fondo.

Si diresse alla porta, a passo marziale, e se ne ando. French lo segui con gli occhi. Beifus fece altrettanto. Quando l'uscio si fu richiuso i due colleghi si guardarono.

– Scommetto che fanno la solita retata, questa sera – osservo Beifus.

French annui.

– In un appartamento, sopra una lavanderia – continuo Beifus. – Vanno alla spiaggia, catturano tre o quattro vagabondi e li piazzano nell'appartamento. Poi, dopo la retata, li mettono in fila, per i fotografi.

– Parli troppo, Fred – lo redargui French. Beifus sogghigno e tacque.

L'altro continuo, rivolto a me. – Dovendo fare un'ipotesi cosa pensereste che cercavano, gli assassini, nella camera del Van Nuys?

– Uno scontrino di deposito, per una valigia piena di "paglia".

– Mica male – commento il tenente. – E, sempre per ipotesi, dove credete che fosse nascosto?

– Ci ho pensato sopra. Quando ho parlato con Hicks, a Bay City non aveva il parrucchino. Di solito, in casa i calvi non lo portano. Pero, sul letto del Van Nuys l'aveva. Puo darsi che non se lo fosse messo da se.

– E con questo? – chiese French.

– Non sarebbe un cattivo posto, per nascondere uno scontrino.

– Lo si potrebbe incollare con un pezzo di carta gommata – mormoro French. – E un'idea.

Vi fu un intervallo di silenzio. La dama arancione riprese a scrivere a macchina. Io mi guardai le unghie. Non erano pulite come avrebbero dovuto. Dopo un po' French mi disse, lentamente:

– Non vi mettete in testa di esservela cavata, Marlowe. E, continuando con le ipotesi, come mai il dottor Lagardie vi ha parlato di Cleveland?

– Mi sono preso la briga di indagare un po' sul suo passato. Un medico non puo cambiar nome, se vuol continuare a esercitare. Gli scalpelli da ghiaccio mi hanno fatto pensare a "Frigna" Moyer. "Frigna" Mover operava a Cleveland. "Sole" Moe Stein operava a Cleveland. E vero che la tecnica era diversa, ma si trattava pur sempre di scalpelli da ghiaccio. L'avevate detto voi stesso che i ragazzi potevano essersi perfezionati. E le gang come queste hanno sempre un medico, nel retroscena.

– Un collegamento piuttosto dubbio – osservo French. – Piuttosto cervellotico.

– Migliorerei la mia posizione, se lo rendessi piu plausibile?

– Siete in grado di farlo?

– Posso provarmici.

French sospiro.

– La piccola Quest e a posto – disse. – Ho telefonato a sua madre, nel Kansas. La ragazza e veramente venuta qui per cercare il fratello. E vi ha veramente assunto. Ha parlato bene di voi… fino a un certo punto. Sospettava davvero che suo fratello fosse immischiato in qualcosa di poco chiaro. Avete guadagnato qualcosa da questa faccenda?

– Non molto. Ho restituito il compenso alla ragazza. Non nuotava nell'oro.

– Cosi evitate di pagare la tassa sul reddito – commento Beifus.

– Be', togliamo la seduta – propose French. – La mossa seguente tocra al procuratore distrettuale, e se conosco Endicott ci mettera dieci giorni al minimo, prima di decidere che posizione prendere.

Fece un gesto verso la porta. Io mi alzai.

– Mi permettete di non lasciare la citta? – chiesi.

I due uomini non si presero il disturbo di ribattere.

Rimasi dov'ero, e li guardai. Il graffio dello scalpello, fra le scapole, mi doleva, e la pelle tutt'intorno, s'era fatta dura. La guancia e la bocca, bruciavano, dove Maglashan mi aveva colpito, col suo guanto, consunto per un nobile uso. Ero nel fondo del mare. E l'acqua era torbida e buia, e in bocca avevo il sapore del sale.

I due rimasero seduti, e ricambiarono il mio sguardo. La dama arancione continuava a pestare sulla macchina. I discorsi dei poliziotti non erano piu un divertimento, per lei, come le gambe delle donne per il direttore d'un corpo di ballo. Beifus e French avevano i visi tranquilli e segnati degli uomini sani in condizioni disagiate. Avevano gli occhi di tutti i poliziotti: grigi annebbiati e opachi come l'acqua che sta ghiacciando. La bocca ferma, decisa, le piccole righe dure, agli angoli degli occhi, lo sguardo vuoto pietrigno, senza significato, non del tutto crudele ma ben lungi dall'essere umano. Gli abiti insignificanti comprati fatti, portati senza stile, con una specie di disprezzo; l'espressione di chi e povero, ma orgoglioso del proprio potere, e cerca sempre l'occasione di farlo sentire, e ve lo pianta dentro, come un coltello, e lo rigira, e sorride quando vi contorcete. Senza scrupoli ma senza malizia, crudeli eppure non sempre privi di gentilezza.

La civilta non aveva senso per loro. Tutto quel che ne vedevano erano i fallimenti, la sporcizia, le scorie, le aberrazioni e il disgusto.

– Che cosa aspettate? – mi chiese Beifus sgarbatamente. – Volete che vi diamo un bel bacione umido e tenero? Non avete la frecciata pronta, eh? Che peccato! – La sua voce si affievoli, divenne un borbottio sordo.

Poi il tenente si acciglio e prese una matita dalla scrivania, con un gesto agile la spezzo in due, e mi mostro i mozziconi, sul palmo della mano.

– Vi diamo fiato ma dovrete scattare, cosi – disse sottovoce. Il sorriso era sparito. – Su, andatevene, e mettete a posto le cose. Perche diavolo credete che vi lasciamo libero? Maglashan vi ha fatto avere una dilazione.

Approfittatene.

Alzai una mano, e mi soffregai le labbra. Mi pareva di avere troppi denti in bocca.

Beifus abbasso gli occhi sul tavolo, prese un foglio e comincio a leggerlo. French fece un giro completo, con la sedia, appoggio i piedi sulla scrivania e guardo fuori dalla finestra aperta, verso il parcheggio. La dama arancione smise di battere a macchina.

Improvvisamente la stanza si riempi di silenzio, greve come un dolce caduto.

Mi diressi alla porta, tagliando il silenzio col mio corpo come se stessi facendomi strada in una massa d'acqua.

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