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«Campo di sterminio.»

Quelle parole balzarono agli occhi di Jack dai manifesti pubblicitari delle edicole mentre era diretto al St. Dunstan's. La notizia era stata confermata dalla polizia la sera precedente, e ormai la stampa aveva invaso Greenwich, intasando le strade, infastidendo i residenti, accampandosi accanto all'area. All'area industriale. L'articolo di fondo del Sun era intitolato: «Il terrore del millennio» e presentava le foto a colori di Shellene, di Petra, della Wilcox e di Kayleigh sopra l'immagine in bianco e nero della zona industriale stessa. Il Mirror recava un'unica foto, quella di Kayleigh: la ragazza indossava un abito rosso ciliegia, che le lasciava le spalle scoperte, e sollevava un bicchiere in direzione della macchina fotografica. C'erano, ovviamente, i soliti paragoni coi coniugi West, le foto del 25 di Cromwell Street. «Com'è potuto ripetersi?» chiedeva il Sun. Il Mirror, com'era prevedibile, aveva soprannominato il killer «lo squartatore del millennio». Jack aveva scommesso con Essex che, fra tutti gli appellativi, quello sarebbe stato il preferito.

Il resto dell'AMIP stava lavorando con l'Intelligence a Dulwich, concentrato su Gemini. L'intenzione era di controllare se non fosse già stato arrestato o venisse ricercato da un'altra unità della Met. Il tempo a disposizione era poco, Jack lo sapeva bene, quindi andò all'ospedale St. Dunstan's da solo. Parcheggiò ai piedi di Maze Hill, dove finivano i tigli e i muretti rossi del Greenwich Park.

La gente che lavora in ospedale è tosta. Nessun magistrato di questo Paese emetterà un mandato che ci autorizza a esaminare gli archivi di un intero ospedale soltanto perché un detective ancora in fasce ha una «sensazione».

Ma ormai era più di una semplice sensazione: Jack riteneva che l'uomo cui dava la caccia conoscesse quell'edificio. Qualsiasi strada avesse imboccato, sapeva che l'avrebbe portato lì. Rimase per un attimo fuori dell'ospedale, credendo di scorgere una stonatura negli edifici grigi, nei moduli prefabbricati illuminati dalla luce gialla del sole. Il cielo sopra il camino dell'inceneritore era dello stesso azzurro saturo, surreale, dell'ombretto di Joni, e sembrava quasi annullare ogni prospettiva, tra quei parallelepipedi alla Mondrian. Ma subito dopo si rese conto che stava ridisegnando il cielo, il mondo, adattandoli alla sua visione di quel luogo, e che le linee degli edifici erano diritte, le finestre erano del tutto normali. Si sistemò la cravatta e aprì le porte antincendio, lieto di poter riposare gli occhi.

Dentro, l'ospedale appariva squallido: i corridoi erano roventi a causa dei vapori delle cucine e delle sterilizzatrici, e una luce fluorescente difettosa lampeggiava. Jack era solo: l'unica compagnia era il rumore dei suoi passi che riecheggiavano. Uno storno svolazzava tra i tubi sul soffitto e, mentre Jack apriva la porta su cui si leggeva la scritta PERSONALE, lasciò cadere una minuscola sfera di escrementi bianchi.

Agisci con calma. Se ti muovi troppo in fretta, capiranno che sei disperato.

L'ufficio era ampio, diviso da tramezzi mobili, e l'unico suono era l'irregolare tap… tap top tap… tap di una tastiera.

Jack sbirciò dietro un tramezzo e vide un impiegato piccolo, dalle spalle curve e con una calvizie incipiente. Indossava una camicia di nylon che si stava ingrigendo e batteva su una tastiera.

Un quadro per nulla promettente.

Jack si schiarì la gola.

L'impiegato sollevò lo sguardo. «'Giorno, signore. È qui per il comitato, vero?»

«No, non per il comitato, signor… hmm.» Verificò il nome sulla targa posta sulla scrivania. «Signor Bliss. Sono il detective Caffery. Il capo del personale, sì, insomma, lui è…?»

«Lei.» L'uomo si alzò per metà dalla sedia. «Lei è al comitato, ora. Non finiranno prima delle undici.» Tese la mano a Jack che gliela strinse. «Forse, potrei aiutarla io, detective…»

«Caffery.»

«Detective Caffery.»

«Vorrei esaminare i vostri archivi.»

«Oh.» L'impiegato si appoggiò allo schienale e lo scrutò col suo sguardo miope. «Se rispondessi di no, si procurerebbe un mandato di perquisizione?»

«Già.» Jack si pulì discretamente la mano sui pantaloni. Come l'ospedale stesso, la mano dell'impiegato era umida. «Un mandato di perquisizione.»

«E avrebbe tutte le informazioni che cerca in ogni caso?»

«Sicuramente.»

«Posso chiederle di vedere il distintivo?»

«Certo.»

Jack rimase davanti alla scrivania, le mani in tasca, a osservare l'impiegato che annotava meticolosamente i dati del suo tesserino.

«Grazie, detective Caffery.» Posò il distintivo sul bordo del tavolo e si protese verso di lui. «Chiederò l'autorizzazione al mio capo, non appena avrà terminato la riunione, ma, intanto, mi dica: su chi vuole avere informazioni? Su qualcuno in particolare?»

«Su nessuno in particolare. Su medici, patologi, infermieri. Su chiunque abbia esperienza di procedure chirurgiche.»

«Hmm.» L'impiegato si grattò l'orecchio roseo. «Che cosa vuole? Gli indirizzi?»

«Età, indirizzi, numeri di telefono.»

«Ci vorrà un po' di tempo. Potrei inviarglieli per fax? Credo che il nostro apparecchio funzioni ancora.»

Jack scribacchiò un numero sul retro del biglietto da visita. Per un colpo di fortuna, aveva imbroccato la tattica giusta. «E c'è una stanza per il personale? Un posto tranquillo dove possa convocare gli interessati dopo aver esaminato gli archivi?»

«Hmm. Vediamo… Wendy, una delle nostre impiegate, è addetta alla biblioteca. Forse potrebbe aprirle la saletta per la consultazione, sul retro. Andiamo a dare un'occhiata.» Girò intorno alla scrivania e si fermò a guardare l'ufficio mentre uscivano. «Mi auguro che abbia trovato un buon parcheggio. È una zona vecchia…»

«L'ho trovato sulla collina, vicino al parco.»

«Oggi bisogna lottare per trovare un posto… per non parlare di quando arrivano tutti i membri del comitato con le loro macchinone e i loro permessi di posteggio. Io non ho scelta, non lascio l'auto a casa, ci sono troppi lavori in corso: mi sa che prima o poi un operaio m'infila per sbaglio una trave nel parabrezza, perciò vengo a dar battaglia ai pesci grossi. Sa, sono qui dall'inizio della settimana, non c'è modo di evitarli…» Poi si bloccò. «Eccoci arrivati. La biblioteca.» E, aprendo la porta, chiamò: «Wendy?»

Si ritrovarono di fronte a un atrio a pannelli. Dietro un vetro scorrevole, una donna con un twin-set grigio perla e un paio di occhiali a forma di farfalla sollevò lo sguardo dal Reader's Digest. Quando vide Jack, arrossì e infilò il fazzoletto appallottolato che stringeva in mano nella manica. «Buongiorno.»

«Questa è Wendy. Di solito sta con me, all'ufficio personale.»

Wendy lanciò a Jack un mesto sorriso e tese la mano.

«Buongiorno, Wendy.» Lei arrossì ancor di più mentre Jack le stringeva la mano. Era molle e umida, come quella del collega.

«Ci chiedevamo se puoi aiutare il detective Caffery. Vorrebbe un posto tranquillo per fare alcuni colloqui. Quella tua stanzetta sul retro è disponibile?»

Wendy si alzò e si chiuse bene il cardigan sul petto. Jack notò che era più giovane di quel che sembrava: era il twin-set che indossava a darle un'aria più vecchia. «Non vedo perché no. Con la polizia siamo molto all'antica. Desideriamo darvi tutto l'appoggio possibile.»

«Allora io vado.» L'impiegato gli porse nuovamente la mano e Jack gliela strinse.

«Le sono grato per l'aiuto. Resto in attesa di ricevere il fax.»

Una volta rimasti soli, Wendy fissò Jack con aria intimorita e, nel contempo, affascinata. Sembrava in attesa che le parlasse, e lui finì per irritarsi di fronte a quel silenzio.

«Allora, la stanza?»

L'incantesimo si ruppe all'istante. «Mi scusi!» La donna arrossì e si tamponò il naso. «Che sciocca! Qui non vengono molti poliziotti. Vi ammiriamo, ammiriamo il lavoro che fate e, in verità, pensiamo che siete grandi. Mio fratello sarebbe voluto entrare nel corpo, ma non era abbastanza alto. Ma ora venga, venga.» Staccò una tessera arancione dal computer e se la appese a una catenella che portava al collo. «È quel piccolo locale sul retro, con la parete di vetro. Glielo apro, così può vedere se va bene.»

La biblioteca era molto tranquilla. La luce del sole penetrava attraverso le finestre sporche, disegnando rettangoli chiari sul pavimento polveroso. Alcuni medici sedevano nei piccoli scomparti, assorti nello studio. Una graziosa donna indiana con un camice bianco sollevò lo sguardo e gli sorrise. Davanti, aveva una rivista aperta a una pagina in cui si leggeva: «Fasi di rottura dell'amnios» e, sotto, c'era una grande foto a colori di un bambino senza testa, steso accanto a un metro, come un pollo disossato. Jack non ricambiò il sorriso.

Wendy si fermò di fronte a una piccola stanza dalle pareti di vetro. Le tende erano tirate e isolavano l'ambiente dalla biblioteca. «Questa è la saletta più tranquilla», disse e, aprendo la porta, esclamò: «Oh, signor Cook».

Nell'ombra in fondo alla stanza, una figura si stava alzando dalla scrivania. Indossava un camice verde, aperto, che lasciava intravedere una T-shirt tinta con la tecnica dell'annodatura. L'uomo aveva gli occhi arrossati, stranamente incolori, e i capelli color rame erano abbastanza lunghi da coprirgli la nuca. Quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità, Jack notò che i peli che spuntavano dal collo della T-shirt erano grigi.

Cook si accorse di ciò che il detective stava guardando. «Sta tanto male?» domandò, gettando un'occhiata afflitta alla T-shirt, il viso completamente nell'ombra. «Sa, sono daltonico. Impotente come un bimbo quando si tratta di scegliere un vestito.»

«È molto… giovanile.»

L'altro sollevò lo sguardo al soffitto. «Lo penso anch'io. Raccontano bugie, tutte le commesse. Per loro è come un gioco.» Girò intorno al tavolo e Jack osservò che, su di esso, si trovava un libro. Ebbe appena il tempo d'intravedere una foto in bianco e nero di una sega ossea Stryker, poi Cook lo chiuse con un colpo secco e se lo infilò sotto il braccio, avviandosi verso la porta. «Bene, mi toglierò di mezzo», annunciò, estraendo un paio di occhiali da sole dal camice e sfregandosi gli occhi. «È tutta sua», aggiunse, scivolando fuori e richiudendo la porta senza far rumore.

Jack e Wendy rimasero in silenzio per un attimo; poi lei scosse il capo ed emise un suono gutturale di disapprovazione.

«Ecco i nostri dipendenti. È davvero una vergogna…» Si asciugò il naso col fazzoletto che teneva nella manica e si sistemò gli occhiali. «Ora, signor Caffery, desidera una tazza di tè? È della macchinetta, mi spiace, ma ho un po' di latte in polvere nella mia scrivania, mi farebbe piacere offrirle…»


Nell'ufficio di Caffery e Maddox le veneziane erano sollevate e il sole pomeridiano, che filtrava attraverso la finestra polverosa, pareva aver cotto gli oggetti che si trovavano sul tavolo.

Jack sentì l'odore della plastica calda del telefono mentre apriva la finestra, abbassava la veneziana e si appoggiava sul gomito per recuperare il numero di Penderecki dall'agenda elettronica. Lasciò squillare il telefono, osservando le lancette dell'orologio che giravano. Sapeva che l'uomo non avrebbe risposto.

L'anno prima aveva provato a chiamarlo a metà pomeriggio. Conosceva così bene i suoi movimenti che era rimasto perplesso quando lui non aveva risposto. Aveva lasciato squillare il telefono ed era rimasto a guardare fuori della porta finestra, chiedendosi se fosse successo l'imponderabile, se Penderecki giacesse steso sul pavimento di casa, morto.

E invece la sua figura massiccia era apparsa sulla porta posteriore, un paio di bretelle sopra una maglia sporca. Gli alberi erano pieni di foglie, ma Jack era riuscito ugualmente a scorgerne la faccia e il braccio bianchiccio che tracciava un arco tra il verde.

Gli ci volle solo un istante per capire che Penderecki gli stava facendo un cenno, i pollici rivolti verso l'alto, sogghignando con la bocca sdentata. Gli stava dicendo che sapeva chi lo stava chiamando.

Da quel giorno, che gli telefonasse dall'ufficio o da casa, Penderecki lasciava squillare l'apparecchio. Nelle rare occasioni in cui rispondeva, lo faceva con un: «Ciao, Jack» secco, privo di qualsiasi intonazione. Jack supponeva che avesse comprato un lettore telefonico digitale. Pertanto l'unico piacere era sapere che quegli squilli gli avrebbero invaso la casa finché lui l'avesse voluto. Un piccolo piacere infantile, Jack. Forse Veronica ha ragione sul tuo conto. Talvolta lo chiamava anche più volte al giorno.

Lasciò suonare il telefono per dieci minuti, poi riagganciò e andò nell'archivio per vedere se era arrivato il fax dal St. Dunstan's.

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