20

Matt trascorse le ore successive allo scontro con Bill Grimes a struggersi di paura per la vita di Nikki Solari. Era stanco morto per mancanza di un buon sonno, ma nel corso degli anni di studio ed esercizio della professione medica, aveva sviluppato una tecnica interna per affrontare quel tipo di stanchezza. Sapeva affrontare la mancanza di sonno, ma non la mancanza di risposte. Si sentiva come un burattino, che ballava ai comandi di un burattinaio pazzo. Ma chi era questo burattinaio? Al momento, l’unico candidato disponibile era Grimes. Ma perché lui? E come aveva fatto a mettere insieme gli elementi del rapimento di Nikki tanto rapidamente e senza alcuna difficoltà?

Pronto, sono il dottor Rutledge. Ho prenotato una risonanza magnetica nucleare per la dottoressa Solari e disposto il trasferimento immediato con l’ambulanza.

Facile.

Matt aveva due pazienti in ospedale. Una di loro, un’anziana diabetica che si stava riprendendo da un bypass arteriale alla gamba, era ricoverata nella stanza di fronte a quella di Nikki. Stava andando da lei, ma si fermò e, usando il telefono sul comodino di Nikki, chiamò il servizio informazioni e si fece dare il numero telefonico di Kit e Samuel Wilson. Kit rispose al primo squillo.

«Per prima cosa», dichiarò Matt, dopo avere determinato che lei sapeva chi lui fosse, «desidero dirle quanto sia addolorato per sua figlia.»

«Grazie. La funzione religiosa di ieri ha fatto sentire un po’ meglio tutti coloro che conoscevano Kathy.»

«Ne sono felice. Signora Wilson, la chiamo per Nikki Solari.»

«Nikki? Che vuole sapere?»

«Immagino non l’abbia saputo. Odio essere il latore di cattive notizie con tutto ciò che ha già dovuto sopportare.»

«La prego, che è successo a Nikki?»

«Ieri, poco dopo avere lasciato la chiesa, due uomini le hanno teso un’imboscata sulla Wells Road. È riuscita a sfuggire loro, ma, per farlo, è quasi annegata nel Crystal Lake.»

«Oh, mio Dio. Dov’è ora? Sta bene?»

«Purtroppo non sappiamo dove si trovi adesso, signora Wilson. Qualcuno, non io, ha richiesto per telefono e a mio nome di trasferirla all’ospedale di Hastings per una risonanza magnetica. Poi, durante il tragitto, l’hanno rapita dall’ambulanza.»

«Oh, mio Dio, è terribile. Perché mai le hanno fatto una cosa simile?»

«È questo che sto cercando di scoprire. Ricorda qualcosa successa ieri che potrebbe aiutarci a capire cosa è accaduto? Qualcuno con cui ha parlato?»

«Non c’è nulla che io ricordi. Ha letto qualcosa durante la funzione, poi ha suonato per buona parte del pomeriggio. Non è mai uscita dal cimitero, tranne che per fare una passeggiata con me e Sam. Ha parlato per un po’ con Bill Grimes, erano seduti sulla panca sotto il grande salice in fondo al camposanto. Oh, Gesù, è una notizia tremenda. Nikki e nostra figlia erano amiche intime. Kathy le stava insegnando a suonare il blue grass.»

Matt aveva sentito tutto ciò di cui aveva bisogno.

«Signora Wilson», concluse, ansioso di chiudere la telefonata, «per piacere, mi telefoni se a lei o a suo marito venisse in mente qualcosa, qualsiasi cosa, che potrebbe aiutarci a risolvere questo enigma. Le prometto di tenerla al corrente.»

«L’avevo supplicata di restare con noi», disse Kit Wilson.

Matt si diresse alla motocicletta, perso in pensieri sul significato di ciò che aveva appena saputo. Le parole di Kit Wilson indicavano che, sebbene avessero parlato tra loro per un po’, Nikki e Grimes non si erano mai trovati in un posto dove lei avrebbe potuto togliersi le scarpe. Accertato ciò e sapendo che aveva i piedi coperti quando Grimes l’aveva vista al pronto soccorso, quale deduzione se ne ricavava? Lui doveva avere visto quel peculiare tatuaggio dopo che era stata rapita dall’ambulanza. Non c’era altra conclusione.

Quella teoria era sostenuta anche da qualcosa che Kit Wilson non aveva detto, e cioè che non sapeva ciò che era successo a Nikki. La notizia l’aveva colta di sorpresa. Erano passate ventiquattro ore da quando la giovane era stata quasi uccisa, e Grimes non si era preoccupato di interrogare i Wilson. Certo, aveva assistito alla funzione religiosa, e avrebbe potuto fare là le sue osservazioni, ma senza alcun dubbio avrebbe voluto sapere se Nikki aveva detto qualcosa a Kit o a suo marito, o se loro erano a conoscenza di qualche motivo per cui qualcuno voleva farle del male. Il capo della polizia era viscido, ma non stupido. Matt pensò che l’unico motivo per cui non si era preso la briga di telefonare ai Wilson era che già sapeva cosa era successo.

A una velocità che non dava nell’occhio, Matt percorse, passando tra le ombre allungate, la Oak Street, parallela alla Main Street, diretto alla stazione di polizia. La passione di Bill Grimes per le automobili vistose era nota a tutti, come il suo ultimo trofeo, una Dodge Viper rossa. Quel pomeriggio Matt l’aveva vista parcheggiata nello spazio per il personale dietro la stazione di polizia. Dall’angolo di Oak e Waverly, notò che era ancora là. Indietreggiò con la moto quel tanto da poter scorgere appena l’auto, quindi la poggiò sul cavalletto e prese la scatola degli arnesi, solo per dare una falsa impressione. Per due volte durante l’ora successiva, mentre si gingillava attorno al motore, due suoi pazienti si fermarono offrendosi di dargli una mano. Dal parcheggio della polizia uscirono due auto, poi un furgoncino. Calò il crepuscolo. La tensione di tenere gli occhi fissi sulla Viper non fece che aumentare la stanchezza di Matt.

Finalmente, proprio quando stava pensando di rinunciare, nell’oscurità vide Grimes avviarsi a grandi passi alla sua automobile. Matt ripose il kit degli attrezzi, montò in sella alla Harley e attese che la portiera della Viper fosse chiusa prima di premere il pulsante d’avviamento elettrico. Il potente motore si accese rombando. Con il cuore che batteva all’impazzata, si sentì di colpo carico di energie e vigile. Grimes era scapolo e avrebbe potuto dirigersi verso casa, o avere un appuntamento amoroso e cenare fuori. Non avendo alcuna opzione migliore, Matt era deciso ad andare fino in fondo.

Invece di svoltare a sinistra verso Main Street, la Viper, i fari accesi, prese a destra, proprio verso l’angolo dove era in attesa Matt. Ebbe appena il tempo di infilare il casco e di abbassare la faccia, che l’auto gli passò accanto a non più di una decina di metri. La sua Harley era conosciuta in città tanto quanto la Viper, e Grimes era un poliziotto perspicace e avrebbe dovuto notarlo, evidentemente era distratto. Matt sentì crescere la tensione. Grimes viveva a sud della città, sulla riva del Belinda River. Ora, oltre a essere preoccupato, si stava dirigendo a nord, verso le colline. Questa non era una gita serale senza meta.

Matt si tenne il più lontano possibile. La serata declinante gli aveva fornito all’inizio sufficiente luce per vedere, ma, a fari spenti, dubitava seriamente che i guidatori che viaggiavano in senso contrario potessero vederlo. Fortunatamente, per circa dieci minuti, non passò nessuno. La strada, malamente lastricata, piegò ripidamente verso l’alto. Matt l’aveva percorsa spesso da giovane, ora raramente. Per quanto ricordava, il lastricato si trasformava in ghiaia, quindi in terra battuta, per poi finire nel bosco. Il suo ultimo tratto era un sentiero stretto e profondamente solcato, amato dai fanatici del motocross.

Le ombre del fitto bosco fecero calare la notte prematuramente. Poteva individuare abbastanza facilmente i fari della Viper, ma la cedevole banchina era invisibile, un pericolo costante. Matt non osò accendere il faro né staccare gli occhi dalla preda.

Di tanto in tanto, su un lato o l’altro della strada, una cassetta delle lettere arrugginita o un passaggio profondamente solcato indicava l’entrata verso un’abitazione che poteva trovarsi a una quindicina di metri nel bosco o a otto chilometri. Grimes svoltò improvvisamente in uno di questi accessi. Se Matt avesse avuto gli occhi puntati sulla strada, la svolta gli sarebbe sfuggita, invece notò un rapido sobbalzare delle luci posteriori, un attimo prima che iniziassero a spostarsi ad angolo retto rispetto alla strada. Quando Matt raggiunse il viale d’accesso, in cui riteneva che Grimes avesse svoltato, le luci erano svanite.

Senza casco, attraversò cautamente il bosco nero come la pece. Sebbene tenesse i giri del motore bassi, il rumore riecheggiava come se si trattasse di un veicolo pesante. Grimes si era forse fermato? Gli aveva teso un’imboscata più avanti? Matt spense il motore e ascoltò. Niente. Per un po’, cercò di spingere la pesante motocicletta, poi, resosi conto che non aveva altra scelta, l’avviò di nuovo e partì rumorosamente, le gambe tese lateralmente per bilanciarsi meglio. La Kawasaki sarebbe stata più silenziosa e facile da manovrare a bassa velocità, ma lui aveva avuto bisogno della grande capacità del baule portaoggetti per i farmaci e l’attrezzatura che aveva portato dagli Slocumb.

Per cinque minuti continuò ad avanzare, ogni fibra tesa a captare una voce, un’aggressione, uno sparo. Poi, tremolante tra gli alberi davanti a sé, vide una luce. Fece voltare la Harley e, con una certa difficoltà, la fece entrare a marcia indietro nel bosco, fino a che non gli parve sufficientemente invisibile dalla strada. Con il coltellino dell’esercito svizzero tagliò alcuni rami di pino che posò sulle cromature del manubrio, del tappo della benzina, delle ruote e del motore. Risalì quindi, con prudenza, la strada.

La Viper era parcheggiata a fianco di una Land Rover davanti a una casupola in rovina. La casetta, tirata su in qualche modo, con una piccola veranda e un camino, occupava il centro di una radura sorprendentemente grande, forse quattro o cinque volte il perimetro dell’edificio stesso. Due finestre, entrambe illuminate, davano sulla strada d’accesso e altre ve ne erano agli altri lati.

Tenendosi entro il limite degli alberi, Matt si diresse verso il fianco della casupola. Una zanzariera a pezzi pendeva da una delle due finestre e parecchi vetri dell’ altra mancavano. Trattenne il fiato e cercò, senza riuscirvi, di individuare le voci all’interno. Poi, carponi, uscì dalla copertura e attraversò più di dieci metri di terra e aghi di pino, prima di appiattire la schiena contro la parete della casa. Pian piano si rimise di nuovo carponi e si tirò su quel tanto da poter lanciare un’occhiata all’interno. Dapprima scorse soltanto la schiena coperta di tela jeans di un uomo massiccio. Dietro l’uomo, riuscì a sentire il peculiare suono nasale di Bill Grimes.

«So cosa mi sta dicendo, mia cara dottoressa», stava dicendo, «ma non so se è la verità.»

«Le ho detto tutto ciò che so», ribatté Nikki, la voce esausta e rauca. «Se non mi crede, problema suo.»

«Sbagliato, mia cara amica. Il problema è suo.»

Il gigante si spostò e Matt si lasciò cadere tra le due finestre. Quando si drizzò di nuovo di pochi centimetri, si ritrovò a guardare in una camera da letto, non più di tre metri e mezzo per lato. Il soffitto era in legno di pino grezzo, le pareti disadorne. L’omone gli ostruiva ancora la vista della soglia dov’era il capo della polizia, ma adesso Matt riuscì a vedere Nrkki. Era slegata, indossava ancora l’indumento ospedaliero verde e giaceva supina, gli occhi chiusi, sul materasso senza lenzuola di un letto dalla struttura metallica. Le avevano sbattuto due cuscini senza federe dietro la testa e uno sporco lenzuolo sulle gambe. Aveva un aspetto grigio, sfinito e inquieto, ma Matt non notò nulla che indicasse che era stata picchiata.

«Voglio riesaminare tutta la faccenda un’altra volta», stava ribadendo Grimes, «partendo dal funerale. Con chi ha parlato là oltre che con me? Allora?»

Matt udì un fruscio alla sua destra poco prima che comparisse un uomo. Era alto e nerboruto, un cappello da cowboy in testa e stivali ai piedi. Nella grossa cintura all’altezza delle reni era infilata una pistola. Matt si lasciò cadere sulla pancia e si appiattì contro le fondamenta in cemento della casupola. Era comunque ancora in piena vista, a non più di sei metri di distanza. L’uomo diede un colpetto alla base del pacchetto di sigarette, ne prese una e l’accese con un fiammifero da cucina che strofinò sulla zip. Il fumo si diffuse immediatamente verso il punto in cui Matt giaceva nell’ombra della casa. Disperatamente, la sua mente selezionò alcune possibili reazioni, fosse stato individuato. Nessuna era ragionevole.

Il fumatore si allontanò di alcuni passi dalla casa, piegò la testa all’indietro e soffiò una nuvola verso il cielo scuro sopra la radura. Matt si fece coraggio. L’angolatura tra loro era cambiata, e adesso, appena l’uomo si fosse girato verso la porta della casa, per lui sarebbe finita. Matt si preparò a balzare tra gli alberi appena lui l’avesse visto. In quel momento, dal bosco dietro il cowboy e alla sua destra, si sentì lo scricchiolio del sottobosco e un fruscio di rami. Pochi secondi dopo, una piccola femmina di cervo dalla coda bianca sbucò dalla boscaglia e attraversò a lunghe falcate la radura a nemmeno cinque metri di distanza. L’uomo la rincorse, cercando nello stesso tempo di estrarre l’arma.

«Larry!» gridò il cowboy. «Larry, vieni fuori, alla svelta!»

Matt sentì i passi pesanti del gigante sulla veranda.

«Cosa? Cosa?»

«Il più grosso cervo che tu abbia mai visto mi è passato abbastanza vicino da leccarmi il moccio dal naso. Se non mi si fosse incastrata la pistola nella cintura, avremmo potuto mangiare selvaggina.»

«Verne, sei proprio un cretino», sbuffò Larry, senza alcun accento montanaro. «Entra. Il capo vuole che lo porti in città e che poi torni qui. Noi due passeremo la notte qui con quella strega. Abbiamo bisogno di caffè e carta igienica e qualcosa da mangiare. Il capo deve prendere qualcosa alla stazione di polizia, roba che la farà cantare come un canarino. E ora, entra.»

Matt trattenne il fiato finché i due non scomparirono all’interno della casupola, quindi corse a mettersi al sicuro nel bosco. Grimes e Verne il cowboy sarebbero scesi in città per tornare subito dopo. Ci avrebbero messo circa quaranta minuti tra andata e ritorno, una cinquantina forse, dovendo comprare alcune cose. In quei quaranta o poco più minuti, lui doveva escogitare qualcosa per sopraffare un uomo grosso come un autobus, mettere in piedi una donna a malapena cosciente, legarla sulla Harley e fuggire verso la salvezza. Rimpianse ora di non avere nascosto una delle numerose pistole degli Slocumb nella borsa della moto. In verità, tuttavia, non si era mai sentito a suo agio vicino a qualsiasi genere di pistola, e temeva che la sua incapacità, abbinata a un temperamento imprevedibile, avrebbe solo causato disastri.

Cercò di immaginare uno scenario in cui riusciva in qualche modo a fare uscire Larry, per poi metterlo fuori combattimento con un pezzo di legno o una delle sue chiavi inglesi. Le probabilità di inabilitare quel bestione con qualcosa di meno potente di un martello gli parvero scarse e, nella scatola degli attrezzi, non aveva niente del genere. Che cosa, allora?

Grimes e Verne stavano attraversando la veranda, diretti verso la Land Rover, quando Matt cominciò a riflettere sulle sacche della moto. Le due grandi sacche laterali e la grossa borsa montata dietro il sedile del passeggero erano, tra le altre cose, piene di medicine, la sua farmacia ambulante per le visite a domicilio e le urgenze, accresciuta in tutta fretta da una serie di medicine trafugate per Lewis Slocumb.

Matt suppose che non avrebbe esitato a uccidere per salvarsi la vita o quella di una persona a lui vicina. Sapeva però anche che non l’avrebbe fatto con facilità e che le conseguenze interiori sarebbero state gravi. Inoltre, l’unico farmaco su cui poteva contare per uccidere Larry era un paralizzante dei muscoli come il curaro o l’Anectine, e lui non era sicuro di averne con sé. Aveva bisogno di qualcosa di rapido effetto che poteva iniettare per via intramuscolare e che avrebbe reso inabile Larry senza ucciderlo. Doveva poi trovare un sistema per iniettarglielo senza venire fatto a pezzi.

Verne avviò la Rover e accese i fari. Appena imboccarono la stradina d’accesso, Matt impostò l’orologio sulla modalità cronometro e iniziò il conto alla rovescia.

Quaranta minuti.

Riflettendo sulle caratteristiche della sostanza di cui aveva bisogno, corse alla motocicletta, trovò la torcia stilo e frugò furiosamente tra le medicine nel borsone, scartandole una dopo l’altra e gettandole nel bosco.

Trentotto minuti.

Calmati! gridò a se stesso. Rilassati. Fissò la boccetta che stava per gettare e trattenne il fiato.

Ketamina — 100mg/cc!

La Ketarnina, una cugina prima della fenicicloesilpiperidina e del protossido d’azoto o gas esilarante, veniva usata prima di un intervento per produrre uno stato chiamato anestesia dissociata, un’apatia come di sogno. Matt l’aveva buttata tra gli altri medicinali, caso mai le condizioni di Lewis avessero richiesto un piccolo intervento chirurgico. Da ciò che ricordava, somministrato per via intramuscolare, il farmaco agiva molto rapidamente. La dose consueta era di 100mg, ma naturalmente Larry non era un esemplare umano normale. La boccetta conteneva 10cc, per un totale di 1000mg. Mille milligrammi sarebbero stati sufficienti per far crollare quel bestione o avrebbero fatto qualcosa di più? C’era un unico modo per scoprirlo. Matt pescò una siringa da 10cc, vi avvitò un ago dal foro grosso, lungo circa quattro centimetri e aspirò il contenuto della boccetta fino all’ultima goccia. Se si voleva che il farmaco avesse effetto, bisognava iniettarlo nel muscolo, non nel grasso, dove la circolazione era minima e l’assorbimento troppo lento per essere efficace. Larry era come un pianeta ricoperto per il novanta per cento di grasso. Matt scelse il muscolo occipitale alla base del cranio, e mentalmente immaginò come avrebbe infilato l’ago e premuto il pistone senza farsi uccidere. Controllò di nuovo l’orologio. Ancora trentaquattro minuti prima del ritorno di Verne e Grimes. Il problema ora era fare uscire Larry senza metterlo in allarme e vederlo comparire con una pistola in mano.

Fuoco!

Quando il cervo gli era passato davanti di corsa, Verne aveva gettato a terra il mozzicone. Appena Larry avesse sentito l’odore di fumo, avrebbe subito incolpato l’uomo che aveva chiamato cretino. Su questo, almeno, fece affidamento Matt. Prese una scatola di fiammiferi dalla borsa, quindi infilò ancora più addentro la mano e tirò fuori uno dei due segnali luminosi che portava sempre con sé e una scatola di cuscinetti di garza da usare per accendere. Tornò quindi nel bosco di fronte alla casupola. Con grande cautela, lentamente, raccolse parecchie bracciate di foglie e rametti e le portò contro lo spigolo della veranda. Larry, un revolver nella fondina sotto il massiccio braccio sinistro, si era accomodato in una sedia dallo schienale a stecche ai piedi del letto. Nikki giaceva sulla schiena e dormiva profondamente, la mano destra che si contraeva ritmicamente ogni pochi secondi.

Verificò l’ora: ancora diciannove minuti.

Matt scelse la Viper come nascondiglio. Se tutto andava bene, Larry gli avrebbe rivolto la schiena nel momento in cui avrebbe agito. Se non fosse andata così, Matt aveva ragione di credere che sarebbe morto prima di avergli iniettato una sola goccia di Ketamina. S’inginocchiò vicino alle ramaglie e sistemò i cuscinetti di garza avvolti nella carta. Accese quindi qua e là la carta e si assicurò che avesse preso fuoco: Per sicurezza, inserì anche il fuoco di segnalazione spento. Accenderlo in quel momento avrebbe forse fatto troppo rumore.

Tenendosi basso, la siringa nella mano destra, Matt corse dietro la Viper, si appiattì e osservò da sotto la vettura la pila di ramaglia iniziare, lentamente, a bruciare.

Forza, bambina. Brucia, per amor di Dio! Brucia!

Prese fuoco un rametto, poi un altro. Pensò che avrebbe dovuto rischiare un po’ di rumore schiacciando la ramaglia, o forse accendere addirittura il fuoco di segnalazione. I rami ci stavano mettendo troppo a prendere fuoco.

Quattordici minuti.

Sperò che l’odore e il rumore del fuoco fossero sufficienti per attirare fuori Larry. Avesse fallito, il piano B prevedeva di fare rumore e di sperare per il meglio. Era un piano con poche speranze di successo e un aspetto potenzialmente letale, ma il tempo stava scadendo. Si stava preparando a fare rumore, quando fiutò il fumo. Sollevandosi per sbirciare oltre il cofano della Viper, vide che la scatola in cartone dei cuscinetti di garza aveva preso fuoco e che i rametti tutt’attorno stavano bruciando. Ora sentì anche crepitare la pila di ramaglia.

Forza, ciccione. Svegliati e senti l’odore del falò.

«Che diavolo…?»

Larry attraversò la veranda, scese l’unico gradino che portava al fuoco e cominciò a tirare calci con la punta della scarpa.

«Dannato Verne», lo sentì esclamare Matt.

Tenendo la siringa come un pugnale, il pollice sul pistone, Matt puntellò la gamba sinistra contro una radice e balzò in avanti. In quell’istante, il fuoco di segnalazione si accese con uno scoppio di luce e calore che fece barcollare all’indietro per alcuni passi Larry che si riparò gli occhi con un braccio. Era almeno cinque o sei centimetri più alto di Matt, ma lui aveva pianificato la sua mossa. Balzò da lontano e si scagliò contro la schiena di Larry, agganciando il braccio sinistro attorno alla gola del gigante. Nello stesso tempo infilò fino in fondo l’ago alla base del cranio dell’uomo e subito dopo premette il pistone. Larry, che aveva fatto solo un passo in avanti sotto la forza dell’aggressione di Matt, gridò e roteò su se stesso con la forza di un escavatore a vapore. Prima di potergli somministrare tutta la dose di Ketamina, Matt e la siringa vennero fatti volare via.

Con le narici allargate, gli occhi spalancati dalla sorpresa e dall’ira, Larry caricò. Matt rotolò una volta, poi un’altra, ma non riuscì a evitare di ricevere un calcio in pancia. L’omaccione stava per caricarlo di nuovo, quando Matt fece una strana capriola e si rimise in piedi. Larry fece un affondo, ma lo mancò. Mentre cercava di estrarre la pistola, Matt partì di corsa giù per la strada, zigzagando per non essere un bersaglio troppo facile. Vi fu uno sparo, poi un altro, ma sembravano molto distanti. Matt continuò a correre, protetto dal buio, ma non voleva allontanarsi troppo dalla casa. Lanciò un’occhiata dietro le spalle: Larry aveva smesso di inseguirlo e se ne stava a circa cinquanta metri di distanza, gridando qualcosa che Matt non riuscì a comprendere, ma che avrebbe potuto indovinare.

Il cronometro era ora sui trentacinque minuti. Ne rimanevano solo cinque o poco più prima del previsto ritorno di Grimes.

La Harley era a pochi metri di distanza. Se Larry avesse deciso di riprendere a inseguirlo, forse non sarebbe riuscito a liberare la motocicletta dai rami e ad avviarla prima del suo arrivo. Valeva comunque la pena tentare, anche se aveva fallito alla grande. Difficilmente sarebbe riuscito a superare quel gigante e arrivare da Nikki. L’unica opzione sensata era forse quella di correre in città in cerca d’ aiuto, ma, al suo ritorno, se poi fosse riuscito a tornare, non l’avrebbe più trovata e Grimes, Verne e Larry avrebbero avuto proiettili destinati a lui.

Che fallimento!

Tolse un po’ di rami per liberare l’accensione, saltò in sella e irruppe dalla boscaglia sulla strada, pronto a scansare pallottole. Vide invece Larry, immobile dove l’aveva visto prima, la silhouette di una mongolfiera contro la luce che proveniva dalla casupola. Matt arrestò la motocicletta e osservò quel bestione fare al rallentatore alcuni passi sgraziati, agitare le braccia in aria e quindi crollare a terra. Temendo si trattasse di una finta, ma con l’impressione di avere ora lo spazio per superarlo e girare attorno alla casa, Matt si avvicinò all’uomo. La balena si era arenata, la testa ciondolante. Il revolver a canna corta era a circa un metro di distanza. Gli occhi fissi su Larry, Matt si chinò, lo raccolse e lo gettò nel borsone.

«Sogni d’oro», disse, sapendo che degli incubi spaventosi accompagnavano spesso il risveglio da un sonno provocato dalla Ketamina. Sogni d’oro.

Innestò la frizione e fece schizzare una sventagliata di terra mentre volava verso la casetta. La pila di legna e foghe stava ancora bruciando, e uno spigolo della struttura ardeva senza fuoco e iniziava a bruciacchiare. Corse dentro la casa, mentre il cronometro segnava già quarantaquattro minuti.

«Ehi, tu, svegliati», gridò, stringendo la mano di Nikki e sollevandole delicatamente la testa.

Nikki batté le palpebre come in un sogno e gli sorrise prima di ricordare dove si trovava.

«Matt. È Grimes, lui…»

«Lo so. Ascolta, dobbiamo andarcene di qui. Grimes sarà di ritorno a momenti. Pensi di riuscire a camminare?»

«Le gambe sono un po’ malferme e la testa sta ancora martellando, ma credo di poter camminare.»

«Sbrigati, allora. Ti aiuterò. La mia due ruote è qui fuori.»

«Una bici?»

«Una motocicletta, per piacere.»

Nikki lasciò che lui la mettesse in piedi, quindi allargò le braccia per tenersi in equilibrio.

«Siediti davanti a me, finché non sono certo che ce la fai a restare aggrappata», spiegò. «Appoggia i piedi qui, lontani dal motore, o ti brucerai. Attaccati alle mie braccia o al manubrio. Pronta?»

«Pronta. Come hai fatto a…?»

«Ti spiegherò ogni cosa quando saremo lontani da qui.»

A fari spenti, Matt accelerò. Rallentò un attimo, passando accanto a Larry.

«È morto?» chiese Nikki.

«Credo di no. Sta facendo un bel viaggio sulla nave Ketamina.»

«Matt!»

«Sono loro.»

Più avanti, la strada in terra battuta svoltava bruscamente a destra. Attraverso gli alberi videro i fari sobbalzare verso di loro. Matt attese, finché gli abbaglianti stavano per raggiungerli, poi accese i suoi e accelerò. Prima che uno stupito Verne riuscisse a reagire, la motocicletta gli era sfrecciata accanto. Matt intravide Bill Grimes seduto accanto a Verne e capì che era stato riconosciuto. Nello specchietto retrovisore della motocicletta, vide la Land Rover fare una rapida inversione a U.

«Tieniti stretta, Nikki», gridò. «Non sarà facile.»

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