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Le porte dell'aranciera erano aperte. Jack attaccò il mandato e la lista delle mansioni a un vetro della finestra e indietreggiò per lasciare entrare la Quinn e Logan che, con le loro tute bianche, ricordavano una coppia di fantasmi. A Paul e Jack, rimasti fuori, non rimase che passeggiare avanti e indietro nella ghiaia ed esaminare un fradicio mucchietto di mozziconi di sigaretta sul prato.

In quella giornata, che non sembrava d'inizio ma di fine estate, il vento era frizzante, il sole lampeggiava come una luce stroboscopica tra gli alberi carichi di foglie, tra gli aceri giapponesi e un altissimo gingko, riempiendo il giardino di verde brillante e di luce gialla. Una giornata simile a quella settembrina in cui Ewan si era allontanato lungo i binari della ferrovia, canticchiando. Ossa su un banco anonimo del laboratorio della Scientifica. Ossi di maiale. Penderecki continuava a rigirare il coltello nella piaga.

«Signore?»

La Quinn stava nell'ingresso di piastrelle bianche e nere, la mano protetta da un guanto appoggiata a una pesante porta di quercia. «È bloccata», disse a Jack quando questi si avvicinò. «Non riesco a trovare le chiavi da nessuna parte.»

«Be', che ne pensa?»

«Non posso certo dire che non vedo l'ora di entrare là dentro.» Fece una pausa, annusando l'aria. «Voglio dire, riesce a…?»

«Sì.» Jack annuì. «Sì. L'ho sentito dal giardino.»

Paul trovò uno scalpello nel garage e, dopo che la Quinn ebbe cosparso di polvere per impronte una piccola finestra al piano inferiore, fece leva con attenzione sul telaio finché il vetro non ne fuoriuscì. L'odore che provenne dall'interno indusse tutti ad arretrare di un passo.

La Quinn estrasse una mascherina dalla borsa e fece un vago sorriso. «Voi state qui e mettete le soprascarpe.» Poi entrò con Logan.

Si mossero con attenzione, fermandosi sul davanzale per illuminare con la torcia le tende e la parete sottostante la finestra. «C'è un forte odore qui dentro, Jack», confermò Logan.

«Ma davvero?»

«Dammi alcune di quelle pattine nella borsa.»

Jack passò loro alcuni sottili fogli di plastica gialla, e i due scomparvero dietro le tende. A Paul e Jack non rimase dunque che indossare le soprascarpe e rimanere all'ombra del cedro del Libano, fischiettando e giocherellando con le monete nelle tasche.

«Allora», osservò Paul dopo un lungo silenzio. «Che cosa credi sia quell'odore?»

Jack restò sorpreso nel vedere che l'altro era impallidito. Paul era nervoso. Nonostante la sua spacconeria, aveva paura di quello che avrebbero potuto trovare all'interno.

«Cosa pensi che sia?» gli chiese di nuovo.

«Uccellini?»

«Forse.»

«Peace Nbidi Jackson?»

«Spero di sì.»

Paul si allentò il colletto e si sfregò la faccia. «Sei un uomo migliore di me, Jack. Lo credo veramente.»

La Quinn riapparve alla finestra. Una luce era stata accesa nella stanza alle sue spalle.

«Allora?»

«Allora cosa?»

Jack sospirò. «Da dove arriva l'odore?»

«Ah, quello. C'è del cibo in giro. Ma…» proseguì, guardando dietro di sé.

«Ma…»

«Proviene soprattutto dal bagno al primo piano. Mettetevi le mani in tasca e vi faccio vedere.»

I due agenti si mossero con cautela al pianoterra. La Quinn lasciò che dessero un'occhiata alle stanze, ma non li fece entrare. «Per ora no», disse. «Voglio che prima entrino quelli della Scientifica per riprendere ogni cosa.» Aveva acceso tutte le luci e tracciato un sentiero sul pavimento con nastro fluorescente. Guardarono nella prima stanza. Sopra uno degli amplificatori dello stereo, sistemato in un angolo, c'erano una bottiglia vuota di pastis e due bicchieri incrostati di una sostanza lattiginosa. I pavimenti erano coperti da quotidiani e contenitori da fast-food, c'erano sedie rovesciate e un tavolo su cui erano stati ammucchiati dei vestiti. Quando entrarono in un locale di servizio nella parte anteriore della casa uno sciame di mosche si sollevò, rivelando pile di piatti sporchi, coperte da carcasse di pollo. Tutte le tende erano chiuse.

«Bene, ora di sopra.» La Quinn li guidò lungo la scala.

Nel corridoio c'era Logan. Attendeva fuori del bagno, con un'espressione indecifrabile sul viso. «Da qui arriva l'odore», disse. E la Quinn aggiunse: «Ora vedrete perché».

Logan aprì la porta.

«Merda», esclamò Paul.

Il bagno era piccolo, col soffitto alto e un'unica finestra, larga e oblunga, chiusa da una persiana. Sul ripiano di marmo, qualcuno aveva abbandonato tubetti di dentifricio vuoti, metri e metri di filo interdentale, rasoi usati, due o tre pacchetti di preservativi, una saponetta sudicia. Il tutto era coperto di polvere.

«Ecco il problema», affermò Logan, indicando il water. «L'odore viene di lì.»

Il coperchio era sollevato. Nella tazza galleggiava un ammasso di escrementi e di carta igienica. A un certo punto l'acqua si era riversata sul pavimento, e quella poltiglia di feci e carta aveva raggiunto le pareti piastrellate, l'orlo del bagno, il box doccia. Successivamente, però, l'acqua era evaporata, lasciando un sedimento nero e puzzolente, costellato di frammenti di velina rosa.

«Peace non c'è?» domandò Essex.

«Non ci sono resti umani. Alcuni peli pubici, ma è tutto. E prenderemo campioni di questo.» Indicò l'acquitrino marrone nella tazza. «Ho trovato anche impronte digitali.» Abbassò il sedile del vaso per mostrare dove aveva cosparso la polvere, ed evidenziò due impronte di pollice sul retro. Sollevò il sedile e mostrò quattro impronte di dita rovesciate, piccole, probabilmente di una mano femminile, sulla parte inferiore. «Guardate come sono distanziate le une dalle altre. Che cosa pensate stesse facendo?»

Jack mise le mani nella stessa posizione. «Stava tenendo il sedile per vomitare? Forse a causa dell'eroina…»

«Non avrei bisogno di eroina per vomitare in questo merdaio.»

«Prima che venisse intasato, si presume.»

«Perché è intasato?» domandò Jack, sbirciando nella tazza.

«D'accordo», sospirò la Quinn, sollevando la mascherina e srotolando i polsini dei guanti di lattice per sigillare il camice bianco. «Su, diamo un'occhiata.» Si accovacciò sul pavimento e spinse la mano in profondità nel tubo a U. Come un veterinario durante un parto, pensò Jack. Mentre il braccio della Quinn scompariva, Logan srotolò un telo di plastica sul pavimento.

«Ehi, c'è qualcosa qui.» Paul impallidì e guardò Jack mentre la Quinn socchiudeva gli occhi, appoggiando la faccia al bordo per avere una presa migliore. «Eccoci.»

Il groviglio di capelli, preservativi, carta igienica e feci giaceva, gocciolante e puzzolente, sul foglio di plastica nel centro del pavimento del bagno. Paul si coprì la bocca e fece un passo indietro, scuotendo la testa. Il pomo d'Adamo gli ballava in gola. La Quinn annusò e si sollevò, tastando la massa con un dito. «Questi…» Tirò fuori due oggetti impigliati e li lasciò cadere nella busta che Logan teneva aperta per lei. «Questi sono l'intoppo.»

«Una gonna. Un paio di calze…» Jack era deluso.

«Dovranno essere asciugati in laboratorio.»

«Sono soltanto vestiti.»

«Non è quello che si aspettava?»

«Non proprio. No.»

Con la mano ancora sulla bocca, Paul guardò Logan etichettare la busta. «Sai una cosa?» gli disse più tardi, dandogli una pacca sulla spalla. «Hai un vero talento per le prove. Se mi nominano addetto ai reperti nel prossimo caso, faremo uno scambio.»

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