9

Per due anni e mezzo, quasi tutte le riunioni della commissione Omnivax erano state tenute in una delle sale conferenze al terzo piano dell’edificio Parkman, il quartier generale dell’FDA a Rockville nel Maryland. Quando, sul tardi quel giorno, Lynette Marquand avrebbe pronunciato il suo discorso, la parete divisoria scorrevole tra le stanze sarebbe stata aperta, offrendo così più posti a sedere per la stampa, il panel dell’Omnivax, lo staff della first lady e quel centinaio di dignitari che erano riusciti a procurarsi un invito.

Al momento, tuttavia, il tramezzo era chiuso e la commissione poteva tenere la riunione privatamente. Per quanto ne sapeva Ellen, questo incontro sarebbe stato l’ultimo prima della seduta per votare l’approvazione formale alla distribuzione e all’uso generale del supervaccino.

Passando, lanciò un’occhiata nella prima stanza: squadre di cameraman televisivi si stavano preparando per lanciare il messaggio di Lynette Marquand nel mondo, e numerosi agenti dei servizi segreti ispezionavano con cura le pareti e il podio e scrutavano sotto le sedie. La maggior parte dei membri della commissione Omnivax era già nell’altra stanza, riunita in gruppi di due o tre persone. Alcuni si stavano sistemando davanti ai loro segnaposti in cartone elaborati dal computer, sistemati sul lucido tavolo in legno di ciliegio, grande come un campo di football. I membri della commissione erano per la maggior parte uomini e tutti, tranne Ellen, avevano una laurea in medicina o dottorati. Sotto i loro nomi erano stampati i titoli di studio, le competenze e i nomi degli organismi per cui lavoravano. Il segnaposto di Ellen diceva soltanto: ELLEN KROFT, LAUREA IN SCIENZE: CONSUMATORE.

Per alcune settimane dopo la prima riunione, Cheri e Sally avevano dato a Ellen informazioni dettagliate su ogni membro del comitato, aggiungendo, quando era parso loro giusto, le fonti dei loro fondi per la ricerca e ogni loro partecipazione azionaria nell’industria farmaceutica. La quantità di informazioni che le due casalinghe erano riuscite a raccogliere aveva stupito Ellen. Le due donne erano serie e impegnate per la loro causa e l’influsso su scala mondiale che erano riuscite a esercitare in un tempo relativamente breve lo dimostrava. L’aveva stupita anche l’ampiezza e la complessità dei rapporti tra i membri del comitato e l’industria farmaceutica. Se le informazioni di Cheri e Sally erano esatte, e non era venuto alla luce nulla che potesse farle pensare altrimenti, troppi di loro avevano un legame con quell’industria.

Dei presenti, solo pochi salutarono Ellen con un sorriso o un cenno. Come sempre, fu più che altro ignorata. Poco dopo essersi seduta, il dottor George Poulos, direttore dell’Istituto per lo sviluppo del vaccino, si sedette alla sua destra. Poulos, uno di quelli con il dottorato, era un uomo piacente con classici lineamenti greci. Era sempre vestito elegantemente e oggi, forse in onore dell’occasione, portava un fazzoletto nel taschino della giacca. Da qualche parte in una cartelletta nello studio di Ellen, il dossier che Sally e Cheri avevano raccolto su di lui diceva che era un medico stimato, ricercatore e uomo d’affari, oltre che sostenitore di primo piano del presidente Jim Marquand. Si lasciava influenzare su alcune questioni, ma solo quando pensava che fare una concessione avrebbe migliorato la sua posizione.

Una persona imprevedibile, di cui non fidarsi completamente, riportava il dossier. Considerato un eroe quando aveva dato l’alt al vaccino sperimentale combinato contro varicella, morbillo, orecchioni e rosolia testato in Sud America a metà anni Ottanta, dopo i decessi e l’immunosoppressione in alcuni neonati femmine, sei mesi più tardi aveva però taciuto quando erano state usate versioni leggermente modificate di quel vaccino.

L’ultima frase di quella relazione diceva semplicemente: Guida una Porsche 911 Turbo rossa.

«E così, Ellen», esordì, indicando le persone che si stavano radunando nella sala, «ne ha fatta di strada da quando insegnava scienze alle medie.»

Ellen soffocò un paio di risposte che andavano dall’essere acute e divertenti al risultare ingiuriose e meschine.

«È stata un’esperienza», ribatté.

«E che effetto le fa aver lavorato gomito a gomito con un simile gruppo di scienziati?»

«È… è stata un’esperienza», ripeté, avvalorando la sua battuta che voleva essere spiritosa con quello che sperava fosse un sorriso caloroso. «La emoziona la visita della first lady?»

«Molto. Lynette e io siamo vecchi amici. L’ho aiutata a redigere la parte sui vaccini del suo libro Citizen Pioneers. L’Omnivax è figlio suo, per così dire.»

«A quanto pare.»

«E dopo la votazione, lei condividerà quel figlio con la nazione e forse con il mondo intero.»

«È per questo motivo che la votazione è stata anticipata?»

«Può darsi. Dato che il risultato è scontato, a molti nelle alte sfere piacerebbe che questa faccenda si concludesse il più presto possibile.»

Ellen sentì che stava per perdere la calma.

«Vorrei essere d’accordo con loro», commentò. «Ha visto quanti genitori e nonni hanno scritto ai rappresentanti del Congresso sostenendo che l’Omnivax non era stato studiato sufficientemente a lungo? O quanti articoli sono stati pubblicati per mettere in guardia contro l’attuazione prematura di questo progetto? Io stessa ho ricevuto lettere ed e-mail, da cinque a dieci al giorno negli ultimi mesi. La gente sente molto questo progetto.»

«Ambientalisti», borbottò Poulos con chiaro disprezzo. «Questo è solo uno tra una dozzina di temi su cui scrivono e scrivono. L’assicuro, la grande maggioranza degli americani appoggia totalmente questo progetto. Il fatto è che non sono quelli che scrivono.»

Ellen non si era mai sentita a suo agio con Poulos, ora però cominciava a trovarlo veramente sgradevole.

«Continuo a pensare che ci stiamo muovendo troppo in fretta», replicò. «Ci sono ancora domande senza risposta.»

«E specificamente?»

Ellen non voleva farsi trascinare in una discussione sul Lasaject, fino a che Rudy non avesse completato la sua ricerca. Aveva evitato di proposito di riferire a Sally e Cheri ciò che l’amico stava facendo. Sollevare ora la questione con un uomo che anteponeva i suoi affari a tutto il resto, sarebbe stato sciocco e imprudente.

Il Lasaject, un vaccino contro la febbre di Lassa, la terribile malattia emorragica, era uno degli ultimi componenti che sarebbero stati votati per essere inclusi nell’Omnivax. Malattia endemica nella Sierra Leone, negli ultimi anni era comparsa sempre più di frequente negli Stati Uniti.

«Specificamente», rispose, «perché l’attuale governo stia facendo pressione su di noi, affinché si approvi questo vaccino, quando vi sono tante domande senza risposta e tanti consumatori a cui piacerebbe vederlo ridotto progressivamente o accantonato del tutto.»

Ecco! L’ho detto e ne sono felice.

Ellen continuava a fare ricerche sulla malattia, anche mentre Rudy stava analizzando i dati clinici accumulati sul vaccino. La febbre di Lassa, provocata da un virus simile al letale Ebola, era comparsa a Chicago e a Milwaukee una decina d’anni prima, causando rapidamente più di venti decessi. Con la possibilità che si profilasse una grave epidemia, la Columbia Pharmaceuticals, una società con sede centrale nel Maryland, aveva creato e testato con successo un vaccino. Poi, improvvisamente come erano iniziati, i casi di Lassa erano finiti. Era svanita la possibilità che si sviluppasse un’epidemia e la vaccinazione obbligatoria con il Lasaject era stata rinviata a tempo indeterminato dall’FDA. Dopo tanto lavoro, la Columbia si era trovata nei guai. I loro successivi tentativi di mettere in vendita il vaccino nella Sierra Leone erano stati frustrati dal disordine politico di quel paese, la cui economia era tra le più deboli in Africa. L’OMS, l’organizzazione mondiale per la Sanità, si era rifiutata di inviare la sua gente in quella zona tanto instabile. E così, per sette anni il virus attenuato che costituiva il vaccino aveva languito nelle incubatrici del suo creatore.

Poulos la fissò con disprezzo.

«Eppure aveva iniziato tanto bene nella commissione», sbottò.

«Mi spiace di averla delusa.»

In quel momento, il presidente del comitato, Rich Steinman, professore alla università Georgetown, richiamò all’ordine i membri del comitato.

«Ecco», concluse Poulos, spostando la sua attenzione al professore, «ci sono milioni e milioni di persone là fuori che dormiranno meglio sapendo che l’Omnivax ha salvato loro e i loro figli da un gran numero di malattie infettive.»

«George», ribatté Ellen, «non lo faranno grazie al mio voto all’Omnivax.»


Il professor Richard Steinman, gonfio come un piccione, sorrise alla gente riunita e, invero, al mondo intero. La parete divisoria tra le due grandi sale conferenze era stata aperta, e il tavolo spostato per far sedere circa centocinquanta persone. Dietro Steinman, su un basso palco, sedevano politici e scienziati e una decina dei più illustri membri della selezionata commissione federale sull’Omnivax, compreso George Poulos. Ellen sedeva a un’estremità della prima fila, schiacciata tra il direttore del comitato sulle malattie infettive dell’accademia americana di pediatria e la donna che dirigeva il comitato sulle pratiche di immunizzazione dei centri per il controllo delle malattie. Parecchie file dietro di lei, sedeva Cheri Sanderson, intenta a discutere fino all’ultimo momento.

Come Ellen aveva previsto, la riunione della commissione che aveva preceduto questa seduta era stata poco più che un incontro d’incitamento a darsi da fare, con scienziati e medici che si complimentavano a vicenda e festeggiavano il lavoro quasi concluso. Richard Steinman aveva fissato la data per la votazione a scrutinio segreto seguendo il consiglio del gruppo, quindi aveva fatto il giro del tavolo per raccogliere osservazioni. Non era stato sollevato alcunché di sostanziale.

Ellen non aveva avuto alcuna fretta di aumentare l’allegria suggerendo che tutta la banda aveva ancora tempo per riflettere sui propri voti. Di sfuggita aveva pensato di dire un semplice: «Grazie per avere sopportato le mie incessanti domande e per tutto quello che mi avete insegnato in questi tre anni», ma sapeva che il suo superego era troppo sviluppato per permetterle di dire una bugia simile. Quando era venuto il suo turno, ammonendosi a essere breve, aveva bevuto un sorso d’acqua, pregando che nessuno notasse che le tremavano le mani e si era alzata per affrontare il gruppo.

«Tutti quelli che hanno parlato finora hanno spiegato quanto fosse positiva l’esperienza di aver fatto parte di questo gruppo», aveva esordito. «Di fatto, sotto molti aspetti, è stata un’esperienza positiva anche per me. Sappiate che ho fatto del mio meglio per non essere ostile o testarda mentre esaminavamo scrupolosamente montagne di dati scientifici e relazioni. In questa commissione, io sono comunque la rappresentante dei consumatori e, pur sapendo che il nostro voto sull’Omnivax è solo una formalità, mi considererei negligente se non facessi un ultimo appello a loro favore.

«Fermare il treno della vaccinazione dopo che ha messo la locomotiva sotto pressione è più difficile che trattenerlo in stazione finché la documentazione medica che afferma la sua sicurezza ed efficacia non sarà schiacciante. L’Omnivax è stato verificato su soggetti di controllo per circa sei mesi, e molti suoi componenti non sono stati studiati per un periodo prolungato.

«So di avere già espresso le mie preoccupazioni in questo campo, ma ancora mi turbano alcuni articoli, poco supportati, lo ammetto, che accennavano a un’associazione tra l’aumento delle vaccinazioni immunologiche e l’aumento di malattie di natura immunitaria come il diabete, l’asma e la sclerosi multipla, per non parlare dell’incredibile aumento di stati come l’AIDS e l’autismo. Noto che alcuni di voi non vedono l’ora di alzarsi in piedi e rigettare la mia affermazione con i loro dati. Ma ciò che ho appreso negli anni passati lavorando insieme, è quanto siano malleabili le statistiche. Gli stessi dati possono essere forniti in un gran numero di modi, un po’ come il pollo.»

Qualcuno, attorno al tavolo, rise calorosamente, ma Ellen comprese, dalle espressioni di molti, di avere già blaterato troppo a lungo.

«E così», concluse, non più agitata, «dato che questa sarà la nostra ultima riunione prima della votazione, intendo tenere sott’occhio l’Omnivax per le settimane, i mesi e gli anni a venire. E forse, tra non molto, potrò avervi tutti a casa mia per una cena, naturalmente a base di pollo.»

Gradualmente, l’attenzione di Ellen passò dal rivedere le sue osservazioni durante l’ultima riunione della commissione alla questione imminente. Steinman, animato dall’importanza del momento, terminò la presentazione del più importante dei luminari, poi s’interruppe ed esaminò il suo pubblico.

«E ora, signore e signori», annunciò, «è con grande piacere che vi presento la donna che ha condotto questo progetto con altruismo e intuito, l’autrice di due libri epocali, La prevenzione è la miglior medicina e Citizen Pioneers, la first lady degli Stati Uniti, la signora Lynette Marquand.»

Tutti si alzarono in piedi e applaudirono per più di un minuto. Lynette Marquand, che indossava un semplice, ma splendido tailleur beige, fece loro segno di sedersi. Poi, per quindici secondi di assoluto silenzio, rimase lì, osservando l’uditorio, lo sguardo fisso alle telecamere, esaltando il significato dell’evento. Attese che la drammaticità del silenzio raggiungesse l’apice prima di parlare.

«Signore e signori, illustri scienziati e medici, membri della stampa, cittadini di questo paese e del mondo, è con un grandissimo piacere che vi presento la vera stella di questo progetto.»

Esitò nuovamente, quindi roteò in modo istrionico e tirò una lunga e infiocchettata corda dorata, facendo scorrere un rotolo di carta largo un metro che scese dal soffitto. Stampate in grassetto, partendo con DIFTERITE e continuando fino a ENCEFALITE GIAPPONESE, vi era una lista di trenta malattie che sarebbero state prevenute se non eliminate grazie all’Omnivax. Terza dal fondo, dopo COLERA e SHIGELLOSI, vi era FEBBRE DI LASSA.

Seguì un altro applauso rumoroso.

Parlando in modo dinamico e ben articolato, la first lady toccò le voci della lista una per una, spendendo per ogni malattia le parole sufficienti a renderla familiare al pubblico e indurre ogni genitore a trarre un sospiro di sollievo al pensiero che ai propri figli sarebbero state risparmiate le sue tremende conseguenze.

Ellen rimase colpita dalla donna, anche se aveva votato contro suo marito nelle ultime elezioni e aveva intenzione di rifarlo anche questa volta, ma con l’imminente conclusione di quasi tre anni di duro lavoro e con Rudy tutto preso dalla sua ricerca senza sapere che la votazione era stata anticipata, le riusciva arduo seguire il discorso. In verità era tanto distratta che per poco non le sfuggirono le parole di Lynette Marquand che avrebbero cambiato per sempre la sua vita.

«… il presidente, il ministro Bolton e io», stava dicendo la first lady, «siamo consapevoli che ci sono persone contrarie a questo progetto. Nulla di duraturo valore è stato mai compiuto senza opinioni contrastanti e controversie. Siamo anche consapevoli che alcuni hanno cercato di politicizzare questo sforzo. Parlando per mio marito e per me stessa, posso dire che questa è l’ultima cosa che vorremmo fare. Ecco perché la selezione della commissione che doveva valutare l’Omnivax è stata fatta con estrema cura. Nei vostri programmi c’è l’elenco dei membri di questa commissione e per ciascuno sono stati citati alcuni dei loro titoli. Sono certa che concorderete che questa è una squadra notevole, indipendente e degna di fiducia. Colgo l’occasione per ringraziare il dottor Steinman e tutto il comitato per il duro lavoro svolto e la loro dedizione a questo progetto.»

Lynette Marquand indicò con la mano i membri della commissione seduti dietro di lei e quelli nella prima fila, poi li invitò ad alzarsi in piedi e diede il la a un fragoroso applauso. Solo mentre si stava risedendo, l’attenzione di Ellen tornò sul discorso.

«Per quasi tre anni», continuò Lynette Marquand, «ogni membro di questo augusto gruppo di esperti di fama internazionale ha esaminato attentamente l’Omnivax da ogni punto di vista. Io sono stata informata regolarmente dei loro progressi. Presto decideranno con voto segreto se approvare o no la sua distribuzione per uso generale. Io vi prometto, spettatori americani che, se anche uno, uno solo, dei ventitré membri della commissione votasse contro l’Omnivax, noi rinvieremo il programma di inoculazione il tempo necessario per risolvere tutti i dubbi.»

A questa dichiarazione, enunciata con la tipica retorica della campagna presidenziale, tutti balzarono in piedi e applaudirono fragorosamente. Ellen rimase seduta, sconcertata, gli occhi fissi sulla first lady, finché non si rese conto che tutti gli altri erano in piedi. Lentamente, un po’ incerta sulle gambe, si alzò e avvicinò le mani. In quel momento notò che, dal suo posto alle spalle di Lynette Marquand, George Poulos la stava fissando.

Загрузка...