Il guardiano accompagnò Clarice Starling al secondo piano, sopra il grande elefante impagliato dello Smithsonian. La porta dell'ascensore si aprì sull'ampio spazio semibuio. Crawford era lì ad attenderla, solo, con le mani affondate nelle tasche dell'impermeabile.
«Buonasera, Starling.»
«Salve» disse lei.
Crawford girò la testa per parlare al guardiano. «Possiamo proseguire da soli, grazie.»
Si avviarono lungo un corridoio fiancheggiato dalle casse dei reperti archeologici. Solo alcune lampade del soffitto erano accese. Mentre procedeva accanto a Crawford in atteggiamento curvo e pensieroso, Clarice si accorse che Crawford avrebbe voluto posarle la mano sulla spalla e che l'avrebbe fatto, se gli fosse stato possibile toccarla.
Attese che le dicesse qualcosa. Alla fine si fermò, mise anche lei le mani nelle tasche. Si fronteggiarono nel corridoio, nel silenzio delle ossa.
Crawford appoggiò la testa contro le casse e trasse un respiro profondo attraverso il naso. «Con ogni probabilità Catherine Martin è ancora viva» disse.
Clarice annuì e tenne abbassata la testa. Forse per lui sarebbe stato più
facile parlare se lei non l'avesse guardato. Crawford era padrone di sé, ma qualcosa lo condizionava. Per un attimo, Clarice si domandò se la moglie era morta. O forse era depresso perché aveva passato tutto il giorno in compagnia della madre di Catherine.
«A Memphis siamo rimasti più o meno con un pugno di mosche» disse lui. «Credo che l'abbia sequestrata nel parcheggio. Nessuno l'ha visto. Catherine era entrata nel suo appartamento, poi è uscita subito, non si sa perché. Non aveva intenzione di restar fuori a lungo: aveva lasciato la porta socchiusa e aveva bloccato lo scrocco della serratura perché non si chiudesse alle sue spalle. Le chiavi sono sopra il televisore. Nell'appartamento non è stato toccato niente. Non credo ci fosse rimasta a lungo. Non era arrivata neppure alla segreteria telefonica in camera da letto. La spia che indicava i messaggi arrivati stava ancora lampeggiando quando il suo ragazzo si è deciso a chiamare la polizia.» Crawford lasciò cadere pigramente la mano su un vassoio pieno di ossa, e si affrettò a ritirarla di scatto.
«Dunque adesso la tiene prigioniera, Starling. I network si sono impegnati a non fare un conto dei giorni nei notiziari della sera... il dottor Bloom è convinto che questo lo provocherebbe. Ma un paio di giornali scandalistici lo pubblicherà comunque.»
In un sequestro precedente, l'indumento tagliato sul dorso era stato trovato abbastanza presto perché fosse possibile identificare una vittima mentre Buffalo Bill la teneva ancora in vita, Clarice ricordava il conto contornato di nero sulle prime pagine dei giornali popolari. Era arrivato al diciottesimo giorno quando il cadavere era stato ripescato in un fiume.
«Quindi Catherine Baker Martin è in attesa nel camerino di Bill, Star-ling, e abbiamo a disposizione forse una settimana. Questo è il massimo... Bloom ritiene che il periodo si vada via via accorciando.»
Era insolito che Crawford parlasse così a lungo. L'allusione teatrale al "camerino" era una sciocchezza. Clarice attese che arrivasse al punto: e finalmente si decise a farlo.
«Ma questa volta, Starling, questa volta abbiamo forse in mano qualcosa d'importante.»
Lei lo sbirciò di sotto le ciglia, con un'espressione speranzosa e un po' diffidente.
«Abbiamo un altro insetto. I suoi amici, Pilcher e... e quell'altro.»
«Roden.»
«Ci stanno lavorando.»
«Da dove è arrivato? Da Cincinnati? La ragazza conservata nella cella frigorifera?»
«No. Venga con me e glielo mostrerò. E vedremo che cosa ne penserà.»
«Entomologia è dall'altra parte, signor Crawford.»
«Lo so.»
Svoltarono l'angolo e arrivarono alla porta di Antropologia. Attraverso il vetro smerigliato filtravano luce e voci. Clarice entrò.
Tre uomini in camice da laboratorio stavano lavorando intorno a un tavolo al centro della stanza, sotto una lampada foltissima. Clarice non riuscì a vedere che cosa stavano facendo. Jerry Burroughs di Scienza del Comportamento stava scrutando al di sopra delle loro spalle e prendeva appunti su un blocco. Nella stanza aleggiava un odore familiare.
Poi uno degli uomini in camice bianco si mosse per andare a mettere qualcosa nel lavello. E Clarice vide.
Su un vassoio di acciaio inossidabile posato sul banco da lavoro c'era "Klaus", la testa che aveva trovato nel garage di Raspail a Split City.
«Klaus aveva l'insetto in gola» disse Crawford. «Aspetti un momento, Starling. Jerry, stai parlando con il centro comunicazioni?»
Burroughs stava dettando al telefono qualcosa che leggeva dal blocco per appunti. Coprì il microfono con una mano. «Sicuro, Jack. Stanno chiedendo a tutti precisazioni su Klaus.»
Crawford gli prese dalla mano il ricevitore. «Bobby, è inutile stare ad aspettare i comodi dell'Interpol. Trasmetti subito le fotografie, con tutti i dati medici. Paesi scandinavi, Germania Federale, Paesi Bassi. E precisa che Klaus potrebbe essere un marinaio di un mercantile che aveva abbandonato all'improvviso la nave. Fai presente che il loro servizio sanitario potrebbe avere qualche traccia della frattura dello zigomo. Arco zigomatico, per la precisione. E trasmetti i diagrammi dentari, quello universale e quello della Federation Dentaire. Ci sarà indicata un'età, ma sottolinea che si tratta di una stima approssimativa... per queste cose non si può far conto sulle suture craniche.» Poi tornò a porgere il telefono a Burroughs. «Dov'è la sua roba, Starling?»
«Giù nell'ufficio dei guardiani.»
«L'insetto l'hanno trovato al Johns Hopkins» disse Crawford mentre aspettavano l'ascensore. «Stavano esaminando la testa per incarico della polizia della Contea di Baltimora. Era nella gola, esattamente come nel caso della ragazza del West Virginia.»
«Esattamente come nel West Virginia.»
«Al Johns Hopkins l'hanno trovato stasera verso le sette. Il procuratore distrettuale di Baltimora me l'ha comunicato sull'aereo. Ci hanno mandato Klaus e tutto quanto perché potessimo vederlo in situ. E volevano anche un'opinione del dottor Angel sull'età di Klaus e su quella che aveva quando si fratturò lo zigomo. Anche loro, come noi, consultano lo Smithsonian.»
«Mi lasci riprendere fiato un secondo. Vuol dire che forse fu Buffalo Bill a uccidere Klaus? Parecchi anni fa?»
«Le sembra assurdo? Una coincidenza eccessiva?»
«In questo momento sì.»
«Ci rifletta ancora un attimo.»
«II dottor Lecter mi aveva detto dove avrei trovato Klaus» disse Clarice.
«Sì, infatti.»
«Il dottor Lecter mi aveva detto che Benjamin Raspail, il suo paziente, sosteneva di aver ucciso Klaus. Però, secondo Lecter s'era trattato probabilmente d'un caso accidentale di asfissia erotica.»
«È ciò che le ha detto.»
«Pensa che forse il dottor Lecter sa esattamente come morì Klaus, e sa che l'assassino non fu Raspail e che l'asfissia erotica non fu la causa della morte?»
«Klaus aveva un insetto in gola, la ragazza del West Virginia aveva un insetto in gola. Non ho mai visto niente del genere in nessun'altra occasione. Non ho mai letto né sentito parlare di casi simili. Cosa ne pensa?»
«Penso che lei mi ha detto di preparare una valigia per due giorni. Vuole che lo chieda al dottor Lecter, vero?»
«Con lei è disposto a parlare, Starling.» Crawford aveva un'espressione molto triste quando disse: «Immagino che accetterà».
Clarice annuì.
«Ne parleremo mentre andiamo al manicomio.»