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Nei boschi intorno ad Aspen le ombre sono lunghe e fa freddo. Gli alberi sono spogli ma fitti e Lucy e Henri camminano nella neve scostandosi i rami dalla faccia. Non ci sono orme di scarponi da nessuna parte, eccetto le loro.

«Perché stiamo facendo questa sfacchinata?» protesta Henri. «È un’idiozia!»

«Avevamo bisogno di prendere una boccata d’aria» risponde Lucy. Affonda nella neve fino alla coscia. «Wow! Guarda! È bellissimo!»

«Non saresti dovuta venire» dice Henri, fermandosi e guardando Lucy nella neve. «Ho superato il peggio, ma ne ho abbastanza. Torno a Los Angeles.»

«Fai come credi: è la tua vita.»

«Dici così, ma non lo pensi. Ti vedo già crescere il naso, Pinocchio!»

«Andiamo ancora un po’ avanti» le propone Lucy, riprendendo a camminare e scostando i rami perché non le arrivino in faccia. In realtà si meriterebbe un bel ramo sulla faccia, pensa. «Ho visto un tronco per terra, dal sentiero. Potremmo sederci un attimo lì.»

«Moriremo di freddo» replica Henri, rimettendosi a camminare. Il respiro le si condensa davanti alla bocca.

«Hai freddo adesso?»

«No, ho caldo.»

«Okay. Se ci viene freddo, torniamo a casa.»

Henri non risponde. È molto più debole, rispetto a prima dell’influenza e dell’aggressione. A Los Angeles, quando Lucy l’ha conosciuta, Henri era in forma fisica perfetta. Snella ma molto tonica, era in grado di fare più flessioni sulle braccia della maggior parte delle donne della sua età e correva il miglio in sette minuti. Adesso fa fatica a camminare. In meno di un mese, Henri ha perso l’allenamento e non solo: sembra non sapere più perché sta al mondo. Forse non lo sapeva neanche prima, riflette Lucy. Forse è solo animata dalla vanità, i cui fuochi ardono e si spengono molto rapidamente.

«Eccolo» esclama Lucy. «Vedi quel tronco enorme? Dietro dev’esserci un ruscello ghiacciato. Quello laggiù è il centro sportivo.» Lo indica con la racchetta da sci. «Sarebbe bello, se dopo ci andassimo a fare un bagno turco.»

«Ho il fiatone» ribatte Henri. «Da quando ho avuto l’influenza, respiro male.»

«Hai avuto la polmonite, te lo sei scordato?» dice Lucy. «Hai preso l’antibiotico per una settimana. Eri ancora in cura, quando è successo quel che è successo.»

«Quando è successo quel che è successo» ripete Henri. «Non riusciamo nemmeno più a chiamarlo per nome.» Si ferma, sudata e affaticata. «Mi bruciano i polmoni.»

«E qual è il suo nome?» Lucy raggiunge il tronco e comincia a togliere la neve per potersi sedere. «Come ti esprimeresti tu?»

«Sfuggire alla morte per un pelo.»

«Vieni, siediti.» Lucy posa la mano sul tronco, vicino a dove si è seduta lei. «Si sta benissimo.» Ha la faccia gelata. «Ti senti come se fossi sfuggita alla morte per un pelo?»

«Sì.» Henri resta in piedi, nervosa, e si guarda intorno. Le ombre si stanno allungando e dietro i rami si vedono le luci accese nelle case e nel centro sportivo. Dai camini si alzano sbuffi di fumo.

«Be’, hai subito un’aggressione» risponde Lucy, guardandola negli occhi e notando qualcosa che fino a quel momento le era sfuggito. «Ma, a parte il nome che vogliamo dare alla cosa, a me interessa capire come ti senti, che emozioni provi.»

«Meglio che lasciamo perdere» dice Henri, sedendosi sul tronco di malavoglia e mantenendo le distanze.

«Non te la sei cercata, Henri. Ti ha trovato lui» dice Lucy, guardando il bosco con le mani sulle ginocchia.

«Mi ha seguito. Succede spesso, agli attori. E io sono un’attrice.» Lo dice compiaciuta, quasi fosse contenta.

«Lo pensavo anch’io, fino a poco tempo fa» replica Lucy, prendendo una manciata di neve con il guanto. «Hai rilasciato un’intervista in cui hai dichiarato di lavorare per me. Senza dirmelo.»

«Che intervista?»

«Un’intervista all’“Hollywood Reporter” che cita il tuo nome.»

«Il mio nome viene citato spesso. È già successo che i giornali scrivessero cose che non ho mai detto» replica Henri, irritata.

«Non si tratta di questo, Henri. Quella di cui parlo è un’intervista. Credo che tu l’abbia rilasciata veramente. Il giornalista cita anche l’Ultimo Distretto. La sua esistenza non è segreta, d’accordo — sebbene neanche molto pubblicizzata — ma il fatto che io abbia trasferito la sede in Florida invece lo era. Volevo che non si sapesse per via del campo di addestramento. Invece la notizia è finita su un giornale e adesso si spargerà a macchia d’olio.»

«Non sei molto esperta in fatto di voci e pettegolezzi, vedo» rimarca Henri. Lucy non la guarda. «Se avessi lavorato nel mondo dello spettacolo, sapresti come funzionano queste cose.»

«So che effetti ha avuto stavolta. Edgar Allan Pogue ha scoperto che mia zia lavora per l’Ultimo Distretto, che l’Ultimo Distretto ha sede a Hollywood, e si è trasferito in Florida.» Si china a raccogliere un’altra manciata di neve. «E mi è venuto a cercare.»

«Non ce l’aveva con te» ribatte Henri fredda. A Lucy sembra più fredda della neve che tiene in mano.

«Sì, invece, ce l’aveva con me. Non è facile capire chi è alla guida di una Ferrari, se non si guarda da vicino. Rudy ha ragione, le Ferrari sono troppo facili da seguire. Pogue mi cercava, probabilmente ha chiesto in giro, ha scoperto il campo di addestramento e ha seguito la Ferrari fino a casa mia. Quella nera, probabilmente. Non so.» Si lascia cadere la neve dal guanto nero e ne raccoglie un’altra manciata, rifiutandosi di guardare Henri. «Che ha visto la Ferrari nera è indubbio, comunque, dal momento che me l’ha graffiata. L’ha vista quando l’hai presa tu. Senza permesso, vorrei precisare. Forse in quell’occasione ha scoperto anche dove abitavo. Ma non aveva niente contro di te. Cercava me.»

«Sei così egocentrica!» sbuffa Henri.

«Sai, Henri, abbiamo fatto molte ricerche sul tuo conto, prima di assumerti» le dice, lasciando cadere la neve dal guanto. «Penso che abbiamo letto tutti gli articoli in cui si parlava di te. E non erano molti, ti segnalo. Quindi vorrei che la smettessi di farti passare per una star, almeno con me. Non è che se uno ti segue diventi automaticamente famosa. È una sciocchezza.»

«Io torno indietro.» Henri si alza dal tronco e perde l’equilibrio, rischiando di cadere. «Sono stanca.»

«Voleva ucciderti per punirmi di una cosa che gli ho fatto molti anni fa» le spiega Lucy. «Se proprio vogliamo trovare una logica nelle azioni di uno psicopatico come quello. Il fatto è che io non me lo ricordo per niente. E probabilmente lui non si ricorda di te. A volte gli altri ci strumentalizzano.»

«Vorrei non averti mai incontrato. Mi hai rovinato la vita.»

A Lucy vengono le lacrime agli occhi. Rimane seduta sul tronco, paralizzata. Prende una manciata di neve e la lancia lontano.

«Preferisco gli uomini, comunque» sibila Henri, incamminandosi lungo la strada che hanno percorso per arrivare sin lì. «Non so perché mi sono lasciata convincere. Forse ero solo curiosa. E tu sai essere molto affascinante, all’inizio. Nel mio ambiente siamo tutti piuttosto avventurosi, ci piace sperimentare. Comunque, non ha importanza. Non più.»

«Come mai avevi quei lividi?» le chiede Lucy. Henri cammina nella neve piantando le racchette da sci, con il respiro pesante. «So che te lo ricordi. Te lo ricordi benissimo.»

«I lividi che hai fotografato, poliziotta?» ribatte Henri ansimando.

«So che te lo ricordi.» Lucy le guarda la schiena con gli occhi pieni di lacrime, ma mantiene la voce ferma.

«Si è seduto sopra di me.» Henri pianta i bastoncini nella neve. «Un pazzo con i capelli lunghi. All’inizio l’ho preso per una donna: ho creduto che fosse la signora che pulisce la piscina. L’avevo visto nel giardino qualche giorno prima, quando ero a letto malata, e l’avevo preso per una cicciona con i capelli lunghi. Siccome era vicino alla piscina, pensavo fosse quella che te la viene a pulire.»

«Puliva la piscina?»

«No, però era lì sul bordo. Ho creduto che fosse una sostituta. Ma il bello è questo.» Si volta verso Lucy. Ha una faccia strana, diversa. «Quell’ubriacona della tua vicina gli ha scattato delle foto. Come fa sempre, quando vede qualcuno nel tuo giardino.»

«Grazie di avermelo detto» mormora Lucy. «Sono certa che a Benton non l’hai nemmeno accennato. Cercava di aiutarti, sai? Potevi anche avvertirci che esistevano delle foto.»

«Non ricordo altro. Si è seduto sopra di me. Non ve lo volevo dire.» Ha il fiatone. Si ferma, si volta e le rivolge uno sguardo pieno di odio. «Mi vergognavo, sai com’è.» Fa un respiro profondo. «Che un uomo brutto e grasso mi avesse trovata a letto e non avesse cercato di farmi niente. Mi si fosse seduto sopra e basta.» Si gira di nuovo dall’altra parte e riprende il cammino.

«Grazie dell’informazione, Henri. Sei proprio una grande investigatrice.»

«Non più. Me ne vado. Torno a Los Angeles.»

Lucy resta sul tronco e si guarda le mani coperte dai guanti neri. «No, non te ne vai: ti licenzio.»

Ma Henri non la sente.

«Sei licenziata» ripete Lucy dal tronco.

Henri continua per la sua strada, un passo dopo l’altro, piantando le racchette nella neve.

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