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Aveva seguito King e Michelle fino alla casa dei Pembroke, e ora stava loro dietro a distanza di sicurezza mentre attraversavano la città, diretti a casa di Roger Canney. Quel giorno non era al volante della Volkswagen azzurra; aveva optato per un vecchio pickup. Un cappello da cowboy segnato da aloni di sudore, occhiali da sole, baffi e barba posticcia fornivano un travestimento soddisfacente. La coppia di investigatori cominciava a diventare un vero problema, e non sapeva di preciso cosa fare con loro. I Pembroke non potevano portarli da nessuna parte nell’indagine; né poteva farlo la morte di Diane Hinson. E anche l’omicidio di Rhonda Tyler era un vicolo cieco. Però Steve Canney era tutta un’altra faccenda. Il ragazzo era la chiave di volta capace di far crollare tutto il castello di carte.

Non aveva tempo di uccidere Roger Canney, e comunque questo avrebbe sollevato altri sospetti sul perché il campione di football del liceo dovesse morire. Non aveva altra scelta se non lasciare che il colloquio avesse luogo, analizzare quali informazioni aveva fatto emergere e studiare la linea di intervento adatta. Era una fortuna che avesse avuto la lungimiranza di installare una microspia nella casa di Roger Canney prima di uccidere suo figlio. Tattica. Era tutta una questione di tattica.

Si massaggiò la schiena nel punto in cui si era fatto male durante la colluttazione con Junior Deaver. Non poteva permettersi un altro scontro fisico come quello. Aveva assistito all’esibizione di forza di Michelle Maxwell che spaccava a metà il paletto con una spinta poderosa della gamba, e apparentemente senza sforzo. Era una donna pericolosa. E King, a modo suo, era perfino più pericoloso. Anzi, Sean King era l’unica persona che temeva veramente potesse batterlo. Forse avrebbe dovuto prendere provvedimenti a quel riguardo. E poi forse avrebbe dovuto eliminare anche Michelle Maxwell. Non voleva che quella donna gli desse la caccia, in cerca di vendetta per la morte del suo socio.

Quando l’auto davanti alla sua imboccò un lungo viale d’accesso diretta a un’imponente casa di mattoni in stile coloniale, svoltò in una via secondaria, parcheggiò il camioncino e si calò sugli orecchi un paio di auricolari che fino a quel momento erano rimasti nascosti sotto il cappello da cowboy. Armeggiò con una ricetrasmittente sistemata sul sedile anteriore, trovò la frequenza giusta del trasmettitore nascosto in casa Canney, si appoggiò comodamente allo schienale del sedile e aspettò che iniziasse lo spettacolo.

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