La "camera afona" del Charlotte - progettata sul modello di un'analoga struttura nei Bell Laboratories — è quella che formalmente viene definita una camera anecoica: insonorizzata, priva di superfici parallele o riflettenti, assorbe il 99,4 per cento dei suoni. A causa della conducibilità acustica del metallo e dell'acqua, le conversazioni a bordo dei sottomarini sono facilmente intercettabili da parte di spie appostate nelle vicinanze o di microfoni parassiti sistemati sullo scafo esterno. La camera afona è, in effetti, un minuscolo locale da cui non può sfuggire alcun suono. All'interno di questa scatola isolata le conversazioni sono assolutamente sicure.
Assomiglia a una stanza-armadio, con soffitto, pareti e pavimento completamente coperti di coni di gommapiuma protesi all'interno da tutte le direzioni. A Rachel ricordava una grotta sommersa con formazioni impazzite di stalattiti su ogni superficie. La cosa più fastidiosa, peraltro, era l'assenza di pavimento.
Il pavimento delle camere anecoiche, infatti, è costituito da una rigida rete metallica tesa orizzontalmente nella stanza come una rete da pesca, che dà al visitatore la sensazione di essere sospeso a metà parete. Le maglie della rete erano rivestite di gomma resistente. Guardando attraverso il reticolato, Rachel ebbe la sensazione di attraversare un ponte sospeso su un paesaggio surreale, tutto frammentato. Un metro sotto di lei, una foresta di aghi di schiuma puntati minacciosamente verso l'alto.
Appena entrata, Rachel aveva percepito la disorientante immobilità dell'aria, come se ogni energia fosse stata risucchiata. Le pareva di avere le orecchie imbottite di cotone. Udiva soltanto il suono del proprio respiro. Gridò, e l'effetto fu quello di parlare dentro un cuscino. I muri assorbivano ogni riflessione, rendendo percepibili solo le vibrazioni all'interno della testa.
Il comandante uscì chiudendo la porta imbottita dietro di sé. Rachel, Michael e Corky erano seduti al centro della stanza, a un piccolo tavolo a U appoggiato su lunghe gambe metalliche che scendevano sotto la rete. Sul piano, parecchi microfoni snodati, cuffie e una console audiovisiva sormontata da una telecamera con un grandangolo tipo fish-eye. Sembrava una miniconferenza delle Nazioni Unite.
Lavorando nella comunità dell'intelligence statunitense — il più famoso produttore mondiale di microfoni laser, parabole acustiche sommerse e altri dispositivi ipersensibili di ascolto -, Rachel era ben consapevole che erano pochi i posti sulla terra in cui si poteva avere una conversazione davvero sicura: la camera afona era uno di quelli. I microfoni e le cuffie sul tavolo consentivano una "chiamata in teleconferenza" durante la quale le persone potevano parlare liberamente, consapevoli che le vibrazioni delle loro parole non sarebbero uscite da quel locale. Le voci entrate nei microfoni sarebbero state pesantemente criptate prima del loro lungo viaggio nell'atmosfera.
«Controllo dei livelli.» La voce si materializzò all'improvviso in cuffia, facendo sobbalzare Rachel, Tolland e Corky. «Mi sente, signora Sexton?»
Rachel si sporse verso il microfono. «Sì, grazie.» "Chiunque tu sia."
«Ho in linea il direttore Pickering per lei, dice che accetta il collegamento audiovisivo. Io mi stacco, ora. Avrà la connessione tra un attimo.»
Rachel percepì un'interruzione, una lontana scarica di elettricità statica e poi una rapida serie di bip e clic in cuffia. Il monitor davanti a loro si animò, e Rachel vide con stupefacente chiarezza il direttore nella sala conferenze dell'NRO. Era solo. Alzò di scatto la testa e la fissò negli occhi.
Lei provò uno strano sollievo nel vederlo.
«Signora Sexton» disse lui, perplesso e turbato. «Cosa diavolo succede?»
«Il meteorite, signore. Credo ci sia un problema serio.»