King finalmente riuscì a mettersi in contatto con Harry e a informarlo di quanto era accaduto.
«Andrò immediatamente dai Battle» disse l’avvocato. «Perché non venite anche tu e Michelle? Ci incontreremo là.»
Quando si trovarono tutti alla villa era ormai ora di cena.
Fu Remmy a venire alla porta a riceverli. «Mason è momentaneamente fuori casa» spiegò.
«Ha saputo?» chiese King.
«Sì. Sono fermamente convinta che stavolta Dorothea non la passerà liscia.»
King squadrò la donna con evidente sorpresa. «Remmy so che non siete di certo le arniche migliori del mondo, ma è pur sempre sua nuora.»
«È runico motivo per cui sono preoccupata.»
«Dov’è Eddie?»
«In città, a parlare con gli avvocati. Dorothea non è ancora stata accusata formalmente, vero?»
«La polizia non ha ancora accertato con sicurezza assoluta la causa della morte» fece notare Michelle. «Fino a quel momento non possono accusarla di niente.»
Harry domandò a Remmy: «Non penserai che abbia ucciso quell’uomo, vero?».
La signora Battle lo fissò dritto negli occhi. «No, ma non pensavo nemmeno che comprasse stupefacenti rubati.»
«C’è una bella differenza tra il fare uso di droga e assassinare un uomo» ribatté Harry.
Remmy li invitò ad accomodarsi in casa. «Perché non continuiamo questa affascinante discussione a cena?»
Savannah si unì a loro in sala da pranzo. Indossava una gonna lunga, camicetta bianca, golf blu, calze di nylon e ballerine. Aveva i capelli ben pettinati e un filo di trucco che le donava moltissimo.
Ci volle un po’ perché King si rendesse conto di quello che aveva davanti agli occhi. Poi a un tratto capì: la figlia era vestita esattamente come la madre. Guardò Michelle oltre la tavola. Dalla sua espressione sorpresa era chiaro che stava pensando la stessa cosa.
Harry si sedette vicino a Savannah e intavolò una conversazione con lei, mentre King e Michelle si concentrarono su Remmy.
«Materialmente Dorothea non ha ottenuto nulla dalla morte di Bobby» disse King esordendo. «Perciò non aveva nessun movente in quel senso.»
«I moventi non devono per forza essere di tipo finanziario» replicò Remmy imburrandosi un panino.
Come il movente che ti ha spinta a uccidere tuo manto? pensò King.
«Ha in mente qualcosa?» domandò Michelle.
«No, ho solo espresso ciò che ritenevo fosse ovvio.»
«Non aveva proprio nessuna idea che Dorothea stesse usando una delle auto di Bobby e avesse riservato una camera all’Aphrodisiac? O che avesse un problema di tossicodipendenza?»
Remmy scosse la testa. «Ma in fondo non sono la custode di mia nuora, no?»
«Io lo sapevo che aveva un problema di tossicodipendenza.» Tutti gli occhi si appuntarono su Savannah.
«Te l’aveva confidato lei?» domandò King.
«No, ma una volta l’ho vista. Immagino che stesse tornando da quel club. Era poco prima dell’alba. Io mi ero alzata presto per andare a fare una passeggiata. Dorothea veniva dell’ex fienile. Era in uno stato pietoso. Rimasi sorpresa che fosse anche riuscita a tornare a casa in auto.»
«E non ti è venuto da pensare che fosse solo ubriaca?» chiese Michelle.
«Dopo quattro anni di università so distinguere bene l’alcool dalla droga.»
«Sono proprio contenta che il nostro denaro ti abbia fatto acquisire un’istruzione impagabile» commentò Remmy in tono sarcastico.
«L’hai affrontata, Savannah?» chiese King.
«No, non erano affari miei.»
«Ma non l’hai detto a nessuno, per esempio a Eddie?»
«Vi ripeto che la cosa non mi riguardava. Io e Dorothea non siamo intime, nel caso non l’abbiate notato.»
Dopo cena Remmy si scusò, dicendo che si sarebbe ritirata a scrivere alcune lettere, e delegò a Savannah i commiati formali. Però King aveva bisogno della toilette, e chiese a Harry e Michelle di aspettarlo un momento. Mentre King era in bagno Harry condusse Savannah in un angolo appartato della sala e prese a confabulare con lei in tono confidenziale. Al ritorno di King ci fu uno scambio di saluti e i tre ospiti se ne andarono.
Harry disse: «Scusa se ti ho lasciata da sola un momento, Michelle, ma sono un po’ preoccupato per Savannah e desideravo parlarle in privato».
«Avete notato che ora si veste come sua madre?» osservò King.
«Era solo un segnale che qualcosa non quadrava» disse Harry diplomaticamente. «Remmy è una donna molto autoritaria, e immagino che neppure un animo indipendente come Savannah sia immune dalla sua forza di volontà.»
«Remmy scrive un sacco di lettere, tiene regolarmente un diario e presumibilmente riceve una quantità di lettere dai suoi amici» commentò King.
Harry lo guardò con aria perplessa. «Mi sa di sì. Lo faccio anch’io. Ha importanza?»
«Quando sono andato in bagno, mi è capitato di passare per caso davanti allo studio. Remmy era là dentro che stava scrivendo delle lettere, come ci aveva detto.»
«E allora?» disse Michelle.
«La cosa che mi secca di più è che non sappiamo ancora che cosa sia stato rubato dal suo scomparto segreto e da quello di Bobby. E se fossero lettere, o un diario, o qualcosa del genere?»
Harry rispose: «Avrebbe senso. Le donne come Remmy spesso desiderano un nascondiglio sicuro per la loro corrispondenza confidenziale».
«Lettere che potrebbero essere in qualche modo incriminanti» disse King. «Non necessariamente in senso penale, bensì personale. È una cosa da tenere presente, almeno.»
Lasciarono la villa. Michelle era arrivata con il suo fuoristrada. Salutò Harry e King e partì da sola. Harry si mise al volante della sua decappottabile e agitò la mano allontanandosi subito dopo Michelle.
King stava per salire sulla sua auto quando notò il biglietto sul sedile del passeggero.
Il messaggio era breve e andava dritto al punto. “Voglio parlarti. Ci vediamo da te stasera alle dieci.” Era firmato “Sally”.
King si guardò intorno ma non vide nessuno. Controllò l’orologio. Erano le nove. Per un momento rifletté se fosse il caso di avvertire con il cellulare Michelle e dirle di andare direttamente a casa sua in riva al lago. Poi pensò che fosse meglio di no. La presenza di Michelle avrebbe potuto spaventare Sally e allontanarla. Mise in moto e partì. Di lì a un’ora il mistero forse sarebbe stato in parte chiarito, o se non altro un po’ meno confuso. Per il momento si sarebbe accontentato di quello.