17

Con tre rapidi colpetti di gola, il dottor Richard Steinman richiamò all’ordine la riunione finale della commissione sull’Omnivax. Fuori dalle porte chiuse della sala non vi era la ressa di fotografi e giornalisti che aveva ripreso e trasmesso il discorso di Lynette Marquand. La stampa era comunque rappresentata. La spettacolarità della promessa della first lady di ripartire da zero con l’Omnivax, se anche un solo membro di quell’illustre tavola rotonda avesse votato contro, unita alle implicazioni politiche e mediche, aveva mantenuto alto l’interesse.

Nella lussuosa sala conferenze, ventidue medici e scienziati interruppero le loro conversazioni e, con solennità, presero posto attorno al tavolo. Un posto rimase vuoto, quello della rappresentante dei consumatori, Ellen Kroft.

«Gradirei cogliere questa occasione», esordì Steinman, «per ringraziare tutti voi per l’impegno profondo che avete dimostrato in questi tre anni e che culminerà con la votazione di questa mattina. Avete reso un grande servigio al vostro paese, alla comunità medica e alla gente di tutto il mondo. Il programma di questa ultima riunione prevede che ognuno di voi esprima qualche osservazione sul tema che preferite riguardo al lavoro svolto. Dopo di ciò, ognuno voterà sì o no. A causa della promessa fatta dalla first lady agli americani, l’astensione verrà considerata un voto positivo.»

S’interruppe e, dalla sua espressione, sembrava avesse inghiottito un pezzo di carne senza masticarlo.

«Prima di andare avanti», riprese, dopo essersi schiarito la gola ed essersi calmato, «c’è una dichiarazione che mi è stato chiesto di leggere a tutti voi. Mi è stata recapitata questa mattina sul presto, con un biglietto che diceva che copie della stessa erano state inviate al Washington Post e al New York Times e ai quattro principali network televisivi e alla CNN. È della signora Ellen Kroft, che oggi non sarà presente. Mi spiace non vi sia stato tempo per dare a ognuno di voi una copia, la riceverete comunque al termine della seduta. La signora Kroft mi ha chiesto di leggere la sua dichiarazione dalla prima all’ultima parola.»

Le sue parole sollevarono una certa agitazione, scambi di occhiate, espressioni curiose miste ad altre sprezzanti. Seduto accanto alla sedia vuota di Ellen Kroft, George Poulos tenne lo sguardo indifferente fisso su Steinman.

«Non essendoci stata alcuna obiezione», osservò Steinman, «inizierò la lettura.» Si schiarì di nuovo la gola, si sistemò gli occhiali.

«‘Illustri colleghi, quale unica rappresentante dei consumatori nella commissione Omnivax, ho affrontato le mie responsabilità non da medico o scienziato, come tutti voi, ma da madre e nonna. Dal giorno della nostra prima riunione, mi sono fissata tre principi. In primo luogo, avrei cercato di apprendere il più possibile sul metodo con cui sono stati creati, testati e approvati i vaccini e di continuare a seguirli e valutarli una volta diventati di uso generale. In secondo luogo, avrei cercato di familiarizzare con i componenti dell’Omnivax, la loro fabbricazione, le caratteristiche di ognuno e le reciproche interazioni. In terzo luogo, mi sono prefissata di parlare con i padri e le madri, annotando le loro speranze e, sì, i loro timori sulle vaccinazioni in generale e sull’Omnivax in particolare. Ora vorrei toccare questi tre punti nell’ordine.

«‘Molte persone, tra cui la maggior parte di voi, la famiglia presidenziale e il ministro della Sanità Lara Bolton, credono che uno dei principali parametri per giudicare il progresso di una società civile sia il livello di protezione dei suoi cittadini dalle malattie infettive. Come sapete, ma come altri forse non sanno, dal millenovecentoquaranta il numero di dosi di vaccino obbligatorie per i nostri figli è passato dalle tre contro la difterite, la pertosse e il tetano alle quaranta di dodici diversi vaccini. Adesso, con l’Omnivax, mentre il numero di iniezioni calerà in modo impressionante, il numero di vaccini somministrati sarà più che raddoppiato. L’Omnivax sembra di certo un gigantesco balzo in avanti per l’umanità. Ci saranno però conseguenze negative?

«‘La regola aurea per ogni nuova ricerca farmaceutica è la ricerca randomizzata, in cui la popolazione oggetto della ricerca è divisa in due gruppi, il più possibile uguali per quello che riguarda i parametri medici e demografici. Tanto più è ampia la popolazione oggetto dello studio, tanto meglio, a patto che le caratteristiche di ciascun gruppo siano equivalenti. Uno dei due gruppi riceve il farmaco che deve essere valutato, l’altro un placebo. La ricerca diventa randomizzata quando né il paziente né il medico che lo ha in cura sanno chi riceve o no il farmaco. Più a lungo dura la valutazione, più attendibili saranno i risultati. Di fatto, molti studi su nuovi farmaci si sono protratti per una decina d’anni o più.

«‘Secondo la mia ricerca, nessun vaccino, di qualsiasi tipo, è mai stato valutato da un protratto studio randomizzato. Le ditte farmaceutiche sono potenti e sovvenzionano gran parte delle ricerche sui farmaci eseguite presso le nostre università e gli istituti medici. I loro agenti per le pubbliche relazioni, distinti ed efficienti, si sono dati da fare per convincere, in molte occasioni, la gente comune che non possiamo permetterci di privare il gruppo del “placebo” dei vantaggi di un vaccino mentre aspettiamo che venga portata a termine una ricerca randomizzata statisticamente significativa.

«‘Questa scorciatoia nel procedimento scientifico ci ha fatto del male in qualche modo concreto, medico? A questa domanda non posso rispondere in modo certo. Ciò che posso dire è che, più aumentavano le percentuali delle vaccinazioni, più cresceva in modo allarmante l’incidenza di numerose malattie e sindromi, dette immuno-intermedie, come asma, allergie e diabete giovanile, e altre, come autismo, ADD e altre incapacità d’apprendimento, che ancora non sono state classificate come immuno-intermedie. C’è un collegamento? In alcuni casi le vaccinazioni rompono il normale sviluppo del sistema immunitario? A queste domande non possiamo rispondere finché non saranno stati portati a termine studi con controllo crociato a lungo termine.’»

A questo punto Steinman s’interruppe per bere un po’ d’acqua e guardare negli occhi i membri del comitato. Parecchi di loro ruotarono gli occhi, esasperati per essere costretti ad ascoltare le vecchie e semplicistiche rivelazioni di uno dei membri del comitato senza credenziali scientifiche.

«Capisco ciò che state pensando», dichiarò Steinman, «ma finirò di leggere la dichiarazione della signora Kroft. Ci ha reso un grande servigio decidendo di astenersi dal votare. Nei nostri laboratori e nelle nostre cliniche, siamo potenti e autorevoli. Nel tribunale dell’opinione pubblica, invece, la rappresentante dei consumatori ha più peso di uno qualunque di noi. Quando questa riunione sarà giunta al termine e avremo dato il nostro voto, dovremo rispondere pubblicamente alle questioni che sta sollevando. Qualche domanda?»

«Finisca di leggere e votiamo», borbottò uno dei pediatri.

«Grazie, Mel», rispose Steinman. «È proprio quello che intendo fare.» Raddrizzò gli occhiali e sorseggiò dell’acqua.

«‘Che dire dell’Omnivax?’ continua la signora Kroft. ‘Lasciatemi prima dire quanto la ricerca e la tecnologia medica usate per lo sviluppo di questo straordinario prodotto mi abbiano colpita. Ancora una volta, però, devo chiedere, dov’è la ricerca randomizzata? Dove la valutazione a lungo termine? Una volta messo sul mercato un farmaco o un vaccino, il CDC e l’FDA fanno affidamento su un sistema di valutazione post-marketing affidato a moduli di denunce mediche di reazioni sfavorevoli. Gli studi hanno mostrato come solo una piccola percentuale di medici ha mai compilato simili moduli, pur sapendo o intuendo che molti casi in cui si erano imbattuti potevano essere collegati a vaccini o farmaci. Alcuni sono troppo impegnati o semplicemente non sanno dove trovare un simile modulo nel momento in cui ne hanno bisogno. Quelli che lo compilano lo fanno generalmente solo quando la reazione avviene poco tempo dopo la somministrazione del farmaco ed è, più spesso che no, spettacolare. Sarei negligente se non facessi notare che in questo momento non vi è prova che l’Omnivax abbia provocato, nei soggetti sottoposti ai test preliminari, problemi di una gravità anche solo lontanamente vicina alla mortalità delle malattie che previene. Sarei, tuttavia, altrettanto negligente se non facessi notare che l’Omnivax è valido solo quanto il suo componente meno ampiamente testato.

«‘Trenta vaccini, nessuna ricerca randomizzata, ma anche nessun evidente grave effetto sfavorevole. Questi tre fatti mi hanno reso difficile prendere una decisione sull’Omnivax.

«‘Ciò mi porta al mio ultimo impegno, essere cioè una sincera rappresentante dei consumatori. I genitori temono che gli enti governativi e l’industria farmaceutica tengano loro nascoste informazioni sugli effetti secondari del vaccino. I genitori che preferirebbero non vaccinare i loro figli vengono perseguiti a termini di legge, a volte anche quando dimostrano che, facendolo, violerebbero le loro credenze religiose. Questo non dovrebbe succedere in America. Ovunque io vada, i genitori invocano tre cose: informazione, ricerca e scelta.

«‘Come stanno le cose, allora? Abbiamo un notevole prodotto che senza alcun dubbio salverà molte vite. Abbiamo un programma di ricerca essenziale, basilare, che è stato trascurato come è successo con ogni altro vaccino o combinazione di vaccini mai utilizzati. Abbiamo dei genitori che desiderano più informazioni e un maggior controllo su ciò che viene iniettato nei corpi dei loro figli.

«‘Dopo avere riesaminato questi tre fatti, queste tre domande, ho capito di non poter né approvare l’Ommvax né dare un voto che priverebbe il popolo americano delle sue proprietà salva-vita. Per questo motivo ho deciso di astenermi dalla votazione finale per la sua approvazione. Auguro ai miei colleghi della commissione ogni bene e li ringrazio per quello che mi hanno insegnato in questi ultimi trentadue mesi.’»

Richard Steinman si tolse gli occhiali. Nella sala, ogni espressione diceva chiaramente che nessuno dei partecipanti era rimasto colpito da ciò che aveva scritto Ellen. Dopo parecchi secondi di silenzio, George Poulos alzò la mano e parlò: «Propongo che si evitino commenti finali e si passi direttamente alla votazione».

«Proposta appoggiata», gridò una voce esausta.

«Obiezioni?» domandò Steinman. «D’accordo, allora. George, presumo si possa iniziare da te.»

«Voto sì.»


Al momento di quella storica votazione, Ellen, a centocinquanta chilometri a nord dell’edificio dell’FDA, era diretta, attraversando senza alcuna particolare fretta il lussureggiante paesaggio delle Montagne Catoctin del Maryland, alla casetta di Rudy Peterson. Due ore prima aveva preso Lucy a casa sua e l’aveva portata in un piccolo parco boscoso, tagliato a metà da un corso d’acqua che scorreva lievemente. Si erano sedute su una panchina e Ellen si era lasciata dondolare al ritmo della piccola. Non molto distante, in un piccolo spazio giochi, una decina di bambini si divertiva sulle altalene e sulla struttura tubolare. Il delicato profumo di Lucy, strofinata e lavata, non era diverso da quello degli altri bambini, aveva pensato Ellen. I capelli, la pelle, i suoi splendidi occhi, tutto era perfettamente normale, eppure era differente come se fosse venuta da un altro pianeta.

Ellen aveva scrutato in giro, chiedendosi se lei e Lucy non fossero seguite e osservate. Quel pensiero l’aveva resa ansiosa. Da quello che poteva vedere, non c’era nessun individuo sospetto, ma ciò non significava nulla. Quelli che erano contro di lei erano dei professionisti.

«Troverò quell’uomo, mia cara», aveva sussurrato dolcemente Ellen. «Lo troverò e scoprirò anche chi lo ha ingaggiato, e farò loro del male. Li farò soffrire come non hanno mai sofferto in vita loro.»

Erano rimaste lì sedute per una quindicina di minuti, e le lacrime di Ellen avevano bagnato i capelli della nipotina. I bambini erano corsi in classe, il campo giochi era vuoto. Lucy, oscillando meno del solito, fissava vagamente in quella direzione.

«Ti voglio bene, piccola», aveva infine detto Ellen, aiutando la bambina a mettersi in piedi e a tornare all’automobile. «Forza, andiamo, Gayle ti sta aspettando a scuola.»


Alle undici, Ellen era a solo pochi chilometri dalla casetta di Rudy. Accese la radio e trovò, appena in tempo, un radiogiornale pieno di scariche statiche che stava dando notizie da Rockville. Con il voto unanime promesso da Lynette Marquand, l’uso pubblico del multivaccino Omnivax era stato approvato. Entro pochi giorni, a Washington, nel centro sanitario locale, la first lady sarebbe stata presente mentre il ministro della Sanità Lara Bolton somministrava la prima iniezione del farmaco. Da quel momento, la vaccinazione con l’Omnivax diventava obbligatoria per tutti i neonati e in seguito per tutti i bambini più grandi.

Che si dia inizio ai giochi, pensò amaramente Ellen.

Si sentiva spaventata, ma anche eccitata. Aveva fatto quello che doveva. Se avesse dato il suo voto negativo sull’Omnivax e fosse successo qualcosa a Lucy, non sarebbe più riuscita ad andare avanti.

Il radiogiornale non aveva menzionato il fatto che Ellen si era astenuta dal votare, ma aveva dato rilievo alle implicazioni politiche per il governo Marquand nell’aver mantenuto la promessa fatta al popolo americano. Forse, pensò, nei prossimi giorni la stampa avrebbe commentato anche la sua dichiarazione, o forse no. Non che importasse realmente.

Le sue mani strinsero il volante, mentre gli occhi della mente rivedevano quell’arrogante criminale, che puzzava di fumo di sigaretta, seduto tranquillamente nel suo soggiorno. Quel bastardo aveva fatto bene il suo lavoro, l’aveva convinta che nessuno dei suoi cari sarebbe stato al sicuro e che non c’era assolutamente niente che lei potesse fare. Quello che lei sperava lui non sapesse era che aveva vinto solo la prima ripresa. Gli aveva tirato un leggero jab inviando la sua dichiarazione ai giornali, pur sapendo che non avrebbe suscitato alcuna rappresaglia. Ora doveva trovare un modo per tirare un colpo più efficace, o meglio ancora, uno mortale. Astenendosi dal voto, non aveva solo protetto Lucy, ma aveva anche guadagnato il tempo necessario a Rudy per portare a termine il suo lavoro.

Abbandonò la strada principale e prese una stradina privata senza segnaletica che tagliava un prato sgargiante di fiori selvatici. La luce del sole smorzava i colori. Il rumore degli insetti e il profumo della tarda estate riempivano l’aria. In fondo alla strada, nascosta fra gli alberi, vi era la casupola di Rudy. Questi era stato compagno di stanza di Howard ai tempi dell’università e, più tardi, testimone dello sposo al loro matrimonio. Per molti anni aveva lavorato come biostatistico all’FDA, prima di venire esortato ad andare prematuramente in pensione, causa riorganizzazione. Ciò comunque non spiegava chi fosse. Malgrado la lunga amicizia con suo marito, Ellen aveva sempre considerato Rudy Peterson come l’anti-Howard. Mentre Howard era bello e vivace, Rudy era introspettivo, filosofico e di certo non un esemplare umano cui le donne avrebbero dato la caccia. Lo spirito umoristico di Howard era grossolano, quello di Rudy sottile e divertente, con un lieve accenno di cinismo. Howard si era rivelato più apparenza che sostanza, Rudy aveva continuato a essere un amico fedele, che non aveva mai pronunciato un commento fortemente negativo sul suo ex compagno di stanza. Era l’unico, infatti, tra le loro conoscenze di prima del divorzio, ad avere mantenuto un rapporto con entrambi.

Ellen parcheggiò dietro il vecchio furgone pick-up di Rudy, contemplò la casa, quindi si diresse verso il retro: non aveva senso cercarlo all’interno in una giornata simile. Un sentiero stretto in terra ben battuta portava, partendo dal piccolo cortile sul retro e attraversando il bosco, al laghetto di Rudy. Si trattava di un piccolo lago, cinque acri, le aveva detto, alimentato da torrenti di montagna e rifornito di trote e pesce persico da una ditta specializzata. Rudy se ne stava proprio in mezzo allo stagno nella sua barca a remi e fissava le colline, interrompendosi di tanto in tanto per lanciare la lenza. Indossava il suo solito cappello di paglia alla Tom Sawyer. Anche da quella distanza, Ellen sentì l’odore del tabacco di ciliegio della sua pipa. Una volta lui le aveva raccontato che, secondo una ricerca scozzese, una pipata al giorno di tabacco di legno di ciliegio aggiungeva 3,2 anni sani di vita, mentre due o più pipate ne toglievano cinque.

Ellen si sedette all’ombra sulla riva, ma poco dopo lui la vide e la salutò con un cenno della mano.

«Ehi!» gridò Rudy. «Arrivo subito.»

Ellen lo osservò avvolgere la lenza, deporre la canna da pesca e remare verso di lei. Appena era stato messo in pensione dall’FDA, Rudy aveva chiuso il suo appartamento a Rockville e si era trasferito definitivamente nella sua baita. Non si era mai sposato, aveva un fratello, una nipote e un nipote, alcuni buoni amici e una grande passione per la falegnameria e il pianoforte, che suonava molto bene. Ellen, tuttavia, temeva che passasse troppo tempo da solo, per cui gli telefonava una volta alla settimana e andava a trovarlo per un paio di giorni ogni due o tre mesi, portando con sé tanto cibo cucinato in casa da durare per alcune settimane. Da quando era stata designata a fare parte della commissione scelta sull’Omnivax, le telefonate e le visite si erano fatte più frequenti.

Rudy ormeggiò al piccolo ma ben tenuto pontile, quindi si scambiarono baci sulle guance. Aveva un viso tondeggiante e fanciullesco che sembrava non avere ancora visto un rasoio. Aveva perso tutti i capelli, tranne una frangetta argentea da frate. Secondo Ellen e altri amici assomigliava tanto a Gavin MacLeod che lo chiamavano Capitano e lui, per tutta risposta, aveva dipinto la scritta THE LOVE BOAT sulla poppa della barca.

«Dove sono i pesci?» chiese Ellen.

«Li ho ributtati in acqua. A questo punto della stagione della pesca, la maggior parte mi conosce per nome. Mordono l’amo solo per salire in superficie e salutarmi. Di tanto in tanto uno di loro s’incasina così tanto che devo portarlo a casa e trasformarlo in cibo.»

«È bello rivederti.»

Lei gli pose un braccio sulle spalle mentre tornavano alla casetta.

«Allora», chiese Rudy, dopo avere preparato due tazze di tè, «come è andata la votazione? Hai messo loro un bastoncino tra le ruote?»

Ellen aveva parlato con lui dopo la promessa di Lynette Marquand, ma non dopo la visita dell’uomo con la cicatrice sopra il labbro.

«Non sono andata a votare.»

Rudy inarcò leggermente le sopracciglia.

«Allora, immagino che il nostro caro vaccino sia ora legge dello stato.»

«Ventidue a zero.»

«Con un’astensione.»

«Con un’astensione. La prima dose verrà inoculata tra pochi giorni.»

«La prima di milioni di dosi.»

«Decine di milioni, grazie», lo corresse cupamente.

«Non è pronto», ribatté lui.

Ellen s’illuminò.

«Ne hai la prova?»

«Non esattamente, ma, come ti ho già detto, stiamo arrivando a qualcosa.»

«Dai, parla.»

Rudy la guardò con affetto, poi scosse la testa.

«Prima tu. Io sono un uomo paziente, ma c’è un buco grosso come la Georgia nel bel mezzo di questa conversazione.»

«Mi spiace, Rudy, so quanto ti preoccupavi per me dopo che Howard se ne è andato. Avrei voluto spiegarti il motivo per cui mi sono astenuta senza farti agitare troppo. Non sono riuscita a escogitare nulla.»

«Oh, queste tue parole non fanno che alimentare la mia curiosità.»

Ellen sorrise ironicamente.

«Lo posso immaginare», commentò lei. «Scusami. Mi conosci, la regina delle persone che si preoccupano. Rudy, due giorni fa un uomo si è introdotto in casa mia e mi stava aspettando quando sono rientrata. Era enorme e puzzava di fumo di sigarette, e aveva una cicatrice proprio sopra il labbro. Se ne stava lì seduto sorridendo, mentre mi mostrava fotografie di Lucy a scuola nel cortile, una addirittura nella sua camera da letto, e insinuava che l’avrebbe rapita e uccisa in modo tremendo se avessi dato il voto che avrebbe fatto ripartire da zero l’Omnivax.»

Rudy espirò, fischiettando sottovoce. «Mi addolora dirti che la cosa non mi sorprende tanto. Questo speciale vaccino significa un sacco di cose e un sacco di soldi per molte persone. Puoi descrivere quel bastardo?»

«Certo, ma a che serve?»

«È un inizio.»

«Era così sicuro di sé, Rudy. Se ne stava lì seduto con il suo sorrisetto compiaciuto, ben sapendo che io non potevo fare altro che ascoltarlo. Ha detto che, se mi fossi rivolta alla polizia, la polizia non avrebbe potuto fare niente e lui l’avrebbe scoperto.»

Ellen sentì che si stava distendendo. Si morse il labbro e si asciugò un paio di lacrime con il dorso della mano.

«Ha probabilmente ragione», ammise Rudy. «Sono veramente disgustato da ciò che è accaduto proprio a te.» Allungò il braccio e le picchiettò un po’ goffamente la mano. «Non ricordi altro?»

«Dopo avere finito di minacciare Lucy, ha preso il cellulare, ha composto un numero e poco dopo è arrivata una macchina. Lui è uscito, calmo come un venditore porta a porta, ed è partito, semplicemente così. Ho cercato di prendere il numero di targa, ma è partito troppo velocemente.»

«Non ha detto nulla che facesse capire da chi fosse stato assoldato?»

Ellen scrollò la testa. «Non credo. Ha detto che è stato assoldato da qualcuno che voleva che l’Omnivax entrasse in circolazione il più presto possibile. Gli ho chiesto se lavorava per il presidente Marquand o per qualche ditta farmaceutica, ma lui ha ignorato la mia domanda.»

«Chissà», esclamò Rudy. «Punterei su qualcuno in fondo al ciclo di produzione di tutto ciò. Per quello che so di Lynette Marquand, dubito che assumerebbe qualcuno come quell’uomo, ma non posso parlare per il suo staff, né per suo marito.»

«Aspetta, lui ha parlato di ‘datori di lavoro.’ Al plurale. Questo lo ricordo perfettamente.»

«Bene, ecco qui dei fogli di carta. Vorrei che tu annotassi tutto ciò che ricordi su quell’uomo. Il suo aspetto, i vestiti, il suo modo di fare, le frasi che ha detto, ogni singola cosa.»

«A che servirà?»

«Ancora non lo so, ma, come era solita dire mia nonna, non potrà nuocere. Forse ti verrà in mente qualcosa che hai dimenticato.»

«Forse. Voglio trovarlo, Rudy, voglio trovarlo e… e fargli del male. Chiudo gli occhi alla sera ed ecco che quel volto odioso mi guarda con malignità. Mi sveglio nel bel mezzo di un sogno, inzuppata di sudore. Questa mattina sono stata realmente male. Avrei tanto voluto andare alla polizia, ma, dopo ciò che ha detto, non potevo.»

«Stai attenta, El. Io ti aiuterò. Se è là fuori, lo troveremo. Ma prima, annota tutti i fatti sulla carta. Mi conosci. Ho bisogno di informazioni. Intanto vado a preparare dell’altro tè.»

«Poi mi racconterai cosa hai fatto tu?»

«Poi te lo dirò», rispose Rudy.


Lo studio di Rudy occupava tutto il primo piano, una volta adibito ad attico, della casetta. Il soffitto a lucernari, illuminato come una cattedrale, i pannelli in legno di pino nodoso e gli scaffali alti fino al soffitto e colmi di libri rendevano la stanza confortevole come lo stesso Rudy. Buona parte dello spazio era occupata da una grande scrivania in legno di quercia, su cui troneggiavano un computer e altri sofisticati apparecchi elettronici. Una zona lettura con due poltrone in pelle logora e un divano costituiva il resto. Accanto all’unica finestra, un telescopio era puntato verso il laghetto.

Dopo avere annotato tutto ciò che ricordava dell’elegante ed eloquente killer, Ellen si liberò delle scarpe e si accomodò in una delle poltrone. Rudy prese l’altra. Mentre distendeva le lunghe gambe sul divano, sfiorò con i piedi nudi quelli di Ellen. Li allontanò di colpo e si scusò, un’espressione mezzo imbarazzata e mezzo… mezzo cosa? si chiese Ellen, prima di notare quanto fosse avvampato.

«Allora?» chiese Ellen, mentre lui poggiava i piedi sul divano, a una distanza decorosa dai suoi.

«Conosci il problema in cui ho continuato a imbattermi cercando di indagare sull’Omnivax. Non è che ci siano dati di ricerca incriminanti. Il fatto è che, per un progetto di tale portata, non vi sono poi tanti dati. Da statistico quale sono, mi piace giocare con mucchi e mucchi di dati quasi quanto amo pescare. Il megavaccino è stato sperimentato sul campo, ma senza serie verifiche e i componenti sono stati tutti testati singolarmente e in alcune combinazioni, ma neppure questa volta con verifiche. Ogni elemento di questo stupido vaccino sembra funzionare benissimo, ma solo per quanto è stato valutato. Non dubito affatto che l’Omnivax protegga la gente contro ognuna delle infezioni citate.»

«Sento che sta per arrivare un ma.»

«Ma, se questa fosse una nuova medicina contro l’artrite o una nuova pillola di contraccezione, non verrebbe di certo approvata per l’uso generale sulla base di dati tanto insufficienti.»

«Per quanto ne so, non è mai stata fatta una ricerca randomizzata sotto stretto riscontro di un vaccino.»

«Per quanto ne so io, hai ragione. Medici e ditte farmaceutiche e alcuni dei miei cari amici al CDC e all’FDA, preferirebbero rischiare problemi con un vaccino piuttosto che privare la popolazione della protezione contro anche uno solo dei loro cari bricconi microbici.»

«Vai avanti.»

«Come credo di averti già detto, avevo deciso di concentrare quel poco di tempo e risorse che avevamo per esaminare gli anelli più deboli della catena dell’Omnivax. Mi sono messo così a vagliare i pacchetti di dati disponibili su ogni malattia poco comune, quelle che chiamo i giocatori marginali. E, come già menzionato, il vaccino contro la febbre di Lassa è in testa a quella lista. È relativamente nuovo, come lo è l’epidemia per proteggerci dalla quale è stato creato. Ha avuto l’approvazione dell’FDA per i trattamenti di massa circa dieci anni fa. Da un punto di vista statistico, o almeno dal mio punto di vista statistico, il suo impiego è stato approvato troppo rapidamente e troppo presto.»

«Temevano che si stesse sviluppando un’epidemia qui negli Stati Uniti.»

«Lo so, solo che non è successo, almeno allora. Ecco, non ho riscontrato gravi problemi con quel vaccino, ma di certo non è stato verificato a fondo.»

«Questo lo so», osservò Ellen, sperando che il tono non riflettesse la profonda delusione. «È questo che hai?»

Rudy comprese la sua reazione e per alcuni secondi rimase seduto, in silenzio. Poi scosse la testa e sorrise con orgoglio.

«No», rispose. «In verità, non è tutto ciò che ho. Ho fatto alcune telefonate, una a un mio vecchio amico del CDC con cui facevo progetti. Si chiama Arnold Whitman ed è un epidemiologo e un microbiologo. Di soppiatto, Arnold ha esaminato queste epidemie di febbre di Lassa. Se lo beccano a girovagare in territorio altrui, potrebbe perdere il posto di lavoro. In ogni caso, ciò che ha trovato potrebbe non avere alcun valore, ma Arnie non pensa sia così, e lui è davvero in alto nella mia Usta di persone molto intelligenti che non sbagliano quasi mai quando si tratta di scienza.»

«Dovresti esserci tu su quella lista», lo interruppe Ellen.

«Oh, ci sono. Ma ora senti questo. Il periodo di incubazione della febbre di Lassa dall’esposizione ai sintomi è da sette a quattordici giorni, ventuno al massimo. Diciotto dei casi manifestatisi qui negli Stati Uniti erano rimasti infettati in Africa. Si ritiene che gli altri abbiano preso il virus da quei diciotto. Essendo noto il periodo di incubazione, sembra che ognuno di quei diciotto casi sia rimasto infettato il giorno stesso o suppergiù nel momento in cui è partito dall’Africa per venire negli Stati Uniti.»

«Strano.»

«Più che strano, mia cara amica. Sono queste le cose che le mie statistiche devono cercare di capire. E indovina un po’?»

«Non ci sono riuscite?»

«Esattamente! Non riescono a comprendere come mai questi diciotto casi siamo rimasti tutti infetti quando stavano per partire per gli Stati Uniti, perché c’è qualcosa di sbagliato.»

«Ma cosa?»

«È questo il rompicapo. Non posso risolverlo, almeno per ora. Ma aspetta, c’è di più. Nei paesi dove si manifesta spesso, la febbre di Lassa ha una precisa predominanza stagionale nei mesi di gennaio e febbraio. Ecco qui un piccolo diagramma che ho messo insieme con i casi avvenuti tre anni fa e che ho ricavato da un rapporto del ministero della Sanità della Sierra Leone, tramite il mio amico Arnie.»

«Impressionante», commentò Ellen.

«Non tanto, ma lo schema gennaio/febbraio di cui parla il testo esiste veramente. Guarda ora i nostri diciotto casi.»

Ellen mise il secondo grafico vicino al primo: vi era un solo caso in gennaio, nessuno in febbraio. La maggior parte degli altri casi si erano avuti in estate.

«E le tue statistiche dicono che?»

Rudy premette un immaginario cicalino, aggiungendo l’effetto sonoro.

«Ancora una volta i numeri dicono che c’è qualcosa che non va. Devo forse ricordarti che queste sono le mie cifre e che le mie cifre non mentono mai? Per quello che ho capito, è molto più facile che tu venga infettata dalla febbre di Lassa nei mesi di maggio, giugno e luglio volando verso gli Stati Uniti che restando in Africa.»

«Che si fa con questa informazione?»

«Cerchiamo di trasformarla in una ipotesi di lavoro», rispose lui, «in uno scenario che combaci con i dati e li spieghi. Abbiamo bisogno di tirare fuori qualche fatto.»

«Partendo da dove?»

«Io direi di partire dall’ambasciata della Sierra Leone a Washington. Un amico al dipartimento di Stato sostiene che loro hanno accesso alla lista dei passeggeri di ogni volo che decolla dal loro paese. Mi piacerebbe inoltre sapere quanti americani si sono presi la febbre di Lassa in Africa rispetto a quelli nei quali si è manifestata a casa. Penso che potrai ottenere questa informazione dalle autorità della Sierra Leone. Dati! Voglio, ardentemente voglio, dati!»

Ellen balzò in piedi e gettò le braccia attorno al collo di Rudy.

«Sapevo che avresti scoperto qualcosa. Rudy, sei sempre stato il mio migliore amico.»

«Non mi è stato di certo difficile», ribatté lui, guardando altrove.

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