Michelle era tornata direttamente a casa, aveva fatto un po’ di kick boxing con il pesante sacco da allenamento che teneva appeso in cantina, aveva riposto della biancheria lavata e stirata e aveva addirittura pulito a fondo la cucina. Poi aveva fatto una doccia calda e stava pensando di andarsene a letto quando d’un tratto si era sentita parecchio irrequieta. Le tornavano in mente di continuo i diversi omicidi. C’era qualcosa di cui non si erano accorti? King aveva ipotizzato che la signora Canney non fosse morta in un incidente stradale, che fosse stata assassinata. In questo caso, da chi?
Con tutti questi pensieri che le ronzavano in mente, decise di andare a farsi un giro in macchina. Era una cosa che l’aiutava sempre a schiarirsi le idee. Passò davanti all’agenzia. Posteggiò ed entrò in ufficio, con l’idea di andare a rivedere l’enorme mole di appunti sull’inchiesta che teneva in un grosso faldone sulla sua scrivania, giusto per vedere se qualcosa le avrebbe fatto scattare qualche molla.
Mentre attraversava la piccola anticamera dell’ufficio notò sulla scrivania della loro segretaria part-time gli appunti di alcuni messaggi telefonici. Ce n’era uno per King da parte di un certo Billy Edwards. Il nome le suonava familiare, ma non riusciva a rammentare chi fosse. Il prefisso era quello di Los Angeles. In California era ancora tardo pomeriggio, così decise di telefonare. Una cosa che la irritava parecchio lavorando con King era che il suo socio aveva la tendenza a tenere le informazioni tutte per sé, con una riservatezza incredibile, anche a spese sue. Chiamò Edwards. Al terzo squillo qualcuno rispose al telefono.
«Billy Edwards?»
«Esatto. Con chi parlo?»
«Michelle Maxwell. Sono la socia di Sean King a Wrightsburg, Virginia. Sean l’aveva chiamata?»
«Sì. Lo avevo giusto richiamato in giornata, però senza trovarlo.»
«In questo momento è fuori e ha chiesto a me di ricontattarla.»
«Per me va benissimo. Dunque, volevate sapere del periodo in cui ero al servizio della famiglia Battle?»
In quell’istante il nome le fece scattare qualcosa, e Michelle si ricordò di lui. Billy Edwards era il meccanico della collezione di pregiate auto d’epoca di Bobby Battle. Era stato licenziato in tronco il giorno dopo l’aspro alterco tra Bobby e Remmy, quello che Sally Wainwright aveva involontariamente sentito.
«Esatto» si affrettò a dire Michelle. «Abbiamo sentito che fu licenziato così su due piedi.»
Edwards rise. «Sbattuto fuori con un calcio nel culo e senza preavviso.»
«Da Bobby Battle?»
«Il solo e unico. Ho sentito in TV che è morto. È così?»
«Sì. Le disse per quale motivo la licenziava?»
«Macché. Ma non ce n’era bisogno. Non c’entrava niente con il mio lavoro, questo lo so per certo. Ora, ammetto di essermela presa parecchio per come andarono le cose, ma il grand’uomo mi trattò bene. Mi versò una bella liquidazione e mi diede una lettera di referenze dannatamente ben scritta, che mi servì per trovare alla svelta un altro lavoro nell’Ohio presso un altro riccone con una collezione di auto di lusso persino più vasta di quella di Bobby.»
«Buon per lei. Senta, abbiamo saputo che la sera prima che lei fosse licenziato Bobby e Mrs Battle ebbero un diverbio nell’ex fienile.»
«Remmy Battle, già, che peperino di donna, ragazzi! Me lo lasci dire: quei due si eguagliavano alla perfezione, come Godzilla che fa a testate con King Kong.»
«Concordo. Ma non seppe nulla di questo litigio?»
«No. Voi come lo avete saputo?»
«Mi dispiace ma non posso dirglielo. È un’informazione confidenziale.»
«Ho capito. Scommetto che ve l’ha spifferato Sally Wainwright. Sbaglio?»
«Che cosa glielo fa credere?»
«Perché le piaceva andare al garage e starsene là da sola. Naturalmente a volte ci andava anche insieme a me.» Edwards sogghignò sornione. «Eh sì, ce la siamo spassata, e parecchio, io e Sally.»
«Vuole dire che voi due avevate… una storia?»
«No. Facevamo baldoria e basta. Sally era una vera selvaggia, me lo lasci dire. Se Battle avesse saputo che cosa combinavamo dentro alcune delle sue preziose automobili…»
«Dice davvero?»
«Che diavolo, certo! Ma non ero l’unico.»
«C’era qualcun altro?»
«Mason lavora ancora da loro?»
«Sì.»
«Be’, lui ne sa qualcosa.»
Michelle non riuscì a celare il suo stupore. «Mason andava a letto con Sally?»
«Almeno così diceva lei.» Edwards soggiunse: «Personalmente non li ho mai colti sul fatto. Ma Sally è parecchio carina. Probabilmente non dovrei dirlo a lei che è una donna, ma quando si vive tutti insieme negli stessi alloggi, sa… capita. Te la vedi girare per casa mezzo spogliata o uscire dal bagno con una salvietta intorno ai fianchi… insomma, in fondo siamo solo umani. Non che questo sia una scusa…»
«Tralasci i dettagli. Ho capito. Nessun altro?»
«Può darsi, ma non saprei farle dei nomi.»
«Sally ci ha raccontato che Bobby era appena arrivato con la Rolls-Royce quando lui e Remmy hanno avuto la discussione di cui le dicevo.»
«La Rolls? Era una bellezza. Di modelli così ce ne sono solo cinque in tutto il mondo. E poi riuscito a sbarazzarsene?»
«A quanto pare sì. Lo ha fatto subito il giorno dopo.»
«Come pensavo.»
Michelle si irrigidì. «Che cosa glielo fa dire?»
«La mattina in cui fui silurato andai nell’ex fienile a prendere i miei attrezzi e i miei effetti personali. Avevo sempre avuto un debole per quella Rolls. Era un’auto troppo bella, una macchina perfetta. Ad ogni modo, sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista. A meno che non me ne fossi comprata una.» Edwards rise.
Michelle invece era tesa come la corda di un arco. «Allora che cosa ha fatto?»
«Volevo solo darle un’ultima occhiata. Toglierle il telo di protezione e sedermici dentro, facendo finta che fosse mia.»
«Sì, sì, vada avanti» lo pungolò Michelle con impazienza. «Ma per quale motivo riteneva che Battle si sarebbe sbarazzato dell’auto?»
«Perché quando la stavo ricoprendo di nuovo con il telo notai che il paraurti anteriore sinistro era leggermente ammaccato e il vetro di uno dei fari era incrinato. Doveva essere successo la sera prima perché l’avevo lustrata e controllata da cima a fondo quello stesso pomeriggio, ed era perfetta. In effetti non è che fossero danni gravi o vistosi, ma stiamo parlando di un’automobile le cui riparazioni costano migliaia di dollari. E non esistono più pezzi di ricambio per un modello del genere. Era proprio un peccato. Immaginai che Battle avesse urtato qualcosa e fosse verde di rabbia. Il grande Bobby detestava a qualsiasi livello l’imperfezione. Era di una pignoleria maniacale. A volte veniva al garage a farmi una paternale solo perché aveva trovato una macchiolina di olio sul pavimento o una targa con uno schizzo di fango. Vedere la Rolls danneggiata in quel modo, per poco che fosse, probabilmente lo aveva fatto star male. Se non fosse riuscito a farla riparare a regola d’arte, in modo assolutamente perfetto, l’avrebbe di certo venduta. Quell’uomo era fatto così.»
«Ha mai detto a nessuno che la Rolls-Royce aveva subito dei danni?»
«No. Il proprietario dell’auto era lui; poteva farci quel che voleva.»
«Ricorda la data esatta in cui fu danneggiata?»
«Doveva esser successo la sera prima del mio licenziamento. Come le ho detto, l’avevo controllata tutta quello stesso pomeriggio ed era integra.»
«Questo l’ho capito. Ma si ricorda la data?»
Edwards restò in silenzio per qualche secondo. «Sono passati più di tre anni. In autunno o giù di lì. Per un po’ lavorai in zona per una certa società, nel North Carolina, finché non trovai quel posto nell’Ohio. Forse era settembre. No, penso che fosse ottobre, o magari novembre. Almeno credo.» Edwards non era troppo convinto.
«Non riesce a essere più preciso?»
«Stia a sentire, faccio fatica persino a ricordare dove sono stato la settimana scorsa, si figuri tre anni fa. Da allora mi sono trasferito diverse volte da una località all’altra in tutto il paese.»
«Non potrebbe verificare le buste paga o i cedolini dell’assicurazione sociale relativi al periodo in cui era a servizio dai Battle? O quelli dei periodi lavorativi in North Carolina o nell’Ohio? In questo modo si potrebbe arrivare a una data più precisa.»
«Signora, abito in un monolocale a West Hollywood. Non ho proprio lo spazio per roba del genere. Qui dentro riesco a malapena a riporre i vestiti.»
«Be’, se dovesse ricordarselo le dispiacerebbe richiamarmi?»
«Certamente, se è così importante.»
«È importantissimo.»
Michelle riagganciò e andò a sedersi alla sua scrivania. Un autunno di più di tre anni prima. Eppure, eppure… Se fosse stato davvero in autunno, sarebbero stati tre anni e mezzo, dato che adesso era primavera. A un tratto raddrizzò di scatto la schiena. Aspetta un momento, disse tra sé. È probabile che Sally Wainwright si ricordi la data esatta. Controllò l’orologio. Era troppo tardi per telefonare a Sally. L’avrebbero fatto l’indomani mattina. Al momento, però, poteva chiamare King e spiegargli che cosa aveva scoperto.
Compose il numero del cellulare del socio ma non ottenne risposta, così lasciò un messaggio sulla segreteria telefonica. King non aveva un telefono fisso sulla sua houseboat. Probabilmente stava dormendo. Michelle rimase un momento a fissare l’apparecchio sulla scrivania, rimuginando sul da farsi. Da un lato avrebbe voluto metterci una pietra sopra e andarsene a casa; dall’altro, più fissava il telefono e più provava una sensazione molto strana, che andava aumentando. Sean aveva il sonno leggero. Perché non aveva risposto? L’identificativo di chiamata sul suo cellulare gli avrebbe rivelato che era lei. A meno che non potesse rispondere al telefono! Arraffò in fretta e furia le chiavi e uscì di corsa, diretta al suo fuoristrada.