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Era una giornata grigia e piovosa, perfettamente adatta a un funerale. Matt era una delle dodici persone presenti all’ufficio funebre di Darryl Teague. Le altre undici erano parenti che vivevano nelle colline a nord della città. A Matt non sfuggì il fatto ironico, che in chiara vista del cupo e vecchio cimitero vi fossero le alte colline trafitte dalla miniera della BC C.

Quella giornata presentava, tuttavia, un altro fatto colmo di ironia.

Solo dopo essere sceso dalla Harley ed essersi avvicinato alla fossa, si era reso conto che quello era il primo funerale cui aveva partecipato da quasi quattro anni. L’ultimo era stato quello della moglie. Ricordò quel giorno con dolorosa chiarezza, la folla, le limousine, la bara coperta di fiori che conteneva i resti della donna che, con tanta gioia, aveva promesso di amare fino a che morte non li separasse. Solo che la morte non aveva posto affatto fine al suo amore per lei.

Il cimitero, tenuto male, circondato da un’irregolare fila di cespugli, era al centro di una grande spianatoia priva di alberi. La tomba di Teague, all’estremità occidentale, era segnata da un pezzo di marmo, tagliato rozzamente ed eretto in tutta fretta, su cui erano state grossolanamente incise le iniziali D.T. Nulla di più.


VIRGINIA MCLAREN RUTLEDGE
AMATA FIGLIA, SORELLA E INSEGNANTE
AMATA MOGLIE DI MATTHEW RUTLEDGE

Matt passava a trovare sua madre tre o quattro volte alla settimana, ma visitava la tomba di Ginny quasi ogni giorno, lasciando spesso una foglia o un rametto del biancospino, qualche volta un fiore. A volte si soffermava per pochi minuti, altre volte si sedeva accanto alla pietra tombale per un’ora, leggendo o semplicemente fissando la valle. Ogni visita pareva rafforzare il legame che provava per l’unica donna, a parte la madre, che aveva amato veramente. Solo la signorina Mae Borden sapeva quanto spesso si recava al cimitero Saints and Angels.

«Matthew», gli aveva detto parecchie volte con queste o altre parole, «a noi tutti manca, le vogliamo bene, ma vogliamo bene anche a te. È ora che tu raccolga i pezzi e riprenda a vivere. Nel tuo cuore c’è posto per Ginny e per un’altra donna. Sono certa che lei non avrebbe voluto che tu trascorressi la vita così.»

Matt rispondeva con una scrollata di spalle o un borbottio e cambiava discorso. Non aveva senso mettersi a discutere.su qualcosa che non sarebbe mai accaduta.

Il magro predicatore che effettuava la cerimonia per Darryl Teague aveva ben poco da dire. A suo onore va detto che neppure tentò di mentire. Disse che Darryl era stato un bambino giocoso e spensierato che si era allontanato da Dio e che, al momento della morte, era diventato un giovane arrabbiato e inquieto. Lesse alcuni passi della Bibbia e rivolse adeguate parole di consolazione ai genitori e alla sorella del defunto.

«Le vie del Signore sono misteriose», pronunciava mentre quattro uomini afferravano le grosse corde e si preparavano a calare la semplice bara in legno di pino nelle fauci spalancate nel terreno. «Le vie del Signore sono misteriose.»

Nell’ospedale girava voce che Matt fosse stata l’ultima persona a entrare nella camera di Teague prima che il suo cuore si fermasse per sempre. Nessuno, tuttavia, trovava una spiegazione sul perché lui, un giorno, gli avesse salvato la vita, solo per togliergliela pochi giorni dopo, per cui tutta la città accettò il verdetto di morte per cause naturali.

L’autopsia di Hal Sawyer non contribuì a risolvere il mistero. Come Matt sospettava, lo sterno fratturato di Teague era stato la causa del vaso spezzato che aveva provocato quel tamponamento che gli era stato quasi fatale. Sotto quella frattura, il muscolo cardiaco era contuso e di certo era stato quel genere di lesione a provocare l’instabilità elettrica e i ritmi irregolari del cuore. Hal attribuì la morte dell’uomo a una fatale aritmia causata da contusione cardiaca provocata da trauma del torace. Le protuberanze sul volto e la testa di Teague non erano altro che neurofibromi. Il cervello appariva normale, per cui Hal non poté dare un’immediata spiegazione del coma di Teague. Per una o due settimane non sarebbe stato possibile avere i risultati completi dell’esame tossicologico, ma un’indagine preliminare non aveva rivelato la presenza di alcun farmaco inibitore della attività funzionale, come aveva sospettato Matt.

Una raffica di vento sferzò il camposanto, facendo mulinare la polvere attorno al piccolo gruppo di afflitti che stavano cantando un inno che Matt ricordava vagamente dai tempi della gioventù. Si rese conto che stava pensando a suo padre. La BC C non era stata riconosciuta colpevole del crollo nella miniera che aveva ucciso Matthew Rutledge padre, ma Matt, che al tempo aveva solo quindici anni, aveva sentito parlare di fondi per la sicurezza spariti, di scorciatoie prese e addirittura di uomini tacitati.

«Termineremo questa funzione con il ventitreesimo salmo. I portatori potranno calare la bara mentre noi recitiamo: ‘Il Signore è il mio pastore, nulla mi manca…’»

Nessuno, tranne Matt, aveva anche solo alluso al fatto che lo strano cancro di Ginny fosse collegato alla miniera.

«Lei stesso ha ammesso che ogni anno vi sono parecchie centinaia di questi tipi di tumori al polmone in tutto il paese», gli aveva detto il presidente della BC C, Armand Stevenson. «E per ognuno di questi casi, sono certo che nelle vicinanze vi fosse una fabbrica o un laboratorio, o addirittura una miniera. Lo so che lei è frustrato, dottor Rutledge. Sua moglie è appena deceduta. So che è arrabbiato e che desidera incolpare noi. Ebbene, la società BC C non è colpevole. Glielo ripeto, non si può incolpare la società per la morte di sua moglie come non la si era potuta incolpare per quella di suo padre.»

«… Mi ristora l’anima…»

Matt guardò la bara mentre veniva calata lentamente sul fondo.

Qualcuno della miniera ti ha ucciso, Darryl, non è vero?… Perché?… Che sapevi?… Se fossi rimasto vivo, che cosa avrebbe rivelato al mondo il tuo corpo su di loro?

«… Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte…»

Matt scacciò quei pensieri e si unì agli altri nelle ultime frasi dell’inno. Al termine della funzione, accettò i sentiti ringraziamenti della famiglia di Teague per avere cercato di salvargli la vita, quindi fece una lunga e lenta camminata fino alle colline e ritorno. Ginny avrebbe voluto che lui continuasse a esigere risposte. Ora era assieme a Darryl Teague e a Teddy Rideout. Le loro condizioni erano diverse, ma forse lo erano anche le tossine responsabili.

Non preoccuparti, Ginny, pensò. Prima o poi, in un modo o nell’altro li inchioderemo.

Nessun modo comunque comprendeva la ricompensa di 2500 dollari che Matt aveva fatto stampare sui trecento volantini color cremisi. Mae ne aveva affisso la metà in giro per Belinda e lui l’altra metà nei paesi vicini, ma nel giro di ventiquattro ore, quasi tutti erano scomparsi. Non era arrivata alcuna risposta. Così finiva la Coalizione delle Miniere Salubri. Un’altra battaglia persa, pensò, ma non la guerra. Non la maledetta guerra. Voltò la Harley e si diresse all’ambulatorio. C’erano dei pazienti in attesa.

A dire il vero lo aspettava anche un messaggio di Armand Stevenson che convocava lui e gli altri responsabili della sicurezza negli uffici della società. Mae gli sorrise mentre gli porgeva il messaggio.

«Sì!» esclamò, stringendo i pugni.

«Sapevo che la cosa ti avrebbe interessato, per cui ho rimandato gli appuntamenti di domani pomeriggio», lo avvertì. «Devi essere là all’una.»

«Non è presuntuoso da parte tua supporre che la cosa mi sarebbe interessata?» scherzò Matt.

«Vero, vero.»

Matt le schioccò un bacio sulla guancia e si accomodò nello studio in attesa del primo paziente della giornata. Neppure un minuto dopo lo chiamò suo zio.

«Ehi, Hal, siamo ufficialmente usciti dal punto morto. Domani andrò alla miniera per incontrarmi con Stevenson.»

«Lo so. È per questo che chiamo.»

«Che intendi dire?»

«Mi sono appena imbattuto nel tuo amico Robert Crook. Mi ha detto che Stevenson ti ha invitato là. Ci sarà anche Crook, come capo del comitato consultivo medico per la salute e la sicurezza.»

«Hai idea di ciò che vogliono?»

«No, ma ti ho chiamato per esortarti a mantenere la calma qualsiasi cosa succeda.»

«Significa che pensi che non dovrei dire loro esplicitamente che hanno ucciso mio padre e che con ogni probabilità sono anche responsabili della morte di mia moglie e che ora stanno avvelenando i minatori?»

«Qualcosa di simile. Matt, quella gente ti considera una testa calda. Cerca di non dare loro alcun motivo per spararti contro.»

«Non preoccuparti. Mi comporterò come il signor Rogers: ‘Oh, è una splendida giornata nei dintorni, una splendida giornata per un vicino’… Vedi, mi sto esercitando.»

«Sul serio, Matt, in questa comunità quella gente ha tutte le carte in mano. Oramai dovresti averlo capito. Voglio solo che tu mantenga la calma, che loro ti vedano come una persona responsabile.»

«Farò del mio meglio, Hal, te lo prometto. Senti, grazie per aver telefonato. Abbraccia Heidi da parte mia. E non preoccuparti. Il mio secondo nome è Responsabile.»


Alle dodici e trenta del giorno seguente, Matt infilò due cartelle zeppe di appunti sulla BC C in una sacca da ginnastica, la legò alla Harley e si diresse fuori città verso ovest. Hal desiderava solo il meglio per lui, ma era troppo apprensivo. Questo incontro era, forse, la sua prima reale occasione. Non avrebbe rovinato tutto.

Oltre alla medicina e alle moto, la cosa che Matt conosceva meglio al mondo era il carbone. Aveva appreso nozioni sul carbone sulle ginocchia del padre e in seguito su Internet e nelle biblioteche. Sapeva che la Belinda Coal Coke Company e, invero, tutta la città, dovevano la loro esistenza a un enorme deposito di carbone semibituminoso scoperto nel 1901 nelle profondità delle alte colline a ovest della città. Il carbone semibituminoso, chiamato anche carbone che non fa fumo, era stato trovato in sole tre località dello stato. Quel tipo di carbone era relativamente privo di impurità, il che lo rendeva ideale per generare energia e produrre coke. I fondatori della BC C avevano avuto la lungimiranza di costruire impianti chimici e di cokificazione vicino alla miniera, come pure un raccordo ferroviario per inviare i loro prodotti ovunque dovessero andare.

L’intero complesso della BC C era situato su un ampio e polveroso altopiano ed era completamente circondato da parecchi chilometri di recinto alto tre metri, in buona parte sormontato da filo di ferro spinato. Matt era stato alla miniera una sola volta dopo la morte del padre, una visita guidata fatta con Ginny, poco prima di iniziare a lavorare al pronto soccorso.

Oggi era un ospite atteso. La guardia in divisa al cancello dei visitatori lo salutò chiamandolo per nome prima che lui potesse presentarsi e lo indirizzò al quartier generale, un edificio di due piani in legno di cedro e vetro. L’assistente di Blaine LeBlanc, Cannella Cassetta, lo stava aspettando nell’atrio coperto di moquette. Lei stessa ex minatrice, era una donna dai lineamenti duri ma attraenti che aveva sposato uno dei dirigenti della società. Nel corso degli anni, lei e Matt si erano incontrati in alcune occasioni ed erano andati piuttosto d’accordo.

«Matt, mi fa piacere rivederti», lo salutò calorosamente, tendendogli la mano.

Lui cercò, inutilmente, di leggere qualcosa nel fatto che avevano mandato lei a riceverlo. Indicò con la mano le spettacolari foto di due metri per lato, immagini della BC C, storiche e moderne, che ornavano le pareti dell’atrio.

«Grazie. Questo è proprio un bell’edificio.»

«La prima impressione è importante. Qui facciamo un sacco di affari, nazionali e internazionali. Ma… ora dovremmo affrettarci. Ci stanno aspettando nella sala conferenze. Penso che ciò che hanno da dirti ti emozionerà molto.»

Vuoi dire che hanno intenzione di lasciarmi vivere?

«Non vedo l’ora di sentire cosa hanno da dirmi.»

Mentre sì avvicinavano alla sala conferenze, venne loro incontro un’anziana donna di colore che spingeva un carrello con caffè e ciambelle.

«Saranno solo in quattro, Agnes», lo informò Cannella. «Io non mi fermerò.»

Matt credette di sentire una nota di delusione nella sua voce. Agnes indietreggiò di un paio di passi, mentre Cannella bussava una volta, indicava a Matt e Agnes di entrare e se ne andava. C’erano tre uomini in attesa, all’estremità di un tavolo in mogano lucido attorno al quale avrebbero potuto sedersi almeno venti persone: Blaine LeBlanc, Robert Crook e Armand Stevenson, il direttore capo dell’intera società. Stevenson era alto più di un metro e novanta e aveva capelli color sabbia che si stavano diradando e occhi molto acuti di un azzurro attraente che rimasero fissi su Matt dal momento in cui mise piede nella sala. La BC C era una delle società più grandi dello stato, e Stevenson una specie di leggenda per le tattiche aggressive che usava per mantenere proficuo l’impero.

Dopo aver lanciato un’occhiata curiosa alla sacca, LeBlanc salutò Matt con una energica stretta di mano, quindi lo lasciò di colpo, quasi volesse evitare una malattia contagiosa. La sua espressione tesa indusse Matt a chiedersi se ciò che stava per accadere non fosse di suo gradimento. Crook evitò di stringerli la mano, gli rivolse un secco cenno con il capo, borbottando qualcosa che avrebbe potuto essere il nome di Matt, aggrottando rapidamente le sopracciglia pelose. Armand Stevenson, invece, gli sorrise cordialmente, indicando che era lui il responsabile dell’incontro.

«La prego di accomodarsi, Matthew, se posso chiamarla per nome», disse, dopo che la sua offerta di qualcosa di più forte del caffè era stata respinta.

«Matt andrà bene.»

«E Armand per me. Le siamo grati che sia potuto venire con un preavviso tanto ridotto, Matt. Mi hanno detto che suo padre lavorava qui.»

«Era caposquadra dei turni.»

«Ed è morto in un incidente?»

«Un’esplosione, sì.»

«È da lì che nascono i suoi rancori verso la miniera e la nostra società?»

Stevenson stava sparando direttamente dal fianco. Nessun movimento sprecato. Matt ricordò a se stesso che persone come Stevenson non diventavano stramiliardarie ignorando ciò che stavano facendo.

«Forse è vero», replicò. «Alcune delle cose che mi sono state riferite da amici e colleghi di mio padre mi hanno spinto a credere che l’esplosione e il crollo che l’hanno ucciso avrebbero potuto essere evitati. Ricordi, all’epoca avevo solo quindici anni.»

«Molto di ciò che mi è capitato quando avevo quindici anni influenza ancora la mia vita», ammise Stevenson, sorseggiando la sua Perrier. «Da quanto tempo è tornato a casa per esercitare la professione medica?»

Matt avrebbe voluto chiedergli di arrivare al dunque, ma gli tornò in mente l’ammonimento dello zio. Per di più, Stevenson non gli pareva certo tipo da lasciarsi comandare a bacchetta.

«Circa sei anni», rispose, rendendosi conto che il suo ‘inquisitore’ conosceva le risposte a tutte le domande che stava ponendo.

Se lo scopo di queste domande preliminari era quello di metterlo a suo agio, era miseramente fallito. Stevenson aprì una cartella e pose un grosso fascìcolo sul tavolo.

«Matt, queste lettere sono state inviate da lei all’MSHA, al dipartimento del lavoro, all’EPA, al senatore Alexander, al senatore Brooks o al deputato Delahanty.»

Spinse il fascicolo verso Matt, che alzò il palmo per dire che non era necessario.

«Ho qui le mie copie», ammise, dando un colpetto alla sacca.

«Secondo le mie informazioni, senza avere mai messo piede nella miniera, lei ci ha accusati, di volta in volta, di aerazione fuori norma, attrezzatura antiquata e pericolosa, un maggior numero di ore di lavoro rispetto all’accordo di contrattazione collettiva con l’UMW, emissioni tossiche dagli impianti di lavorazione, discarica di rifiuti tossici, smaltimento illegale dei rifiuti e ogni altra immaginabile violazione, tranne quantità insufficiente di carta igienica nei bagni.»

«A dire il vero, mi pare che uno dei minatori con cui parlo di tanto in tanto si sia lamentato anche di quello.»

La risata di Stevenson parve sincera.

«E ora sta affiggendo volantini e offrendo ricompense», continuò. «Le sue accuse e asserzioni sono prive di fondamento, e io lo so meglio di chiunque altro. E, come lei sa meglio di chiunque altro, tutti gli scritti che ha prodotto non ammontano a più di uno sputo nell’oceano.»

«Perché sono qui, allora?»

«Blaine?»

Il capo della sicurezza e della salute nella miniera fece un sorriso che non aveva alcunché di caloroso. Si schiarì la gola e bevve un sorso d’acqua. A quanto pareva, non gli riusciva facile dire ciò che doveva dire.

«Matt», iniziò infine, «come ha detto Armand, lei non è riuscito a convincere l’MSHA o l’EPA o uno qualsiasi degli altri enti che ha contattato a condurre un’ispezione diversa da quelle di routine. Ciò non vuole dire che lei non sia stato un sassolino nella scarpa. Abbiamo sprecato un sacco di tempo rispondendo alle sue allegazioni, e di fatto abbiamo invitato qui due o tre volte quelli dell’MSHA proprio per dimostrare che siamo affidabili. Tutto ciò ha richiesto tempo prezioso. E allora il dottor Crook ha fatto una proposta.»

Matt lanciò un’occhiata di traverso a Crook e non vide altro che disprezzo e forse addirittura una traccia di disperazione. Qualsiasi proposta stava per essere fatta, era opera di Armand Stevenson, non di Crook o di LeBlanc.

«Giusto», borbottò Crook.

«E così», continuò LeBlanc, «siamo lieti di poterle offrire un posto nel nostro comitato consultivo della salute. In questo modo lei sarà proprio al tavolo del comando e potrà vedere di prima mano come agiamo. Dovrà partecipare a riunioni ogni quattro mesi e, naturalmente, riferire ciò che la preoccupa, affinché il comitato possa valutare i suoi pareri, invece di comportarsi da vigilante come ha fatto finora. Lo stipendio che riceverà quale membro del comitato è di ben cinquantamila dollari l’anno.»

Cinquantamila! Matt non era sicuro di avere solo pensato quella parola; forse l’aveva urlata loro in faccia. Date le limitazioni imposte dall’assistenza sanitaria controllata e lo stato socioeconomico dei suoi pazienti, non guadagnava molto più di quella cifra annualmente.

«Naturalmente», aggiunse con orgoglio Stevenson, «i soldi le verranno corrisposti in modo tale, un modo assolutamente legale, glielo assicuro, da dover sostenere un onere fiscale scarso o nullo.»

Matt rimase senza parole. Riconosceva un ricatto quando ne sentiva uno. Ma questo era un ricatto con la «R» maiuscola. I soldi non avevano mai avuto una grande importanza per lui. L’avessero avuta, sarebbe stato molto più bravo a guadagnarli. Per come stavano le cose, se la cavava bene. Cinquantamila dollari in più all’anno gli avrebbero però permesso di avviare un fondo pensionistico e anche di dare di più per le cause che sosteneva.

«Io… grazie, ma no, grazie», sentì se stesso dire. «Apprezzo la vostra offerta, l’apprezzo veramente, ma secondo me, le mie mani sono molto più utili quando non sono legate.»

«Lei è uno sciocco, Rutledge», sbottò Crook. «Ho cercato di dirlo loro, ma non mi hanno ascoltato. Uno sciocco e un piantagrane.»

Stevenson guardò in cagnesco il cardiologo, quindi fece un ultimo tentativo per salvare la faccia.

«Forse vuole riflettere sulla nostra offerta per alcuni giorni», propose, il sorriso a denti stretti, gli occhi rabbuiati.

Matt scrollò la testa.

«Ciò che voglio è la libertà di invitare un gruppo di mia scelta a ispezionare le condizioni dell’impianto e della miniera, compreso un riesame dei vostri documenti su dove e come ogni goccia di rifiuto tossico è stata smaltita. Ciò che voglio è che indietreggiate e la smettiate di comprare il silenzio di quelli che tacitate all’MSHA e all’EPA.»

«Lei è pazzo!» gridò LeBlanc.

«No, siete voi i pazzi!» Matt sentì il sangue montargli in viso. Come sempre, era lento a irritarsi, ma poi mostrava tutto il suo carattere esplosivo. «Siete pazzi a pensare che un medico rispettabile», sottolineò le parole guardando torvamente Crook, «volterebbe le spalle a casi come quelli di Darryl Teague o Teddy Rideout.»

«Mi dica, dottor Rutledge», domandò Stevenson, ora chiaramente seccato, «è la morte di sua moglie che l’ha resa tanto astioso? Incolpa noi anche della sua morte?»

Matt esplose come una miccia.

«Proprio così!» urlò. «Lei ha dannatamente ragione. Cancro ai polmoni. Provi a vivere con qualcuno che sta morendo di cancro! Sì, do la colpa a voi. Do a voi la colpa di ogni singola cosa che non va da queste parti! Lei è un essere spregevole, LeBlanc! E lei, Crook. Cristo, come fa a chiamarsi dottore quando volta le spalle alla morte e al dolore? Vada a farsi fottere! Andate a farvi fottere tutti voi e il vostro dannato ricatto!»

Armand Stevenson doveva aver premuto un pulsante sotto il tavolo, perché, dopo pochi secondi, nella sala entrarono due mastodontici uomini della sicurezza che indossavano giacconi e cravatte con il monogramma BC C. Stevenson lanciò loro un ordine con un cenno della testa. Uno dei due afferrò un braccio di Matt.

«Lasciami andare!» urlò Matt. Si liberò divincolandosi e afferrò la sacca da ginnastica. «Toccami di nuovo e farai meglio ad avere una serie di palle di ricambio!»

Senza volere, la guardia lanciò un’occhiata ai pesanti stivali da motociclista di Matt. Armand Stevenson gli evitò di dover trovare un modo per aggirarli.

«Seguitelo fuori e assicuratevi che esca dalla proprietà», ordinò. «Lei ha fatto la sua scelta, dottore. Adesso dovrà affrontarne le conseguenze. Lei sta minacciando di portare via il lavoro alla gente di qui. Questa cosa non è considerata benevolmente da queste parti. Per nulla benevolmente. E ora, fuori di qui!»

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