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Sola davanti alla finestra del suo ufficio, Gabrielle Ashe si chiedeva che fare. Meno di un'ora prima era uscita dalla NASA entusiasta all'idea di rivelare al senatore la menzogna di Chris Harper sul PODS.

Ma non era più tanto sicura che fosse la mossa giusta.

Secondo Yolanda, due giornalisti indipendenti dell'ABC sospettavano che Sexton ricevesse soldi sottobanco dalla SFF; inoltre, Gabrielle aveva appena appreso che il senatore sapeva che lei era stata a casa sua durante l'incontro con la SEF, eppure non gliene aveva parlato.

Sospirò. Il taxi se ne'era andato da un pezzo e presto ne avrebbe chiamato un altro, ma prima doveva fare una cosa.

"Sono proprio decisa?"

Aggrottò la fronte, consapevole di non avere scelta. Non sapeva più di chi fidarsi.

Uscì dall'ufficio, tornò verso la segreteria e attraversò l'ampio salone sul lato opposto. In fondo vedeva le massicce porte di quercia dell'ufficio di Sexton, fiancheggiate da due bandiere: a destra la "Old Glory" a stelle e strisce, a sinistra quella del Delaware. Come in quasi tutti gli uffici del palazzo del Senato, le porte erano blindate e chiuse da chiavi normali e chiavi elettroniche e, inoltre, protette da un sistema di allarme.

Se fosse riuscita a entrare, anche per pochi minuti, avrebbe trovato tutte le risposte che cercava. Si avvicinò alle porte massicce senza illudersi di varcarle. Aveva altri progetti.

A tre metri dall'ufficio di Sexton, svoltò a destra per entrare nella toilette delle signore. I neon si accesero automaticamente, illuminando con un freddo riflesso le piastrelle bianche. Mentre gli occhi si adattavano, Gabrielle si fermò a guardarsi allo specchio. Come al solito, i suoi tratti le conferivano un aspetto più morbido di quanto sperasse, quasi delicato. Si sentiva sempre più forte di quanto non appariva.

"Sei sicura di volerlo fare?"

Sapeva che Sexton l'aspettava con ansia per essere esaurientemente aggiornato sulla situazione del PODS. Purtroppo, comprendeva anche che lui l'aveva abilmente strumentalizzata quella sera, e lei detestava sentirsi manovrare. Le aveva nascosto alcune cose, ma il problema era sapere quanto le avesse taciuto. Le risposte si trovavano nell'ufficio del senatore, appena oltre la parete del bagno.

«Cinque minuti» disse ad alta voce, per rinsaldare la propria determinazione.

Si diresse allo sgabuzzino delle scorte, alzò libraccio e passò la mano sulla cornice della porta. Una chiave cadde rumorosamente a terra. Il personale delle pulizie del palazzo Philip A. Hart era costituito da dipendenti statali che parevano evaporare ogni volta che c'era uno sciopero di qualunque genere, lasciando quel bagno senza carta igienica e assorbenti a volte per intere settimane. Le donne dell'ufficio di Sexton, stufe di accorgersene quando avevano già le mutande abbassate, avevano preso l'iniziativa di procurarsi la chiave per le "emergenze".

"Come quella di stasera, per esempio."

Aprì lo sgabuzzino.

Era pieno di scope, spazzoloni, e scaffali stipati di carta igienica. Il mese precedente, Gabrielle cercava delle salviette quando aveva fatto un'inaspettata scoperta. Non riuscendo ad arrivare allo scaffale più alto, aveva usato il manico di una scopa per far cadere un rotolo, ma inavvertitamente aveva urtato un pannello del soffitto. Quando si era arrampicata per risistemarlo, si era stupita nell'udire la voce del senatore Sexton.

Chiarissima.

A giudicare dall'eco, aveva capito che il senatore stava parlando da solo chiuso nel bagno privato dell'ufficio, che evidentemente era separato dallo sgabuzzino delle scorte soltanto da pannelli mobili di cartongesso.

A quel punto, tornata nel ripostiglio per questioni ben più importanti della carta igienica, scalciò via le scarpe, si arrampicò sullo scaffale, spostò il pannello del soffitto e si sollevò sulle braccia. "Alla faccia della sicurezza nazionale" pensò, chiedendosi quante leggi statali e federali stesse per infrangere.

Calandosi dal soffitto del bagno di Sexton, appoggiò il piede sul freddo lavandino di ceramica e poi a terra. Trattenendo il fiato, entrò nell'ufficio privato del senatore.

I tappeti orientali erano morbidi e caldi.

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