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Lucy non dorme più nella suite al secondo piano, ma in una delle camere più piccole al primo, con la porta chiusa a chiave. Si racconta che è per motivi professionali che non dorme più nel letto in cui Henri è stata aggredita, un letto molto grande con una testiera dipinta a mano, al centro di una stanza gigantesca con vista sull’oceano. Potrebbero esserci ancora degli indizi, sostiene: benché lei e Rudy siano stati molto puntigliosi nelle ricerche, potrebbero comunque essersene lasciati sfuggire qualcuno.

Rudy ha preso la Modena, con la scusa di fare benzina. In realtà Lucy sospetta che il suo piano sia un altro, che voglia farci un giro per vedere se qualcuno lo segue. Probabilmente spera di attirare l’attenzione della bestia, dell’uomo che ha disegnato l’occhio. Anzi, gli occhi. Dev’essere lì, appostato da qualche parte a guardare, a tenere sotto controllo la villa. Magari non si è reso conto che Henri non c’è più, ma continua a sorvegliare la casa e le Ferrari. Potrebbe essere lì a spiare anche in questo momento.

Lucy si avvicina al letto sfatto, con le costose lenzuola di seta che pendono sulla moquette color ruggine e i cuscini in un angolo, nel punto esatto in cui erano quando ha trovato Henri priva di sensi, dopo aver salito le scale di corsa. Lì per lì ha creduto che fosse morta. Non sapeva cosa pensare. Tuttora non sa cosa pensare, ma in quel momento si è presa uno spavento tale che ha chiamato il 911. E ha scatenato un putiferio. A quel punto, infatti, è stata costretta a fare i conti con la polizia, che invece avrebbe fatto meglio a tenere lontana, visto che gran parte delle attività che svolge l’Ultimo Distretto non sono propriamente legali, perché il fine a volte giustifica i mezzi.

Rudy è ancora arrabbiato con lei perché ha chiamato la polizia. La accusa di essersi lasciata prendere dal panico. È vero, non avrebbe dovuto chiamare il pronto intervento. È stato un errore. Avrebbero potuto — dovuto - gestire la situazione loro due. Henri non è una persona qualunque, è una donna che lavora per l’Ultimo Distretto. Anche se l’ha trovata nuda e priva di sensi, Lucy non avrebbe dovuto chiamare la polizia. Aveva accertato che non era morta, no? E neanche in pericolo di vita, visto che respirava e aveva le pulsazioni abbastanza regolari. Non perdeva nemmeno troppo sangue. Un po’ dal naso, okay, ma niente di particolarmente grave. Benton glielo ha detto chiaramente, quando lei ha accompagnato Henri ad Aspen con il suo jet privato: Henri è stata aggredita e forse ha anche perso i sensi, ma solo brevemente. Dopo, ha fatto finta.

“Non ci credo” gli ha risposto Lucy. “Non rispondeva a nessuno stimolo.”

“È un’attrice” le ha ricordato Benton.

“Non più.”

“Lucy, faceva l’attrice di professione, prima di entrare nella polizia. Forse ha continuato a recitare anche dopo. Forse non è capace di fare altro che recitare.”

“Ma perché avrebbe dovuto fingere? L’ho toccata, le ho parlato, ho cercato di svegliarla… Perché avrebbe dovuto far finta di essere incosciente? Perché?”

“Per vergogna, per rabbia. Chi lo sa?” le ha risposto lui. “Forse non ricorda con precisione che cosa le è successo, lo ha rimosso, ma ha delle emozioni al riguardo. Può darsi che si vergogni della propria imprudenza. Oppure che ti voglia punire.”

“E di che cosa? Non le ho fatto niente! Ma cosa dici? È viva per miracolo e pensa: ‘Già che ci sono, punisco Lucy’?”

“La gente fa cose strane.”

“No, non ci credo” ha ribadito Lucy. Più insisteva, meno Benton le credeva, probabilmente.

Si avvicina alla vetrata, composta da otto alte finestre. Le tapparelle sono abbassate e Lucy preme il pulsante per alzarle e guarda fuori. Vuole vedere se le salta all’occhio qualcosa di strano. È una bella giornata. Lei e Rudy sono partiti da Miami stamattina presto. Lucy non entrava in casa da tre giorni. La bestia ha avuto tutto il tempo di spiare e di introdursi abusivamente nel giardino; è tornata a cercare Henri ed è entrata nella sua proprietà per appendere il disegno dell’occhio alla porta di servizio. Vuole ricordare a Henri che è ancora lì in agguato. Nessuno l’ha vista, nessuno ha chiamato la polizia. Lucy pensa che il suo è un quartiere di menefreghisti, di persone che non battono ciglio se i vicini hanno i ladri in casa o rischiano di finire ammazzati: l’importante è che nessuno rompa loro le scatole.

Lucy guarda il faro dall’altra parte della baia e medita se andare a parlare con la sua vicina. Non conosce nemmeno il suo nome, ma sa che è una donna curiosa, che non esce mai di casa e fotografa il suo giardiniere dalla finestra, probabilmente per farle causa nel caso Lucy decidesse di piantare un albero che le rovina la vista o fare altri cambiamenti a lei sgraditi. Se Lucy avesse avuto il permesso di sistemare un po’ di filo spinato sopra ai muri di cinta, la bestia non sarebbe entrata tanto facilmente nella sua proprietà e forse non sarebbe riuscita ad arrivare nella camera del secondo piano in cui Henri era a letto con l’influenza. Invece la sua vicina aveva fatto un sacco di storie e le aveva impedito di ottenere l’autorizzazione. E così Henri ha rischiato di morire e la persona che le ha graffiato la Ferrari è riuscita ad attaccarle il disegno con l’occhio sulla porta di servizio.

Lucy guarda dalla finestra la piscina, il mare azzurro e calmo nella Intracoastal Waterway e più increspato e verdastro al largo, oltre la baia. La bestia potrebbe essere arrivata in barca, aver ormeggiato davanti alla villa ed essere salita dall’apposita scaletta. Sarebbe arrivata proprio nel patio, davanti alla porta di servizio. Lucy non crede che sia venuta lì via mare, però. Probabilmente la bestia non sa neppure portare una barca. Non sa perché, ma ne è sicura. Si volta e va verso il letto. Nel cassetto del comodino di sinistra c’è la Colt .357 Magnum di Henri, un’arma bellissima, in acciaio inossidabile, che le ha regalato lei. Henri sa sparare e non è una vigliacca. Lucy è convinta che, se Henri avesse sentito entrare in casa la bestia, le avrebbe sparato, influenza o non influenza.

Abbassa di nuovo le tapparelle, spegne la luce ed esce. Fuori dalla camera ci sono una piccola palestra, due cabine armadio e un enorme bagno color occhio di tigre con vasca per idromassaggio. Non c’è ragione di sospettare che l’aggressore di Henri sia entrato nella palestra, negli armadi o nel bagno, ma Lucy va a controllare per l’ennesima volta, facendo attenzione a quello che sente. E, come sempre, non sente nulla nella palestra e negli armadi, ma in bagno ha una sensazione che la turba. Osserva la vasca e le finestre che danno sull’oceano e sul cielo della Florida. Cerca di immedesimarsi nella bestia. Non sa perché, ma l’istinto le dice che anche la bestia ha guardato quella lussuosissima vasca da bagno.

Le viene in mente una cosa e fa qualche passo indietro. E se la bestia, arrivata in cima alle scale, avesse girato a sinistra invece che a destra e si fosse ritrovata nel bagno anziché in camera da letto? La mattina dell’aggressione c’era il sole e dalle finestre entrava sicuramente un sacco di luce. Se la bestia ha aperto la porta del bagno, anche per sbaglio, avrà certamente visto la vasca e forse si sarà soffermata a osservarla un momento, prima di voltarsi silenziosamente verso la stanza da letto, dove Henri riposava, sudata, con la febbre alta, le tapparelle abbassate per non far entrare la luce.

“Dunque sei entrato nel mio bagno” pensa Lucy. “Ti sei piazzato qui, sul pavimento di marmo, a guardare la mia vasca. Non avevi mai visto una vasca così, eh? Hai fantasticato di vederci una donna nuda immersa nell’acqua, prima di andare di là e aggredire Henri? Non è molto originale, sai, come fantasia.”

Esce dal bagno e scende al primo piano, dove in questo periodo lavora e dorme.

Oltre l’angolo con televisore, videoregistratore, DVD e stereo c’è una grande stanza che Lucy ha adibito a biblioteca, con alte librerie a muro e finestre coperte da tende scure per potervi sviluppare fotografie anche nelle giornate più limpide. Accende la luce e osserva le centinaia di libri e classificatori e il lungo tavolo con le attrezzature da laboratorio. Appoggiata a un muro c’è una scrivania con un Crimescope, un apparecchio che serve per ingrandire le impronte digitali. Assomiglia a un tozzo telescopio montato su un cavalletto. Accanto c’è la busta di plastica sigillata in cui Lucy ha riposto il disegno dell’occhio.

Prende un paio di guanti da una scatola sul tavolo. Il posto migliore per trovare impronte probabilmente è lo scotch con cui il disegno è stato attaccato al vetro, ma decide di esaminarlo più tardi perché per farlo dovrà utilizzare sostanze chimiche che altereranno sia la carta che il nastro adesivo. Ha cosparso di spray la porta di servizio e le finestre vicine, ma non ha trovato neppure un’impronta digitale utile. Se anche ne avesse rilevata una, con ogni probabilità sarebbe stata del giardiniere, di Rudy o sua. O dell’ultima persona che ha lavato i vetri. Perciò non si è scoraggiata: in fondo le impronte digitali esterne non sono molto significative. Trovarne sul foglio da disegno, invece, sarebbe importante. Con i guanti, apre una custodia imbottita e prende la lampada Puissant SKSUV30, che trasporta fino al tavolo e collega a una ciabatta. Preme l’interruttore e accende la luce ultravioletta a onde corte e alta intensità. Poi aziona il Crimescope.

Apre la busta di plastica, estrae il foglio bianco con due dita e lo volta. L’occhio disegnato a matita la fissa. Lucy osserva il foglio alla luce e vede che non c’è filigrana, ma solo fitta fibra di legno. Lo abbassa e lo posa al centro della scrivania. La bestia glielo ha attaccato alla porta di servizio in maniera che l’occhio fosse rivolto verso l’interno, come se spiasse attraverso il vetro. Lucy si mette un paio di occhiali protettivi arancioni e centra il disegno sotto la lente del microscopio. Guarda dall’oculare all’apertura massima e regola la messa a fuoco. Quando lo schermo a reticolo diventa visibile, vi dirige la luce ultravioletta alla giusta angolazione e comincia a muovere il foglio alla ricerca di impronte, sperando di trovarne senza dover ricorrere a sostanze chimiche distruttive, come ninidrina o cianoacrilato. Alla luce ultravioletta, la carta assume una spettrale colorazione bianco verdastra.

Con la punta delle dita, Lucy sposta il foglio fino a portare nel campo visivo il pezzetto di scotch. “Niente” pensa. “Neppure una sbavatura.” Può provare con fucsina o violetto di genziana, ma non adesso. Se mai, più tardi. Si siede alla scrivania e osserva il disegno. Un occhio, nient’altro. Tracciato a matita, con iride, pupilla e lunghe ciglia. Un occhio di donna, probabilmente, disegnato con quella che sembra essere una matita HB. Lucy collega una fotocamera all’accoppiatore e scatta diverse fotografie ad alcuni ingrandimenti del disegno, che poi fotocopia.

Sente aprirsi la porta del garage e spegne lampada e microscopio. Poi rimette il disegno nella busta di plastica. Guarda il monitor sulla scrivania e vede Rudy che fa retromarcia nel garage. Pensa a che cosa conviene fare. Chiude la porta della biblioteca e scende le scale di corsa. Se Rudy la abbandonasse a se stessa, che cosa ne sarebbe di lei e del suo impero segreto? Accuserebbe il colpo, starebbe male, ma poi supererebbe la crisi, si dice. Apre la porta della cucina e lo vede con le chiavi della Ferrari fra due dita, come se fossero la coda di un topo morto.

«Ci conviene avvertire la polizia» gli dice, prendendo le chiavi. «Teoricamente, questa è un’emergenza.»

«Immagino che tu non abbia trovato impronte, né alcunché di significativo» dice Rudy.

«Non al microscopio. Se la polizia non mi porta via il disegno, proverò con la ninidrina. Speriamo che me lo lascino. Ne ho bisogno. Tu hai visto nessuno?» Si avvicina al telefono e prende in mano la cornetta. «A parte le belle ragazze che cercavano di entrarti in macchina dai finestrini?» Digita 9-1-1 sulla tastiera.

«Nessuna impronta» dice Rudy. «Be’, mai dire mai. Tracce di scrittura sul foglio?»

Lucy scuote la testa e dice al telefono: «Vorrei denunciare una violazione di proprietà privata».

«Il responsabile è ancora nella sua proprietà, signora?» le chiede l’operatrice con voce calma, professionale.

«Non mi pare» risponde Lucy. «Ma penso si tratti della stessa persona che si è già introdotta in casa mia e su cui state già svolgendo delle indagini.»

L’operatrice le chiede il suo nome, perché il numero chiamante corrisponde a una delle tante società a responsabilità limitata a cui Lucy intesta le sue proprietà. Non si ricorda nemmeno più quale.

«Tina Franks» risponde Lucy, usando il nome falso che ha dato alla polizia la mattina dell’aggressione, quando si è lasciata prendere dal panico e ha chiamato il 911. Le dà il suo indirizzo. O, meglio, l’indirizzo di Tina Franks.

«Le mando un’unità al più presto» risponde l’operatrice.

«Grazie mille. Senta, potrebbe passarmi per caso John Dalessio della CSI?» chiede Lucy, disinvolta e senza timori. «Perché l’ultima volta avevo parlato con lui.» Prende due mele dalla fruttiera.

Rudy alza gli occhi al cielo e Lucy sorride. Lucida una delle due mele sui jeans e gliela lancia. Poi morde l’altra tranquilla, come se stesse parlando con la lavanderia, invece che con il pronto intervento.

«Sa dirmi anche il nome dell’ispettore che ha risposto alla sua precedente chiamata?» chiede l’operatrice. «Di norma non contattiamo la CSI, ma l’ispettore responsabile delle indagini.»

«Mi spiace, ricordo solo Dalessio» risponde Lucy. «Non mi pare che a casa mia sia venuto nessun ispettore. Forse è andato all’ospedale a parlare con la donna che era mia ospite.»

«Oggi Dalessio non c’è, signora Franks, ma se desidera gli posso lasciare un messaggio» dice l’operatrice con voce un po’ incerta. È normale che sia incerta, dal momento che non ha mai visto o conosciuto nessun Dalessio della CSI. Per Lucy, CSI non sta per Crime Scene Investigator, ma per Cyber Space Investigator, e John Dalessio è un investigatore virtuale che esiste solo nel database del Dipartimento di polizia di Broward County, in cui lei è riuscita a infiltrarsi.

«Non importa. Mi ha lasciato il suo biglietto da visita, lo chiamo io. Grazie comunque» dice Lucy, e chiude la comunicazione.

Lei e Rudy rimangono in cucina a mangiare la mela e si guardano.

«Se ci penso, mi scappa da ridere» dice lei a un certo punto, sperando che anche Rudy veda il lato comico della faccenda. «Chiamiamo la polizia per pura formalità. Peggio, per divertirci.»

Rudy alza le spalle e si pulisce la bocca con il dorso della mano. «Coinvolgere la polizia locale non fa mai male. Non bisogna esagerare, naturalmente, ma a piccole dosi potrebbe esserci utile.» Evidentemente la cosa diverte anche lui. «Hai chiesto di parlare con Dalessio, che effettivamente risulta nel loro organigramma, ma che nessuno ha mai visto né conosciuto. Si chiederanno chi diavolo è e perché non c’è mai. L’avranno licenziato o se ne sarà andato di sua spontanea volontà? C’è qualcuno che l’ha mai visto in faccia? Diventerà una leggenda, te lo dico io. Non si parlerà d’altro.»

«Già. John Dalessio e Tina Franks» continua Lucy, masticando la mela.

«Il problema è che faresti più fatica a dimostrare di essere Lucy Farinelli che Tina Franks o una qualsiasi altra delle tue identità fittizie. Anche per me è la stessa cosa: ho certificati di nascita, atti e documenti per tutti i nomi falsi che uso, ma non so più dove ho messo il mio certificato di nascita vero.»

«Io non so più chi sono» rincara Lucy, porgendogli un tovagliolino di carta.

«Neanch’io» risponde lui, addentando di nuovo la mela.

«Non so neppure chi sei tu. Allora, quando arriva la polizia vai tu ad aprire e dici di mandare Dalessio a ritirare il disegno.»

«Certamente» risponde Rudy con un sorriso. «L’ultima volta, ha funzionato a meraviglia.»

Lucy e Rudy hanno una valigetta con tutta l’attrezzatura necessaria per la rilevazione di indizi sempre a portata di mano, ed è straordinario cosa non riescono a fare con anfibi neri, polo nera, calzoni larghi neri e giacca a vento con la scritta FORENSICS in giallo sulla schiena, macchina fotografica e tutte le apparecchiature del caso. L’importante è muoversi nel modo giusto e non mostrare il minimo imbarazzo. Di solito il piano più semplice è quello che funziona meglio. Quando Lucy ha trovato Henri e, in preda al panico, ha chiamato il 911 e l’ambulanza, subito dopo ha telefonato a Rudy, il quale si è cambiato e si è presentato a casa sua spacciandosi per uno della CSI. Si è presentato agli agenti del pronto intervento, che erano lì da pochi minuti, e ha detto loro che avrebbe ispezionato lui la casa, grazie e arrivederci. Gli agenti sono stati ben contenti di lasciare a lui il lavoro.

Lucy, alias Tina Franks, aveva già propinato loro una serie di menzogne. Henri, anche lei con un nome falso, era un’amica che abitava in un’altra città ed era sua ospite per qualche giorno. Mentre Lucy era sotto la doccia la sua amica, che era ancora a letto a cercare di smaltire la sbornia della sera prima, aveva sentito entrare in casa qualcuno ed era svenuta. Siccome era sotto shock e non si poteva escludere che il ladro l’avesse aggredita, lei aveva chiamato un’ambulanza. Non aveva visto nessuno e le sembrava che in casa non mancasse niente. Le pareva impossibile che la sua amica fosse stata violentata, ma era meglio che la visitasse un medico, no? Cioè, in questi casi è meglio chiamare la polizia, giusto? In televisione fanno così…

«Mi chiedo quanto impiegheranno a scoprire che questo fantomatico Dalessio della CSI è intervenuto solo a casa tua, in tutta la sua carriera» dice Rudy divertito. «Fortuna che la contea di Broward è enorme e c’è un gran viavai, perché altrimenti…»

Lucy guarda l’ora: la volante dovrebbe arrivare da un momento all’altro. «Be’, l’importante è che Dalessio torni. Non vorrei che si offendesse, se qualcun altro prendesse il suo posto.»

Rudy ride. È di umore migliore. Di solito, appena riprende a lavorare gli passa il nervoso. «Okay. Tra poco saranno qui. Ti conviene andare. Mi rifiuterò di consegnargli il disegno, gli darò il numero di Dalessio e spiegherò che preferirei parlare con lui, visto che lo conosco già per la storia della presunta aggressione. Un agente lo chiamerà, troverà la segreteria telefonica, lascerà un messaggio e dopo un po’ verrà richiamato dal mitico Dalessio che gli dirà di stare tranquillo, che ci pensa lui.»

«Non lasciarli entrare nel mio studio.»

«La porta è chiusa a chiave, giusto?»

«Sì» risponde lei. «Se hai il minimo timore che sospettino qualcosa, chiamami. Così torno e gli parlo io.»

«Dove te ne vai?» domanda Rudy.

«A fare conoscenza con la mia vicina» risponde Lucy.

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