Passò un anno.
Nei primi due mesi percorsi migliaia di chilometri andando ogni settimana a St Louis e tentando di programmare con Abe e Lorraine la “condivisione” di Tara. Facemmo le cose con calma, nelle prime settimane chiesi loro di rimanere nella stessa stanza con me e la piccola. Poi io e Tara cominciammo a uscire noi due soli, andammo al parco, allo zoo, sulla giostra, al centro commerciale, ma lei continuava a voltarsi indietro in cerca dei genitori. Ci volle del tempo, prima che mia figlia si sentisse a suo agio con me. Ma io potevo capirla.
Mio padre si è spento nel sonno dieci mesi fa. Dopo il suo funerale ho comprato una casa in Marsh Lane, due isolati più in giù rispetto a quello di Abe e Lorraine, e mi sono trasferito definitivamente a St Louis. Abe e Lorraine sono due persone meravigliose. State a sentire questa: abbiamo deciso di chiamare la piccola Tasha, una via di mezzo tra Natasha e Tara, il chirurgo plastico che è in me ama queste saldature. Mi aspetto che da un momento all’altro le cose si mettano male, ma finora non è avvenuto. È strano, ma non mi faccio troppe domande sul perché.
Mia madre ha comprato un appartamento a St Louis e anche lei si è trasferita qui, dopo la morte di papà non c’era nulla che la trattenesse a Kasselton. Dopo tutte quelle tragedie, la malattia di papà, Stacy, Monica, il mio ferimento e il sequestro, avevamo tutt’e due bisogno di voltare pagina. Mi fa piacere averla vicino. Ha un nuovo amico, un certo Cy, ed è felice. Lui mi piace, e non soltanto perché ha l’abbonamento per le partite dei Rams. Loro due ridono spesso e avevo quasi dimenticato quanto fosse bello il sorriso di mia madre.
Parlo spesso con Verne. In primavera lui e Katarina hanno portato Verne Junior e Perry in vacanza con il camper e abbiamo trascorso insieme una splendida settimana. Verne mi ha portato a pesca, non c’ero mai stato e mi è piaciuto. La prossima volta vuole portarmi a caccia; io gli ho detto di toglierselo dalla mente, ma lui sa essere molto persuasivo.
Non parlo molto con Edgar Portman. Invia regali per il compleanno di Tara e ha telefonato due volte, spero che quanto prima venga a trovare la nipotina: ma sia io sia lui ci sentiamo troppo in colpa. L’ho già detto, forse Monica era mentalmente instabile, forse era solo una questione chimica, so bene che gran parte dei problemi psichiatrici derivano più da fattori fisici, come per esempio uno squilibrio ormonale, che da particolari esperienze di vita. Ed è anche probabile che né io né lui avremmo potuto far nulla. Ma rimane il fatto che, qualunque fosse stata l’origine del male di Monica, né io né lui l’abbiamo aiutata.
Zia ci è rimasta male sulle prime, quando le ho annunciato che mi stavo per trasferire a St Louis, ma poi ha saputo cogliere l’aspetto positivo della cosa. Ha un medico che fa pratica con lei e pare che sia piuttosto bravo. Io ho aperto una sede della One World WrapAid a St Louis e finora va avanti abbastanza bene.
Lydia, o se preferite Larissa Dane, l’ha quasi fatta franca. È riuscita a farsi assolvere dalle accuse di omicidio ripetendo il ritornello: “Sono stata vittima dei suoi abusi” ed è caduta in piedi. Il misterioso ritorno di Trixie, poi, l’ha nuovamente trasformata in una celebrità. Lydia ha partecipato al più popolare talk show americano, quello di Oprah Whimphrey, piangendo a comando nel rievocare i suoi anni disperati in balia di Heshy. Hanno trasmesso delle immagini di Heshy e il pubblico ha trattenuto il fiato davanti a quel mostro. Lei invece è bella, ed è a lei che il mondo crede. Gira voce che sia in programmazione un telefilm sulla storia della sua vita, ovviamente con lei come protagonista.
Per quello che riguarda, poi, il traffico di bambini, l’FBI ha deciso di “applicare la legge”, il che significa portare i responsabili davanti alla giustizia. Ma i responsabili erano Steven Bacard e Denise Vanech, e sono tutt’e due morti. Gli inquirenti, ufficialmente, stanno cercando gli archivi dell’organizzazione, ma sembra che nessuno abbia molta voglia di scoprire da quale famiglia sia stato adottato ciascun bambino. E secondo me è meglio così.
Rachel è completamente guarita dalle sue ferite, il lavoro di ricostruzione sull’orecchio l’ho fatto io. La stampa ha dato un notevole risalto al suo coraggio ed è andato interamente a lei il merito di aver scoperto e smantellato il traffico di bambini. L’FBI l’ha riassunta e, su sua richiesta, l’ha assegnata all’ufficio di St Louis. Viviamo insieme, l’amo più di quanto si possa immaginare. Ma se è un lieto fine a trecentosessanta gradi che vi aspettate, temo di non potervi accontentare.
Io e Rachel stiamo ancora insieme e non riesco a immaginare di vivere senza di lei, il pensiero di perderla mi fa stare male fisicamente. Ma non sono sicuro che sia sufficiente, ci sono ancora delle ombre. Capisco il motivo di quella sua telefonata notturna, e anche perché è venuta davanti all’ospedale in cui lavoravo, e mi rendo conto che queste due cose sono state causa di morte e distruzione. Non incolpo Rachel, ovviamente, ma rimane il fatto che la morte di Monica ha concesso al nostro rapporto una seconda possibilità. Strano. Ho cercato di spiegarlo a Verne, quando è venuto a trovarci con la sua famiglia, e lui mi ha dato del coglione. Forse ha ragione.
Squilla il campanello e mi sento tirare la gamba dei pantaloni. Sì, è Tasha, che ormai si è abituata ad avermi in casa. I bambini si adattano meglio degli adulti, dopotutto. Rachel è seduta sul divano, all’altra estremità della stanza, con le gambe incrociate. La guardo, poi guardo Tasha e provo ancora una volta quel mirabile misto di beatitudine e paura: due stati d’animo che mi fanno costantemente compagnia. È raro che uno dei due si avventuri allo scoperto senza l’altro.
«Un secondo, topolino, andiamo ad aprire la porta. Okay?» le dico.
«Okay.»
È l’UPS. Il fattorino ha dei pacchi per me e io li porto in casa, poi vedendo il nome e l’indirizzo del mittente provo quella fitta tanto familiare. Sul piccolo adesivo si leggono i nomi di Lenny e Cheryl Marcus, Kasselton, New Jersey.
Tasha solleva i suoi occhioni. «Un regalo per me?»
Non ho mai parlato di Lenny alla polizia. Oltretutto non esisteva alcuna prova, solo quella confessione che mi aveva fatto e che non avrebbe avuto nessun valore davanti a un giudice. Ma non è questo il motivo per il quale ho deciso di tenere la bocca chiusa.
Sospetto che Cheryl conosca la verità e che forse sapeva tutto dall’inizio. Mi appare come in un flash l’espressione del suo viso quando quella notte trovò me e Rachel in casa, quando in pratica ci cacciò via, e mi chiedo se la sua era stata rabbia o paura. La seconda, direi.
La verità è che Lenny non aveva mentito, quello che aveva fatto l’aveva fatto per me. Che cosa sarebbe successo se se ne fosse andato via dopo aver trovato me a terra sanguinante e Monica con la pistola in mano? Non lo so. Magari le cose si sarebbero messe peggio. Lenny mi aveva chiesto se al posto suo mi sarei comportato come lui. A quel tempo no, probabilmente. Perché forse io non sono tanto buono. Verne forse l’avrebbe fatto. Lenny stava cercando di proteggere mia figlia, ma senza sacrificare la sua famiglia: e ha combinato un casino.
Ma sapeste quanto mi manca! Penso sempre a quanto sia stato importante nella mia vita, a volte prendo il telefono e comincio a comporre il suo numero, ma poi mi fermo e riattacco. Non parlerò più con Lenny, mai più. Lo so. E il pensiero mi fa star male.
Ma ripenso anche alla faccetta curiosa del piccolo Conner quel giorno all’incontro di calcio. Ripenso a Kevin che giocava nella squadra, ai capelli di Marianne che sapevano di cloro dopo l’allenamento di nuoto. Ripenso a quanto si fosse fatta bella Cheryl dopo quelle quattro gravidanze.
Poi guardo mia figlia, al sicuro con me. Tasha mi sta ancora guardando. Nel pacco in effetti c’è un regalo del suo padrino. Mi viene in mente la prima volta che incontrai Abe, alle cinque del mattino all’Hotel Marriott. Mi disse che non bisogna fare la cosa sbagliata per un motivo giusto, e io ci riflettei su a lungo prima di decidere come comportarmi con Lenny.
Alla fine comunque ci ho messo una pietra sopra.
A volte però confondo i due termini di quell’equazione. È la cosa sbagliata per la ragione giusta, che non bisogna fare, o il contrario? Oppure è lo stesso? Monica aveva bisogno di amore e per questo mi aveva ingannato e si era fatta mettere incinta. E tutto ha avuto inizio da lì. Ma se non l’avesse fatto ora non starei a guardare la creatura più splendida del mondo. È la ragione giusta? O quella sbagliata? Chi può dirlo?
Tasha piega la sua testolina e mi guarda arricciando il naso. «Papà?»
«Non è nulla, tesoro» le dico sottovoce.
Lei fa spallucce. Rachel solleva lo sguardo e nei suoi occhi leggo la preoccupazione. Allora prendo il pacco e lo vado a mettere sulla mensola più alta dell’armadio. Poi richiudo l’anta e prendo mia figlia tra le braccia.