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«’Giorno, Kim.» Matt salutò l’impiegata efficiente e comprensiva dell’unità di Terapia Intensiva.

«Buon giorno, dottore», fu la risposta gelida.

Pensò di affrontarla. Kim West era sempre stata cordiale con lui, anche se non proprio amichevole. Non valeva comunque la pena di controbattere la sua villania. La società mineraria locale, la Belinda Coal and Coke Company, era il sangue vitale della valle. In un modo o nell’altro, tutta la contea di Montgomery era legata al suo destino. Erano passati tre giorni da quando aveva salvato la vita di Darryl Teague e, nelle strade di Belinda, la freddezza nei suoi confronti era cresciuta in modo sgradevole. Teague non era mai stato un figlio amato del villaggio, e ora due giovani erano deceduti a causa sua. Lui no, e solo grazie a Matt. Alla stazione di benzina, nel locale Scotty’s Diner, nella tintoria, ovunque andasse, suscitava mormorii e tensione. Anche in ospedale, dove la gente avrebbe dovuto essere consapevole delle decisioni che i medici dovevano o non dovevano prendere.

Poche ore dopo l’incidente al pronto soccorso, Robert Crook aveva inviato a tutti i dipendenti dell’ospedale una nota denunciando il comportamento di Matt. Aveva addirittura ipotizzato che la sua scarsa perizia nell’effettuare l’aspirazione pericardica aveva messo in pericolo la vita del paziente più dell’incidente stesso.

Teague era ufficialmente un paziente di Crook, e il cardiologo aveva fatto di tutto per coinvolgere nelle cure dell’uomo un qualsiasi altro internista al posto di Matt. Questi, tuttavia, era andato a trovare Teague due volte al giorno dopo la sciagura. Fare tutto il possibile per salvare una vita creava un legame che solo coloro che avevano vissuto una simile situazione potevano comprendere.

Ignorando l’occhiata disgustata di una delle infermiere anziane che, come ricordò, era madre di un minatore, Matt entrò nella stanza 6. Le luci erano spente, a parte una fioca lampada fosforescente sopra il letto. Teague, il volto mostruosamente deformato e tutto ammaccato, giaceva sulla schiena, respirando in modo irregolare e appena percettibile grazie all’apposita apparecchiatura. Era incosciente, come lo era stato fin da quando era stato trasferito lassù dal pronto soccorso. All’inizio, il trauma cerebrale sembrava la causa più probabile, e la diagnosi non era cambiata; eppure non era stata richiesta alcuna tomografia computerizzata né una risonanza magnetica, anzi, neppure un consulto con il neurologo. Di certo l’attenzione rivolta a questo caso non avrebbe mai fatto vincere a Robert Crook alcun premio come Medico dell’Anno, anche se con ogni probabilità avrebbe ricevuto una medaglia dalla cittadinanza.

Immobile nella luce fioca, Matt fissò Darryl Teague.

Che ti è successo, Darryl? pensò. Che avete inalato tu e Teddy Rideout? Che avete bevuto? Che vi siete spalmati sulla pelle?

Matt gli afferrò il polso e controllò i battiti, piuttosto forti. Il vaso strappato che aveva provocato il tamponamento cardiaco quasi letale si era coagulato e il drenaggio che era stato sistemato sotto la membrana pericardica era stato tolto. In quel momento, il misterioso coma di Teague era l’unica cosa che impediva un suo trasferimento dall’ospedale della contea all’infermeria di un carcere. Matt fece un rapido controllo neurologico: nulla di allarmante, nessun segno focale che indicasse che si stava sviluppando lentamente una emorragia tra il cranio e il cervello. Allungò la mano e toccò delicatamente la protuberanza dura e carnosa sopra il sopracciglio sinistro, poi quella sul mento. Si chiese se l’uomo si fosse fatto vedere da un medico e se la sua malattia mentale progressiva gli avesse impedito di agire in modo razionale.

«Che cosa ti è successo, Darryl?» sussurrò Matt. «Forza, svegliati e dimmelo…»

Sollevò la cornetta del telefono sul comodino, esitò, quindi chiamò il reparto di patologia. Pochi secondi dopo, suo zio rispose.

«Ciao Hal, come va?»

«Non è che metà paese sia pronto a ricoprirmi d’oro, solo perché sto facendo il mio lavoro, se è questo ciò che vuoi sapere.»

«Be’, qui fuori c’è un’infermiera che sarebbe felice di coprirmi di fango, ma non ti ho chiamato per questo, sono qui nella stanza di Teague nell’unità di Terapia Intensiva. Forse lo sai già, ma è in coma da quando è stato portato qui dal pronto soccorso. Mi stavo chiedendo se qualcuno lo sta curando.»

«Perché?»

«Prima se, e ora perché. Uno dei tuoi tecnici potrebbe estrargli sangue ed eseguire un esame farmacologico?»

«Senza dirlo a Crook?»

«È quello che pensavo. Glielo caverei io stesso, ma succederebbe il finimondo se entrasse un’infermiera e mi vedesse all’opera.»

«Lo farò, nipote, ma per Natale mi aspetto una confezione di ottimo tabacco. Basta con le cravatte.»

«Sicuro? Credo di averne ancora tre o quattro nel mio armadio.»

«Sicurissimo.»

«D’accordo, basta cravatte. Grazie.»


L’ambulatorio di Matt occupava il piano terra di una vecchia casa in una laterale di Maia Street, vicino al centro città. Parcheggiò la Harley nel garage sul retro ed entrò in casa. Sentì subito uno scambio animato di battute provenire dalla sala d’attesa. A una voce, femminile, acuta e stridente, rispondeva, in tono tranquillo e cortese come sempre, Mae Borden, la sua segretaria e assistente.

«Su, signora Goodwin», stava dicendo Mae. «Non sto cercando di convincerla a non cambiare medico, ma credo che lei dovrebbe rifletterci su, almeno questo lo deve a suo marito.»

Matt si bloccò e si appoggiò alla parete del corridoio.

«È stato proprio Charlie a mandarmi qui», ribatté la donna. «È sconvolto per ciò che è successo nella miniera.»

«Cioè perché il dottor Rutledge ha salvato la vita di quel ragazzo?»

«Sì. I due uomini che Teague ha ucciso erano amici di Charlie. E la miniera è chiusa da tre giorni per i danni che ha causato. Sono soldi che escono dalle tasche di tutti.»

«Capisco. Mi dica una cosa, signora Goodwin: se quella sera fosse stato suo marito a lanciare quell’attrezzatura, avrebbe voluto che il dottor Rutledge facesse tutto il possibile per salvarlo?»

«Io… suppongo di sì.»

«E il dottor Rutledge non vi ha sempre assistiti al meglio?»

«Naturalmente.»

«Eppure lei vuole cambiare medico?»

«Ecco, io…»

«Signora Goodwin, che ne direbbe se io tenessi qui le vostre cartelle finché Charlie non verrà di persona a parlare con me, o, meglio ancora, con il dottor Rutledge? Questo non dovrei dirlo, ma so per certo che voi due siete tra i suoi pazienti preferiti. Gli dispiacerebbe molto perdervi.»

«Be’… la verità è che io stessa odierei perderlo.»

«E allora?»

«Signorina Borden, speravo proprio che lei mi convincesse a non farlo. Dirò a Charlie che, se vuole veramente andare fino in fondo, deve venire qui di persona e affrontare lui stesso il dottor Rutledge.»

«Penso che sarà sollevato che lei non l’abbia fatto.»

«Lo credo anch’io. Grazie. Oh, grazie tante.»

Matt sentì la porta aprirsi e chiudersi.

«Tutto bene, Matt», gridò Mae. «È andata via. Puoi venire.»

Matt entrò nella modesta sala d’attesa e baciò la sua segretaria sulle guance.

«Ci sono degli eschimesi cui vorrei vendere dei frigoriferi», esclamò Matt. «Penso tu sia la donna ideale per farlo.»

«Grazie, no. Non sopporto il freddo.»

«Che tu sia benedetta per avere salvato la mia professione.»

«Oh, non è stato poi tanto difficile», rispose lei. «Finora sei tentativi di defezione, tre soli andati in porto.»

Mae era stata la segretaria di Matt dal giorno in cui aveva aperto l’ambulatorio. Era sulla cinquantina, ma i capelli argentei e un modo di fare e di vestire tradizionale le aggiungevano una decina d’anni. Nel corso degli anni, sia le loro differenze sia la loro totale devozione alla professione medica e ai pazienti li avevano legati strettamente. Oltre a preparare il miglior caffè della città, Mae aveva il dono di saper infilare tra un appuntamento e l’altro qualunque paziente avesse bisogno di una visita medica e di «aggiustare» la parcella per chiunque non potesse pagare.

«Temo che questa storia mi abbia creato parecchi nemici in città, Mae», ammise.

«Non è esatto. La gente di questa città ti vuole bene e ti rispetta per quello che sei. Molti di loro simpatizzano con te a causa della tua dolorosa perdita. Altri stanno perdendo la pazienza. Da quando sei tornato qui, i tuoi tentativi per fare multare o addirittura chiudere la miniera per violazioni della sicurezza hanno dato fastìdio a un bel po’ di persone. Ti hanno reso un elemento irritante in alcuni quartieri e oggetto di scherzi in altri. L’aver salvato Darryl Teague ha soltanto amplificato le critiche.»

«Dai, Mae, smettila di usare mezzi termini. Che pensi veramente

Sorrise suo malgrado.

«Molto divertente», sbottò. «Ma non lo è più tanto quando tutti smettono di farsi visitare dal miglior medico della valle, perché pensano che stia facendo crociate per portare loro via i mezzi di sostentamento.»

«Non sto facendo crociate per portare via il lavoro a nessuno. È solo che…»

«Matthew, apri gli occhi», lo interruppe. «Da quando Ginny è morta, hai i paraocchi. Già prima scrivevi lettere alla gente sulla sicurezza della miniera e cercavi di trasformare ogni ferito nella miniera in un caso federale. Dopo la sua morte, non hai più smesso. E che hai in mano? Niente.»

«È qui che ti sbagli», disse lui e andò nel suo ufficio a prendere un mucchietto di fogli colorati. «Ecco cosa ho in mano, ancora freschi di stampa.»

Li pose sul banco di Mae e gliene allungò uno.


SI RICHIEDONO
INFORMAZIONI SU SCARICO O DEPOSITO ILLEGALE
DI RIFIUTI TOSSICI IN QUALSIASI MINIERA
NELLA CONTEA DI MONTGOMERY
RICOMPENSA DI 2500 DOLLARI
PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI ALL’MSHA O ALL’EPA
GARANTITA MASSIMA RISERVATEZZA
RICORDATE, LA SALUTE È VOSTRA
LA COALIZIONE DELLE MINIERE SALUBRI

«Mio Dio», gemette Mae. «La Coalizione delle Miniere Salubri?»

«Ho pensato che suonava meglio di dottor Matthew Rutledge.»

«Matthew, quando capirai? Non puoi nuocere a quella gente. Hanno più soldi di quanti noi si possa mai sperare, e più influenza in alto di quanta ne serva per sbarazzarsi di una mosca come te. Mettendoti contro di loro, puoi solo fare del male a te stesso.»

«Mae, Ginny è morta per un tipo di cancro che compare solo una volta su un milione nelle donne non fumatrici della sua età. E ora, ecco due esempi di una sindrome insolita in due uomini che, guarda caso, sono entrambi minatori. Come non credere che la BC C sia responsabile? Hai idea di quanti barili di sostanze petrolchimiche tossiche producano, convertendo il carbone in fertilizzante o pittura o, in particolar modo, in coke? Dove sono quei barili?»

Se non altro, Matt aveva fatto il suo compito a casa. La produzione di carbone coke, il derivato dal carbone essenziale per la fabbricazione di ferro e acciaio, era, secondo lui, la principale colpevole. Con impianti, attrezzature e tecnologia adeguati, alcuni tipi di carbone potevano essere sfruttati quasi al cento per cento. Svariati sottoprodotti, tuttavia, come creosoto, catrame, pece e molte altre sostanze idrochimiche, se non venivano prodotti in quantità sufficienti per avere un valore commerciale, dovevano essere eliminati in modo sicuro o accumulati. Matt riteneva che, proprio in questo campo, i dirigenti della BC C prendessero le scorciatoie più pericolose.

Scrollando la testa, più per frustrazione che per disapprovazione, Mae ridiede i volantini a Matt.

«Hai cinque minuti prima dell’appuntamento con Jim Kinchley», lo avvisò. «L’ho mandato al laboratorio per le solite analisi del sangue e un elettrocardiogramma.»

«Perfetto. Mae, non preoccuparti. Andrà tutto bene.»

La donna sorrise a labbra strette e si rimise al lavoro.

Matt entrò nel suo studio e iniziò a sfogliare la pila di referti e diagrammi. Come al solito, le parole di Mae erano sagge, pensò. Era mai stata pubblicata una delle sue lettere inviate al giornale? E che dire della riunione cittadina da lui indetta, alla quale avevano partecipato soltanto sette persone, comprese sua madre, suo zio e due senzatetto presenti solo per il caffè e i biscotti?

Alzò gli occhi proprio nel momento in cui una tanagra rossa si posava su un ramo della quercia bianca fuori della finestra. Per un minuto, forse più, quel magnifico uccellino canoro rimase appollaiato lì, immobile, e pareva fissasse direttamente lui.

Ginny?

L’uccello non si mosse.

Ginny, sei tu?

Dall’uscio, Mae Borden si schiarì la gola.

«Matthew, tutto bene?»

«Eh? Sì, certo, sto bene.»

Lanciò un’occhiata all’albero, ma l’uccellino era scomparso.

«Stavi pensando a tua moglie, non è vero?»

«No, voglio dire, sì. Sì, è vero.»

«L’avevo immaginato.»

«Sai, Mae, sono passati quasi quattro anni, ma dentro di me non è cambiato nulla. Anzi, mi manca più che mai. A volte è una nuvola che me la ricorda, poi una scena nel bosco o la sagoma di una donna che cammina davanti a me sul marciapiede. Poco fa è stato un uccello, una tanagra. Questa volta, però, non mi ha solo ricordato lei, Mae. Ho avuto la potente sensazione che fosse lei. Per quanto mi sforzi, non riesco a capire quanto lungo sia il per sempre. Continuo a pensare che qualche regista entrerà qui dentro, batterà le mani e annuncerà che questa scena è finita e che possiamo passare alla successiva, quella in cui lei mi sta aspettando a casa per parlarmi di ciò che ha fatto mentre i bambini erano a scuola.»

Mae attraversò lo studio e gli pose una mano sulla spalla.

«È giusto conservare i ricordi», disse, «purché non distraggano la vita che ti è rimasta da vivere. Con tuo padre morto, tua madre, poveretta, sempre più… ammalata, e le ore che trascorri qui e in ospedale, e adesso questa faccenda alla miniera, a volte mi chiedo come fai. Il trucco è avere tutti questi ricordi che ti rammentano non tanto come era la vita, ma quanto bella potrà essere di nuovo, se tu glielo permetti.»

«Capisco.»

«Lo spero proprio.»

Mae aggirò la scrivania e prese il pacco di volantini color cremisi.

«Hai intenzione di buttarli via?» le chiese.

«No», rispose con un tono e un’espressione dolceamara. «Ho intenzione di distribuirli in tutta la città. Non si sa mai.»

Era appena uscita dallo studio di Matt, che squillò il telefono. La sentì rispondere attraverso la porta aperta.

«Studio del dottor Rutledge… Quando?… Ha qualche idea del perché? Glielo dico immediatamente… Grazie. Grazie per avere telefonato.»

Riagganciò e un attimo dopo era davanti alla porta.

«Matthew, era Janice dell’unità di Terapia Intensiva. Darryl Teague ha avuto un improvviso arresto cardiaco. Hanno cercato di rianimarlo, ma non c’è stato nulla da fare. È morto.»

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