I Westbrooke Place Apartments, situati al 2201 di N Street NW, sono reclamizzati come uno dei pochi indirizzi indiscutibilmente "in" di Washington. Gabrielle superò di corsa la porta girevole dorata ed entrò nell'atrio, dove echeggiava un'assordante cascata.
Il portiere al banco della reception parve sorpreso di vederla. «Signora Ashe? Non mi hanno informato che sarebbe passata, oggi.»
«Sono in ritardo.» Gabrielle firmò il registro dei visitatori. L'orologio alla parete segnava le diciotto e ventidue.
Il portiere si grattò la testa. «Il senatore mi ha dato un elenco, ma lei non…»
«Dimenticano sempre la gente più vicina a loro.» Gli rivolse un sorriso veloce e si avviò di buon passo verso l'ascensore.
Il portiere appariva a disagio. «Meglio che chiami su.»
«Grazie» disse Gabrielle, salendo in ascensore. "Tanto il telefono è staccato."
Al nono piano, si inoltrò nell'elegante corridoio. In fondo, davanti alla porta di Sexton, uno dei corpulenti addetti alla sicurezza — le beneamate guardie del corpo — sedeva con aria annoiata. Non la sorprese vederlo in servizio, mentre lui sembrò molto stupito di vedere lei. Balzò in piedi.
«Lo so» lo anticipò Gabrielle, ancora a metà del corridoio. «È una serata IP e non vuole essere disturbato.»
La guardia annuì con enfasi. «Mi ha dato ordine di non fare entrare assolutamente…»
«È un'emergenza.»
L'uomo le bloccò la strada. «È impegnato in un incontro privato.»
«Davvero?» Gabrielle prese la cartellina che teneva sottobraccio e gli sbatté in faccia il sigillo della Casa Bianca. «Vengo adesso dallo Studio Ovale. Devo fare avere queste informazioni al senatore. I vecchi amici con cui spettegola stasera, di chiunque si tratti, dovranno fare a meno di lui per qualche minuto. Ora mi faccia entrare.»
La guardia sembrò intimidita alla vista del sigillo presidenziale.
"Non farmela aprire" pensò Gabrielle.
«Me la lasci. Gliela porto io.»
«Neanche per sogno. Ho ordini precisi di consegnargliela personalmente. Se non gli parlo al più presto, domattina dovremo cercarci tutti un altro lavoro. Mi ha capito?»
L'uomo parve profondamente dibattuto e Gabrielle si rese conto che Sexton doveva avere impartito direttive severe di sbarrare la porta a chiunque. Tentò il tutto per tutto. Tenendogli la cartellina davanti al viso, abbassò la voce e mormorò le cinque parole che tutti gli addetti alla sicurezza temevano di più: «Lei non capisce la situazione».
I responsabili della protezione dei politici non capivano mai la situazione e la cosa li mandava su tutte le furie. Erano guardie del corpo private, tenute all'oscuro di tutto, e non sapevano se attenersi rigidamente agli ordini o se avrebbero rischiato il posto ignorando testardamente un'evidente emergenza.
La guardia deglutì rumorosamente, lanciando un'altra occhiata alla cartellina della Casa Bianca. «D'accordo, ma dovrò far presente al senatore che lei mi ha costretto a lasciarla entrare.»
Aprì la porta e Gabrielle lo spinse di lato prima che cambiasse idea. Entrò nell'appartamento e la chiuse a chiave alle sue spalle, senza far rumore.
Nell'ingresso, udì provenire dal salotto di Sexton voci attutite: voci maschili. Quella serata IP non era il genere di incontro privato che lui aveva lasciato intuire nella sua telefonata.
Mentre si avvicinava alla sala, notò che in un armadio aperto era appesa una mezza dozzina di cappotti maschili molto costosi, cachemire e tweed. C'erano parecchie cartelle sul pavimento. Evidentemente, quella sera avevano lasciato fuori il lavoro. Stava per proseguire, quando una delle ventiquattrore attirò la sua attenzione. Una targhetta riportava il logo di una nota compagnia, un missile rosso fiamma. Si inginocchiò per leggere.
SPACE AMERICA, INC.
Interdetta, esaminò le altre.
BEAL AEROSPACE. MICROCOSM, INC. ROTARY ROCKET COMPANY. KISTLER AEROSPACE.
Riecheggiò nella sua mente la voce rauca di Marjorie Tench. "È al corrente che il senatore Sexton accetta sottobanco enormi somme di denaro per la sua campagna da parte di società aerospaziali private?"
Gabrielle sentì il polso accelerare nel guardare in fondo al corridoio buio l'arco che conduceva al salotto del senatore. Sapeva che avrebbe dovuto parlare ad alta voce, annunciare la sua presenza, ma qualcosa la spinse ad avanzare in silenzio. Arrivò a pochi metri dall'arco e rimase nell'ombra… e ascoltò.