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Le mani insanguinate di Corky stringevano il volante del Crestliner Phantom 2100 che rimbalzava sulla cresta delle onde. Spinse la manetta del gas tutta in avanti, cercando di guadagnare il massimo della velocità. Solo allora cominciò ad avvertire il dolore bruciante. Si guardò la gamba e vide il sangue uscire a fiotti; istantaneamente venne preso da un capogiro.

Aggrappato al volante, si voltò verso la Goya, pregando che l'elicottero decidesse di inseguirlo. Quando Rachel e Tolland erano rimasti intrappolati lassù, sulla passerella, Corky aveva dovuto prendere una decisione rapida, senza esitare.

"Dividi il nemico e vincerai."

Pensò che se avesse attirato l'elicottero abbastanza lontano dalla Goya, forse Tolland e Rachel avrebbero potuto chiedere aiuto via radio. Purtroppo, da sopra la sua spalla vide l'elicottero che ancora si librava sulla nave illuminata, come se il pilota fosse indeciso.

"Andiamo, bastardi! Inseguite me!"

Ma l'elicottero non lo inseguì. Invece, virò per allinearsi con la poppa della Goya e si posò sul ponte. "No!" Corky inorridì al pensiero di aver lasciato i due amici alla mercé degli assassini.

A quel punto era compito suo trasmettere un messaggio di soccorso. A tastoni, trovò la radiotrasmittente. Pigiò l'interruttore e non successe niente. Niente luci. Niente rumore di fondo. Girò il pomello del volume al massimo. Niente. "Dai!" Mollò il timone e si inginocchiò per vedere meglio. Sentì un dolore lancinante alla gamba. Si concentrò sulla radio. Non poteva crederci: il cruscotto era stato mitragliato e il quadrante della trasmittente era fracassato. Alcuni fili penzolavano sconnessi.

"Fra tutte le sfortune…"

Con le gambe tremanti, Corky si raddrizzò. Peggio di così non poteva andare. Uno sguardo alla Goya confermò i suoi timori: due soldati armati saltarono dall'elicottero sul ponte della nave; poi il velivolo decollò di nuovo, puntando verso di lui alla massima velocità.

Corky si sentì crollare. "Dividi il nemico e vincerai." Evidentemente, non era stato l'unico ad avere avuto la brillante idea, quella notte.


Delta-Tre stava facendosi strada sul ponte della nave. Mentre si avvicinava alla rampa che portava sottocoperta, udì le urla di una donna provenire da un punto indefinito sotto di lui. Si voltò e fece cenno a Delta-Due che sarebbe sceso a indagare. Il compagno annuì. Sarebbe rimasto sul ponte superiore, per coprirlo. I due uomini potevano tenersi in contatto via Cryp-Talk: l'ingegnoso sistema di disturbo elettronico del Kiowa lasciava infatti aperta un'oscura frequenza per le loro comunicazioni.

Imbracciando la mitraglietta, Delta-Tre si avvicinò silenziosamente alla rampa. Con la cautela del killer bene addestrato cominciò a discendere molto adagio, l'arma pronta al tiro.

L'inclinazione della rampa limitava la visibilità. Delta-Tre dovette accucciarsi per vedere meglio. Continuò a scendere; adesso poteva udire le grida più chiaramente. A metà strada, era in grado di scorgere il groviglio di passerelle contorte, attaccate al ventre della Goya. Le grida divennero più sonore.

Poi la vide. Al centro della passatoia, Rachel Sexton si sporgeva dal parapetto chiamando disperatamente Michael Tolland.

"Tolland è caduto in mare? Forse per via dell'esplosione?"

In quel caso tutto sarebbe stato ancora più facile del previsto. Un altro mezzo metro e spararle sarebbe stato facile come tirare ai pesci in un barile. Per un attimo, avverti un vago timore per il fatto che la donna era vicina a un armadietto dell'equipaggiamento aperto. Forse era armata. Ma un arpione o un fucile da squali, la cosiddetta "lupara", non erano comunque all'altezza della sua mitraglietta. Sicuro d'avere la situazione in pugno, Delta-Tre spianò la sua arma e scese un altro gradino. Rachel Sexton era quasi completamente in vista. Portò il calcio della mitraglietta alla spalla.

"Ancora un passo."

Sotto di lui, qualcosa si agitò. Delta-Tre fu più confuso che spaventato nel vedere Michael Tolland, sotto la scaletta, che lanciava un'asta di alluminio verso i suoi piedi. Benché fosse stato ingannato, Delta-Tre quasi rise di fronte a quel tentativo maldestro di fargli lo sgambetto.

Poi sentì l'estremità dell'asta toccare il suo tallone.

Al contatto, una scossa di dolore fortissimo fece tremare ogni fibra del suo corpo quando il piede destro esplose sotto di lui.

Perdendo l'equilibrio, Delta-Tre ruzzolò giù. La mitraglietta rimbalzò sulla rampa e cadde fuoribordo mentre lui si accasciava sulla passerella. Si contorse nell'angoscia, cercando di afferrarsi il piede, ma il piede non c'era più.


Tolland torreggiava sul suo aggressore, brandendo la lupara antisqualo, un dispositivo a testa esplosiva. L'asta d'alluminio, lunga un metro e mezzo, era sormontata da una camera nella quale veniva posta una cartuccia a pallini, calibro dodici, attivata a pressione. Tolland aveva riarmato il congegno con un'altra cartuccia e ne puntava l'estremità seghettata, ancora fumante, al pomo d'Adamo dell'aggressore. L'uomo giaceva sulla schiena, come paralizzato, e fissava Tolland con rabbia incredula.

Rachel corse su per la passerella. Il piano prevedeva che lei s'impadronisse della mitraglietta del soldato ma, sfortunatamente, l'arma era caduta in mare.

La trasmittente alla cintura dell'uomo gracchiò. Una voce sintetica. «Delta-Tre, rispondi. Ho sentito uno sparo.»

Il soldato ferito non rispose.

L'apparecchio crepitò ancora. «Delta-Tre, rispondi. Hai bisogno di rinforzi?»

Subito dopo, un'altra voce sintetica, ma distinguibile dalla prima per il rumore di un elicottero in sottofondo, s'intromise nella comunicazione. «Qui Delta-Uno. Sto inseguendo il battello in fuga. Delta-Tre, rispondi. Sei stato colpito? Hai bisogno di rinforzi?»

Tolland premette l'asta contro la gola del soldato. «Di' all'elicottero di interrompere l'inseguimento. Se ammazzano il mio amico, sei morto.»

L'uomo sussultò per il dolore, mentre si portava il microfono alle labbra. Poi, fissando Tolland, pigiò il tasto e parlò. «Qui Delta-Tre. Tutto bene. Distruggete il battello.»

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