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North Greenwich. Fine maggio. Mancavano tre ore all'alba, e il fiume era deserto. Alcune chiatte scure ondeggiavano controcorrente, e la marea primaverile sollevava dolcemente le prue delle piccole imbarcazioni dalla fanghiglia. Dall'acqua si levava una foschia che si diffondeva nell'entroterra, oltre i magazzini bui, sopra il Millennium Dome, avvolgendo lande desolate, strani paesaggi lunari, fino a scomparire, a circa cinquecento metri di distanza, tra i macchinari spettrali di un'area industriale fatiscente.

All'improvviso comparvero i fari di un'auto: una pattuglia della polizia svoltò nella strada d'accesso, le luci blu lampeggianti nel silenzio, seguita, pochi istanti dopo, da una seconda e da una terza vettura. Nei successivi venti minuti, altri veicoli raggiunsero l'area industriale: otto pattuglie di zona, due Ford Sierra senza contrassegni e il furgone Transit bianco degli uomini della Scientifica addetti alle riprese. All'imbocco della strada fu istituito un blocco, e alcuni agenti del luogo in divisa vennero inviati a interdire l'accesso dal fiume. Il primo attendente del CID si mise in contatto con la centrale di Croydon e chiese i numeri dei cercapersone dell'Area Major Investigation Pool, la squadra investigativa principale di zona, e, a otto chilometri di distanza, il detective Jack Caffery, della squadra B dell'AMIP, venne buttato giù dal letto.

Jack rimase qualche istante al buio a raccogliere le idee, sbattendo le palpebre e lottando contro l'istinto di tornare a dormire. Poi, con un profondo respiro, fece uno sforzo: uscì dal letto e andò in bagno a lavarsi la faccia (basta col Glenmorangie nelle settimane di reperibilità, Jack, giuralo, ora, giuralo), si vestì (non troppo in fretta, è meglio arrivare ben svegli e calmi), si mise la cravatta, non troppo vistosa (il CID non vuole che li facciamo sfigurare). Il cercapersone e il caffè, caffè istantaneo, zuccherato, ma senza latte, niente latte. E soprattutto non mangiare, non sai mai quello che ti toccherà vedere. Ne bevve due tazze, trovò le chiavi della macchina nella tasca dei jeans e, risvegliato all'istante dalla caffeina, con una sigaretta che si era appena arrotolato stretta fra i denti, guidò attraverso le strade deserte di Greenwich fino alla scena del delitto. Lì, all'esterno dell'area industriale, il suo superiore, il commissario Steve Maddox, un uomo piccolo e prematuramente ingrigito, impeccabile come sempre nel suo vestito grigio-marrone, lo stava aspettando. Passeggiava sotto un lampione solitario, giocherellando con le chiavi e mordicchiandosi un labbro.

Vide Jack fermare l'auto, gli andò incontro, posò un gomito sul tettuccio e, avvicinandosi al finestrino aperto, esclamò: «Spero che tu non abbia appena mangiato».

L'altro tirò il freno a mano, poi prese le cartine e il tabacco dal cruscotto. «Splendido. Proprio quello che volevo sentirmi dire.»

«Ben oltre lo stadio di decomposizione.» Maddox arretrò, mentre Jack scendeva dall'auto. «Donna, parzialmente sepolta. Davvero una bella scoperta, quaggiù in mezzo al nulla.»

«L'ha già vista, suppongo?»

«No, no. Mi ha ragguagliato il CID. E, hmm…» Esitò, guardandosi alle spalle, là dove gli agenti del CID formavano un capannello. Quando si voltò nuovamente, parlò a voce bassa: «È stata autopsiata. Con la classica incisione a Y».

Jack tacque per un istante, la mano sulla portiera. «Autopsiata?»

«Già.»

«Allora verrà probabilmente da un laboratorio di anatomia patologica.»

«Lo so…»

«Lo scherzo di uno studente di medicina…»

«Lo so, lo so.» Maddox sollevò le mani, bloccandolo. «Non è esattamente la nostra zona, ma ascolta…» Lanciò di nuovo un'occhiata alle sue spalle, poi si avvicinò a Jack. «Di solito sono molto corretti con noi, quelli del CID di Greenwich. Assecondiamoli. Non perdiamo nulla se diamo un'occhiata, giusto?»

«Giusto.»

«Bene. Ora veniamo a te…» proseguì, raddrizzandosi. «Che mi dici? Pensi di essere pronto?»

«No, merda.» Jack sbatté la portiera, estrasse il distintivo dalla tasca e si strinse nelle spalle. «È ovvio che non lo sono. Quando mai lo sarò?»


Si diressero verso l'entrata, seguendo la recinzione perimetrale. L'unica luce era quella fievole, giallo sodio, dei radi lampioni, accompagnata di tanto in tanto dai flash bianchi della Scientifica, che rischiaravano per pochi istanti quello squallore. A nord, a un chilometro e mezzo, si stagliava imponente il Millennium Dome, tutto illuminato, con le luci rosse di segnalazione per gli aerei che si accendevano a intermittenza sullo sfondo stellato.

«L'hanno messa in un sacco per l'immondizia o qualcosa del genere», spiegò Maddox. «Ma laggiù è così buio che il primo attendente non ne è sicuro… È il suo primo caso, e lui arde di sacro fuoco.» Poi, con un brusco cenno del capo, indicò un gruppo di auto. «La vedi la Mercedes?»

«Sì», rispose Jack senza muoversi. Un uomo dalle spalle larghe, che indossava un cappotto color cammello, sedeva ingobbito sul sedile anteriore e parlava con un agente del CID,

«È il proprietario. Si stanno dando un gran daffare qui, per risistemare tutto. Per la storia del nuovo millennio. Dice che la scorsa settimana ha ordinato a una squadra di ripulire il posto. Con tutti quei macchinari hanno probabilmente smosso la tomba senza saperlo, e poi a mezzanotte…» Tacque per un istante. Erano giunti al cancello, dove mostrarono i distintivi e si fecero riconoscere. Quindi si chinarono per oltrepassare il nastro che delimitava la scena del delitto. «E poi, a mezzanotte», riprese, «tre uomini che stavano armeggiando con un bidone di Evostick l'hanno trovata. Adesso sono giù, alla stazione. La responsabile ci dirà di più. L'ha già vista.»

Il commissario Fiona Quinn, responsabile del coordinamento sulla scena del delitto, arrivata da Scodand Yard, li aspettava, spettrale con la sua tuta bianca, in uno spiazzo ben illuminato accanto a un modulo prefabbricato. Mentre i due si avvicinavano, lei si tolse il cappuccio.

Maddox fece le presentazioni.

«Jack, ti presento il commissario Fiona Quinn. Fiona… questo è Jack Caffery, il nuovo detective.»

Jack le si avvicinò, la mano tesa. «Piacere di conoscerla.»

«Piacere mio.» La donna si tolse i guanti di lattice e gli strinse la mano. «È il suo primo caso, vero?»

«Con l'AMIP, sì.»

«Be', avrei voluto passargliene uno migliore. La faccenda qui non è molto piacevole. Anzi non lo è affatto. Qualcosa le ha spaccato in due il cranio: una macchina, probabilmente. È distesa sulla schiena.» A mo' di dimostrazione, s'inclinò all'indietro, aprendo le braccia e la bocca. Nella penombra, Jack notò il riflesso di alcune otturazioni. «Dalla vita in giù è sepolta nel calcestruzzo… una sorta di pavimento o qualcosa di simile.»

«È là da molto?»

«No, no. Approssimativamente…» – si rimise un guanto e porse a Maddox una mascherina di cotone – «… da meno di una settimana, ma è comunque troppo per giustificare l'invio immediato di una squadra speciale. Credo sia meglio aspettare che faccia giorno prima di buttare giù dal letto il patologo. Lui potrà dirvi di più quando l'avrà esaminata e avrà valutato l'azione degli insetti. E semisepolta, avvolta per metà in un sacco per l'immondizia. Il che cambia le cose.»

«Il patologo?» chiese Jack. «Crede davvero che avremo bisogno di un patologo? Il CID pensa sia già stata autopsiata.»

«È vero.»

«E vuole che la vediamo comunque?»

«Sì.» Il volto della Quinn non cambiò espressione. «Sì, penso che dobbiate vederla. Non si tratta di un'autopsia professionale.»

Maddox e Caffery si scambiarono un'occhiata e, dopo un istante di silenzio, Jack annuì.

«D'accordo, d'accordo.» Si schiarì la voce, prese i guanti e la mascherina che la donna gli porgeva e s'infilò rapidamente la cravatta nella camicia. «Allora, andiamo a vedere di che si tratta.»


Per una vecchia abitudine del CID, Jack Caffery camminava con le mani in tasca persino quando indossava i guanti protettivi. Di tanto in tanto perdeva di vista la torcia della Quinn, il che gli causava una vaga inquietudine: in quel punto l'area industriale era buia. La squadra addetta alle riprese aveva finito e si era chiusa nel furgone, a duplicare il nastro originale. Ora l'unica luce era quella fosca, chimica, del nastro fluorescente che la Quinn aveva usato per contrassegnare i reperti su entrambi i lati del viottolo, così da proteggerli fino all'arrivo dell'incaricato dell'AMIP. Si mossero nella foschia come fantasmi indiscreti, tra le sagome verdi e indistinte di bottiglie, lattine schiacciate, un oggetto informe che avrebbe potuto essere una T-shirt o un asciugamano. Nastri trasportatori e gru a ponte si ergevano per quasi trenta metri nel cielo notturno che li circondava, grigi e silenziosi come un ottovolante fuori stagione.

La Quinn alzò la mano per fermarli. «Laggiù», disse a Jack. «La vede? Stesa sulla schiena.»

«Dove?»

«Vede il vecchio fusto di olio?» chiese, illuminandolo con la torcia.

«Sì.»

«E le due barre di rinforzo alla sua destra?»

«Sì.»

«Le segua.»

Oddio.

«La vede?»

«Sì.» Jack si riprese. «Sì, la vedo.»

Quello? Quello è un corpo? Pensava fosse un pezzo di schiuma poliuretanica, di quelle contenute nelle bombolette, tanto era gonfio, giallo e lucido. Poi vide i capelli e gli occhi e riconobbe un braccio. E, finalmente, chinando il capo di lato, capì ciò che stava osservando.

«Dio mio», disse Maddox con aria grave. «Forza, che qualcuno la copra con un telo.»

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