28

Hal Sawyer stava aspettando Matt e Nikki nell’atrio del quartier generale dell’OSHA in Constitution Avenue. Era vestito più come il comandante di uno yacht club che un professore della facoltà di medicina, pantaloni bianchi, un blazer blu scuro, una camicia a righine azzurre aperta al collo, ma la sua espressione era cupa. Abbracciò Matt, quindi strinse la mano a Nikki e si presentò.

«Sono felice che stiate entrambi bene», commentò.

«Grazie a te», replicò Matt. «Siamo riusciti a uscire solo per un pelo dall’ufficio dell’FBI senza dovere dare loro alcuna spiegazione sul perché un capo della polizia pensa che io abbia sparato a un tipo in testa e abbia poi tentato di bruciare le prove.»

«Potrebbero non averlo ancora saputo. Ma Grimes sta attizzando il fuoco, per così dire.»

Matt sorrise fiaccamente.

«Siamo al sicuro qui?»

«Non c’è motivo di pensare che Carabetta sappia qualcosa. Non posso immaginare che l’OSHA riceva tutti i bollettini della polizia sugli omicidi.»

«Mio Dio. Mamma sta bene? Sa che non sono a Belinda?»

«Per alcuni minuti alla volta, pare di sì, ma poi se ne dimentica altrettanto velocemente. Mi spiace davvero per tutto ciò che hai dovuto sopportare. Anche per lei, dottoressa Solari.»

«Per favore, mi chiami Nikki», lo invitò lei. «Le sono grata del suo interesse. Tutta questa faccenda non sembra affatto risolversi.»

«Finirà. Grimes ha un sacco di potere dove vive, ma non molto altrove.» Abbassò di un grado la voce. «Conosco degli ottimi avvocati che potremmo andare a trovare dopo avere sistemato la faccenda della miniera. Pensi sempre che Grimes stia facendo tutto ciò per proteggere la BC C?»

«Ne sono certo, sì», rispose Matt, ignorando di proposito l’espressione dubbiosa di Nikki.

«Farò meglio a guardarmi le spalle, allora. Sono entrato anch’io in contatto con quei casi, sai.»

«Non ci ho pensato», disse Matt. «Motivo in più per ottenere le nostre prove e fermare Grimes il più presto possibile.»

«Oh, a proposito di prove, ho trovato il cervello di Darryl Teague, ma per adesso almeno, nessun segno di quello di Ted Rideout.»

«Potrebbe averlo preso qualcuno?» domandò Nikki.

«Ci piace pensare di avere preso buone precauzioni contro cose simili. Per ora preferisco credere che sia stato messo fuori posto. Abbiamo un deposito in cui conserviamo anche per più di un anno i prelievi. Rideout è morto meno di un anno fa, potrebbe trovarsi là.»

«Speriamo.»

«A proposito, Nikki, mi ha molto sconvolto la morte di Joe Keller. L’ho incontrato una volta a un congresso e mi è parso un tipo in gamba.»

«Grazie, lo era. Quelli che lo hanno assassinato hanno portato via tutti i prelievi di Kathy Wilson. È probabile che cerchino di portare via anche quelli che ha lei,»

«Forse. Starò attento e porterò tutto ciò che ho in qualche posto sicuro.»

«L’uomo che si ritiene abbiamo ucciso Matt e io era uno dei criminali che mi hanno rapita. C’era anche lui nella casupola, mentre Grimes mi interrogava sulla morte di Kathy. Era evidente che Grimes era il capo.»

Hal fischiettò tra i denti.

«Lui sostiene che l’avete ucciso voi due, e che poi avete cercato di bruciare le prove, per così dire. Gli ho detto che Matt non si sarebbe preoccupato di bruciarle, perché sapeva che io ero un medico legale sufficientemente acuto da non farmi scappare il foro di proiettile nel cranio dell’uomo anche se l’avesse ridotto in cenere, ma non mi è parso che abbia dato peso alle mie parole.»

«O l’ha ucciso lui o l’ha fatto fare a qualcun altro», osservò Matt. «Ora, almeno, capisci che genere di persona è.»

«Sì, lo capisco», ribatté Hal, mestamente.

«Conta sull’appoggio di quei suoi amici del country club che ritengono che io sia, tanto per cominciare, strambo e capace di fare qualsiasi cosa.»

«Conosco Bill, e lo stimavo, il che dimostra quanto ci si possa sbagliare, a volte. Ebbene, è ora di contrattaccare. Andiamo a parlare con Fred. Matthew, farò parlare prima te da solo. Nikki e io aspetteremo nella sala d’attesa. Se non è d’accordo sull’ispezione che vuoi tu, toccherà a me convincerlo.»

«Come vuoi.»

Fred Carabetta li aspettava in una stanza ben ordinata con una sola finestra, un divano in pelle e una libreria incassata. L’ufficio sarebbe stato assegnato a un manager di basso o medio livello in un’impresa privata, ma in un ufficio governativo, indicava un certo potere. Alcune fotografie rivelavano che aveva una moglie e due figlie adolescenti e una passione per la pesca d’alto mare e il golf.

Carabetta era un uomo grassoccio e quasi calvo sulla cinquantina, tanto basso da sembrare più largo che alto. Non faceva che fregare i pollici carnosi su indici e medi simili a salsicciotti. Consapevole, con ogni probabilità, di questa abitudine nervosa, tenne quasi sempre le mani in grembo. A suo merito, pensò Matt, Carabetta ascoltò pazientemente il suo resoconto della scoperta della discarica tossica, interrompendolo solo di tanto in tanto per avere una spiegazione. Matt non menzionò di proposito né la morte di Joe Keller né l’aggressione a Nikki. Non conosceva Carabetta e, almeno fino a quel momento, nulla in lui indicava coraggio o dedizione alla giustizia.

«Allora», esordì, quando Matt terminò, «non è certo un racconto che si sente ogni giorno qui in giro. Sapendo che stava arrivando, ho fatto una piccola ricerca sulla Belinda Coal Coke. Nel corso degli ultimi anni, sono state presentate delle querele contro la società, ma, per qualche motivo, erano state presentate tutte da lei.»

«E non è stato preso alcun provvedimento riguardo nessuna delle mie querele», replicò Matt, in modo troppo veemente. «Alla maggior parte delle mie asserzioni non è stato neppure risposto.»

«Immagino che lei abbia tentato anche la via dell’EPA e dell’ufficio governativo delle miniere?»

«Solo una decina di volte, in passato. Le questioni di cui parlavo non erano tanto importanti né facilmente documentabili. Io non ho comunque alcuna credibilità. Ho bisogno di qualcuno di prestigio e potere che convalidi ciò che ho da dire. Ecco perché Hal ha pensato a lei.»

«Questo lo capisco», commentò Carabetta. «Spero che lei non si offenderà, dottor Rutledge, ma le sue asserzioni sono supportate da una grande dose di speculazioni e sentito dire e da pochi fatti reali.»

«Ne sono conscio, ma…»

«Vi è, inoltre, da tenere in considerazione un altro fatto.»

Matt capì che cosa stava per dire.

«E cioè?»

«Cioè il senatore Nick Alexander.»

Matt fece roteare gli occhi. Alexander, il senatore anziano del West Virginia, un tipo influente, conservatore e, qualcuno avrebbe potuto dire, dalla morale tradizionalista. Era un abilissimo politico che, nel corso degli anni, aveva abilmente annullato un bel numero di disegni di legge che avrebbero potuto causare guai ai destinatari.

«Tutto ciò che sono riuscito a ottenere dal suo ufficio sono state alcune lettere con la solita e vana promessa che avrebbero esaminato la faccenda.»

«Può darsi che lei lo sappia già, ma Alexander è il presidente del sottocomitato che sovrintende a questo ufficio e al suo budget.»

«Non mi sorprende affatto.»

«Potrebbe essere in predicato per diventare ministro degli Interni nel secondo governo Marquand. È impossibile per me piombare in una società come la BC C e pretendere un’ispezione immediata senza prove valide.»

«Questo è assurdo», sbottò Matt, sforzandosi di non alzare la voce. «Io ero là. Ho visto il deposito. Lei ha la possibilità di diventare un eroe.»

Questa volta toccò a Carabetta alzare gli occhi al cielo.

«Dottor Rutldge, non sono mai stato un agitatore né un eroe. Spero di poter lavorare in questo ente fino al momento di andare in pensione, quando avrò salito qualche altro gradino sulla scala dell’anzianità. A quel livello la mia pensione sarà più che buona, per me e per la mia famiglia. L’ultima cosa che voglio è mettere in pericolo questo piano perfetto.»

«Capisco», disse Matt, rassegnato.

«Un’ultima cosa», proseguì Carabetta. «Mi sono laureato in chimica, ma ho studiato anche biologia. Nei miei dieci anni in questa sezione dell’OSHA, ho dovuto valutare più incidenti chimici ed esposizioni a sostanze chimiche di quanto sappia contare. Secondo la mia esperienza e conoscenza, non esiste alcuna sostanza tossica capace di provocare il tipo di malattia neurologica che mi ha descritto, specialmente in una donna che viveva a ottocento chilometri di distanza e che in vita sua forse non era mai entrata in una miniera.»

«Ma lei non crede che le sostanze chimiche tossiche possano provocare mutazioni?» domandò Matt.

«Forse», ammise Carabetta. «Dottor Rutledge, mi spiace, ma proprio non vedo il senso di continuare questa conversazione, data la mancanza di prove concrete. Forse dovrebbe riferire ogni cosa alla polizia.»

Con un sospiro, Matt si alzò e strinse la mano di quel burocrate.

«Grazie per avermi ascoltato», disse, sforzandosi di non palesare la sua frustrazione. «Hal ha detto che vorrebbe parlarle un minuto.»

«Naturalmente. Gli dica d’entrare.»

Matt attraversò la piccola sala dove Nikki e suo zio lo stavano aspettando.

«Niente da fare», li avvisò. «Non ci sono prove sufficienti per indurlo a rischiare alcunché o, soprattutto, a fare adirare il grande Nick Alexander.»

«Freddy, Freddy, Freddy», sospirò Hal. «Voi due aspettatemi qui.»

Si sistemò il cappotto sportivo, fletté il collo ed entrò risoluto nell’ufficio di Carabetta. Quindici minuti dopo ne uscì e indicò a Matt e Nikki di spostarsi nel corridoio.

«Sei sicuro di poterci portare nella caverna questa notte?» domandò.

«Sicurissimo. Una volta attraversato il crepaccio, non vi sono vere deviazioni nella galleria, solo svolte e tornanti. L’unica difficoltà potrebbe essere trovare il crepaccio.»

«Di quello non preoccuparti. So dov’è», ammise Hal. «Sono cresciuto tra quelle colline. Dovremo farlo domani notte. Fino ad allora, voi due starete a casa mia. Metteremo la motocicletta nel garage, Matt. Potrete rilassarvi, svuotare il frigorifero e guardare video fino all’arrivo di Fred.»

«Ce l’hai fatta!» esclamò Matt, alzando i pugni. «Si parte!»

Poi, altrettanto rapidamente, lasciò cadere le braccia. «Hal, hai dovuto dargli dei soldi, non è vero?»

«Speravo che il tuo entusiasmo e la tua forza di persuasione l’avrebbero convinto, ma la verità è che ho sempre sospettato che tutto si sarebbe risolto con il denaro. Fred e io abbiamo già avuto simili affari e, credimi, non sono l’unico.»

«Qual è il suo prezzo? Voglio aiutarti, se posso.»

«Avere ragione riguardo la caverna, è tutto il contributo che ti chiedo. E riguardo a quanto mi è stato difficile, ehm, convincere Fred, diciamo che al momento i miei punti di zio dovrebbero essere alti.»

«Di certo hai un nipote maledettamente grato. E non preoccuparti, a meno che non l’abbiano sepolta, la caverna è ancora là. A questo proposito, dovrebbero esserci ancora anche le guardie.»

«A questo ho già pensato», disse Hal. «In verità ho indagato in giro alla ricerca di qualcuno che si occupi di simili cose in modo professionale e ci possa accompagnare. Ora che so quando andremo, farò una telefonata.»

Matt abbracciò lo zio.

«Sai, non c’è motivo per cui tu debba entrare là dentro.»

«Al contrario», replicò Hal. «Con l’improvviso investimento fatto su Fred Carabetta, non mancherei per nulla al mondo.»


Ellen si svegliò con uno spiacevole ronzio in testa. Una pellicola sgradevole le copriva la lingua e il palato. Ebbene, pensò, era stata proprio una gran giornata. Tutto ciò che aveva fatto era stato ubriacarsi davanti a Rudy, svenire e ora si stava svegliando con un malessere da Merlot, senza essere ancora riuscita a dire ciò che aveva fatto. Per peggiorare le cose, a una bambina di due giorni mancavano solo quarantotto ore prima di ricevere la sua prima dose del supervaccino contenente un elemento incluso specificatamente per bloccare una epidemia letale che Ellen ora sapeva essere stata provocata dall’uomo.

Tenne gli occhi chiusi, ben sapendo che, se li avesse aperti, tutto avrebbe iniziato a ruotarle intorno in modo spaventoso. Alla fine, più per vedere che ore fossero che altro, si costrinse a socchiuderli. Le pareti e il soffitto rimasero ragionevolmente fermi. Era nella stanza degli ospiti di Rudy e non più, si rese conto, nella poltrona dove si era appisolata. Era ancora vestita e coperta con la stessa trapunta. Le tende erano tirate, ma c’era luce sufficiente per verificare l’ora. Le cinque. Presupponendo che fosse la stessa giornata, aveva dormito quattro ore e mezzo. Niente male per una dilettante.

Si mise sul fianco e accese la lampada sul comodmo. In un vaso accanto alla lampada vi era una sola, splendida rosa dal lungo gambo e, appoggiata al vaso, una busta identica a quella che lei aveva aperto. Il suo nome e l’indirizzo erano scritti nella calligrafia di Rudy, e sull’angolo superiore destro vi era un francobollo del valore attuale. Con mani tremanti, aprì delicatamente la busta.


Cara Ellen,

e così, lo sai. Che sollievo! Mi sono chiesto innumerevoli volte se inviare quella lettera o dartela a mano o aspettare. Ora il destino ha deciso per me. Bene. Ti amo, e la prossima volta che ti vedrò, te lo dirò a voce. Non c’è bisogno che tu mi risponda.

Ti prego, tuttavia, di non permettere a ciò che ho scritto di cambiare la nostra amicizia. Mi ferirebbe come nessun rifiuto riuscirebbe a fare. Per tanti anni ho celato i miei sentimenti. Se necessario, lo farò per molti altri anni ancora. Non preoccuparti di aver aperto la lettera. Dovevi farlo.

E, per l’amor di Dio, basta Merlot.


Con amore,

Rudy


Ellen si lavò il viso con acqua fredda, si spazzolò capelli e si pulì i denti.

Una bella donna per la tua età. Ecco che cosa aveva detto Howard. Rudy Peterson non aveva menzionato la sua età, né la propria. L’aveva amata trentanove anni; l’amava oggi. Dal giorno in cui Howard se ne era andato, si era sentita come congelata, i sentimenti bloccati. Forse era ora di aprirsi. Che cosa poteva esserci di meglio per una donna del suo più caro e vecchio amico?

Un’ultima occhiata allo specchio, e uscì per andare da lui. Rudy era seduto al tavolo da pranzo, la pipa spenta tra le labbra, pagine di dati sparpagliate davanti a sé, e un grande atlante del mondo. Ellen si sedette sulla sedia di fronte a lui, quindi allungò lentamente la mano sul tavolo e prese le sue.

«Grazie per la rosa e il biglietto», disse.

«Grazie per avermi liberato dalla pressione.»

«Ora non posso ancora darti alcuna risposta.»

«Non mi aspettavo nulla.»

«Esaminerò, tuttavia, a fondo i miei sentimenti e ti terrò informato.»

«Che altro potrebbe chiedere un uomo?»

«Sei una persona splendida, Rudy.»

«Lo so. Ho solo la disgrazia di avere gusti molto, ma molto difficili.»

Ellen si sentì avvampare.

«E così», chiese, schiarendosi la gola, «che hai lì?»

«Un mio vecchio amico, un avvocato, lavora all’IRS, il servizio fiscale federale. Non ha voluto darmi altre informazioni, oltre a dirmi che Vinyl Sutcher esiste, che l’anno scorso ha presentato la dichiarazione dei redditi e che vive proprio dove dice il suo passaporto.»

«West Virginia.»

«Tullis, per essere esatti. Proprio qui, non molto distante dal confine con la Virginia.»

«Conosco il capo della polizia della mia città molto bene. Sono certa che, per me, cercherà sul computer notizie su questo Vinyl. Forse potrà addirittura chiedere informazioni alla polizia di Tullis. Se dovrò farlo, andrò lassù e parlerò con la polizia io stessa. Devo solo chiamare Beth per sapere se può continuare senza problemi a portare Lucy a scuola.»

Ellen beccò la figlia proprio mentre stava uscendo di casa.

«Ciao, mamma. Ho solo un minuto. Lucy ha un appuntamento dal dentista. Non possiamo arrivare in ritardo, perché liberano l’ambulatorio quando devono trattare lei.»

«Lo so», osservò Ellen.

«Ci si mettono tutti per tenerla ferma e lei grida come un’ossessa. È giusto che liberino l’ambulatorio. Voglio dire, chi mai vorrebbe che il proprio figlio sentisse quelle urla nell’ambulatorio del dentista? A tutto il resto non reagisce tanto, ma a questo…»

«Lo so», la interruppe Ellen. «Tesoro, resisti, è tutto ciò che puoi fare. Ti stai comportando in modo fantastico.»

«Ieri sera Dick ha ricominciato a parlare di adozione. Mamma, io proprio non posso, io…»

Ellen comprese che Beth stava andando a pezzi. Una volta era stata forte, competente e preparata. Ora non più.

«Beth, ti ho chiamata per sapere come vanno le cose e anche per sapere se puoi arrangiarti per altri due o tre giorni.»

«Certo. Tutto a posto?»

«Tutto a posto. Devo solo occuparmi di alcune cose della commissione. Ti richiamerò.»

«D’accordo.»

«E, Beth?»

«Sì?»

«Le mie non erano parole vuote, sei veramente una mamma fantastica.» Agganciò la cornetta. «Il giorno del dentista è più duro per Beth che per Lucy.»

«Hai ragione, si sta comportando magnificamente.»

Ellen si scrollò di dosso un’ondata improvvisa di malinconia.

«Allora, se fosse necessario», disse, «sono pronta a partire per il West Virginia. Se riesco a fare arrestare questo Sutcher, mi sentirò molto più tranquilla per Lucy, decidessimo di agire in qualche modo.»

«Fantastico.»

«Tullis non mi sembra un gran che su questa carta geografica», soggiunse Rudy. «Una macchiolina e nulla più. La città più vicina è proprio qui. Belinda. Belinda nel West Virginia.»

«Bel nome», osservò Ellen.

Загрузка...