Benton è nella camera della casa di Aspen che usa come studio, seduto alla scrivania davanti al portatile, in attesa che Lucy attivi la minicamera, nascosta in una penna biro e collegata a un’interfaccia cellulare che sembra un cercapersone, e il trasmettitore ambientale ultrasensibile occultato in una matita. A destra del computer, sulla sua scrivania, c’è una valigetta contenente un sistema di sorveglianza ambientale modulare. Ricevitori e registratore sono in stand-by.
A Charleston sono le dieci e ventotto minuti del mattino e ad Aspen due ore prima. Benton fissa lo schermo nero del portatile con le cuffie in testa e aspetta pazientemente. È già lì da un’ora. Lucy lo ha chiamato ieri da Charleston e gli ha detto di aver fissato un appuntamento con Paulsson. Il dottore era molto impegnato e lei ha dovuto spiegare alla segretaria che era urgente, che l’idoneità al volo le scadeva due giorni dopo e che doveva assolutamente fare la visita per poter continuare a lavorare. La segretaria le ha chiesto come mai aveva aspettato l’ultimo momento.
Lucy allora si è profusa in mille scuse, ha assunto un tono imbarazzato, ha detto che non ce l’ha proprio fatta, che negli ultimi tempi si era dovuta spostare continuamente per lavoro e non era riuscita a fissare l’appuntamento. Per buona misura, ha aggiunto che stava passando un brutto periodo dal punto di vista personale, aveva mille problemi e adesso rischiava anche di perdere il lavoro, se non fosse riuscita a rinnovare l’idoneità al volo. La donna l’ha messa in attesa e dopo un po’ le ha annunciato che il dottor Paulsson l’avrebbe vista la mattina dopo alle dieci. Era sicura di farcela, vero? Perché il dottor Paulsson le stava facendo un enorme favore e non sarebbe stato giusto non presentarsi all’ultimo momento, dopo che lui si era fatto in quattro per lei.
Finora, è andato tutto secondo i piani. Adesso Lucy è nello studio di Paulsson e Benton è seduto alla scrivania nella sua casa di Aspen a guardare il cielo, basso e coperto. Pensa che nevicherà prima di sera e forse continuerà a nevicare tutta la notte. Sospira: la neve lo ha stufato. Non ne può più di stare ad Aspen. Da quando Henri è entrata nella sua vita, è stanco di tutto.
Henri Walden è una persona disturbata, narcisista, ossessiva. Gli fa perdere un sacco di tempo. L’aiuto psicologico che lui sta cercando di darle non le serve a nulla. Benton proverebbe pena per Lucy, se non fosse troppo arrabbiato con lei per aver lasciato tanto spazio a una donna che voleva soltanto sedurla e usarla. Henri è riuscita nel suo scopo: forse non aveva previsto di essere aggredita a casa di Lucy, forse non si è andata a cercare tutto quello che le è successo, ma che ha sedotto e usato Lucy è indiscutibile. E adesso si prende anche gioco di lui, che ha sacrificato la sua vacanza con Kay per cercare di aiutarla. È indispettito, seccato: è un momento delicatissimo per la loro relazione e non avrebbe dovuto rinunciare alle ferie con lei. Non poteva permetterselo, sta rischiando che la loro storia finisca. Se Kay vorrà troncare con lui, non potrà darle torto. Gli si spezzerà il cuore, ma capirà le sue ragioni.
Prende un trasmettitore che sembra un walkie-talkie. «Ci sei?» chiede a Lucy.
Se lei non è ancora collegata, non sentirà la sua domanda attraverso il ricevitore senza fili che dovrebbe essersi nascosta nel canale uditivo. È un aggeggio minuscolo e praticamente invisibile, ma Lucy dovrà fare attenzione comunque, visto che Paulsson le controllerà anche le orecchie. Dovrà escogitare qualcosa per rimuoverlo al momento opportuno senza farsene accorgere. Benton l’ha avvertita che usare un ricevitore unidirezionale avrebbe avuto vantaggi e svantaggi: da una parte avrebbe consentito a lui di darle dei suggerimenti, di guidarla a distanza, dall’altra lei avrebbe corso il rischio di farsi scoprire nel corso della visita. Lucy non pensava di aver bisogno che lui la guidasse, ma Benton ha insistito.
«Lucy, ci sei? Mi senti?» ripete. «Io non ti sento e non ti vedo.»
Di punto in bianco sul video appaiono delle immagini. Benton sente il rumore dei passi di Lucy e vede dei gradini di legno che ondeggiano su e giù: sta salendo le scale e Benton la sente respirare.
«Ti ricevo forte e chiaro, adesso» dice, tenendosi il trasmettitore vicino alle labbra. Registratore e video sono passati dalla modalità stand-by alla modalità attiva.
Lucy bussa alla porta dello studio medico. Benton, seduto alla sua scrivania, vede la porta che si apre e un camice bianco da cui spunta il collo di un uomo, poi la faccia di Paulsson che saluta Lucy, si allontana e le dice di accomodarsi. Lei si muove e la telecamera occultata nella penna biro riprende lo studio medico, piccolo e abbastanza spoglio, con un lettino coperto di carta bianca.
«Questo è il modulo che ho sbagliato e questo quello nuovo» spiega Lucy porgendo a Paulsson due fogli. «Mi scusi. Spero di non aver causato troppo disturbo con la numerazione. Sono una gran pasticciona.» Ride nervosamente, mentre il medico legge i moduli con aria seria.
«Ti sento forte e chiaro» conferma Benton attraverso il trasmettitore.
Lucy passa la mano davanti alla penna biro, per segnalargli che anche lei riceve bene la sua voce.
«È laureata?» domanda Paulsson.
«No. Volevo iscrivermi all’università, ma poi…»
«Peccato» la interrompe lui senza sorridere. È un bell’uomo, con occhiali sottili, di metallo. È più alto di Lucy, anche se non di molto. Sul metro e ottanta, magro e atletico, per quel che vede Benton attraverso la telecamera nascosta nella penna biro che Lucy si è sistemata nel taschino della tuta da volo.
«Non serve la laurea, per pilotare gli elicotteri» dice incerta. Sta interpretando la parte della donna insicura, timida, che si lascia suggestionare facilmente.
«La mia segretaria mi ha accennato che sta passando un brutto periodo» dice Paulsson guardando i moduli.
«Sì, ho qualche problema.»
«Vuole parlarmene?» la incoraggia lui.
«Be’, sa, di tipo sentimentale» risponde Lucy nervosamente, un po’ imbarazzata. «Dovevamo sposarci, e invece… Voglio dire, il mio lavoro è stressante. Negli ultimi sei mesi, fra una cosa e l’altra sono stata via cinque.»
«E il suo ragazzo non ha retto a tutte queste assenze» dice Paulsson, posando i fogli sul tavolo, vicino al computer. Lucy fa in modo che Benton possa seguire ogni suo movimento.
«Ottimo» dice Benton. Controlla che la porta dello studio sia chiusa. Henri è uscita per fare due passi, ma lui si è chiuso a chiave lo stesso per evitare che irrompa all’improvviso. Henri è tutto fuorché riservata.
«Ci siamo lasciati» risponde Lucy. «Sto abbastanza bene, però… Insomma, fra lo stress e tutto il resto… Comunque non va male, tiro avanti.»
«È per questo che ha aspettato tanto prima di fare la visita?» domanda Paulsson, avvicinandosi a lei.
«Sì.»
«È stata un’imprudenza. Se non rinnova l’idoneità al volo, non può più pilotare l’elicottero. Poteva andare da un medico in qualsiasi parte degli Stati Uniti, avrebbe dovuto programmarsi per tempo. Se non avessi potuto riceverla io oggi, che cosa avrebbe fatto? Avevo la giornata libera, fortunatamente per lei, a parte un favore che dovevo fare a un amico. Le sono venuto incontro, signorina, lo tenga presente. Come avrebbe fatto, altrimenti? L’idoneità le scade domani, se la data che ha riportato sul modulo è corretta.»
«Sì, lo so, sono stata stupida. La ringrazio tantissimo, davvero. È stato molto gentile…»
«Be’, lasciamo stare. Però non perdiamo altro tempo in chiacchiere, perché ho da fare.» Prende uno sfigmomanometro e le chiede di tirarsi su la manica destra. Le sistema la fascia sul braccio e prende in mano la pompetta. «Che muscoli! Fa molta attività fisica?»
«Un po’» risponde Lucy con voce tremante, mentre lui le sfiora un seno con la mano. Benton se ne accorge a mille miglia di distanza, osservando la scena sul monitor del suo portatile ad Aspen. Resta impassibile, ma è disgustato quanto Lucy delle libertà che Paulsson si sta prendendo.
«Ti ha toccato» dice al trasmettitore, perché la sua voce venga registrata sul nastro. «Ha cominciato a farti delle avance.»
«Sì» risponde Lucy, apparentemente a Paulsson. Sposta la mano davanti alla telecamera per confermare a Benton che sta parlando con lui. «Sì, faccio parecchia attività fisica.»