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"È finita" pensò Rachel.

Lei e Tolland, seduti fianco a fianco sul ponte della nave, guardavano la canna del mitra che il soldato puntava loro in faccia. Purtroppo Pickering aveva scoperto il destinatario del suo fax: l'ufficio del senatore Sedgewick Sexton.

Rachel dubitava che il padre potesse mai ricevere il messaggio telefonico che Pickering gli aveva appena lasciato. Il direttore dell'NRO probabilmente avrebbe raggiunto l'ufficio del senatore prima di chiunque altro. Se Pickering fosse riuscito a entrare, recuperando il fax e cancellando il messaggio sulla segreteria telefonica prima dell'arrivo di suo padre, forse avrebbe evitato di fargli del male. William Pickering era, con ogni probabilità, una delle poche persone in grado di intrufolarsi negli uffici di un senatore degli Stati Uniti senza nessuna conseguenza. Rachel era sempre rimasta sbalordita da quanto si poteva fare "in nome della sicurezza nazionale".

"Naturalmente, se non riuscisse a entrare, Pickering potrebbe semplicemente lanciare un missile Hellfire contro le finestre dell'ufficio di mio padre e far saltare in aria tutto." Ma qualcosa le diceva che non sarebbe stato necessario.

La sorprese sentire la mano di Tolland che cercava la sua. Il suo tocco era forte ma tenero, e le loro dita si intrecciarono con una tale naturalezza che a Rachel sembrò l'avessero fatto da sempre. In quel momento desiderava solo rifugiarsi tra le sue braccia e non sentire più l'assordante rombo del mare che aveva formato un gorgo intorno a loro.

"Purtroppo non accadrà" pensò. "Non era destino."


Michael Tolland si sentiva come un uomo che abbia ritrovato la speranza solo sulla via del patibolo.

"La vita mi sta prendendo in giro."

Per anni, dopo la scomparsa di Celia, aveva passato notti e notti ossessionato dal desiderio di scomparire per sempre, ore di dolore in cui la morte gli pareva l'unica possibile via d'uscita. Eppure aveva scelto di vivere, fiducioso che ce l'avrebbe fatta anche da solo, finché, quel giorno, per la prima volta non aveva cominciato a capire ciò che tanti suoi amici avevano cercato di dirgli.

"Mike, non devi necessariamente farcela da solo. Puoi trovare un altro amore."

La mano di Rachel nella sua rendeva ancora più difficile rassegnarsi al crudele tempismo del destino. Aveva la sensazione che la corazza che gli cingeva il cuore si stesse sgretolando. Per un attimo, sul vecchio ponte della Goya, avvertì lo spirito di Celia che vegliava su di lui. La sua voce era nel rumore del mare e ripeteva le ultime parole che gli aveva sussurrato prima di morire: "Sei un sopravvissuto. Promettimi che troverai un altro amore".

"Non desidererò mai un'altra" le aveva risposto.

Celia aveva sorriso con saggezza. "Dovrai imparare a farlo."

Ora, sul ponte della nave, Tolland capì che aveva cominciato a imparare. Un sentimento profondo sgorgò all'improvviso dal suo cuore. Felicità.

Accompagnata da un'irresistibile voglia di vivere.


Pickering, avvicinandosi ai due prigionieri, si sentiva stranamente distaccato. Si fermò davanti a Rachel, sorpreso che il suo ruolo non gli risultasse più gravoso. «A volte» disse «le circostanze costringono a scelte difficili.»

Rachel lo guardò, inflessibile. «Le ha create lei, queste circostanze.»

«In guerra ci sono sempre vittime» disse Pickering. La voce era diventata più risoluta. "Basta chiederlo a Diana Pickering, o a uno dei tanti che ogni anno muoiono per questo paese." «Lei dovrebbe capirlo meglio di altri, Rachel.» La guardava fisso. «Iactum paucorum servat multos.»

Comprese che Rachel aveva riconosciuto il motto. Era quasi un luogo comune, negli ambienti dei servizi di sicurezza: sacrificare pochi per salvarne molti.

Rachel lo osservava con palese disgusto. «E adesso Michael e io saremmo fra quei pochi?»

Pickering rifletté. Non c'era alternativa. Si rivolse a Delta-Uno. «Liberi il suo compagno e facciamola finita.»

Il soldato annuì.

Pickering lanciò un'ultima lunga occhiata a Rachel, poi si avviò verso il parapetto di sinistra. Non voleva vedere. Preferiva guardare il mare, che correva veloce lungo la fiancata.


Delta-Uno, conscio della propria superiorità mentre stringeva il mitra, guardò il suo compagno, penzolante dai bracci meccanici del Triton. Doveva solo chiudere la botola sotto i piedi di Delta-Due, liberarlo ed eliminare Rachel Sexton e Michael Tolland.

Era contrariato per la complessità del pannello di controllo vicino alla botola, una serie di leve e interruttori anonimi che comandavano l'apertura, il motore del verricello e altro. Non aveva alcuna intenzione di azionare la leva sbagliata e mettere in pericolo la vita del compagno, abbassando per errore il batiscafo. "Non rischiare. Mai agire precipitosamente."

Avrebbe costretto Tolland a eseguire l'operazione e, per assicurarsi che non gli giocasse qualche brutto tiro, si sarebbe cautelato con quella che era nota fra i suoi colleghi come la "polizza biologica".

"Usa i tuoi nemici uno contro l'altro."

Delta-Uno puntò la canna dell'arma direttamente in faccia a Rachel, a pochi centimetri dalla fronte. Rachel chiuse gli occhi e il soldato notò il pugno di Tolland stringersi con rabbia.

«Signora Sexton, si alzi.»

Lei si alzò in piedi.

Delta-Uno le piantò il mitra contro la schiena e la spinse verso una scaletta d'alluminio che conduceva, dal retro, alla sommità del batiscafo Triton.

«Salga in cima allo scafo.»

Rachel lo fissò, spaventata e confusa.

«Si muova» ordinò Delta-Uno.

Rachel ebbe la sensazione di vivere in un incubo. Quando raggiunse l'ultimo gradino della scaletta, si fermò. Il vuoto sul quale era sospeso il batiscafo la terrorizzava.

«Salga sul batiscafo» ripeté Delta-Uno, avvicinandosi a Tolland e puntandogli il mitra alla testa.

Il soldato intrappolato nei bracci meccanici fissava Rachel con aria sofferente: evidentemente non vedeva l'ora di essere liberato.

Rachel guardò Michael. Aveva una mitraglietta puntata alla testa.

"Sul batiscafo." Non aveva scelta.

Con la sensazione di fare un passo nel vuoto dal bordo di un precipizio, Rachel salì sulla cofanatura del motore del Triton, che offriva una piccola superficie piatta dietro l'oblò a cupola. Il batiscafo era sospeso sopra la botola aperta come un enorme filo a piombo, ma le nove tonnellate della sua massa si spostarono di appena pochi millimetri sotto i piedi della donna che cercava di mantenere l'equilibrio.

«Okay, si muova» disse Delta-Uno a Tolland. «Vada ai comandi e chiuda il portellone.»

Sempre sotto tiro, Tolland si avviò verso la console, seguito dal soldato. Rachel sentì gli occhi di Michael su di sé, come se cercasse di comunicarle qualcosa. La fissò, poi abbassò lo sguardo a indicare il boccaporto d'accesso al batiscafo, in cima al Triton.

Rachel lanciò un'occhiata in basso. Il boccaporto era aperto e il pesante portello rotondo era puntellato da un sostegno. Era in grado di vedere l'interno dell'abitacolo monoposto. "Vuole che io salti nel batiscafo?" Sicura di sbagliarsi, Rachel tornò a guardare Tolland, che aveva quasi raggiunto il pannello di controllo. Gli occhi di lui la fissarono. Questa volta fu più esplicito; le sue labbra formarono chiaramente le parole: "Dentro! Subito!".


Delta-Uno captò il movimento di Rachel con la coda dell'occhio e si girò istintivamente, aprendo il fuoco. Rachel precipitò nel boccaporto sotto una sventagliata di pallottole. Quando i proiettili lo colpirono, rimbalzando in una pioggia di scintille, il portello risuonò come una campana e si chiuse sull'abitacolo. Tolland, appena sentì di non avere più la canna del mitra puntata alla schiena, fece la sua mossa. Si tuffò a sinistra, evitando la grande botola aperta. Atterrò sul ponte e smorzò la caduta rotolando, mentre il soldato girava su se stesso con il mitra fiammeggiante. I proiettili esplosero alle spalle di Tolland, che correva al riparo dietro l'argano dell'ancora: un enorme cilindro motorizzato, intorno al quale era avvolto il lungo cavo d'acciaio collegato all'ancora di poppa.

Tolland aveva un piano e doveva agire velocemente. Mentre il soldato gli si avventava contro, afferrò la leva dell'argano con tutte e due le mani e la abbassò. Istantaneamente, l'enorme verricello cominciò a srotolare metri di cavo e la Goya rollò nella forte corrente. L'improvviso movimento fece ruzzolare ogni cosa sul ponte. Il cavo dell'ancora continuò a srotolarsi sempre più velocemente, mentre la corrente trasportava la nave all'indietro.

"Dai, dai bellezza" la esortava Tolland.

Riacquistato l'equilibrio, il soldato si lanciò di nuovo verso di lui. All'ultimo momento, l'oceanografo si puntellò per spingere con forza la leva dell'argano verso l'alto, bloccando il verricello. La catena dell'ancora si tese, facendo tremare l'intero scafo della Goya, che si bloccò immediatamente. Ogni cosa sul ponte prese il volo. Delta-Uno si ritrovò in ginocchio vicino a Tolland e Pickering cadde pesantemente sulla coperta, mentre il Triton prese a ondeggiare violentemente, sospeso al cavo.

Con un cigolio stridente la struttura metallica danneggiata del pilone di supporto cedette, sussultando come in un terremoto. L'angolo di destra del ponte della Goya cominciò a crollare sotto il suo stesso peso. La nave vacillò, inclinandosi come un grosso tavolo privato di una gamba. Il metallo che si contorceva cigolando sotto i colpi violenti delle onde mandava un lamento assordante.

A pugni stretti, nell'abitacolo del Triton, Rachel cercava di reggersi, mentre le nove tonnellate del batiscafo ondeggiavano paurosamente sopra l'apertura del ponte, ormai molto inclinato. Attraverso quel poco di perspex trasparente che rimaneva dell'oblò, vide il mare agitarsi furioso, dieci metri più in basso. Alzando gli occhi, cercò Tolland con lo sguardo e si ritrovò a osservare una scena drammatica.

A un metro di distanza, intrappolato tra gli artigli del Triton, il membro della Delta Force urlava di dolore mentre veniva sballottato su e giù come un burattino. William Pickeriag, barcollante, andava ad aggrapparsi a una galloccia sul ponte. Vicino all'argano, anche Tolland cercava di non cadere in mare sostenendosi alla leva del verricello. Rachel vide che Delta-Uno, ancora armato di mitra, si era rimesso in piedi. «Mike, attento!» urlò da dentro il batiscafo.

Ma l'attenzione del soldato non era rivolta a Tolland: a bocca aperta, guardava il suo elicottero con un'espressione d'orrore. Rachel si voltò per seguire il suo sguardo. Il Kiowa, con il suo ampio rotore che ancora girava al minimo, aveva cominciato a slittare sui lunghi pattini, che agivano come sci sulla superficie inclinata del ponte. Fu allora che si accorse che l'elicottero stava puntando dritto verso il Triton.


Scalando il ponte inclinato verso l'elicottero che scivolava, Delta-Uno si arrampicò nell'abitacolo del velivolo. Non aveva alcuna intenzione di lasciare cadere nell'oceano il loro unico mezzo di fuga. Si impadronì dei comandi e tirò la leva di controllo. "Decolla!" Le pale del rotore accelerarono con un rombo assordante nello sforzo di sollevare il pesante mezzo d'assalto. "Su, per Dio!" L'elicottero continuò a scivolare verso il Triton e Delta-Due, ancora intrappolato. A causa della posizione del Kiowa, anche il rotore era inclinato e, quando il velivolo decollò, invece di sollevarsi balzò in avanti, verso il batiscafo, come una gigantesca sega rotante.

"Su!" Delta-Uno tirò la leva, rimpiangendo di non potersi liberare di quella mezza tonnellata di missili Hellfire che ancora lo appesantivano. Le pale del rotore mancarono d'un soffio la testa del suo compagno e la cupola del Triton, ma l'elicottero era troppo veloce: non avrebbe mai potuto evitare il cavo al quale era sospeso il batiscafo.

Quando le pale del rotore, che ruotava a trecento giri al minuto, toccarono il cavo d'acciaio intrecciato, tarato per quindici tonnellate, il suono lacerante del metallo che veniva a contatto esplose nella notte, evocando lo stridore di un'epica battaglia. Dall'abitacolo dell'elicottero, Delta-Uno vide il rotore toccare il cavo come la lama di una gigantesca falciatrice che investa una catena d'acciaio. Ci fu un'eruzione accecante di scintille e le pale del Kiowa si disintegrarono. Il pilota sentì l'elicottero precipitare di sotto e i pattini colpire il ponte con violenza. Cercò di mantenere il Kiowa sotto controllo, ma non aveva più portanza. Rimbalzò due volte sulla superficie inclinata, poi slittò andando a fracassarsi contro il parapetto del ponte.

Per un momento, Delta-Uno si illuse che la battagliola avrebbe resistito.

Poi sentì che si spezzava. Il pesante elicottero sbandò fuoribordo e precipitò in mare.


Rachel sedeva paralizzata nel Triton. Con il corpo premuto contro il seggiolino, era riuscita a puntellarsi nel momento della violenta collisione tra il minisommergibile e il rotore dell'elicottero. Le pale, che si erano letteralmente avvolte attorno al cavo, avevano risparmiato lo scafo, ma Rachel sapeva che la treccia metallica era stata gravemente danneggiata.

Doveva uscire dal Triton al più presto. Il soldato sanguinante, intrappolato nei bracci meccanici e ustionato dalle schegge, pareva delirare. Appena oltre, Rachel poteva vedere Pickering ancora aggrappato alla galloccia, sul ponte inclinato.

"Ma dov'è Michael?" Ebbe solo un istante di panico, prima che un nuovo orrore la investisse. Sopra la sua testa, il cavo sfilacciato al quale era appeso il Triton sibilò minaccioso come una frusta, mentre la treccia d'acciaio si dipanava; poi, con un sonoro schiocco, cedette.

Rachel galleggiò per un attimo senza peso nell'abitacolo del batiscafo in caduta. Il ponte sparì e le passerelle sottocoperta sfilarono veloci davanti all'oblò. Il soldato intrappolato impallidì di paura mentre il batiscafo accelerava verso l'acqua. La caduta sembrò interminabile.

Quando il Triton si schiantò in mare e affondò sotto le onde, Rachel si sentì spingere con forza contro il seggiolino. La sua spina dorsale fu compressa, mentre l'acqua illuminata artificialmente si richiudeva sopra la cupola. Si sentì soffocare quando il batiscafo si fermò sott'acqua e poi riaffiorò velocemente, come un grande pezzo di sughero.

Gli squali attaccarono istantaneamente. Rachel sedette immobile nel suo posto in prima fila a osservare lo spettacolo raccapricciante davanti ai suoi occhi.


Delta-Due sentì la testa bislunga del pesce colpirlo con immane violenza. Una tenaglia, affilata come un rasoio, gli serrò l'omero. Un dolore devastante esplose nel suo corpo quando lo squalo si contorse e scosse la testa con violenza, strappandogli il braccio. Altri squali lo azzannarono alle gambe, al torso e al collo. Senza avere nemmeno la possibilità di urlare mentre i pesci gli martoriavano il corpo, l'ultima cosa che vide fu una chiostra di denti che si chiudevano sul suo volto. Poi, il buio.


Dentro il Triton, il tambureggiare delle teste cartilaginee degli squali contro lo scafo si acquietò. Rachel aprì gli occhi. L'uomo non c'era più e l'acqua era rossa.

Sconvolta, si rannicchiò sul sedile, le ginocchia contro il petto. Sentiva che il batiscafo si stava muovendo e sfregava contro il ponte inferiore della nave alla deriva nella corrente, ma anche verso il basso.

All'esterno, il caratteristico gorgoglio dell'acqua nei serbatoi di zavorra aumentò di intensità. Il livello dell'oceano, fuori dall'oblò, saliva.

"Sto affondando!"

In preda al panico, balzò in piedi. Afferrò la maniglia del portello sopra la sua testa. Se ce l'avesse fatta a uscire dal batiscafo, avrebbe potuto ancora saltare sul ponte della Goya, a un metro di distanza.

"Devo uscire da qui!"

Il meccanismo del portello indicava chiaramente la direzione verso la quale bisognava ruotare la maniglia. Rachel tirò. Il portello non si smosse. Provò di nuovo. Niente. Era incastrato, forse deformato. La paura crebbe nel suo sangue come l'acqua intorno a lei. Fece un ultimo sforzo.

Il portello non si mosse.

Il Triton affondò ancora di qualche centimetro, rimbalzando contro la Goya per l'ultima volta, prima di sgusciare da sotto il grande catamarano verso il mare aperto.

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