52

Il Wildacre Cottage non era affatto un cottage, bensì un orrendo bungalow prefabbricato con un tetto di tegole rosse e un generatore sistemato sul retro. Si trovava all'estuario del Tamigi, ai margini di una pineta, in mezzo ai campi gialli di ravizzone, a est di Dartford. Laggiù l'aria era salmastra; file di tassi costeggiavano i campi coi loro rami protesi verso l'entroterra, simili a capelli di arpie. Verso nord, a quattro chilometri dall'altra parte dell'estuario azzurro, l'orizzonte silenzioso s'ispessiva a formare il tavolato color sabbia del Southend.

Jack parcheggiò la Jaguar in un viottolo riparato. Essex e Maddox e lui si voltarono sui sedili scricchiolanti di pelle e guardarono sfilare le tre unità blindate del TSG, seguite da un'autopompa dei vigili del fuoco e da un'ambulanza.

Fu Paul a notare la luce del sole riflessa sul parabrezza di un'auto dietro di loro. «Che cavolo…»

La Sierra della polizia parcheggiò esattamente davanti alla Jaguar. Diamond scese dall'auto, slacciandosi la giacca ed estraendo una sigaretta dalla tasca.

«Ehi.» Maddox aprì la portiera. «Che ci fai qui? Ti avevo detto di rimanere alla centrale.»

«Sono forse d'intralcio?»

Jack balzò fuori dell'auto e sbatté la mano sul cofano della Sierra. «Ti ha fatto una domanda. Ti ha chiesto cosa cazzo ci fai qui.»

«Detective Jack Caffery!» esclamò Diamond, sistemandosi la cravatta e cercando di spianare le grinze della camicia, mentre girava intorno all'auto. Poi, sorridendo nella luce irregolare del sole, aggiunse: «Che cos'hai? Sei… stressato? O c'è qualcosa di personale?»

«Più di una settimana fa ci avevano fornito un indizio importante su Bliss, e tu, detective Mel Diamond, tu l'hai scartato…»

«Oh, suvvia», lo interruppe l'altro. «Credo tu stia lavorando troppo d'immaginazione!»

«No, non si tratta della mia immaginazione. Ci sono i fatti. Ora prendi l'auto, va' in fondo alla strada e parcheggiala di traverso.»

«Eh?»

«Blocca il traffico.»

«Aspetta un attimo…»

«Smonterai di guardia quando verrò a prenderti.»

«Ehi, non sono mica un fottuto addetto al traffico, lo sai bene. E tu non sei il mio superiore, piccolo bastardo.» Guardò Maddox. «Be'? Non ha intenzione di far nulla?»

«Hai sentito quello che ha detto Caffery?» Maddox indossò la giacca e si voltò. «Prendi l'auto e sparisci.»


L'unità di supporto aereo arrivò col suo elicottero bimotore B0105 giallo e nero e volò intorno al bungalow, appiattendo l'erba e lasciando nell'aria l'odore caldo del carburante. Quando si allontanò, il detective Diamond, in piedi sotto una quercia all'inizio del viottolo, poté sentire nuovamente il ronzio degli insetti e il crepitio del motore della Sierra che si raffreddava. Mentre si tastava le tasche in cerca di una sigaretta, qualcosa attirò la sua attenzione.

Un uomo piccolo, in canottiera e pantaloni macchiati, con un sacchetto sporco in mano, era apparso, come per magia, nel viottolo.

«Buongiorno.» Agitò le mani nelle tasche e sorrise brevemente, mostrando una fila di piccoli denti macchiati.

«'Giorno.»

«C'è un sacco di polizia. È successo qualcosa di preoccupante?»

Diamond alzò le spalle. «No. No», rispose, voltandosi per accendere la sigaretta. Poi si raddrizzò e buttò rapidamente fuori il fumo. «Non ci vorrà molto», proseguì togliendosi un pezzettino di tabacco dalle labbra. Ma vide che l'omino lo stava ancora fissando e allora esclamò: «Se fosse così gentile da andarsene, signore… Rimanga sulla strada principale. La zona è circondata da qui fino all'estuario, pertanto si tenga su questo lato».


Bliss s'incamminò, grattandosi la testa e borbottando. Dopo la curva, iniziò a risalire il pendio erboso, cercando di evitare il fango e le ortiche. Il sudore, causato più dalla rabbia che dallo sforzo fisico, si accumulava nelle pieghe del suo corpo.

Quando il telefono – del quale aveva praticamente scordato l'esistenza – si era messo a suonare nel corridoio, lui aveva capito subito che la puttana non stava mentendo. Allora le aveva fatto ciò che doveva, rapidamente ma con metodo. Quando il telefono si era zittito, lui non si era perso d'animo: si era vestito e aveva lasciato il bungalow, prima che la polizia arrivasse. Con le orecchie che gli fischiavano e la testa che gli doleva, aveva proseguito nel bosco gocciolante finché non aveva trovato un fossato umido, nascosto dall'erba, in cui nascondersi. La pioggia era cessata e l'aria salmastra gli pungeva le narici. Si era steso a terra, ascoltando la polizia che si preparava.

In quel momento, a soli cento metri dalla Sierra, esitò per un istante, guardando il cielo e annusando l'aria. Lassù, in cima al pendio, dietro la fila di bassi cespugli di biancospino, sarebbe stato piuttosto difficile che qualcuno sul sentiero lo vedesse. Si trattava semplicemente di proseguire e prendere un autobus sulla strada principale. Ma sapeva che ormai era finita: con la morte di Joni si era spezzato qualcosa in lui. Ciò che Bliss ormai voleva era lasciare il suo marchio insanguinato su questa terra. Voleva dare battaglia.

Pensò alla silenziosa opera di carne che aveva lasciato nel bungalow. Chiuse gli occhi e sorrise. Era un buon inizio.

Canticchiando distrattamente e grattandosi il collo, si diresse di nuovo verso la strada, finché non scorse, alla sua sinistra, il tettuccio della Sierra grigia. Il sole era sbucato dalle nuvole; tuttavia, mentre si avvicinava all'auto, la pioggia ricominciò a cadere. Allora rallentò, fermandosi dietro una quercia alta, avvolta dall'edera. Gli era venuta un'idea interessante. Assorto nei suoi pensieri, si mordicchiò l'interno della guancia, infilando la mano nella borsa per accarezzare, con le tozze dita rosee, la lama della sega. Sotto di lui, accanto alla Sierra, s'innalzava il fumo di una sigaretta.


Con il maglione nero e il giubbotto di Kevlar, il sergente O'Shea del TSG era tanto fuori posto in quel grazioso viottolo di campagna quanto lo sarebbe stato un predatore della giungla. I suoi ragazzi, l'espressione seria, il bacino in avanti, le braccia incrociate sul petto con le mani infilate sotto le ascelle, lo guardavano, mentre lui si aggirava in mezzo a loro.

«La polizia locale ha effettuato una perlustrazione: dall'una del pomeriggio c'è una Peugeot blu parcheggiata. Per dieci minuti abbiamo tentato di stabilire un contatto, ma nessuno ha risposto al telefono, pertanto il nostro psichiatra è d'accordo: non volevamo che si arrivasse a questo punto, però ormai stiamo considerando un'eliminazione tattica. Non sappiamo quali armi possieda il bersaglio: si presume non abbia armi da fuoco… più probabilmente dispone di armi da taglio, quindi attenzione al collo e alle mani, alle parti vulnerabili. Tenete le visiere abbassate e attenetevi al protocollo per separare il bersaglio dall'arma. Per quanto riguarda l'incursione, procederemo con un'operazione scaglionata.»

Jack era avanzato di qualche passo sulla strada e stava fumando, tenendo d'occhio, attraverso una siepe divisoria, il bungalow situato più in basso. Non passavano macchine e si udiva solo l'elicottero roteare in cielo. Di tanto in tanto, all'interno dell'abitazione, il telefono squillava.

«Guarda, Jack.» Paul indicò un punto in lontananza. Nuvole nere si addossavano alla bocca dell'estuario, come se tentassero di bloccarne l'entrata. «Sembrano un presagio di sangue.»

«Ha avuto il tempo di farlo, Paul. Lei potrebbe essere già…»

Paul guardò il volto di Jack e si morse il labbro. «Sì. Devi essere preparato.»

«Comunicheremo via radio come sempre», proseguì O'Shea, piegando le mani tatuate. «Squadra perimetrale: continuate a inviare i messaggi di controllo. Se qualcosa dovesse andare storto e vi ritrovaste in pericolo, conoscete la procedura radio.»


Diamond osservò l'ometto per un po', fino a che non scomparve dietro la curva. Poi sbadigliò, si grattò il naso, finì di fumare la sigaretta e la gettò per terra. Pioveva di nuovo. Cercò le chiavi della Sierra nelle tasche: non aveva senso stare a inzupparsi là fuori. Meglio lasciare quelle cose agli eroi. Aveva la mano sulla portiera quando Bliss, madido di sudore, si scagliò su di lui.

«Ciao», gli sussurrò.

Diamond lasciò cadere le chiavi e scattò all'indietro, contro l'auto, farfugliando e strabuzzando gli occhi per il dolore: l'ometto gli stava stringendo con violenza i genitali.

«Piano, piano… o ti farai male», mormorò l'aggressore, gli occhi gialli a pochi centimetri dal volto dell'altro.

«Sono della polizia. Polizia…» Lottò con la mano dell'uomo, cercando di liberarsi, ma la sega si accese improvvisamente e si appoggiò sulle sue nocche. Non andò in profondità, ma il sangue prese a zampillare. Diamond gridò, ritraendo di scatto le braccia. «Non ferirmi, non ferirmi… Sono un poliziotto.»

«Mi prometti di tenere ferme le mani? Mettile sopra la testa.»

«Sì, sì, sì.» Respirando affannosamente, il detective alzò le braccia. «Sì.»

«Dillo. Di': lo prometto.»

«Sì, lo prometto.»

«Giuralo sulla tua testa.»

«Lo giuro sulla… sulla…» Diamond prese a tremare. «Che cos'hai intenzione di farmi?»

«Sta' zitto.» Bliss gli lanciò un'occhiata furiosa. «Taci e basta.» Aveva gli angoli della bocca sporchi di saliva. Non poteva pulirseli: una mano stringeva l'impugnatura della sega, l'altra la carne molle dei genitali del poliziotto. I loro occhi erano alla stessa altezza e Bliss percepì il terrore gelido nel respiro dell'altro.

«Ascolta», mormorò Diamond, rabbrividendo. «Io non c'entro in questa storia. Non sono stato io a condurli qui. Non vogliono neanche che mi avvicini alla casa. È per questo che mi hanno lasciato da parte.»

«Chi prende le decisioni?»

«Le decisioni?» Diamond si umettò le labbra. «Le decisioni? Il nostro… il nostro…»

«Sì?»

Diamond esitò, un barlume di speranza negli occhi: sembrava che l'altro si fosse tranquillizzato. «Il nostro capo. Il detective Caffery. Jack Caffery.»

«Lui?» esclamò Bliss, scoprendo i denti macchiati. «Dov'è?»

«In fondo alla collina. Te lo indico?»

«Sarebbe gentile da parte tua.»

«Mi lascerai andare?»

«Vedremo. Per adesso dammi la tua radio.»


La pioggia si fece più intensa. Scorreva lungo la schiena di Jack e gli inzuppava le scarpe. I nuvoloni minacciosi avevano attraversato l'estuario e sembravano essersi fermati sopra la casa. Le finestre erano rimaste buie, chiuse.

«Rispondi al telefono, bastardo.»

Paul e Jack erano ben distanti, a metà del campo, la radio spenta. Raramente Jack si era sentito tanto inutile. Sapeva che Rebecca si trovava nel bungalow, e la sua immaginazione gli suggeriva una sfilza di possibilità terrificanti. Non poteva far altro che osservare gli uomini della squadra, i quali, in fondo al vialetto, divisi in gruppi, indossavano i guanti e si caricavano in spalla l'ariete rosso.

Paul si voltò. Il detective Diamond era fermo al margine del bosco, pallido e silenzioso, e faceva loro alcuni cenni.

«Ma guarda quel deficiente… Che diavolo vuole?» Velocemente, senza far rumore, corse fino agli alberi. «Che cavolo fai quaggiù?» sibilò.

«Da questa parte», sussurrò Diamond, tornando nel bosco.

Paul lo seguì. «Dovevi stare sulla strada.»

«Di qui.»

«Che ti è successo alla mano? Stai sanguinando…»

Nel punto in cui si era appostato, tra le foglie decomposte, Bliss agì rapidamente e con precisione. Con un solo movimento e uno schiocco sordo recise il tendine di Achille del piede destro di Paul.

«Cristo santissimo», esclamò lui, cadendo a terra come un vecchio albero e battendo la spalla, troppo scioccato per gridare; poi, mentre portava la mano alla ferita, in mezzo a un lago di sangue, vide che la sua radio era scivolata lontano.

«E ora l'altro…» mormorò Bliss. Con gli occhi lucidi per l'eccitazione, si buttò su di lui, con la sega ronzante. Ma Paul fu più veloce. Grugnendo, rotolò sulla schiena e gli si avventò contro, colpendolo violentemente alla colonna vertebrale.

L'uomo mollò la sega e si accasciò con un tonfo tra le foglie bagnate, senza fiato per la sorpresa.

«Bliss, sei un pezzo di merda!» gridò Paul, bloccandolo a terra col suo peso. «Sei un gran pezzo di merda!» Poi si spostò finché, boccheggiante come un pesce spiaggiato, non riuscì a piazzarsi a cavalcioni sulla schiena dell'uomo. Aveva perso la radio, sapeva di non potersi reggere in piedi. La sua unica arma era il peso: sperava fosse sufficiente a trattenere Bliss fino all'arrivo dei rinforzi. «Diamond!» urlò allora. «Usa la mia radio, Diamond. Chiama tutte le unità.»

Ma Diamond stava tremando, tenendosi la mano. «Quel bastardo mi ha ferito», mormorò. «Avrebbe potuto recidermi un'arteria…»

«Diamond!»

«In ogni caso è morta.» Bliss sputò sul terriccio. «Sono morte tutt'e due, quelle puttane.»

Paul afferrò la camicia di Bliss sopra le scapole. «Cos'hai detto, brutto pezzo di merda?» Ma il volto dell'uomo era calmo, beatamente sereno. Il poliziotto gli conficcò il gomito nella schiena. «Le hai uccise?» Lo colpì nuovamente. L'altro non batté ciglio. «Che cos'hai fatto, lurido figlio di puttana? Le hai uccise?»


«Paul?» Jack si accorse che qualcosa non andava nel momento in cui si voltò e, nel punto in cui poco prima c'era Diamond, non vide che alberi. Fece qualche passo in quella direzione, la radio in posizione di stand-by. Poi si fermò.

Dall'interno del bosco giunse un grido lieve, quasi impercettibile. Inumano. E, a intermittenza, un ronzio meccanico, secco e inquietante.

«Paul?» Nessuna risposta. «Paul? Stai bene?»

Silenzio.

È accaduto qualcosa, Jack.

Lentamente, la radio alle labbra, s'incamminò. Lo strano rumore si affievolì e tacque. La paura gli contrasse lo stomaco.

«Bravo sei-zero-due a tutte le unità.»

Aggirò un gruppo di betulle bianche e si fermò.

Diamond era appoggiato a un tronco caduto, si stringeva un braccio al petto e guardava Paul, a una decina di metri da lui, la faccia ghiacciata e bluastra, che aveva immobilizzato Bliss. Quest'ultimo aveva un braccio dietro la schiena. Le palpebre tese lasciavano intravedere gli angoli arrossati degli occhi. A pochi centimetri, tra le foglie, la sega elettrica roteava, simile a un cane che si rincorre la coda.

«Paul… Cristo…»

Paul alzò lo sguardo. «Dice che le ha uccise, Jack.»

«Tienilo…» Cautamente avanzò verso di loro, la mano protesa. «Fallo stare calmo… Tienilo…»

Ma Diamond allungò rapidamente il braccio e lo afferrò per un polso. «Non ho potuto fare nulla, non potevo guardare.» Gli mostrò la mano. «Vedi il sangue… Vedi il colore?» La bocca pallida ebbe un fremito. «È troppo rosso. È andato troppo in profondità.»

«Diamond!» esclamò Jack con rabbia. «Non ti avevo avvertito?» E senza pensarci né fermarsi, fratturò il bel naso del collega in due punti.

Diamond si accasciò, gridando, le mani premute sul viso. «Per che cazzo l'hai fatto? Perché?»

E fu allora che Bliss scattò.

Avvicinò la sega elettrica e, con un movimento improvviso del braccio flaccido, abbassò la mano destra di Essex su di essa, squarciandogli la carne tenera del polso. Il sangue zampillò come una fontana e Paul lanciò un urlo.

Jack balzò in avanti. «Paul!» gridò. Ma Bliss fu rapido.

Battendo le palpebre e concentrandosi, si rotolò, tra le urla e gli zampilli di sangue. Così facendo, riuscì a inginocchiarsi vicino all'altra mano di Essex e ad appoggiare la lama della sega sulla rete vulnerabile di vasi sanguigni e tessuto. Poi, prima che Jack potesse raggiungerlo, si alzò e fuggì via, tutto imbrattato del sangue di Paul. Barcollò per un istante, sdrucciolando sulle foglie bagnate, poi riacquistò l'equilibrio e si diresse verso il margine del bosco.

«Paul?» Jack si lanciò verso il collega e appoggiò il viso contro le sue guance fredde. «È riuscito a ferirti a tutti e due i polsi?»

Paul annuì e socchiuse gli occhi per il dolore. Fiotti di sangue rosso vivo gli zampillavano sulla camicia.

«Diamond! Muovi il culo!» Jack balzò in piedi, afferrò Diamond per la parte posteriore della giacca e lo trascinò fino a Paul. «Svegliati! Dammi le mani…»

«Lasciami, porca put…»

«Dammi le mani. Mettile qui.» Gli strappò le dita dal naso sanguinante e le chiuse intorno alle arterie delle ascelle di Paul. «Premi. Premi più forte.» Si tolse la giacca e la cravatta, sganciò la radio e la mise ai piedi di Diamond. «Comprimi le arterie e poi chiama aiuto.»

Diamond gli rivolse uno sguardo iniettato di sangue. «Bastardo.»

«Fai quello che ti ho detto…» Jack prese Diamond per un orecchio e gli sollevò la testa. «Ci siamo capiti?»

«Va bene, va bene. Lasciami.»

«Fallo e basta.» Poi gli diede una spinta e partì all'inseguimento di Bliss.


Bliss era già distante qualche centinaio di metri. Là dove gli alberi iniziavano a fondersi in un'unica macchia, una figurina bianca e rosea correva sotto la pioggia. Si muoveva rapidamente, ma Jack era più leggero. Più forte e più veloce. Si lanciò nel sottobosco, accompagnato solo dal rumore del suo respiro e dal gocciolio della pioggia tra i rami.

Non urlò. Avrebbe sprecato troppa energia. Fango e foglie schizzavano sotto i suoi piedi. Guadagnò rapidamente terreno, e ben presto udì il respiro ansimante di Bliss e vide le sue tozze braccia.

Merda. Riusciva ormai a vedere il catrame nero della costiera che scintillava fra gli alberi. Quella è una strada pubblica… sarà stata bloccata? Dov'è la polizia locale? E il TSG? I cespugli dovrebbero brulicare di poliziotti.

Più avanti, Bliss si chinò improvvisamente per evitare un ramo basso, si fece strada tra il fogliame umido e si gettò in un fossato. Scivolò lungo la sua sponda e stava ancora acquistando velocità quando incontrò il filo spinato, in fondo.


Paul era steso su un fianco, la faccia nel fogliame putrescente, la bocca spalancata. Sapeva che ben presto avrebbe perso conoscenza. Persino le ossa gli sembravano fredde.

Strano, strano avere così freddo in giugno…

Posò lo sguardo sulle sue mani: giacevano di fronte a lui, abbandonate sul terreno come se appartenessero a un altro. Diamond si stava dando da fare, tamponandole con pezzi di stoffa strappati dalla giacca, cercando di fermare l'emorragia. Di tanto in tanto s'interrompeva, sollevava le dita insanguinate e si toccava con cautela il naso rotto. A pochi centimetri da lui, la radio di Jack era immersa nel fango. La voce di Maddox, distante e metallica, chiamava il detective: «Bravo sei-zero-due, qui Bravo sei-zero-uno. Rispondi.»

Sopra le loro teste, l'elicottero continuava a sorvolare la casa. Di certo il TSG era già entrato nel bungalow.

Troppo tardi, pensò Paul. Le ragazze sono già morte. Non c'era più nulla da fare per loro. E Jack è con Bliss. Da qualche parte nel bosco… senza la radio. «Diamond…» Lo sforzo fu enorme: la testa parve esplodere. «Diamond… La radio…»

L'altro non rispose.

«Diamond!»

«Cosa?» L'altro sollevò la testa, rabbiosamente. «Diavolo, non sono sordo, sai.»

«La radio…»

«Sì, lo so.» Annodò le estremità della striscia di stoffa intorno ai polsi di Paul. «Sto facendo del mio meglio, cazzo.» Si voltò, il viso contratto in una smorfia, una mano sulla faccia, e avvicinò la radio, trascinandola tra le foglie. Quindi premette il pulsante arancione, lanciando un segnale d'emergenza di dieci secondi su ogni canale.

«Bravo sei-zero-tre a tutte le unità. Chiedo assistenza urgente… Ripeto: chiedo assistenza urgente…»

Paul, esausto, lasciò ricadere la testa. Un fremito di dolore gli percorse le membra. Vedeva tutto più grande, distorto: gli alberi, il cielo, i rami caduti, Diamond che parlava freneticamente alla radio, come se l'aria si fosse gonfiata e si stesse levando a ondate verso di lui. Anche la luce, prima indistinta, stava diventando sempre più verde e fredda.

Il tuo cuore si sta indebolendo, Paul, pensò con distacco. Vecchio stupido, un'altra volta impari. Il tuo cuore sta cedendo…


Lo slancio lo fece scivolare lungo la scarpata e lui, con le mani protese, si preparò ad affrontare la staccionata. Affondò i talloni nel terreno e le sue dita trovarono un punto della recinzione in cui non c'erano spuntoni. Si fermò a pochi centimetri dal filo spinato, col cuore che gli martellava nel petto. Ma subito riacquistò l'equilibrio e si voltò di scatto, ansimante, pronto a combattere.

Due metri più in là, Bliss aveva avuto meno fortuna.

Il suo peso lo aveva tradito: dondolava, i piedi appoggiati al terreno, le ginocchia leggermente piegate, le braccia in alto. Il filo spinato gli si era conficcato nella pelle, tra i capelli, in profondità, sotto i legamenti molli. Non emetteva suoni, sbatteva soltanto le palpebre di tanto in tanto. Aveva un'espressione tranquilla, intensa.

Jack abbassò le mani. «Bliss?»

Nessuna risposta.

E adesso che succede?

Fece un passo verso di lui.

«Bliss?»

Perché non si divincola?

Il volto di Malcolm Bliss appariva sereno: solo la mandibola si muoveva, come se l'uomo si stesse concentrando per rimanere perfettamente immobile. Poi, in un lampo, Jack capì che cos'era accaduto.

Muovendosi prova dolore. È spacciato.

Gli sfuggì un respiro di sollievo.

Eccolo là, in trappola, pronto per lui. La sua preda in carne e ossa. Birdman.

Tremando, si asciugò il sudore dalla fronte e si chinò, attento a non rilassarsi, a non illudersi per quell'inaspettato colpo di fortuna. Bliss – rigido nelle sue briglie di filo spinato – guardava pacatamente davanti a sé mentre Jack lo ispezionava, con rapidità, con precisione, scrutando l'intreccio di fili, scoprendo che cosa gli causava dolore, perché e quanto. Riscontrò innumerevoli ferite minori, piccole ma insidiose, prima di trovare il fulcro, un unico spuntone penetrato in profondità nel collo di Bliss. Niente sangue ancora, ma la carne rosea, gonfia, intorno a esso pulsava. La carotide: pronta per essere spillata, svuotata.

«Qui», gli sussurrò Jack, a un palmo dal suo viso, appoggiando le dita sul filo. «Qui c'è la chiave di tutto.»

Poi tirò delicatamente il filo verso il basso, per individuare il luogo in cui iniziava il dolore. Bliss inspirò dal naso, sopportando quel gesto quasi infantile: chiuse gli occhi con pazienza, come se non provasse dolore, ma solo un senso di umiliazione per un dispetto fattogli da quel ragazzino prepotente. Jack allentò la pressione e poi girò il filo nella direzione opposta.

«Così fanno i codardi, signor Caffery», esclamò improvvisamente Bliss con voce impastata e tesa. «Sì, i codardi…»

Jack avvicinò di più il volto. «L'hai fatto? L'hai fatto davvero? Le hai uccise?»

«Sì.» Bliss chiuse gli occhi. «E me le sono anche scopate, non dimenticartelo.»

Jack rimase a fissarlo, le dita impietrite aggrappate al filo. Al di sopra degli alberi l'elicottero virò bruscamente, si allontanò dal bungalow e si diresse verso la strada. Il rumore delle pale si fece più intenso; lo spostamento d'aria scuoteva il terreno e faceva gocciolare la pioggia dagli alberi. Jack rimase rigido, senza percepire nulla se non la propria rabbia. Con lo sguardo fisso sul volto di Bliss, assaporò l'opportunità che gli veniva offerta, e i suoi occhi sembrarono accendersi.

Poi, improvvisamente, tutto si dissolse. La tentazione svanì.

Jack trasse un respiro profondo, si asciugò il sudore dalla fronte e scosse il capo, il cuore colmo di tristezza. Mormorò qualcosa tra i denti, lasciò il filo e, senza più rivolgere neppure un'occhiata a Bliss, prese a risalire lentamente il fossato.


L'elicottero passò oltre. Paul osservò il cielo grigio tra le foglie argentee ondeggianti. Un uccellino volò in tondo. Il cuore di Paul continuava a lottare, pompando le ultime, inutili gocce di linfa vitale fuori dai suoi polsi. Strano, pensò, non riesco a sentire la pioggia sulla faccia. Perché mai non sento le gocce?

Venti secondi dopo, il cuore ebbe un fremito e si arrestò.

La pioggia continuò a cadere in gocce trasparenti, dure come biglie di vetro, che rimbalzavano sugli occhi aperti.


L'elicottero mancò Jack e Bliss e passò a mezzo chilometro dal fossato, proseguendo sopra la strada principale verso l'estuario.

Molto più in basso, sotto la copertura degli alberi, Jack risaliva il fossato. Giunto in cima, qualcosa lo bloccò.

Si premette le tempie, come per attenuare un dolore sottocutaneo. Si voltò e osservò Bliss: per quanto insanguinato, sembrava in paziente attesa di qualcosa. Un ciuffolotto, attratto da quell'oggetto impigliato nella rete, aveva fatto capolino cento metri più in là, su un sicomoro. Quella bestiola non era più grande del pugno di un bambino. Con la testolina inclinata di lato, si guardava intorno, alla ricerca di cibo. Jack lo studiò a lungo, poi fece un respiro profondo e si lanciò di nuovo nel fossato, tirando i polsini della camicia per coprirsi le dita e afferrando il filo con le mani.

Uno schizzo sottile esplose nell'aria, tracciando un arco: il vaso era stato perforato. Bliss strillò e sobbalzò. I piedi ondeggiarono e le mani si alzarono istintivamente verso il collo. Jack trattenne il respiro, strinse la presa e la carotide scoppiò, riversando un fiotto di sangue sul collo bianco e sui capelli di Bliss.

Poi Jack fece un passo indietro e rimase a guardare, premendosi distrattamente l'unghia nera del pollice nel palmo, mentre il sangue di Bliss colava sul terreno. Il fatto che una vita stesse finendo non lo turbò. Al contrario, provò un senso di trionfo, di delirante trionfo.

Poi contò fino a cento per assicurarsi che fosse tutto finito. Si voltò, si sistemò la camicia e cominciò a risalire il fossato.


Gli uomini del sergente O'Shea trovarono il corpo di Joni nel corridoio. Bastò un'occhiata a confermare che era morta. Nessuno avrebbe potuto sopravvivere a quelle ferite: aveva chiaramente la colonna vertebrale spezzata e una bottiglia rotta inserita nella vagina. La Quinn entrò nel bungalow con la squadra addetta alle riprese. Venti minuti dopo riapparve, scura in volto, per scortare Jack e Maddox all'interno.

«Quell'altra l'ha lasciata là dentro.» Accese una torcia per illuminare il corridoio buio. «In soggiorno.» La Quinn si fermò e si voltò verso i due uomini. «Siete sicuri di voler vedere?»

«Naturalmente», mormorò Jack. La sua camicia era bagnata di pioggia e di sangue. «Naturalmente.»

La donna aprì la porta.

Nella stanza aleggiava il tipico odore di chiuso delle case che si usano solo per le vacanze. Le tende erano tirate, i mobili in ordine. Sulle sedie di vimini c'erano cuscini fiorati dai colori brillanti. Si festeggiava un compleanno, il compleanno di un bambino. Il tavolo era imbrattato di torta, e i palloncini ondeggiavano sul soffitto, sporchi di sangue.

«Ci siamo.» La Quinn entrò nella stanza. «Guardate da quella parte e vedrete.»

«Dove?»

La donna orientò la torcia verso la porta a battenti, verso il soffitto della cucina.

Maddox ebbe un sussulto. «Oh, Cristo.»

Era stata appesa, a faccia in giù, come un'incerata disposta sopra il tavolo. Un pezzo di filo elettrico le avvolgeva i polsi, passava attraverso il gancio sul soffitto e le legava le caviglie. Era nuda, a eccezione di uno strato di pellicola trasparente che le avvolgeva la testa e le spalle. Mummificata. Una sottile striscia di luce le illuminava le cosce rigate di sangue.

La Quinn appoggiò una mano sul braccio di Jack. «La Scientifica, detective.»

«No», ribatté lui, entrando nella cucina.

«Jack», lo richiamò Maddox. «Jack. Prima dobbiamo chiamare la Scientifica. Jack…»

Lui attraversò lentamente la stanza e i possenti muscoli del suo petto si contrassero: il suo corpo bloccò istintivamente ogni reazione. Il linoleum era appiccicaticcio. I suoi piedi cozzarono contro il divisorio metallico, e lui si fermò, le mani appoggiate sulle porte oscillanti.

Quell'opera grottesca ondeggiava, come sospinta dalla brezza. Sotto la pellicola trasparente, il volto di Rebecca era schiacciato e gonfio.

Lentamente, impercettibilmente, Jack riprese a respirare.

La tua immaginazione, Jack, vedi, non è quel Golia che credevi. No, la tua immaginazione non avrebbe mai potuto inventare una cosa simile. E tu credevi davvero di voler trovare Ewan. Pensavi veramente di voler vedere.

Una goccia si formò sotto il naso di Rebecca, tra le pieghe della pellicola trasparente.

«Becky?» La lacrima cadde sul pavimento. «Becky?»

Nel suo collo, una vena pulsò.

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