L'ufficio di Jack Crawford nella sede centrale dell'FBI a Washington era dipinto di un grigio opprimente, ma aveva grandi finestre.
Crawford era in piedi davanti a una delle finestre, con il blocco di appunti sollevato verso la luce, ed esaminava un elenco uscito da una maledetta stampante difettosa che lui aveva detto di togliere di torno.
Era andato lì dalla sede delle pompe funebri e aveva lavorato tutta la mattina: aveva incalzato i norvegesi perché si affrettassero a mandare la documentazione relativa alle cure dentistiche del marinaio scomparso, Klaus, aveva pungolato quelli di San Diego perché interrogassero i conoscenti di Benjamin Raspail al Conservatorio dove aveva insegnato, e aveva sollecitato la Dogana, che avrebbe dovuto accertare le violazioni delle norme sull'importazione di insetti vivi.
Cinque minuti dopo l'arrivo di Crawford, il vicedirettore dell'FBI John Golby, capo della nuova task force interservizi, si affacciò un momento nell'ufficio e disse: «Jack, pensiamo tutti a te. Ti siamo grati perché sei venuto. È stata fissata l'ora del servizio funebre?».
«La veglia è per domani sera. Il servizio sarà sabato alle undici.»
Golby annuì. «È stato istituito un fondo per l'UNICEF, Jack. Vuoi che sia al nome di Phyllis o di Bella? Come preferisci.»
«Bella, John. Facciamo Bella.»
«Posso fare qualcosa per te, Jack?»
Crawford scosse la testa. «Sto lavorando. Continuerò a lavorare.»
«Bene» disse Golby. Attese qualche istante prima di riprendere a parlare. «Frederick Chilton ha chiesto la protezione federale.»
«Magnifico. John, a Baltimora c'è qualcuno che è andato a sentire Eve-rett Yow, l'avvocato di Raspail? Te ne avevo parlato. Yow potrebbe sapere qualcosa degli amici di Raspail.»
«Sì, ci sono andati stamattina. Ho appena mandato a Burroughs il mio promemoria. Il direttore ha messo Lecter nell'elenco dei ricercati a massima priorità. Jack, se hai bisogno di qualcosa...» Golby alzò le sopracciglia e la mano in segno di saluto, indietreggiò e sparì.
Se hai bisogno di qualcosa.
Crawford si girò verso le finestre. Dal suo ufficio si godeva di una bella vista. C'era la splendida, vecchia sede della Posta dove aveva fatto una parte del suo tirocinio. A sinistra c'era la vecchia sede centrale dell'FBI. Al termine del corso, lui era sfilato con gli altri nell'ufficio di J. Edgar Hoo-ver. Hoover stava in piedi e stringeva a turno le mani di tutti, l'unica volta che Crawford l'aveva visto. E il giorno dopo aveva sposato Bella.
Si erano conosciuti in Italia, a Livorno. Lui era nell'esercito, lei alle dipendenze della NATO, e a quel tempo si chiamava Phyllis. Stavano passeggiando sul lungomare, e un barcaiolo le aveva gridato "Bella" dall'acqua luccicante, e da allora era sempre stata Bella, per Crawford. Tornava a essere Phyllis solo quando c'era qualche dissenso.
Bella era morta. E questo avrebbe dovuto cambiare la vista dalle finestre. Non era giusto che rimanesse immutata. Perché è morta? Gesù. Sapevo che era inevitabile, ma brucia.
Che cosa dicevano a proposito del pensionamento forzato a cinquanta-cinque anni? Tu ti innamori dell'FBI, ma l'FBI non s'innamora di te. Crawford se n'era accorto.
Grazie a Dio, Bella lo aveva salvato da quel genere d'innamoramento. Sperava che quel giorno fosse in qualche posto e fosse finalmente serena. Sperava che potesse leggergli nel cuore.
Il telefono emise un ronzio; era il segnale delle chiamate esterne.
«Signor Crawford, c'è un certo dottor Danielson del...»
«Bene.» Giù il pulsante. «Jack Crawford, dottore.»
«La linea è sicura, signor Crawford?»
«Sì. A questo apparecchio lo è.»
«Non sta registrando quello che diciamo, vero?»
«No, dottor Danielson. Mi dica.»
«Desidero fare presente che questo non ha niente a che vedere con i pazienti del Johns Hopkins.»
«Ho capito.»
«Se venisse fuori qualcosa, voglio che lei dichiari alla pubblica opinione che non si tratta di un transessuale e che non ha mai avuto a che fare con la nostra istituzione.»
«Benissimo. D'accordo. Assolutamente.» Avanti, parla, bastardo presuntuoso. Crawford sarebbe stato disposto a promettere qualunque cosa.
«Ha malmenato il dottor Purvis.»
«Chi, dottor Danielson?»
«Aveva presentato domanda tre anni fa sotto il nome di John Grant, di Harrisburg, Pennsylvania.»
«Descrizione?»
«Maschio, bianco, trentun anni. Un metro e ottantacinque, peso settanta-tré chili. Era venuto per i test, e se l'era cavata molto bene in quelli We-chsler per l'intelligenza... normale, piuttosto brillante. Ma i test psicologici e i colloqui sono andati in modo ben diverso. Anzi, il test Casa-Albero-Persona e quello dell'Appercezione Tematica corrispondevano in pratica ai dati che lei mi ha fornito. Mi aveva fatto credere che la teoria era di Alan
Bloom, ma in realtà era di Hannibal Lecter, vero?»
«Mi dica il resto sul conto di Grant, dottore.»
«La commissione l'avrebbe respinto comunque; ma quando ci siamo riuniti per discuterne ormai la cosa era superata in seguito ai controlli sui suoi precedenti.»
«E come l'avevano scoperto?»
«La nostra prassi è domandare informazioni alla polizia della città del richiedente. La polizia di Harrisburg lo ricercava per l'aggressione a due omosessuali. L'ultimo era sopravvissuto per miracolo. Grant ci aveva fornito un indirizzo, ed è risultato che si trattava di una pensione dove alloggiava ogni tanto. Lì la polizia aveva trovato le sue impronte digitali e una ricevuta per un acquisto di benzina con la carta di credito, e sulla ricevuta c'era il numero di targa. Non si chiamava John Grant, come aveva raccontato a noi. Una settimana dopo si è appostato davanti al nostro istituto e ha dato uno spintone al dottor Purvis, così, per dispetto.»
«Come si chiamava, dottor Danielson?»
«Aspetti, le dico nome e cognome lettera per lettera. J-A-M-E G-U-M-B.»