King era al volante e Michelle gli era seduta a fianco. Erano a bordo del Bombardier a idrogetto da sei metri e procedevano sull’acqua a velocità di crociera, a trenta nodi, sulla superficie calma e immobile del lago. La stagione estiva era ancora lontana, sicché avevano lo specchio d’acqua quasi solo per loro.
«Quanto hai visto del Cardinal Lake?» domandò King.
«Parecchio. Non sono una che si lascia crescere l’erba sotto i piedi.»
King proseguì in tono pedante. «Sai, questo è un lago che hanno formato sbarrando due fiumi e lasciando che l’acqua si raccogliesse nell’invaso di una valle per oltre dieci anni. Il risultato finale è un lago molto profondo, lungo una cinquantina di chilometri, dalle acque molto pescose, ben attrezzato per gli sport acquatici e con circa duecento baie e insenature.»
«Caspita, sembri l’agente immobiliare che mi ha venduto il cottage. Riscattate anche le ipoteche?»
Fecero rotta verso la diga idroelettrica, in realtà composta da due diverse dighe, una più a monte e una più a valle. Poi imboccarono il canale principale e puntarono a ovest. Alla confluenza dei due fiumi King si diresse a nord finché non arrivarono a un canale più piccolo che proseguiva verso nord e poi piegava a est. Mantennero questa direzione, oltrepassando i cartelli di segnalazione del canale che si dirigeva a monte, finché King non rallentò virando in una piccola insenatura disabitata. Pochi minuti dopo erano ancorati in circa sette metri di acqua limpida e King tirò fuori un cesto di vivande e un frigo portatile con acqua minerale e bevande gassate.
«Prima di mangiare mi faccio una nuotata» annunciò Michelle.
«Come va il braccio?»
«Quando la smetterai di chiedermi del braccio? Tanto per cominciare non si è trattato che di un graffio.»
«Perché continuo a pensare che se un proiettile calibro 38 ti avesse perforato il torace da parte a parte, chiederesti solo un cerotto, e per giunta piccolo?»
Michelle si spogliò, restando in costume intero, e si tuffò di testa in acqua.
«Dio, l’acqua è fantastica» disse dopo essere riemersa.
King diede un’occhiata agli strumenti sulla plancia. «La temperatura dell’acqua è di 24 gradi, ancora un po’ troppo fredda per me. Sono un tipo da ventinove o trenta gradi.»
«Sei un pappamolla, vorrai dire.»
«Se la metti così, sì.»
Dopo che ebbero mangiato, King ritirò l’ancora e ripartirono. Michelle indicò un lungo e ampio promontorio di fronte a loro. Era una vista magnifica: un pontile privato a sei coppie di piloni, sormontato sulla terraferma da un gazebo, un angolo bar, una zona di ristoro, cabine e docce, e almeno duemila metri quadrati di terrazza panoramica sul lago, tutta circondata da una balaustra in legno di cedro stagionato e con delle eleganti tettoie di canne. Sembrava la pubblicità di un numero speciale di “Architectural Digest”.
«Davvero impressionante. Chi sono i proprietari?»
«Come, sull’acqua hai perso il senso dell’orientamento? Quella è Casa Battle.»
«Cosa? Non sapevo che avesse uno sbocco sul lago.»
«A Wrightsburg non si edificano palazzi sprovvisti di accesso diretto al lago. Possiedono tutto il promontorio più altri dieci ettari. Il pontile dista parecchio dalla villa principale. Anzi, dal lago non la si può neanche vedere in lontananza. Penso che l’abbiano progettata apposta così per evitare di essere assediati dai curiosi muniti di barca o motoscafo. Per andare e venire usano dei golf cart elettrici.»
«Che vita!» Michelle strizzò gli occhi contro la luce abbagliante del sole. «Chi è quella là sulla barca a vela?»
King prese il binocolo e mise a fuoco lo skipper dell’imbarcazione. «Savannah.» Ponderò un momento, poi accelerò virando contemporaneamente verso la barca a vela.
«Che cosa stai facendo?»
«Vado a pesca.»
Accostarono alla barca a vela: un’imbarcazione poco più grande di una Sunfish. Savannah aveva una mano sul timone e l’altra su una lattina di Coca-Cola. Agitò la mano salutando quando li riconobbe.
«I grandi geni hanno le stesse pensate» gridò King in direzione della barca.
Savannah indossava uno scamiciato lungo sopra un costume da bagno a due pezzi. Aveva i capelli bagnati, raccolti a coda di cavallo, e le spalle e il viso cominciavano già ad arrossarsi per il sole.
«Oggi l’acqua è davvero meravigliosa» disse.
«Sean non ci metterà piede finché non sarà calda come nella sua vasca da bagno» commentò Michelle.
«Non sa cosa si perde, Mr King» ribatté Savannah.
«Be’, porrei essere tentato, se voi due mi fate compagnia.»
Impiegarono entrambi un minuto a calare le ancore, dopo di che prima Savannah e poi Michelle si tuffarono nel lago. Quando riemersero, King era ancora seduto sulla piattaforma del suo motoscafo con i piedi a mollo.
«Che cosa stai facendo, Sean?» disse Michelle.
«Ho solo detto che potevo essere tentato, non che l’avrei fatto veramente.»
Michelle e Savannah si scambiarono un’occhiata di intesa, e un messaggio silenzioso passò fra le due donne. Entrambe presero fiato e si tuffarono sott’acqua. Quando riemersero di nuovo vicino al punto in cui King era seduto, ognuna aveva uno dei suoi piedi in mano.
«Oh, no, voi due…» fece appena in tempo a dire lui. Qualsiasi altra cosa intendesse aggiungere a completamento della frase si perse quando fu trascinato in acqua e affondò immediatamente. Tornò a galla sputacchiando acqua e brontolando ad alta voce.
«Questi non sono calzoncini da bagno!» gridò.
«Adesso sì» ribatté Savannah con aria di sufficienza.
Dopo una mezz’ora in acqua diressero le due imbarcazioni all’attracco sul pontile e si sedettero nel gazebo a bere tre lattine di birra che Savannah aveva preso nel frigorifero del bar.
Michelle si guardò intorno ammirando il lago e i promontori circostanti. «Un panorama stupendo.»
«Di tutta la tenuta questo è il posto che preferisco in assoluto» disse Savannah.
King osservò ammirato la collezione di imbarcazioni della famiglia Battle. «Mi è capitato di fare un giro su quel grande Sea Ray cabinato, ma non mi ricordo quel Formula 353 FasTech. È una bellezza.»
«Papà l’aveva appena comprato l’inverno scorso. I meccanici del porticciolo sono venuti a prepararlo per l’estate. Non abbiamo ancora neppure completato un’ora di navigazione. Il vero marinaio della famiglia è Eddie. A me piace solo stare su quelle barche, farmi portare in giro, prendere il sole e bere birra. Eddie ha detto che presto lo inaugurerà come si deve e ci darà dentro con un bel rodaggio. Dicono che sia molto veloce, con dei motori da far paura.»
King osservò: «Direi proprio. Due Mercruiser EFI accoppiati da cinquecento cavalli l’uno, una velocità massima di oltre settanta nodi e una velocità di crociera di quaranta e passa. Di’ a Eddie che sarei lieto di dargli una mano con il rodaggio».
«Senti, senti» esclamò Savannah con un esagerato accento del Sud «e io che pensavo di deliziarmi a bordo della mia barchetta a vela senza un solo misero cavallo di potenza.»
«È chiaro che si tratta di roba da maschi, Savannah» commentò Michelle, lanciando al suo socio un’occhiata divertita. «Non sapevo che tu fossi un patito di motoscafi da corsa.»
«È facile esserlo quando non te li puoi permettere.»
Seguì una breve pausa di silenzio; poi King posò lentamente la sua birra sul tavolo e osservò la più giovane della famiglia Battle con espressione seria.
«Non sei venuto qui solo per ammirarmi in bikini e sbavare sulle nostre imbarcazioni, giusto?» disse Savannah, sostenendo il suo sguardo con un’espressione speranzosa che lasciava intravedere la possibilità che in realtà quello fosse esattamente tutto ciò che lo interessava.
«Vorremmo farti alcune domande.»
Savannah distolse immediatamente lo sguardo e la sua espressione si tramutò in angoscia. «A proposito di Sally?»
«Tra l’altro.»
«È il motivo per cui ero venuta qui a farmi un giro in barca: per sfuggire a quella scena allucinante.» La ragazza scosse la testa. «Finché sarò al mondo non riuscirò mai a dimenticarla. Mai. È stato talmente orribile, Sean, talmente orribile…»
King le coprì una mano con la sua e la strinse un momento prima di lasciarla andare. «Ma sarà ancora peggio se non arresteremo la persona che lo ha fatto.»
«Ho raccontato a Todd e all’agente Bailey tutto quello che so. Non sapevo neppure che Sally fosse nelle scuderie fino a quando…»
«E poi sei corsa a casa di tuo fratello?» disse Michelle. Savannah annuì. «È venuta ad aprirti Dorothea. Come ti sembrava?»
«Non ricordo tanto bene. Ero isterica. Ricordo che è salita di sopra a chiamare Eddie, ma poi non riusciva a svegliarlo. Dopo si è scatenato un pandemonio. Io sono rimasta per tutto il tempo inchiodata là vicino alla porta. Avevo terrore a muovermi. Quando è arrivata l’ambulanza e hanno portato via Eddie sono tornata di corsa in camera mia e mi sono nascosta sotto le coperte.» Savannah depose la lattina di birra, si allontanò e si sedette sul pontile, lasciando penzolare i piedi in acqua.
King la fissò incuriosito. Che cosa diavolo gli rodeva il cervello, implorandolo di decifrarlo? Alla fine scosse la testa, deluso e infastidito. Non riusciva a venirne a capo.
«Tua madre è in casa?» domandò.
«No, è uscita. Doveva vedere gli avvocati di famiglia per le tasse di successione.»
«Ti dispiacerebbe se dessimo un’altra occhiata ai guardaroba nelle camere da letto dei tuoi genitori?»
Savannah si girò rapidamente sul sedere per guardarlo in faccia. «Pensavo che l’aveste già fatto.»
«Non fa mai male controllare una seconda volta. Potrebbe servire.»
Salirono tutti e tre sul golf cart con cui Savannah era venuta dalla villa e si diressero verso Casa Battle. Savannah li fece entrare dalla porta posteriore e li accompagnò su per le scale fino al secondo piano.
«Non mi stancherò mai di ripetere alla mamma che se ha intenzione di restare qui, avrà bisogno di un ascensore.»
«Salir le scale è un ottimo esercizio» fece notare Michelle.
«Non darle retta» disse King. «Fatevi mettere l’ascensore.»
Savannah aprì la porta della camera da letto di sua madre e restò come paralizzata. «Oh» esclamò. «Cosa ci fai qui?»
King le passò davanti e squadrò Mason con sospetto.
Il maggiordomo sostenne i loro sguardi imperturbabilmente. «Stavo solo dando una ripulita alla camera di sua madre, Savannah. Di rado le domestiche fanno un buon lavoro.» Poi fu il suo turno di fissare con sospetto King e Michelle. «Posso esservi utile in qualcosa?»
«Ehm» esordì Savannah, mordendosi il labbro inferiore con gli incisivi superiori.
«State sgocciolando sul tappeto» fece notare Mason.
«Stavamo facendo il bagno nel lago» spiegò Michelle.
«Magnifica giornata per nuotare.» L’uomo continuò a fissarli con espressione interrogativa.
«Siamo venuti a dare un’altra occhiata al guardaroba di Remmy, Mason» disse King. «Fa parte dell’inchiesta.»
«Ma pensavo che, siccome il signor Deaver è morto, il caso fosse chiuso.»
«Si sarebbe portati a crederlo, vero?» ribatté King cortesemente. «Ma in realtà non è così.»
Mason si rivolse a Savannah. «Ha chiesto il permesso a sua madre?»
King si affrettò a rispondere: «Remmy ci aveva accompagnato qui già una volta, Mason. Non voglio credere che abbia problemi a permettercelo una seconda volta».
«Preferisco sempre essere assolutamente sicuro in queste cose, Sean.»
«Vede, siccome sappiamo che non è stato Junior a commettere il furto e che Remmy ormai è amica della vedova Deaver, tocca a noi scoprire chi ha rubato quelle cose. Naturalmente è interesse di Remmy assicurarsi che ciò accada. Ma se vuole telefonarle e disturbarla mentre è in riunione con i suoi avvocati per discutere delle tasse di successione… benissimo. Aspetteremo qui.»
Mason ponderò a lungo la questione. Alla fine si strinse nelle spalle. «Non penso che ci siano problemi. State solo attenti a non sporcare niente. Mrs Battle è molto pignola.»
«Sì, lo so» ribatté King.
Mason li lasciò soli, e i tre andarono immediatamente nel guardaroba di Remmy. Aprirono lo scomparto segreto, estrassero il cassetto, lo esaminarono minuziosamente, ma non trovarono nulla.
«Forse avrete più fortuna nella stanza di papà» disse Savannah.
Uscendo dal guardaroba, King si fermò a osservare alcune fotografie in cornice sulla mensola oltre il letto di Remmy. Savannah si fermò al suo fianco.
«Quella sono io a dodici anni, brutta e grassottella. Dio, mi sento ancora sui denti quell’orribile apparecchio.»
King esaminò un’altra fotografia, più vecchia, con due bambini.
Savannah spiegò chi erano: «Eddie e Bobby Jr. Non l’ho mai conosciuto, naturalmente. È morto prima che io nascessi. No, scusa, quello a sinistra è Eddie e questo a destra è Bobby Jr». Sembrava ancora incerta. «Oh be’, è imbarazzante non riconoscere un tuo consanguineo.»
«Be’, erano gemelli» disse King, rimettendo a posto la fotografia.
Si trasferirono in camera di Bobby ma neppure lì ebbero successo, almeno non subito. Ma mentre esaminava centimetro per centimetro il cassetto dello scomparto segreto, a un tratto King si irrigidì. «Non avresti una torcia elettrica?» domandò a Savannah.
«Mamma ne tiene una nel comodino nel caso che salti la corrente.» Savannah andò a prenderla di corsa e tornò subito.
King la accese e la puntò nel cassetto. «Guardate qui.» Tre paia di occhi sbirciarono dentro il cassetto.
«Sembrano delle lettere» osservò Michelle.
«Questa è decisamente una k, e quest’altra una c oppure una o.»
Michelle osservò più da vicino. «Poi c’è un po’ di spazio, e c’è una p seguita da quella che sembra una a oppure una o.»
King si raddrizzò, pensieroso. «Pare che qualcosa giacesse sul fondo del cassetto e quelle lettere in qualche modo abbiano macchiato il legno, restando impresse.»
«Il legno potrebbe essersi bagnato con qualcosa» suggerì Savannah.
King abbassò la testa nel cassetto e annusò a lungo il legno. Poi guardò Savannah. «Tuo padre beveva alcolici in camera?»
«Se papà beveva? In quel mobile a credenza oltre il letto aveva tutto un bar. Perché?»
«Perché il cassetto puzza di scotch.»
«Questo potrebbe spiegare l’umidità» disse Michelle, che annusò a sua volta dentro il cassetto. «Stava guardando qualcosa, ha rovesciato accidentalmente nel cassetto il bicchiere che aveva in mano e le lettere si sono trasferite dalla carta al fondo di legno.»
King andò nella camera da letto e tornò con penna e carta prese dallo scrittoio di Bobby Battle. Copiò sul foglio le lettere, con gli spazi approssimativi in mezzo.
Kc____________________ pa, Ko____________________ pa, Ko____________________ po
«Kc-pa, Ko-pa, o Ko-po» lesse lentamente. «Ti dice niente?» Savannah scosse il capo.
«Ovviamente, mancano delle lettere» disse Michelle. «Se stessimo giocando a La ruota della fortuna a questo punto chiederei un paio di vocali. Tu cosa ne pensi, Sean?»
King prese tempo prima di rispondere. «In un modo o nell’altro potrebbe essere la chiave del mistero, se solo riuscissi a scoprirne il significato.»
Michelle ebbe un’improvvisa ispirazione. Mentre Savannah esaminava le lettere trascritte da King, Michelle bisbigliò all’orecchio del suo collega: «Si tratta forse del testamento olografo di cui sospetta l’esistenza Harry?».
Nessuno di loro udì la porta della camera da letto chiudersi adagio alle spalle della persona che aveva origliato fino a quel momento. Né udirono i passi felpati che risalivano il corridoio verso le scale.