62

Nel corridoio buio fuori dal salotto del senatore Sexton, Gabrielle Ashe sentiva tremare le gambe, non per essere rimasta tanto a lungo immobile, ma per la disillusione provocata dai discorsi che stava ascoltando. Anche se la riunione nella stanza accanto era ancora in corso, lei aveva sentito a sufficienza. La penosa verità era più che ovvia.

"Il senatore Sexton riceve soldi in nero dalle agenzie spaziali private." Marjorie Tench non aveva mentito.

Ciò che più la disgustava era il tradimento. Aveva creduto in Sexton, lottato per lui. "Come può fare una cosa del genere?" L'aveva visto mentire in pubblico, di tanto in tanto, per proteggere la sua vita privata, ma qui si trattava di politica, questo significava infrangere la legge.

"Non è stato ancora eletto, e già vende la Casa Bianca!"

Gabrielle sapeva di non poter più sostenere il senatore. Promettere di approvare l'atto sulla privatizzazione della NASA implicava un arrogante disprezzo per la legge e il sistema democratico. Anche se lui riteneva che fosse nell'interesse della collettività, vendere quella decisione in anticipo significava chiudere la porta ai controlli e agli equilibri del governo, ignorando le argomentazioni potenzialmente persuasive del Congresso, dei consiglieri, degli elettori e delle lobby. Soprattutto, promettendo la privatizzazione della NASA, Sexton lastricava la strada agli innumerevoli abusi che sarebbero derivati da tale conoscenza anticipata, a cominciare dall'insider trading, palesemente favorevole a quel manipolo di ricconi a spese degli onesti investitori pubblici.

Con un senso di nausea, Gabrielle si chiese che fare.

Lo squillo acuto di un telefono, alle sue spalle, ruppe il silenzio in corridoio. Gabrielle si voltò, spaventata. Il suono proveniva dall'armadio nell'ingresso, evidentemente il cellulare nella tasca del cappotto di un ospite.

«Scusatemi, amici» disse una voce dal forte accento texano. «È il mio.»

Gabrielle sentì che l'uomo si alzava. "Viene da questa parte!" Risalì di volata il corridoio e, a metà strada, svoltò a sinistra, infilandosi nella cucina buia proprio nel momento in cui il texano usciva dal salotto. Gabrielle rimase immobile nell'ombra.

Il texano le passò accanto senza accorgersi di lei.

Malgrado il rimbombo del cuore che le martellava in petto, sentì l'uomo frugare nell'armadio. Finalmente rispose.

«Sì? Quando…? Davvero? Accendiamo subito. Grazie.» Chiuse la comunicazione e, mentre tornava in salotto, chiamò gli altri. «Ehi! Accendete il televisore! Pare che Zach Herney abbia convocato una conferenza stampa urgente per stasera alle otto. A reti unificate. O dichiariamo guerra alla Cina, oppure la stazione spaziale internazionale è appena caduta in mare.»

«Be', questo sì che meriterebbe un brindisi!» gridò qualcuno.

Tutti risero.

Gabrielle sentì vorticare intorno a sé le pareti della cucina. "Una conferenza stampa alle otto?" La Tench non aveva bluffato, allora. Le aveva dato tempo fino alle venti per consegnarle la dichiarazione in cui confessava la relazione, consigliandole di prendere le distanze dal senatore prima che fosse troppo tardi. Gabrielle aveva pensato che quella scadenza fosse stata fissata per dare modo alla Casa Bianca di lasciar trapelare la notizia ai giornali l'indomani, ma evidentemente era stato deciso di rendere comunque pubblica la cosa.

"Una conferenza stampa urgente?" Più ci rifletteva, più le pareva strano. "Herney che parla in diretta di questo casino? Lui in persona?"

Dal soggiorno, il televisore risuonò a tutto volume. Il tono del presentatore era molto eccitato. «La Casa Bianca non ha fatto alcuna anticipazione sull'argomento del comunicato a sorpresa del presidente, e le illazioni abbondano. Alcuni analisti politici ritengono che, data la recente assenza dalla scena elettorale, Zach Herney stia per annunciare che rinuncia a ripresentarsi per il secondo mandato.»

Un applauso di speranza si levò nel salotto.

"Assurdo" pensò Gabrielle. Con tutte le cose sporche che la Casa Bianca aveva in mano su Sexton, non c'era una possibilità al mondo che il presidente gettasse la spugna, quella sera. "Questa conferenza stampa riguarda qualcos'altro." Gabrielle aveva l'angosciante presentimento di sapere di che cosa si trattasse.

Con ansia crescente guardò l'orologio. Mancava meno di un'ora. Doveva prendere una decisione e sapeva esattamente con chi parlare. Stringendo sotto il braccio la cartellina delle foto, uscì dall'appartamento senza fare rumore.

La guardia del corpo parve sollevata nel vederla. «Ho sentito voci allegre, dentro. A quanto pare è stata accolta calorosamente.»

Gabrielle gli rivolse un sorriso veloce prima di dirigersi verso l'ascensore.

In strada, al tramonto, l'aria pareva insolitamente fresca. Chiamò un taxi con la mano, salì e cercò di rassicurarsi. Aveva chiaro in mente che cosa fare.

«Studi televisivi ABC» disse all'autista. «E in fretta.»

Загрузка...