Lucy parcheggia la Modena vicino alla Ferrari nera, una Scaglietti dodici cilindri che non può esprimere tutta la propria potenza in un mondo pieno di limiti di velocità. Scendono, e Lucy evita di guardare la Ferrari nera. Non vuole vedere il graffio a forma di grande occhio con tanto di ciglia che qualcuno le ha fatto sulla carrozzeria.
«Be’, il disegno è pregevole» commenta Rudy passando fra le due Ferrari, diretto alla porta che conduce all’interno della villa. «Potrebbe averlo fatto lei?» Indica il cofano della Scaglietti nera, ma Lucy non guarda. «Potrebbe benissimo essere stata lei. Potrebbe aver inscenato tutto.»
«Non è stata lei» risponde Lucy, sempre senza guardare la Ferrari nera. «Ho dovuto aspettare oltre un anno, prima che me la consegnassero.»
«Puoi farla riverniciare» osserva Rudy, infilandosi le mani in tasca. Lucy apre la porta e disinserisce il sofisticatissimo sistema di allarme, completo di telecamere a circuito chiuso in tutta la casa e nel giardino. Le telecamere non effettuano riprese, però, perché Lucy non vuole essere filmata in casa propria. Rudy la capisce, ma solo fino a un certo punto. Neanche lui vorrebbe essere ripreso da telecamere nascoste mentre si fa gli affari suoi, ma nella sua vita c’è poco da filmare, visto che vive solo. Quando Lucy ha deciso di disattivare le telecamere in casa sua, non viveva da sola.
«Forse dovresti rimettere in funzione l’impianto a circuito chiuso» le suggerisce.
«Faccio prima: cambio casa» replica lei.
Rudy la segue nell’enorme cucina e guarda il soggiorno con vista sull’oceano. È molto ampio, con un altissimo soffitto affrescato, un gigantesco lampadario di cristallo e un tavolo da pranzo, anch’esso di cristallo, che sembra intagliato nel ghiaccio. È un oggetto straordinario e Rudy non vuole nemmeno pensare a quanto deve esserle costato. Per non parlare dei divani in pelle morbidissima e dei dipinti africani, gigantesche tele con elefanti, zebre, giraffe e scimmie. Lui non potrebbe permettersi nemmeno uno dei mobili con cui Lucy ha arredato la sua seconda casa. Probabilmente neppure uno dei tappeti, o una delle piante.
«Lo so» dice lei guardandosi intorno. «Piloto gli elicotteri e non so neppure accendere lo stereo di questa casa. La odio.»
«Non cercare di impietosirmi.»
«Per favore.» Lucy interrompe la conversazione con un tono che lui conosce bene: non ne può più di litigare.
Rudy apre uno dei mobiletti alla ricerca del caffè e chiede: «Cosa c’è da mangiare, in questa casa?».
«Chili con carne, fatto in casa. È surgelato, ma ci mettiamo un attimo a scongelarlo.»
«Ottimo. Andiamo in palestra, dopo? Verso le cinque e mezzo?»
«Io devo andarci.»
In quel momento notano la porta di servizio che conduce alla piscina, quella che l’aggressore di Henri ha usato per entrare e uscire dalla villa meno di una settimana fa. È chiusa a chiave, ma sul vetro è stato appeso qualcosa dall’esterno. Lucy si avvicina, intuisce quel che è successo e spalanca la porta. Appeso al vetro, con una strisciolina di scotch, c’è un foglio.
«Cos’è?» domanda Rudy chiudendo il freezer e guardandola. «Cosa c’è?»
«Un altro occhio» risponde Lucy. «Un altro disegno, stavolta a matita. Lo stesso occhio che c’è sulla macchina e che secondo te ha fatto Henri. La quale adesso è a tremila chilometri da qui. Be’, almeno adesso non avrai più dubbi sul fatto che non è stata lei.» Chiude la porta e la riapre. «Questo bastardo vuole che io sappia che mi tiene d’occhio» dice rabbiosa. Esce a guardare meglio il disegno.
«Non lo toccare!» le grida Rudy.
«Non sono scema, cosa credi?»