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Il cavernoso salone principale dell'habisfera della NASA sarebbe apparso strano in qualsiasi luogo della terra, ma sulla banchisa artica appariva decisamente inconcepibile.

Alzando lo sguardo verso la futuristica cupola formata da bianchi pannelli triangolari collegati fra loro, Rachel ebbe la sensazione di essere entrata in un gigantesco sanatorio. Le pareti erano lievemente inclinate sul pavimento di ghiaccio compatto e lungo il perimetro, a guisa di sentinelle, una serie di lampade alogene a stelo, rivolte verso l'alto, conferivano all'ambiente una diffusa luminosità.

Per terra si snodava una passatoia di gomma nera che costituiva una sorta di passerella tra il labirinto di postazioni di lavoro. Tra le apparecchiature elettroniche, trenta o quaranta dipendenti della NASA vestiti di bianco parlavano tutti insieme, accalorati, entusiasti. Rachel avvertì immediatamente quell'atmosfera elettrica.

Era l'eccitazione di una nuova scoperta.

Mentre percorreva insieme al direttore il perimetro della cupola, notò gli sguardi sorpresi e disgustati di chi la riconosceva. I mormorii erano chiaramente intelligibili, riverberati dalle pareti.

«Ma quella non è la figlia del senatore Sexton?»

«Che diavolo ci fa qui?»

«Pazzesco che il direttore le rivolga la parola!»

Rachel quasi si aspettava di vedere bamboline vudù di suo padre appese ovunque. L'animosità nei suoi confronti, peraltro, non era la sola emozione percepibile nell'aria. Sentiva anche un palese compiacimento, come se quelle persone sapessero chi avrebbe riso per ultimo.

Il direttore la guidò verso una serie di tavoli dove un uomo sedeva solo davanti a un computer. Indossava un maglione nero a collo alto, calzoni di velluto a coste larghe e stivali da barca, anziché la tuta del personale della NASA. Era di schiena rispetto a loro.

Il direttore le chiese di aspettarlo mentre andava a parlare con lo sconosciuto. Dopo un attimo, l'uomo dal maglione nero gli rivolse un cenno d'assenso e avviò la procedura di spegnimento del computer. Il direttore tornò da Rachel.

«A questo punto, sarà il signor Tolland a prendere il mio posto» le disse. «Anche lui è stato scelto personalmente dal presidente, quindi dovreste andare d'accordo. Vi raggiungo più tardi.»

«Grazie.»

«Immagino che sappia chi è Michael Tolland.»

Rachel si strinse nelle spalle, ancora frastornata in quell'ambiente incredibile. «Il nome non mi dice nulla.»

L'uomo dal maglione nero arrivò sorridendo. «Non le dice nulla?» Aveva una voce decisa e cordiale. «La notizia migliore della giornata. A quanto pare non mi riesce più di fare colpo a prima vista.»

Quando alzò lo sguardo sul nuovo venuto, Rachel si sentì raggelare. Riconobbe al volo il bel viso di quell'uomo. Tutti in America sapevano chi era. «Oh» disse arrossendo «lei è quel Michael Tolland.»

Quando il presidente le aveva raccontato di avere reclutato alcuni dei più importanti scienziati civili, Rachel aveva immaginato un gruppo di avvizzite teste d'uovo con le proprie iniziali sul calcolatore. Michael Tolland era l'esatto opposto. Uno dei più famosi scienziati americani, conduceva una trasmissione televisiva settimanale, Le meraviglie del mare, nel corso della quale illustrava al pubblico gli straordinari fenomeni presenti negli oceani: vulcani sottomarini, anellidi lunghi tre metri, onde di marea assassine. La stampa definiva Tolland un incrocio tra Jacques Cousteau e Carl Sagan, e ne elogiava la competenza, l'entusiasmo privo di compiacimento e il gusto dell'avventura: era questa la formula che aveva fatto salire Le meraviglie del mare in cima agli indici di ascolto. Ovviamente, la maggior parte dei critici ammetteva che il fatto che fosse un bell'uomo, con un fascino un po' selvaggio e dotato di un carisma non ostentato, probabilmente spiegava in gran parte la sua popolarità presso il pubblico femminile.

«Signor Tolland…» disse Rachel, quasi tartagliando. «Sono Rachel Sexton.»

Tolland le rivolse un sorriso amabile. «Salve, Rachel. Diamoci del tu. Puoi chiamarmi Mike.»

Lei sentì la lingua stranamente impastata. Un sovraccarico emotivo, evidentemente: l'habisfera, il meteorite, la segretezza, il trovarsi a faccia a faccia con una stella della televisione. «Mi sorprende vederti qui» spiegò, nel tentativo di recuperare. «Quando il presidente mi ha raccontato di avere affidato ad alcuni scienziati civili l'incarico di verificare la scoperta della NASA, forse mi aspettavo…» Esitò.

«Dei veri scienziati?» chiese Tolland, con una risata.

Rachel arrossì, mortificata. «Non volevo dire questo.»

«Non preoccuparti. Da quando sono qui, non sento dire altro.»

Il direttore si scusò di doversi allontanare e promise di raggiungerli più tardi. Tolland si voltò verso Rachel con un'espressione incuriosita. «Il capo mi ha detto che tuo padre è il senatore Sexton. È vero?»

Rachel annuì. "Purtroppo."

«Una spia di Sexton dietro le linee nemiche?»

«Le linee di confine non si trovano sempre dove si crede.»

Seguì un silenzio imbarazzato.

«Allora, dimmi» aggiunse lei in fretta «che ci fa un oceanografo di fama mondiale su un ghiacciaio insieme a un manipolo di scienziati della NASA?»

Tolland ridacchiò. «Per la verità, un tizio che assomigliava molto al presidente mi ha chiesto di fargli un favore. Ho aperto la bocca, pronto a mandarlo all'inferno, e invece mi sono ritrovato a rispondergli: "Sì, signore".»

Rachel rise per la prima volta quel giorno. «Benvenuto nel club, allora.»

Malgrado in genere i personaggi famosi apparissero più piccoli di persona, Rachel notò che Michael Tolland risultava invece più alto. Gli occhi castani erano vigili ed espressivi come in televisione, la voce carica dello stesso caloroso entusiasmo. Sui quarantacinque anni, atletico e abbronzato, aveva folti capelli neri che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte. Il mento forte e l'atteggiamento tranquillo suggerivano una pacata sicurezza. Quando le aveva stretto la mano, la ruvidità callosa della palma le aveva ricordato che non era il tipico personaggio televisivo "da salotto", ma un esperto marinaio e un serio ricercatore.

«In tutta sincerità» ammise Tolland, lievemente impacciato «ho la sensazione di essere stato chiamato qui più per una questione di pubbliche relazioni che per le mie competenze scientifiche. Il presidente mi ha chiesto di girare un documentario per lui.»

«Un documentario? Su un meteorite? Ma tu sei un oceanografo!»

«È esattamente quello che gli ho detto. Ma lui mi ha risposto di non conoscere nessun documentarista che si occupi di meteoriti, e che il mio intervento sarebbe servito a dare credibilità a questa scoperta. Evidentemente, ha intenzione di trasmettere il documentario durante la grande conferenza stampa di stasera, quando annuncerà la scoperta.»

"Una celebrità come portavoce." Il grande fiuto politico di Zach Herney all'opera. La NASA veniva spesso accusata di parlare alla gente in modo incomprensibile, ma questa volta non sarebbe andata così. Avevano coinvolto il miglior divulgatore scientifico in circolazione, di comprovata competenza, un volto noto presso il pubblico americano.

Tolland indicò un angolo in fondo alla cupola dove stavano allestendo la zona per il collegamento televisivo. Un tappeto azzurro sul ghiaccio, telecamere, riflettori, un lungo tavolo con parecchi microfoni. Qualcuno stava sistemando un'enorme bandiera americana come sfondo.

«È per stasera» spiegò lui. «Il direttore della NASA e alcuni dei più eminenti scienziati si collegheranno via satellite con la Casa Bianca nel corso della conferenza stampa del presidente, alle venti in punto.»

"Molto corretto" pensò Rachel, compiaciuta di sapere che Zach Herney non intendeva tagliare fuori la NASA dall'annuncio. «Allora» disse poi con un sospiro «qualcuno mi spiegherà prima o poi che c'è di tanto speciale in questo meteorite?»

Tolland inarcò le sopracciglia e le rivolse un sorriso misterioso. «In realtà, è meglio vedere di persona che farselo spiegare.» Le fece cenno di seguirlo verso la vicina postazione di lavoro. «Quel tizio laggiù ha un sacco di campioni da mostrarti.»

«Campioni? Sul serio avete campioni del meteorite?»

«Certo. Ne abbiamo carotati parecchi. Anzi, sono stati proprio quei campioni ad allertare la NASA sull'importanza di questo ritrovamento.»

Non sapendo bene che cosa aspettarsi, Rachel seguì Tolland verso la postazione. Appariva deserta. Una tazza di caffè era abbandonata su un tavolo ingombro di campioni di roccia, calibri e altri strumenti diagnostici. Il caffè era ancora fumante.

«Marlinson!» gridò Tolland, guardandosi intorno. Nessuna risposta. Con un sospiro di frustrazione si voltò verso di lei. «Probabilmente si è perso mentre cercava la panna per il caffè. Parlo sul serio, ho fatto il dottorato a Princeton con questo tizio: si perdeva regolarmente nel suo dormitorio. Ora è stato insignito del Premio nazionale per l'astrofisica. Pensa un po'.»

Rachel rifletté un secondo. «Marlinson? Per caso non intenderai il famoso Corky Marlinson, vero?»

Tolland rise. «Proprio lui.»

Rachel era sbalordita. «Corky Marlinson si trova qui?» Le idee di Marlinson sui campi gravitazionali erano leggendarie tra i progettisti dei satelliti dell'NRO. «È uno dei civili reclutati dal presidente?»

«Già, uno degli scienziati veri.»

"Proprio così" pensò Rachel. Corky Marlinson era tra gli scienziati più brillanti e stimati del mondo.

«L'incredibile paradosso è che quell'uomo può citarti a memoria la distanza in millimetri dell'Alfa Centauri, ma non è capace di farsi il nodo alla cravatta.»

«Porto quelle con il nodo già fatto!» strillò un'allegra voce nasale dietro di loro. «La praticità è più importante dello stile, Mike. Voi gente di Hollywood non lo capite!»

Rachel e Tolland si voltarono verso l'uomo che stava emergendo da dietro un grande mucchio di macchinari elettronici. Tozzo e corpulento, aveva capelli radi con il riporto e occhi prominenti che ricordavano un carlino. Quando vide che Tolland era in compagnia di Rachel, si bloccò sui suoi passi.

«Gesù Cristo, Mike! Perfino in questo cazzo di polo Nord tu riesci a incontrare donne splendide. Lo sapevo che avrei dovuto fare televisione.»

Michael Tolland era visibilmente imbarazzato. «Signora Sexton, la prego di scusare il dottor Marlinson, che compensa la mancanza di tatto con brandelli di conoscenze del tutto inutili sul nostro universo.»

Corky si avvicinò. «Un vero piacere, signora. Non ho inteso il suo nome.»

«Rachel. Rachel Sexton.»

«Sexton?» Corky sbuffò divertito. «Nessuna parentela con quell'ottuso e depravato senatore, spero!»

Tolland fece una smorfia. «Per la verità è suo padre.»

Corky smise di ridere e incurvò le spalle. «Non c'è da meravigliarsi se non ho mai avuto fortuna con le donne.»

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