Tolland, insieme a Corky e a Rachel, si aggirava nervoso per l'idrolaboratorio in attesa del ritorno di Xavia. La storia dei condri era sconfortante quanto la notizia del mancato contatto di Rachel con Pickering.
"Il direttore non ha risposto… E qualcuno ha cercato di catturare elettronicamente la posizione della Goya."
«Rilassatevi» disse Tolland agli altri. «Siamo al sicuro. Il pilota della guardia costiera controlla il radar e ci avvertirà immediatamente se qualcuno si dirige da questa parte.»
Rachel annuì, ma sentiva i nervi a fior di pelle.
«Mike, che diavolo è questo?» Corky stava indicando sul monitor di un computer Sparc una minacciosa immagine psichedelica che pulsava e ondeggiava come se fosse viva.
«Un correntometro acustico a effetto Doppler» rispose Tolland. «Questa è una sezione trasversale delle correnti e dei gradienti termici del mare sotto la nave.»
Rachel lo fissò con attenzione. «È lì sopra che siamo ancorati?»
Tolland doveva ammettere che l'immagine incuteva paura. In superficie, l'acqua turbinante appariva verdeazzurra, però a mano a mano che si scendeva, con l'aumentare della temperatura, il colore cambiava gradualmente fino a diventare un minaccioso rosso arancio. Vicino al fondo, infuriava un vortice ciclonico rosso sangue.
«Quello è il megapennacchio» spiegò Tolland.
«Pare un tornado sottomarino» bofonchiò Corky.
«Il principio è il medesimo. Gli oceani sono in genere più freddi e più densi vicino al fondo, ma qui la dinamica è l'opposto. L'acqua profonda è più calda e leggera, e quindi sale verso la superficie. Contemporaneamente, l'acqua in superficie è più pesante, quindi scende in un'ampia spirale per colmare il vuoto. Queste correnti di deflusso sono frequenti nei mari. Enormi gorghi.»
«Cos'è la grossa protuberanza?» Corky indicò la piatta distesa del fondale oceanico su cui si ergeva una montagnola a forma di cupola, proprio alla base del vortice.
«È la cupola di lava. Il punto in cui la lava preme sotto il fondale oceanico.»
Corky annuì. «Come un enorme foruncolo.»
«Per così dire.»
«E se esplode?»
Tolland aggrottò la fronte nel ricordare il famoso megapennacchio del 1986 al largo della dorsale di Juan de Fuca, nell'oceano Pacifico, quando migliaia di tonnellate di magma a una temperatura di milleduecento gradi centigradi si erano riversate in mare accrescendo quasi istantaneamente l'intensità del pennacchio. Le correnti superficiali si erano intensificate quando il vortice si era espanso rapidamente verso l'alto. Ciò che era accaduto dopo Tolland preferiva risparmiarlo a Rachel e Corky, quella sera.
«Le cupole di lava atlantiche non esplodono» affermò. «L'acqua fredda che circola sopra il tumulo non fa che raffreddare e consolidare la crosta superficiale, mantenendo il magma sotto uno spesso strato di roccia. La lava sottostante finisce per raffreddarsi e la spirale si dissolve. I megapennacchi non sono pericolosi, in genere.»
Corky indicò una rivista stropicciata accanto al computer. «Dunque sostieni che "Scientific American" pubblica fantascienza?»
Tolland fece una smorfia nel vedere la copertina. Evidentemente qualcuno aveva tirato fuori dall'archivio dei giornali scientifici della Goya quel numero del febbraio 1999. In copertina, il disegno di fantasia di una superpetroliera travolta da un gigantesco vortice. Il titolo recitava: I MEGAPENNACCHI, GIGANTESCHI ASSASSINI DEGLI ABISSI?
Tolland lo liquidò con una risata. «Assolutamente irrilevante. L'articolo parla di megapennacchi in zone sismiche. Alcuni anni fa andava per la maggiore l'ipotesi del Triangolo delle Bermuda per spiegare la sparizione di alcune navi. Tecnicamente parlando, se sul fondo dell'oceano si verifica un evento geologico cataclismatico, del tutto sconosciuto in questa zona, la cupola si spacca e il vortice può crescere abbastanza da… be', avete capito…»
«No, non abbiamo capito» dichiarò Corky.
Tolland si strinse nelle spalle. «… Affiorare in superficie.»
«Splendido. Sono felice che tu ci abbia portato qui.»
Entrò Xavia con alcuni fogli. «State ammirando il megapennacchio?»
«Sì, certo» rispose Corky con ironia. «Mike ci ha appena raccontato che se quella piccola montagnola si spacca, finiamo tutti dentro un gigantesco scarico.»
«Scarico?» Xavia rise con freddezza. «Più che altro sarebbe come finire nello sciacquone del più grande gabinetto del mondo.»
Sul ponte della Goya, il pilota della guardia costiera teneva sotto controllo lo schermo del radar. Come membro di una squadra di salvataggio aveva visto spesso la paura negli occhi della gente, e Rachel Sexton gli era parsa decisamente terrorizzata quando gli aveva chiesto di controllare che non arrivassero visite inattese.
"Che genere di visite teme?" si chiese.
Da quel che poteva vedere, mare e cielo apparivano assolutamente sgombri in tutte le direzioni in un raggio di quindici chilometri, a parte un peschereccio a circa dieci chilometri e, di tanto in tanto, un aereo che rasentava il campo del radar e poi spariva verso una destinazione sconosciuta.
Con un sospiro, si volse a guardare l'oceano che turbinava veloce intorno all'imbarcazione. La sensazione era sinistra, quella di una nave che avanzava a tutta velocità malgrado fosse ancorata.
Tornò con gli occhi sul radar, attento.