46

Tutto ricominciò ad andare storto quando guardai il calendario.

Il cervello umano è un sorprendente miscuglio di elettricità e chimica: scienza pura, a pensarci bene. Capiamo di più e meglio ciò che avviene nel cosmo piuttosto che i curiosi percorsi del cervello, del cervelletto, dell’ipotalamo, del midollo allungato e di tutto il resto. E, come nel caso di ogni composto pericoloso, non sappiamo come reagirà in presenza di un certo catalizzatore.

C’era più di un particolare che mi induceva a riflettere. La questione dell’informatore nella polizia, per esempio. Io e Rachel avevamo dato per scontato che nella polizia o nell’FBI ci fosse qualcuno che raccontava a Bacard e soci delle nostre mosse. Ma se a uccidere Monica era stata Stacy, questa teoria non stava in piedi. Per non parlare del fatto che mia moglie era stata trovata nuda. Forse ora capivo il perché, ma certo Stacy non si sarebbe mai sognata di spogliare sua cognata.

Ma il vero catalizzatore fu il calendario, nel momento in cui, guardandolo, mi resi conto che era mercoledì.

La tragedia in casa mia era successa di mercoledì. In quei diciotto mesi c’erano stati ovviamente moltissimi mercoledì. Un giorno della settimana è qualcosa di abbastanza innocuo: ma adesso, dopo aver saputo certe cose, dopo che il mio cervello aveva elaborato tutti quei nuovi dati, alcune caselle vuote cominciarono a riempirsi. Tutti quei piccoli interrogativi, quei piccoli dubbi, tutte quelle idiosincrasie, tutti quei momenti che avevo dato per scontati senza darmi la pena di esaminarli… tutti modificarono leggermente la propria fisionomia. E ciò che vidi fu addirittura peggio di quanto avessi immaginato.

Ero tornato a Kasselton, a casa mia, dove tutto aveva avuto inizio.

Mi serviva una conferma e telefonai a Tickner.

«A me e a mia moglie hanno sparato con due calibro 38, vero?» gli chiesi.

«Sì.»

«Ed è certo che si trattasse di due pistole diverse?»

«Sicuro.»

«E una delle due era la mia Smith and Wesson?»

«È una cosa che sa già, Marc.»

«Avete già ricevuto tutte le perizie balistiche?»

«Quasi tutte.»

Mi inumidii le labbra preparandomi alla domanda successiva, nella speranza folle di sbagliarmi. «Contro chi ha sparato la mia pistola: me o Monica?»

Lui si fece evasivo. «Perché adesso mi fa questa domanda?»

«Curiosità.»

«Già, giusto. Aspetti un momento.» Lo udii scartabellare dei fogli ed ebbi l’impressione che la gola mi si potesse chiudere da un momento all’altro. Stavo per riattaccare. «Sua moglie.»

Quando sentii l’auto che si fermava davanti a casa mia, riattaccai. Lenny girò la maniglia e aprì la porta, senza bussare. Ma lui non bussava mai.

Me ne stavo seduto sul divano, la casa era silenziosa, tutti i suoi fantasmi dormivano. Lui teneva in mano due bicchieri di Slurpee e sfoggiava un gran sorriso. Mi chiesi quante volte avevo visto quel sorriso. Me lo ricordavo più simile a un ghigno, me lo ricordavo con l’apparecchio ortodontico. Me lo ricordavo insanguinato, dopo che Lenny aveva sbattuto contro un albero scendendo insieme a me su uno slittino lungo il pendio dietro la casa dei Goret. Ripensai alla volta in cui, facevamo la terza elementare, Lenny saltò sulla schiena di Tony Merruno, un bambino grande e grosso che voleva picchiarmi: ora ricordo che in quella circostanza Tony Merruno gli mandò in pezzi gli occhiali, ma non credo che Lenny se la prese più di tanto.

Lo conoscevo così bene. O forse non lo conoscevo affatto.

Quando Lenny mi guardò, il sorriso scomparve dal suo volto.

«Quella mattina, Lenny, dovevamo andare a giocare a racquetball, ricordi?»

Lui posò sul tavolo i bicchieri.

«Tu non bussi mai ma apri direttamente la porta, come hai fatto adesso. Che cos’è successo allora quella mattina, Lenny? Sei venuto a prendermi, hai aperto la porta.»

Prese a scuotere la testa, ma ormai lo sapevo.

«Le due pistole, Lenny. È questo che ti ha tradito.»

«Non so di che cosa tu stia parlando.» Ma nella sua voce non c’era convinzione.

«Pensavamo che Stacy non fosse riuscita a procurare a Monica una pistola, che mia moglie cioè avesse sparato con la mia. Non è andata così invece, sai. Ho appena controllato le perizie balistiche. È buffo, non mi hai mai detto che a Monica avevano sparato con la mia pistola, e a me invece con l’altra.»

«E allora?» Lenny si era trasformato nell’avvocato. «Questo non significa nulla, forse Stacy gliel’aveva trovata davvero una pistola.»

«Ed è stato così, infatti.»

«E allora i conti tornano.»

«Spiegami come.»

Cambiò posizione. «Forse Stacy aveva procurato a Monica una pistola. Monica ti spara con quest’arma e quando, dopo pochi minuti arriva Stacy cerca di sparare anche a lei.» Lenny si avvicinò alle scale come per darmi una dimostrazione di quanto stava dicendo.

«Stacy corre su, Monica spara e questo spiegherebbe il foro di proiettile.» Mi indicò con il dito il punto con il foro riempito di stucco. «Stacy va in camera da letto, prende la tua pistola, ridiscende e spara a Monica.»

Lo guardai. «È così che è andata, Lenny?»

«Non lo so. Voglio dire, potrebbe essere andata così.»

Attesi un momento, lui si girò dall’altra parte. «C’è un particolare» dissi.

«Quale?»

«Stacy non sapeva dove tenevo la pistola e non sapeva nemmeno la combinazione della cassetta di sicurezza.» Mi avvicinai a lui di un passo. «Tu invece lo sapevi, Lenny, perché era lì che tenevo tutte le mie carte legali. Ti avevo affidato tutto. Ora quindi voglio la verità. Monica mi ha sparato, tu sei arrivato e mi hai visto sul pavimento. Pensavi che fossi morto?»

Lenny chiuse gli occhi.

«Fammi capire, Lenny.»

Lui scosse lentamente la testa. «Tu credi di amare tua figlia, ma non hai idea di che cosa significhi. L’amore cresce giorno dopo giorno e più passa il tempo più il tuo legame con un figlio si fa stretto. L’altra sera, tornando a casa dallo studio, ho trovato Marianne che piangeva perché alcune bambine l’avevano presa in giro a scuola. Sono andato a letto con il cuore pesante e mi sono reso conto in quel momento che posso essere felice solo come il mio figlio più triste. Capisci che cosa intendo dire?»

«Dimmi che cos’è successo quella mattina.»

«In pratica hai capito tutto. Arrivai a casa tua e aprii la porta, Monica parlava al telefono e aveva in mano la pistola. Corsi verso di te, non riuscivo a crederci, ti tastai il polso ma…» Scosse di nuovo la testa. «Monica prese a urlarmi dietro, diceva che non avrebbe permesso a nessuno di portarle via la sua bambina. Mi puntò la pistola contro. Cioè, Cristo, ero certo che stavo per morire. Allora rotolai sul pavimento e poi salii di corsa le scale. Ricordavo che tenevi una pistola di sopra. Lei mi sparò.» Indicò di nuovo il foro nel muro. «È li che si è conficcato il proiettile.»

Si fermò a prendere fiato. Attesi.

«Ho preso la tua pistola.»

«Monica ti ha inseguito su per le scale?»

La sua voce si era fatta dolce. «No.» Poi cominciò a battere le palpebre. «Forse avrei dovuto tentare di telefonare, forse sarei dovuto scappare. Non lo so. Ci ho pensato e ripensato centinaia di volte, cercando di immaginare quello che avrei dovuto fare. Ma sul pavimento c’era il mio migliore amico, morto, e quella maledetta pazza gridava che si sarebbe portata via tua figlia, la mia figlioccia. Mi aveva già sparato una volta e non sapevo che cosa avrebbe potuto fare.»

Distolse lo sguardo.

«Lenny?»

«Non lo so che cos’è successo, Marc. Davvero non lo so. Sono sceso senza farmi sentire, lei stringeva ancora la pistola…» La sua voce si affievolì lentamente.

«E quindi le hai sparato.»

«Non volevo ucciderla o, almeno, non credo. Ma all’improvviso eravate tutt’e due morti, a terra. Stavo per chiamare la polizia, ma poi mi sono reso conto che le apparenze erano contro di me. Avevo sparato a Monica da un’angolazione insolita e quelli avrebbero potuto sostenere che quando l’ho colpita mi stava dando le spalle.»

«Pensavi che ti avrebbero arrestato?»

«Naturalmente, la polizia mi odia, sono un penalista di successo e faccio assolvere i miei clienti. Secondo te, che cosa sarebbe accaduto?»

Non risposi. «Il vetro della finestra l’hai rotto tu?»

«Sì, dall’esterno, in modo che sembrasse che l’assassino era entrato da lì.»

«E hai spogliato Monica?»

«Sì.»

«Per lo stesso motivo?»

«Sapevo che sui suoi abiti, ci sarebbero state tracce di polvere da sparo e gli investigatori avrebbero scoperto che lei aveva sparato, mentre io volevo che pensassero a un solo assalitore. Mi sono quindi sbarazzato dei suoi abiti e le ho pulito la mano con una salviettina umidificata.»

Ecco un altro particolare rimasto oscuro fino a quel momento, Monica nuda voglio dire. A spogliarla poteva essere stata Stacy, per depistare la polizia, ma non ce la vedevo mia sorella ad architettare un trucco del genere. Lenny il penalista ce lo vedevo invece, eccome.

Stavamo per arrivare al punto cruciale e lo sapevamo entrambi. «Parlami di Tara.»

«Era la mia figlioccia, volevo proteggerla.»

«Non capisco.»

Lenny spalancò le braccia. «Quante volte ti avevo chiesto di fare testamento?»

Ero confuso. «E questo che cosa c’entra?»

«Pensaci un attimo. Nei momenti più difficili, da quel giorno, tu hai fatto affidamento sulla tua esperienza di chirurgo, giusto?»

«Credo di sì.»

«Io faccio l’avvocato, Marc, e anch’io mi sono affidato alla mia esperienza. Tu e Monica eravate morti, nella stanza accanto Tara piangeva disperatamente e io, Lenny l’Avvocato, ho immediatamente realizzato ciò che sarebbe accaduto.»

«Che cosa?»

«Tu non avevi fatto testamento, non avevi nominato un tutore. Non capisci? Questo significava che la bambina sarebbe stata affidata a Edgar.»

Lo guardai in faccia. Non ci avevo pensato.

«Tua madre si sarebbe opposta, ma contro i soldi di tuo suocero non avrebbe avuto speranza. Oltretutto aveva tuo padre da accudire e sei anni prima era stata condannata per guida in stato di ebbrezza. La bambina sarebbe andata a Edgar.»

Ora capivo. «E tu non potevi permetterlo.»

«Sono il padrino di Tara, era mio dovere proteggerla.»

«E, come se non bastasse, tu odi Edgar.»

Scosse il capo. «Intendi dire che ero prevenuto per ciò che aveva fatto a mio padre? Sì, forse un po’ lo ero, inconsciamente. Ma Edgar Portman rappresenta il male, e lo sai, guarda come aveva ridotto Monica: non potevo permettere che facesse a tua figlia ciò che aveva fatto alla sua.»

«Quindi te la sei portata via.»

Fece segno di sì con il capo.

«L’hai portata da Bacard.»

«Era stato mio cliente e sapevo più o meno ciò che faceva, anche se non immaginavo quanto fosse grande il suo giro d’affari. Sapevo anche che si sarebbe tenuto per sé ciò che gli avrei detto. Gli chiesi di contattare la migliore famiglia che aveva a disposizione, non la più ricca o la più potente: volevo della brava gente.»

«E lui allora l’ha affidata ai Tansmore.»

«Sì, cerca di capire, io ero convinto che tu fossi morto, tutti lo eravamo. Poi c’era la possibilità che dovessi passare il resto dei tuoi giorni come un vegetale. E quando ti hanno dichiarato fuori pericolo era ormai troppo tardi. Non potevo dire a nessuno la verità, sarei finito dritto in prigione. Lo sai che conseguenze avrebbe avuto per la mia famiglia?»

«Ma va, non riesco nemmeno a immaginare.»

«Sei ingiusto, Marc.»

«Me ne frego se sono giusto o meno.»

«Stammi a sentire, non me la sono andata a cercare io.» Adesso stava gridando. «Mi sono trovato in quella terribile situazione, ho fatto ciò che ho ritenuto fosse meglio… per tua figlia. Ma non puoi certo pretendere che sacrificassi la mia famiglia.»

«Meglio sacrificare la mia, allora?»

«Vuoi la verità? Sì, naturalmente. Avrei fatto di tutto per proteggere i miei figli, di tutto. Tu non avresti fatto lo stesso?»

Fui io a questo punto a rimanere in silenzio. L’ho già detto: per la mia bambina sarei pronto a sacrificare la mia vita in un secondo: e se devo dirla tutta, in caso di assoluta necessità sarei pronto a sacrificare anche la vostra di vita.

«Puoi anche non credermi, ma ho tentato di ragionare freddamente» proseguì Lenny. «Ho fatto un’analisi costi-benefici: se racconto alla polizia la verità, distruggo mia moglie e i miei quattro bambini e tolgo tua figlia a una coppia che le vuole bene. Se invece me ne sto zitto…» Si strinse nelle spalle. «Certo, tu hai sofferto e io con te, mi faceva male solo guardarti. Ma tu al posto mio che cosa avresti fatto?»

Non volevo nemmeno pensarci. «Stai tralasciando una cosa» dissi.

Chiuse gli occhi e biascicò qualche parola incomprensibile.

«Che cos’è successo a Stacy?»

«A lei non doveva succedere niente di male. È andata come hai detto, lei aveva venduto a Monica la pistola e quando ha capito che uso voleva farne si è precipitata qui per fermarla.»

«Ma è arrivata troppo tardi?»

«Sì.»

«Ti ha visto?»

Abbassò il capo. «Ascolta, le ho detto tutto. Lei voleva aiutarmi, Marc, voleva fare la cosa giusta: ma alla fine il suo vizio ha preso il sopravvento.»

«Ti ha ricattato?»

«Mi ha chiesto dei soldi e io glieli ho dati, ma non ha importanza. Lei però quel giorno era lì. E quando andai da Bacard gli raccontai tutto quello che era successo. Cerca di capire, credevo che tu fossi in fin di vita e quando invece poi ce l’hai fatta capii che avresti rischiato di impazzire se non avessi saputo che fine aveva fatto tua figlia. Ne parlai a Bacard e lui tirò fuori l’idea del finto sequestro: avremmo messo le mani su un mucchio di soldi.»

«Ci hai addirittura guadagnato sopra?»

Lui spostò indietro la testa come se gli avessi tirato uno schiaffo. «Certo che no. La mia parte l’ho destinata a un fondo che servirà a Tara quando andrà al college. Ma l’idea del finto sequestro mi piaceva: ti avrebbero fatto credere che Tara era morta. E tu ti saresti messo il cuore in pace. Togliere soldi a Edgar per darli a Tara per me era una doppia vittoria.»

«Poi però?»

«Poi però, quando vennero a sapere di Stacy, decisero che non potevano fidarsi di una tossicomane. Il resto lo sai, l’hanno allettata offrendole dei soldi, si sono assicurati che la telecamera della banca l’avesse ripresa. E poi, senza dirmelo, l’hanno eliminata.»

Ci riflettei sopra, pensai agli ultimi minuti di vita di Stacy dentro quel casotto. Lo sapeva che stava per morire? Oppure era tanto fatta da non rendersi conto di nulla?

«Sei stato tu a parlare, vero?»

Non rispose.

«Gliel’hai detto tu che avevo avvertito la polizia.»

«Ma non capisci che non ha fatto alcuna differenza? Non avevano intenzione di restituirti Tara, che viveva già con i Tansmore. Dopo la consegna del riscatto, pensai che la faccenda fosse chiusa e cercammo tutti di riprendere la nostra vita di tutti i giorni.»

«E invece che cos’è successo?»

«È successo che Bacard decise di spillare ancora dei soldi a tuo suocero.»

«Insieme a te?»

«No, a me non hanno detto niente.»

«Quando l’hai saputo?»

«Quando me ne hai parlato tu, in ospedale. Sono andato su tutte le furie, gli ho telefonato, lui mi ha detto di calmarmi perché nessuno avrebbe potuto risalire a noi.»

«E invece non è andata così.»

Lui chinò la testa.

«E sapevi anche che stavo per arrivare da Bacard, te l’avevo detto al telefono.»

«Sì.»

«Aspetta un momento.» Sentii un nuovo brivido di freddo alla nuca. «Alla fine Bacard ha deciso di fare piazza pulita e si è rivolto a quei due pazzi. La donna, quella Lydia, si è occupata di Tatiana, Heshy invece è andato a far fuori Denise Vanech. Ma…» e rimasi un momento a riflettere «… ma quando ho visto Steven Bacard gli avevano appena sparato, sanguinava ancora. A sparargli non potevano essere stati né Lydia né Heshy.» Sollevai lo sguardo. «L’hai ucciso tu, Lenny.»

La sua voce si riempì di rabbia. «Secondo te volevo ucciderlo?»

«Perché allora l’hai fatto?»

«Come sarebbe a dire, perché? Per Bacard ero una specie di biglietto gratuito di uscita dalla prigione. Quando la situazione è precipitata mi ha detto che avrebbe fatto il mio nome, avrebbe confessato che ero stato io a sparare a te e a Monica e a portargli Tara. Come ti ho detto, i poliziotti mi odiano: ho fatto uscire dal carcere tanti di quei delinquenti! E gli avrebbero creduto sulla parola.»

«Saresti finito in prigione?»

Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.

«I tuoi bambini avrebbero sofferto?»

Chinò ripetutamente il capo.

«E quindi hai ucciso un uomo a sangue freddo.»

«Che altro avrei potuto fare? Tu mi guardi così, ma dentro di te la conosci la verità. Questo casino l’hai combinato tu e io ci sono rimasto invischiato nel tentativo di fare un po’ di pulizia. Perché mi preoccupavo per te, volevo aiutare la tua bambina.» S’interruppe e chiuse gli occhi. «E sapevo che uccidendo Bacard forse avrei potuto salvare anche te.»

«Me?»

«Ho fatto un’altra analisi costi-benefici, Marc.»

«Ma di che stai parlando?»

«Era finita. Una volta morto, tutte le responsabilità sarebbero potute ricadere su Bacard. Tutte. E io l’avrei fatta franca.» Poi mi si mise di fronte e per un momento pensai che stesse per abbracciarmi.

«Volevo che tu ritrovassi la pace, Marc, ma era impossibile, e purtroppo l’ho capito solo adesso. Non potevi trovare la pace finché non avessi avuto notizie di tua figlia. Con la morte di Bacard la mia famiglia era salva e a quel punto potevo rivelarti la verità.»

«Sei stato tu, quindi, a scrivere quel biglietto anonimo e a farlo trovare dalla tua segretaria?»

«Sì.»

Mi tornarono in mente le parole di Abe. “Non si può commettere qualcosa di sbagliato per un giusto motivo.”

«Mettiti nei miei panni: tu che cosa avresti fatto?»

«Non lo so.»

«L’ho fatto io per te.»

Stava dicendo la verità, purtroppo. Lo guardai.

«Eri il mio migliore amico, Lenny. Ti voglio bene, voglio bene a tua moglie e ai tuoi figli.»

«Che cosa hai intenzione di fare?»

«Se ti dico che ho intenzione di denunciarti, ucciderai anche me?»

«Mai.»

Ma per quanto gli volessi bene, e per quanto lui volesse bene a me, non ero sicuro di potergli credere.

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